il Ducato » alberto notarbartolo http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » alberto notarbartolo http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it La ‘terza pagina’ dei giornali italiani vista dai corrispondenti http://ifg.uniurb.it/2013/05/04/ducato-online/la-terza-pagina-dei-giornali-italiani-vista-dai-corrispondenti/45331/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/04/ducato-online/la-terza-pagina-dei-giornali-italiani-vista-dai-corrispondenti/45331/#comments Sat, 04 May 2013 19:20:57 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45331

URBINO – Poetico  ma fuorviante il titolo della conferenza Che succede al di là delle Alpi. In realtà si è parlato soprattutto del nostro modo di fare giornalismo culturale: si sono confrontati sul tema professionisti italiani e stranieri che per mestiere si occupano dell’Italia.

Ad aprire il dibattito il vicedirettore dell’Internazionale, Alberto Notarbartolo, che subito chiarisce: “Io di mestiere leggo tanti giornali stranieri e seleziono gli articoli che, come lettore e professionista, vorrei trovare sul mio giornale”.

E proprio da lui – che confessa che “se non mi pagassero non leggerei così tanto” – partono le prime riflessioni critiche. “ Come lettore – spiega – mi sento più compreso quando leggo i giornali stranieri; proprio con questo spirito è partita l’idea dell’Internazionale”. Infine puntualizza: “Non voglio pormi nella prospettiva che gli altri sono sempre meglio di noi, ma vorrei fare critiche costruttive come parte di questo settore”. Notabartolo passa al confronto con la stampa spagnola, ritenuta più noiosa della nostra: “In Italia si arriva  alla pagina culturale con la prospettiva di alleggerirsi dopo gli interni, l’economia e gli esteri.”

Conferma Irene Velasco, di El Mundo: “Le vostre pagine sono più dinamiche e aperte al dibattito. Per ragioni economiche il settore culturale perde sempre più spazio. Nel mio giornale la cultura condivide lo spazio con la scienza. El Paìs ha una rubrica che si chiama ‘Arte y Vida‘”. Non può fare a meno di interrompere Lucia Magi di El Paìs: “Noi redattori la chiamiamo ironicamente Arte e Morte, perché sappiamo che se ci sarà assegnata sarà una responsabilità, anche se possiamo affiancare Wagner all’ultima tendenza in fatto di borse. Ricordiamoci che giornalismo culturale è sempre giornalismo: la prima regola rimane farsi leggere e comprendere fino in fondo dai lettori”.

Interviene anche Lee Marshall, di Condè Nast Traveller, per sottolineare quanto sia cambiato lo stesso giornalismo italiano: “Fino agli anni Ottanta c’era solo Roberto Galasso sulle pagine culturali dei vostri più importanti giornali, che erano considerate auliche e inaccessibili. La situazione oggi è molto cambiata e alcune testate ed inserti tengono maggiormente in conto i gusti del pubblico, dando spazio anche a recensioni di videogiochi o serie tv, prima considerati di serie b”.

Ma s’insinua il dubbio che questa generalizzazione non porti necessariamente all’innalzamento della qualità: Zanchini, che interviene dal pubblico, ricorda quanto i giornali anglosassoni abbiano tagliato sul settore culturale. “Il New York Times Book – ricorda – cinque anni fa aveva il doppio delle pagine, mentre alcuni nostri quotidiani medi, in perdita economica continuano a fare un buon lavoro”.

Rimangono tanti spunti di riflessione, ma l’aneddoto conclusivo di Irene Velasco forse li riassume tutti insieme: “La prima volta che sono andata al festival di Venezia mi avevano detto che avrei intervistato un famoso regista.- Eravamo in dieci e solo i più rapidi sono riusciti a fare una domanda a testa. Poi ognuno di noi ha presentato al giornale la sua intervista. Oggi i critici e i giornalisti culturali, per esigenze di tempo e denaro, sono costretti a falsi d’autore”.

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La cultura al di là delle Alpi? All’estero un giornalismo meno provinciale http://ifg.uniurb.it/2013/04/28/ducato-online/la-cultura-al-di-la-delle-alpi-allestero-un-giornalismo-meno-provinciale/44990/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/28/ducato-online/la-cultura-al-di-la-delle-alpi-allestero-un-giornalismo-meno-provinciale/44990/#comments Sun, 28 Apr 2013 14:46:47 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=44990 IL PROGRAMMA). Nella città ducale anche molti giornalisti internazionali. Che qui discutono del modello italiano: se il mondo anglosassone rimane l'esempio migliore, altri paesi possono ancora imparare qualcosa dall'Italia SFOGLIA IL DUCATO SPECIALE FESTIVAL / IL SITO UFFICIALE / LA PRESENTAZIONE]]> Tutto pronto perla prima edizione del festival del giornalismo culturale (programma). Nella città ducale anche molti giornalisti internazionali. Che qui discutono del modello italiano: se il mondo anglosassone rimane l’esempio migliore, altri paesi possono ancora imparare qualcosa dall’Italia

