il Ducato » amianto http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » amianto http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it A Urbino otto edifici ad alto rischio amianto: ma è vietato sapere dove http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/a-urbino-otto-edifici-ad-alto-rischio-amianto-ma-e-vietato-sapere-dove/51051/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/a-urbino-otto-edifici-ad-alto-rischio-amianto-ma-e-vietato-sapere-dove/51051/#comments Thu, 13 Jun 2013 16:53:55 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51051 URBINO – Studi, lavori o fai sport sotto un tetto d’amianto, e non lo sai. Anzi, peggio: non hai il diritto di saperlo. Secondo il censimento regionale dell’amianto del 2007 a Urbino ci sarebbero dieci siti a classe di rischio uno, quello più alto. Cosa significa? Il rischio uno sta a indicare la presenza di amianto friabile in edifici ad uso pubblico. Secondo il dottor Eugenio Carlotti, direttore del dipartimento prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Asur, il dato oggi sarebbe sceso a otto.

La Regione, l’Asur e l’Arpam conoscono quali sono questi edifici, ma il dato non è né pubblico né accessibile. L’Agenzia regionale sanitaria, responsabile del trattamento di questi dati, ci ha negato l’indirizzo di questi siti “per questioni di privacy”. Di chi, non è chiaro.

Il fax dell’Asr che comunica la decisione di non consentire l’accesso ai dati per questioni di privacy

“Se li pubblicate – ha aggiunto la dottoressa Mary Paolucci della Regione – poi magari le persone che ci abitano vicino potrebbero reagire male. Non le basta sapere quanti chilogrammi di amianto ci sono in totale?”. Il dottor Giovanni Cappuccini della zona Asur di Urbino ci ha invece consigliato di limitarci, per capire quali sono gli edifici interessati, a osservare le “onduline” sui tetti: “La comunicazione del rischio – ha aggiunto – è una cosa seria: se li rendiamo pubblici poi succede un casino“. La Regione non fornisce l’accesso ai dati nemmeno alle ditte che si occupano della bonifica.

Oltre a questi otto siti ad alto rischio, secondo il censimento ci sarebbero anche 65 edifici di classe due. Significa che sono ad uso pubblico con amianto compatto; oppure con amianto friabile ma a uso privato. Sempre secondo il dottor Carlotti, oggi il dato sarebbe sceso però a 22, probabilmente dopo le bonifiche dei tetti crollati a causa del nevone. L’amianto compatto è meno pericoloso di quello friabile: l’oncologo Daniele Spada dell’ospedale di Urbino ha spiegato che il rischio è dato dalla possibilità di rilascio delle fibre. Per diventare friabile, e quindi più pericoloso, basta che l’amianto compatto presenti una crepa.

Inoltre, l’amianto nella zona di Urbino potrebbe essere molto più di quello che riportano i dati del censimento del 2007. L’ingegner Gilberto Giannini dell’Arpam di Pesaro (Agenzia regionale per la protezione ambientale) ha affermato che, oltre a non essere aggiornato, il censimento è incompleto perché non tiene conto degli edifici privati e si basa su dichiarazioni spontanee. A Urbino, su un totale di 11.268 richieste di segnalazione inviate, sono state ricevute solo 2.459 risposte, cioè il 22%.

Le fibre di amianto, se respirate o ingerite, possono causare un tumore chiamato mesotelioma. La speranza di vita di un malato è di 6-9 mesi e, secondo il registro regionale dei mesoteliomi dell’università di Camerino, dal 1996 al 2008 i casi di morte per amianto nelle Marche erano 303. Secondo Silvia Cascioli della Cgil di Urbino, che si occupa delle pratiche di denuncia di malattie professionali, nella nostra zona non ci sono state  segnalazioni recenti di malattia per amianto. Ma i casi registrati fino al 2008 a Urbino e dintorni sono nove.

La tabella del registro dei mesoteliomi dell’università di Camerino (aggiornato al febbraio 2008)

Il mesotelioma insorge in media 30 anni dopo l’esposizione alle fibre d’amianto e, secondo i dati del German mesothelioma register, siamo ancora in attesa del picco di insorgenza per le esposizioni avvenute negli anni 80-90.