John Lanchester della London review of books

URBINO – John Lanchester è un giornalista inglese che si occupa di cultura. Scrive per la London review of books, un quindicinale che si occupa di recensioni di libri ma anche di altro. “Non è solo una bella lettura della domenica”, commenta Alberto Notarbartolo, vice direttore di Internazionale, mentre descrive il lavoro di Lanchester e della sua rivista. Recensioni di libri, videogiochi, vini, letteratura sacra. Non c’è limite agli argomenti che può trattare John Lanchester. E’ difficile trovare in Italia un giornalista che si occupi di cultura a questi livelli. “I suoi articoli culturali non sono ‘entertainment'”, spiega Notarbartolo.

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Sui giornali italiani, secondo il vice-direttore di Internazionale, le notizie culturali sono molte meno e sparse in mezzo a cose che rientrano più nel giornalismo di costume. Quello che manca è la fiducia, da parte di chi fa i giornali, in una presenza regolare del giornalismo culturale nei quotidiani. “Si cerca di renderlo più leggero, più pop”, non lo si tratta in maniera seria come fa John Lanchester.
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In Italia, negli ultimi anni, è esploso il fenomeno degli inserti settimanali di cultura. Ogni domenica il lettore può immergersi in pagine e pagine dei più svariati argomenti. Il fenomeno, che già esisteva da anni (basti pensare a Domenica del Sole24 ore) è stato adottato anche da altri quotidiani, come La Lettura del Corriere della Sera, o Orwell di Pubblico che, anche se ormai non esiste più, aveva avuto un buon successo.

Anche in altri paesi esiste questo. “Rispetto al 2007 – dice Notarbartolo – il numero di pagine dell’inserto culturale di recensioni di libri del New York Times domenicale è un terzo oggi, ma è comunque un qualcosa che non ha un possibile termine di paragone in Italia. Sono solo critiche di libri, recensioni argomentate non “intervistine” o commenti su quello che ha detto l’autore in televisione”. Nelle pagine culturali del New York Times c’è spazio solo per i libri, per quello che dicono e per quello che l’autore vuole trasmettere. Le recensioni non sono scritte dall’oggi al domani, “non si può chiamare un collega e dirgli ‘scrivi una recensione per domani'”. Leggere e pensare prima di scrivere ha un costo economico importante e, secondo Notarbartolo, in Italia non sono costi necessari.

In Spagna molti quotidiani si sono dotati di un inserto culturale come El Paìs, con Babelia e Abc con El Cultural che escono entrambi di sabato. Una grande differenza tra Italia e Spagna, racconta Lucia Magi, è l’attenzione verso quello che succede al di fuori dei confini nazionali. “Una mostra di Vittorio De Sica a Roma o il racconto degli scavi di Pompei – spiega la giornalista, che collabora con El Paìs, e con La Tercera, quotidiano cileno – sono trattati, nei giornali spagnoli, con grande attenzione e cura. Quando un prete di provincia spagnolo commissionò a una sua parrocchiana il restauro di una preziosa opera del XIX secolo, il Cristo de Borja che fu un colossale disastro.La notizia fu al centro del dibattito nazionale su quanto fosse importante adottare politiche per migliorare la conservazione dei beni e patrimoni artistici. A differenza di quello che avviene in Spagna per De Sica o Pompei, in Italia la notizia del Cristo de Borja, fu data solo da Repubblica.it nella colonna destra del portale dove di solito trovano spazio argomenti più leggeri. Un altro aspetto importante, spiega la giornalista, è che la cronaca dell’arte è ben distinta dalla critica, cosa che avvicina, in meglio, il giornalismo culturale spagnolo a quello del mondo anglosassone.

A non essere d’accordo è Irene Hernandez Velasco, corrispondente di El Mundo per l’Italia. “Lo spazio che i giornali spagnoli dedicano alla cultura è più o meno uguale a quello utilizzato dai giornali italiani. Quello che cambia è il concetto. Molto raramente in Spagna si pubblicano pezzi che invitano alla riflessione o al dibattito intellettuale. Un articolo come quello pubblicato dal Corriere della Sera il 22 aprile, sullo scrittore yiddish Israel Joshua Singer, non sarebbe mai pubblicato in Spagna perché sarebbe considerato troppo minoritario”. L’Italia è ancora un paese produttore di cultura e soprattutto ha il più grande patrimonio artistico del mondo quindi è normale che ci sia grande attenzione da parte dei quotidiani spagnoli, secondo la giornalista de El Mundo.

Su cosa succeda al di là delle Alpi non sono tutti d’accordo così come non sono d’accordo su come la cultura venga trattata in Italia. Se ne parlerà il 4 maggio alle 15 a Urbino, durante il festival di giornalismo. I nuovi orizzonti del giornalismo culturale europeo saranno allora meno sfumati.

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