Va detto che la bonifica dell’amianto non è obbligatoria. Il proprietario di un edificio che lo contiene è tenuto a denunciarne la presenza all’Asur, e deve sostenere personalmente i costi della bonifica. I prezzi sono alti: l’azienda Ekofarma di Urbino, per bonificare un tetto di 2000 metri, diventato pericoloso dopo la nevicata dell’anno scorso, ha speso 40.000 euro (più 90.000 per la ricostruzione). L’Asur, ricevuta la denuncia – che può essere fatta anche da persone terze che si sentono esposte al rischio di amianto – fa dei sopralluoghi e può rendere obbligatori i lavori di risanamento.

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Amianto, quando una parola fa paura http://ifg.uniurb.it/2012/04/17/ducato-online/amianto-quando-una-parola-fa-paura/30982/ http://ifg.uniurb.it/2012/04/17/ducato-online/amianto-quando-una-parola-fa-paura/30982/#comments Tue, 17 Apr 2012 07:55:28 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=30982 SCHEDA Carlotti (Asur): "Inutili allarmismi" / L'imprenditore: "Il mio magazzino devastato" ]]> URBINO – Uomini in tuta bianca, con mascherine guanti e copri scarpe raccolgono polveri leggere come cipria, ma pesanti come piombo se inalate. Quasi impalpabili, queste fibre rendono l’aria pesante e si attaccano alla pelle, agli abiti, agli oggetti. Aggrediscono e se respirate o liberate nell’aria provocano un disastro, per l’ambiente e per la salute.

E’ l’asbesto, più comunemente noto come amianto, un minerale molto diffuso in natura, resistente al calore e ormai identificato con l’eternit, il materiale praticamente ‘eterno’ composto da cemento e, appunto, amianto.

Dai primi anni del ‘900 lo si è utilizzato per costruire di tutto: tubi, acquedotti, coibentazione di navi, tegole, pavimenti, vernici, fioriere, le tute ignifughe dei vigili del fuoco. Ma, soprattutto, di onduline in eternit inconfondibilmente grigie sono stati inondati i tetti delle case, dei capannoni industriali e di quelli agricoli. Le stesse coperture che sono crollate a causa della grande nevicata di febbraio.

Centosessanta sono i crolli ufficiali di tetti in amianto registrati dal Dipartimento di Prevenzione e sicurezza sul lavoro, contando tutti i ventinove comuni compresi nella ex zona 2 dell’Asur di Urbino. Dieci le coperture crollate a Urbino, tra cui un tetto di seicento metri quadrati dell’Ekofarma, una ditta che si occupa di mobili e arredi di farmacie, uno di circa mille metri quadrati del deposito di mobili Rio Rusciadelli e la copertura della palestra di Scienze motorie. Gli altri sette casi sono capannoni agricoli. Nella zona industriale di Fermignano, i casi di tetti in eternit crollati sono cinquantacinque.

Un bel da fare per i vigili del fuoco, per i tecnici del Comune e per il Dipartimento di prevenzione e sicurezza sul lavoro che proprio a Fermignano ha la sua sede principale.“L’Asur è stata, ed è tutt’ora, completamente ingolfata – spiega il dottor Eugenio Carlotti, direttore responsabile del dipartimento – sovraccarichi di lavoro noi e l’Arpam di Pesaro, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale che ha il compito di analizzare i campioni di eternit per capire se c’è effettivamente amianto. Per tutti i centosessanta casi abbiamo effettuato un primo sopralluogo – continua Carlotti – poi abbiamo campionato i manufatti e li abbiamo inviati all’Arpam per le analisi”.

Una volta accertato che si trattava di amianto l’Asur ha chiesto ai sindaci dei comuni di riferimento un’ordinanza d’urgenza per motivi di sanità pubblica, obbligando così i proprietari degli immobili a rimuovere i materiali nocivi, affidandosi poi a una ditta abilitata e specializzata nella rimozione dell’amianto. “In condizioni particolari – dice il responsabile del Dipartimento di sicurezza – c’è bisogno anche di due mesi di tempo, ma in una situazione così d’emergenza abbiamo cercato di accelerare i tempi, chiedendo un massimo di venticinque giorni. Le ditte poi – dice il dottor Carlotti – ci hanno sottoposto i piani di lavoro che abbiamo analizzato e approvato in due giorni”. Tutto questo continuando a fare sopralluoghi, seguendo i lavori di smaltimento e bonifica fino alla fine.

A più di un mese e mezzo dalla neve di febbraio, però, non tutti gli edifici interessati da crolli hanno finito i lavori, proprio perché le procedure sono particolari e ben definite.

Chi si trova davanti all’amianto, deve affrontare un iter speciale per la rimozione, complesso e abbastanza dispendioso. L’amianto è altamente nocivo per la salute, può portare a malattie gravi come l’asbestosi e il mesotelioma maligno. Solo nelle Marche dal 1996 al 2008 sono stati trecentotre i casi di tumori da amianto. Perciò è un materiale che va smaltito come rifiuto speciale, e poi tutta l’area venuta in contatto con la sostanza va bonificata, utilizzando isolanti e aspiratori.

L’uso dell’amianto è disciplinato dalla legge 257 del 1992 che vieta il suo utilizzo e stabilisce regole e procedure per lo smaltimento e la bonifica. Oggi, anche se sono ormai passati vent’anni dall’emanazione della legge, non è necessario eliminare l’eternit se ben conservato, scatta invece l’obbligo nel caso di amianto friabile, il tipo più nocivo, che si sfalda sotto qualsiasi pressione, e nel caso in cui l’eternit è degradato, anche se compatto, con fibre inglobate in matrici di cemento e quindi meno pericoloso.

LEGGI/LA SCHEDA – LA LEGGE, I COSTI E I RISCHI DELL’AMIANTO

I tetti in eternit, come quelli crollati sotto il peso del nevone, sono fatti di amianto compatto e probabilmente senza quei tre metri e mezzo di neve sarebbero rimasti lì sopra ancora a lungo. Invece sono stati dilaniati, squarciati. La neve, che ha seppellito tutti i materiali crollati e l’eternit, ha bloccato però le fibre di amianto, che non hanno potuto disperdersi subito in atmosfera. La polvere ha dovuto aspettare solo un pò di tempo, quando, sciolta la neve, è arrivato il vento.“Nessun rischio per la salute – avverte il dottor Eugenio Carlotti – le fibre erano poche e non c’è un grosso rischio per la salute”.

Aziende come l’Ekofarma e la Rio Rusciadelli, oltre a subire danni alla produzione e ai macchinari per migliaia di euro hanno dovuto sobbarcarsi anche un onere in più: “Stiamo spendendo trenta euro a metro quadro, per smaltire circa seicento metri quadri di tetto in eternit – dicono all’Ekofarma – intanto bonifichiamo, poi vedremo”. Per poter continuare a produrre, nell’azienda di mobili per farmicie, hanno dovuto costruire un tramezzo, una parete divisoria, “altrimenti – dice la segretraria – non avremmo potuto lavorare”.  Sì perché la zona è stata sigillata con il nastro e interdetta a tutti. Solo gli operai della ditta abilitata possono entrare, protetti da tute in Tyvek, mascherine per le vie respiratorie e ogni altro tipo di accessorio anti amianto. In teoria, finché non si eliminano totalmente i pezzi di eternit e non si procede alla bonifica della zona, il lavoro di produzione deve essere interrotto. L’Ekofarma è riuscita a raggirare questo danno ulteriore dividendo la zona interessata dal crollo e continuando a lavorare nel capannone accanto.
Nella regione Marche nel 2007 è stato effettuato un censimento per valutare la presenza di amianto. Nella zona di Urbino sono state inviate dodicimila lettere, di queste solo il ventidue per cento è tornato indietro. Sulla base dei questionari ricevuti, sono stati censiti 841 edifici con eternit, per un totale di diecimila tonnellate di amianto compatto. Tutti questi edifici sono stati classificati, attribuendo una categoria di pericolosità decrescenti da uno a quattro, a seconda del tipo di amianto, dell’uso pubblico o privato dell’edificio e di quanto sia esposto. Nella zona di Urbino i siti in classe uno, la più rischiosa, sono dieci, sessantadue sono in classe due, mentre i restanti 769 sono in classe tre e quattro. Ora che nella zona di Urbino sono crollati tutti questi tetti in eternit, bisognerà rivalutare al ribasso le stime del censimento.

 

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Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto
Dopo il massiccio uso negli anni ’70 e ’80, nel ’92 arriva una legge che vieta “l’estrazione, l’importazione, la lavorazione, la commercializzazione e la produzione di amianto e prodotti contenenti amianto”. Non è obbligatorio rimuovere l’eternit se non è degradato e quindi sicura fonte di rischio per la salute. La norma prevede però l’incapsulamento, la rimozione, lo smaltimento dell’amianto e la bonifica dell’area interessata nel caso di eternit friabile o compatto mal conservato. La norma fissa anche i limiti di fibre di amianto respirabili nei luoghi di lavoro dove si “smaltisce o si effettuano bonifiche” e prevede piani di protezione regionali di decontaminazione, smaltimento e bonifica. All’articolo 13 è previsto un sostegno per i lavoratori dell’amianto e pensionamento anticipato.

L’ITER PER LO SMALTIMENTO
Incapsulamento: dagli 8 ai 10 euro a metro quadro. Si utilizza nel caso in cui l’amianto è ben conservato, si sparge un impregnante apposito che fissa le fibre per un anno o due, in modo che non possano liberarsi.

Rimozione, smaltimento e bonifica: dai 10 ai 30 euro, a seconda della complessità del lavoro e della conservazione dell’eternit. L’eternit viene completamente eliminato e smaltito in un’apposita discarica. Nelle Marche ce n’è solo una a Jesi. Poi la ditta specializzata bonifica la zona venuta a contatto con l’amianto con aspiratori a filtri assoluti.  Nel caso in cui non si riesce a staccare il terreno dalle fibre d’amianto anche questo va rimosso e smaltito come rifiuto speciale.

I RISCHI PER LA SALUTE
Asbestosi e mesotelioma pleurico
Due gruppi di malattie da amianto: non tumorali e tumorali. Fra le non tumorali, tipica patologia è l’asbestosi, una malattia polmonare provocata dall’inalazione di grandi quantità di amianto. Fra i sintomi, difficoltà respiratorie, tosse, debolezza, perdita di peso, cianosi. Una complicazione dell’asbestosi è la neoplasia polmonare. La patologia tumorale caratteristica dell’esposizione da amianto è il mesotelioma maligno, che colpisce spesso la pleura, il rivestimento dei polmoni. Per contrarre questa patologia possono essere sufficienti esposizioni limitate nel tempo, anche a concentrazioni non elevatissime, soprattutto in presenza di una suscettibilità genetica. Per manifestarsi, il mesotelioma impiega almeno 30 anni, fino ad arrivare ai 50. Il Registro dei Mesoteliomi delle Marche, che dal 1996 rileva tutti i casi diagnosticati nella regione, ha rilevato 303 casi, di questi 74 sono nella provincia di Pesaro-Urbino, 136 nella provincia di Ancona, 45 in provincia di Macerata e 48 in quella di Ascoli Piceno.

 

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Il Dipartimento di prevenzione e sicurezza sul lavoro, guidato dal dottor Eugenio Carlotti, ha lavorato contro il tempo per ridurre i rischi: “Noi facciamo prevenzione – dice il responsabile del Dipartimento -eliminiamo il rischio prima che l’amianto possa agire. Per questo abbiamo accelerato i tempi delle procedure”.

Dottor Carlotti, come fate a essere certi che qualche copertura in eternit non sia sfuggita?
“Non siamo sicuri, la realtà è che non abbiamo la certezza che il dato sia completo, potrebbe mancare tutta una parte sommersa, soprattutto per quel che riguarda i capannoni agricoli e i privati cittadini. Le industrie devono passare necessariamente da noi, perché se anche si rivolgono solo alle ditte specializzate, poi queste devono presentare un piano di lavoro che noi studiamo e approviamo. Se pensiamo che al censimento del 2007 sulla presenza dell’amianto nelle marche, nella provincia di Pesaro-Urbino solo il 22% ha risposto al questionario che abbiamo inviato, mi sembra chiaro che i dati che abbiamo siano un pò parziali”.

Avete chiesto di segnalarvi tutte le coperture in eternit messe in posa prima del 1992, anno della legge che vieta l’utilizzo dell’amianto?
“Siamo a conoscenza di un tetto posato nel ‘97, che anche se datato post ’92 è comunque in eternit. Dall’introduzione del divieto qualche furbetto che ha utilizzato lastre in amianto c’è stato, lo sappiamo. Perciò quando abbiamo chiesto ai sindaci di inviarci le segnalazioni, abbiamo indicato tutti i manufatti fino al 2000”.

C’è un pò di allarmismo intorno all’eternit e all’amianto.
“Il problema grande a cui è legato un rischio immenso è l’inalazione delle fibre d’amianto, direttamente e in maniera costante e ravvicinata oppure perché la sostanza, in qualche modo, si è liberata nell’atmosfera. Anche la normativa vigente, infatti, prevede l’eliminazione del cemento-amianto solo in caso di degradazione, perché se è ben conservato non c’è motivo di rimuoverlo, anzi, togliendo quello che abbiamo nelle nostre case, come i serbatoi dell’acqua o le grondaie, si fanno più danni cercando di smaltirli che non lasciandoli lì dove sono. Nell’immaginario comune tutti i tetti in eternit sono pericolosi, ma non è così, bisogna sfatare questo mito”.

Una grande paura è giustificata dai grandi rischi.
“Il pericolo molto elevato e con imponenti esposizioni all’amianto si possono contrarre malattie non reversibili, prive di terapie efficaci. Malattie come il mesotelioma pleurico, il tumore dell’amianto, che non da scampo. Ci sono solo terapie contro il dolore. Dal momento in cui si manifesta la patologia non si hanno più di dieci o undici mesi di vita. Ma stiamo parlando di esposizioni lavorative. Ricordo il caso di un operaio che lavorava negli anni’60, in un industria produttrice di caschi per parrucchiere alla coibentazione. L’intercapedine del casco era in cartone d’amianto. Quando tagliavano quei cartoni, senza alcuna protezione si respiravano tutte le fibre. E poi, si è doppiamente esposti al rischio di ammalarsi se si è predisposti geneticamente a contrarre la patologia. In caso contrario si potrebbe teoricamente inalare tanto amianto e stare sempre bene”.

Quindi i tetti crollati non hanno esposto ad alcun rischio?
“ Assolutamente no. Erano coperti dalla neve, non si è creata la condizione per far liberare le fibre d’amianto in aria. Una signora era venuta da noi terrorizzata, dicendo che vicino casa sua un capannone era caduto. Ma se non sei esposto a perdita continua di fibre non ci sono problemi e in normali condizioni ambientali un tipo di rischio così elevato non esiste. Poche fibre non fanno nulla, non sono esposizioni significative. Non vanno neppure prese in considerazione. Qui nella zona di Urbino come quantità di amianto siamo nella media. Molto di più ce n’è ad Ancona, per via dei cantieri navali e a Fano quando c’era lo zuccherificio, con tonnellate e tonnellate di amianto friabile. Qui stiamo abbastanza bene e l’allarmismo non serve a nulla”.

 

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Dottor Rusciadelli, sapevate che il tetto era in eternit? Non avevate mai pensato di rimuoverlo?
“Personalmente non sapevo che fosse in amianto. Lo si poteva desumere dal fatto che il fabbricato era datato tra gli anni ‘60 e ‘70, periodo in cui veniva utilizzato moltissimo. Il tetto però, prima della neve, era integro, non c’erano motivi di particolare preoccupazione. In realtà non abbiamo pensato al tetto per il semplice fatto che è dovere del proprietario denunciare la presenza dell’amianto e noi non siamo i proprietari dell’immobile”.

Però avete dovuto sobbarcarvi le spese di rimozione, smaltimento e bonifica.
“Dopo il crollo, intuiti i problemi legati allo smaltimento, abbiamo più volte chiesto e sollecitato il proprietario. I termini sono sempre passati inevasi allora a un certo punto ci siamo mossi noi. C’era una pluralità di profili da tutelare: ambientale e di salute pubblica, in primis. Poi, in realtà, speravamo di riuscire a recuperare qualcosa dei mobili e delle attrezzature sotto le macerie. Ma è stato infruttuoso. Appunto, erano macerie”.

Non siete riusciti a salvare nulla, contando anche che la zona va bonificata e che tutto quello che va in contatto con l’amianto, se non si riesce a separarlo, va smaltito.

“Era quasi tutto da buttare. Se qualcosa poteva essere salvato, è stato rovinato dalle intemperie. I mobili e le attrezzature non possono essere rimosse se prima la zona non viene bonificata e tutto questo tempo legnami e ferri sono stati esposti totalmente al sole, al vento, alla pioggia. Perché il tetto non esiste più, è cielo aperto. Almeno ci siamo fatti carico di un’attività importante. La bonifica è ancora in corso, ci sono ancora i sacchi con pezzi di eternit dentro e se tutto va bene finiremo per fine aprile. Se non altro stiamo salvaguardando la salute pubblica e adempiamo a un dovere civico”.

Un’osservanza ai doveri di cittadino che vi è costata molto cara, visto che non siete voi i proprietari dell’edificio.
“Stiamo pagando 30 euro al metro quadro, moltiplicando per circa mille metri quadrati di tetto in eternit, diciamo pure che ci aggiriamo intorno ai trentamila euro. Questo senza contare i danni ai materiali, ai macchinari e alla filiera produttiva. Ora con il proprietario è in atto un contenzioso per recuperare le spese sostenute, ma le stime sono molto basse”.

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Pannelli di amianto a scienze motorie. Oggi la rimozione http://ifg.uniurb.it/2012/03/28/ducato-notizie-informazione/pannelli-di-amianto-a-scienze-motorie-oggi-la-rimozione/30052/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/28/ducato-notizie-informazione/pannelli-di-amianto-a-scienze-motorie-oggi-la-rimozione/30052/#comments Wed, 28 Mar 2012 11:23:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=30052 [continua a leggere]]]> URBINO – Sono iniziati questa mattina i lavori di rimozione dei pannelli di amianto della facolta di scienze motorie.  La grande nevicata di febbraio aveva provocato il cedimento del tetto della palestra in via dell’Annunziata.”Da allora c’è voluto circa un mese prima di intervenire – dice Vilberto Stocchi, preside della facoltà – abbiamo dovuto seguire un iter burocratico abbastanza lungo, in più il compito di rimuovere questi pannelli lo fanno alcune ditte specializzate. Comunque la situazione è sempre stata sotto controllo”.

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Tetti in amianto, 39 crolli a causa della neve. E’ corsa allo smaltimento http://ifg.uniurb.it/2012/02/28/ducato-online/tetti-in-amianto-39-crolli-a-causa-della-neve-ora-e-corsa-allo-smaltimento/26835/ http://ifg.uniurb.it/2012/02/28/ducato-online/tetti-in-amianto-39-crolli-a-causa-della-neve-ora-e-corsa-allo-smaltimento/26835/#comments Tue, 28 Feb 2012 18:00:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=26835 LEGGI L'acqua fa paura ai tetti]]> URBINO – Tettoie e coperture infrante, lamiere, tegole, pezzi di cemento. Materie informi sotto cumuli di neve, macerie che ora rappresentano un pericolo e un’apprensione in più. Molti tetti crollati durante l’emergenza di febbraio infatti erano in amianto, significa che oltre a dover ricostruire, bisogna prima smaltire. Si aggiungono perciò alcune complicazioni: più spese, un iter lungo e macchinoso e danni per la salute.

Ne sanno qualcosa, non solo i proprietari dei capannoni industriali e agricoli che sono crollati, come quello dell’Ekofarma (una ditta che si occupa di mobili e arredi di farmacie) o del deposito Rio Rusciadelli (entrambi in zona Sasso), ma anche i vigili del fuoco e l’équipe di ingegneri del Centro Operativo Misto creato durante i giorni della grande nevicata, che hanno continuamente monitorato le strutture e che sono intervenuti in tutti i casi di crollo. “Molti crolli dovuti al peso della neve hanno coinvolto tetti in eternit – dice l’ingegnere Domenio Fucili - e quindi è nato un problema in più, innanzitutto la sicurezza e la salute. Poi c’è lo smaltimento, che ha tutta una sua procedura”. Secondo la legge 257 del 1992, il tetto in eternit va rimosso solo se spaccato o danneggiato, perché in questo caso può liberare fibre d’amianto nocive per la salute.

39 CASI REGISTRATI – Il Dipartimento di Prevenzione e sicurezza sul lavoro dell’Asur di Urbino, che comprende i 29 comuni della ex zona 2, per ora è a conoscenza di 39 casi di crolli di tetti in eternit. A questo dipartimento arrivano le segnalazioni di pericolo: “Le comunicazioni ufficiali sono venticinque – fa sapere il dottor Eugenio Carlotti, direttore responsabile del dipartimento con sede a Fermignano – abbiamo molte segnalazioni dai Vigili del fuoco e dagli ingegneri del Comune che hanno fatto i sopralluoghi dei tetti crollati”. Ma c’è sicuramente dell’altro. Ci sono i casi non segnalati. “Non abbiamo dati completi – dice Carlotti – perché, come sempre, manca tutta una parte sommersa”. Ma l’Asur riesce a conoscerne una parte tramite i cosiddetti ‘piani di lavoro’: “Alcuni privati hanno fatto tutto da soli, senza la nostra mediazione – continua il dott. Carlotti – hanno inviato campioni dei tetti crollati direttamente all’Arpam di Pesaro, poi, una volta certificato che ci fossero fibre d’amianto hanno commissionato lo smaltimento dell’eternit a ditte specializzate e abilitate che, per procedere, devono inviarci un progetto che il nostro dipartimento deve valutare”.

L’ITER PER LA RIMOZIONE – L’Asur ha in genere trenta giorni per esprimere un parere, positivo o negativo che sia, sul piano di lavoro delle ditte, ma “durante e dopo i giorni dell’emergenza neve” – sottolinea il responsabile del dipartimento di prevenzione e sicurezza – abbiamo ridotto i tempi e in due giorni al massimo diamo una risposta. Acceleriamo così i le operazioni di messa in sicurezza degli edifici, soprattutto per tutelare la salute pubblica”.

Per sapere se si tratta effettivamente di amianto, una volta arrivata la segnalazione, l’Asur effettua un sopralluogo, preleva dei campioni e li manda all’Arpam di Pesaro, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle marche. Se è l’eternit è effettivamente composto da fibre d’amianto allora l’iter prevede una richiesta al sindaco del comune di riferimento per emanare un’ordinanza per problemi di sanità pubblica. Scatta poi l’obbligo il proprietario dell’immobile di rimuovere i materiali nocivi affidandosi a un’impresa abilitata a questo tipo di interventi. Se è solo cemento e di amianto non c’è traccia, significa che non c’è alcun rischio per la salute e qualsiasi ditta si può occupare dei lavori.

L’AMIANTO IN PROVINCIA – Ma la presenza di amianto è stata confermata in tutti i casi segnalati all’Asur di Urbino. “Si tratta di coperture realizzate prima del 1992, l’anno in cui è entrata in vigore la normativa sullo smaltimento dell’amianto”. Nel 2007 è stata censita la presenza di amianto nella regione Marche. Per il territorio di Urbino sono stati registrati un milione e 600mila chili di amianto compatto ( che va rimosso solo se rovinato), per una superfice di circa 625.000 metri quadrati e poco più di mille chili di amianto friabile, il più nocivo.

Finché c’era la neve a ricoprire i materiali crollati, i rischi erano minori. Se le fibre sono bloccate dall’acqua o dai residui di neve si riduce la possibilità che le fibre d’amianto si possano disperdere nell’ambiente. Ma ormai la neve si sta sciogliendo e spesso folate di vento raggiungono l’eternit spaccato. “Per questo motivo – dice il dottor Carlotti dell’Asur – stiamo stringendo i tempi”.

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