il Ducato » app http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » app http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it I giornalisti di oggi lavorano con computer, smartphone e Twitter, ma sanno poco di app http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/i-giornalisti-di-oggi-lavorano-con-computer-smartphone-e-twitter-ma-sanno-poco-di-app/71187/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/i-giornalisti-di-oggi-lavorano-con-computer-smartphone-e-twitter-ma-sanno-poco-di-app/71187/#comments Tue, 21 Apr 2015 13:50:17 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71187 Tutti i servizi dal festival | Lo speciale del Gruppo Espresso ]]> logo festival

Il logo del Festival

PERUGIA –  Usa pc, cellulari, macchine fotografiche digitali e Twitter. Ma il mondo di applicazioni mobili e programmi pensati per facilitare il giornalismo non lo conosce quasi per nulla. Questo è il profilo medio dello speaker del Festival internazionale del giornalismo di Perugia.

Oggi chi si occupa di informazione non sembra essere un esperto di tecnologia, uno smanettone come verrebbe chiamato in gergo. Semplicemente ha buona famigliarità con i mezzi che comunemente già usa e una conoscenza base del funzionamento dei social network. Ma esistono anche le eccezioni a questa tendenza generale.

Gli strumenti più avanzati. Il Festival ha dato spazio anche a coloro che di app sono esperti, organizzando workshop in cui gli speaker hanno insegnato i segreti di alcune di queste al pubblico. Rosa Maria di Natale, giornalista di La Repubblica Palermo, ha elencato in un evento una lunga serie di tools utilizzabili dallo smartphone. Tra i più interessanti Audionote che permette di prendere appunti e registrare contemporaneamente o Mobile Ocr in grado di trasformare in file di testo le scritte catturate con una fotografia. Altro guru del web è Robin Good, grande sperimentatore nel campo dei media. Tra le applicazioni più utili ha citato scoop.it, strumento per selezionare news ed importarle in un proprio sito o blog, e zeef, un motore di ricerca non più basato su algoritmi ma sulla navigazione dell’utente in categorie scelte da lui stesso.

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Il profilo Twitter di Myndy McAdams

Prima l’idea, poi lo strumento. Ma i relatori che invece non usano questi strumenti più avanzati sono una netta maggioranza. A sorpresa sono gli americani i primi che lo ammettonoMindy McAdams, docente di giornalismo digitale all’Università della Florida, insegna coding ai suoi studenti. Ma alla domanda su quale applicazioni usi più spesso la risposta è stata: “Un semplice lettore di testo è sufficiente se si conosce come funzionano i software. Al limite photoshop nel caso in cui serva lavorare fotografie”.

Marc Cooper, professore all’University of Southern California invece è ancora più netto. Lui stesso ammette di conoscere pochissimo di software e applicazioni. Ma “l’importante è capire come funzionano gli strumenti in modo da sfruttarli al meglio per comunicare il proprio messaggio”. In sostanza non si deve essere sempre aggiornati sull’ultima app uscita ma padroneggiarne la filosofia che le sta dietro.

Gli italiani intervistati sono ancora più diretti. Per fare giornalismo oltre agli immancabili computer e smartphone è indispensabile un buon paio di scarpe. Sia Alessandro Di Maio, giornalista freelance che Leonardo Romei, docente all’Isia di Urbino si rifanno alla vecchia figura del giornalista con le suole consumate.

Tool sì, solo se indispensabili. C’è poi una minoranza delle persone sentite che utilizza strumenti specifici perché il lavoro che fa glielo richiede. E’ il caso di Amalia de Simone, video-reporter di inchiesta per corriere.it. Per lei è necessario il programma di montaggio Final Cut ma anche applicazioni che permettono di fare lo stesso lavoro sul cellulare. Per quanto riguarda le riprese invece, nelle circostanze in cui serve discrezione, utilizza anche microcamere. Parlando di interessi specifici si può citare il caso di Gergo Saling, giornalista investigativo ungherese. Occupandosi di opendata fa ampio uso di strumenti che gli permettano di acquisire gli stessi dati, per esempio Propublica. Ma il giovane ungherese è anche piuttosto bravo nel costruire grafici per esporre il lavoro fatto al grande pubblico. Anche Ignacio Escolar, direttore di eldiario.es, ha raccontato di usare la piattaforma Tableau per poter gestire al meglio i dati raccolti.

Il cinguettio domina. Tra i social network è certamente Twitter il più utilizzato. Ce lo conferma Juan Luis Manfredi, professore di Comunicazione politica all’Università di Castiglia-La Mancia. In pochi minuti si può creare una rete di interazioni con persone che condividono gli stessi interessi o sono presenti a uno stesso evento. Anche Jérome Tomasini, capo del settore news e politica per Twitter Francia, lo ribadisce: “La sua forza sta nel poter raccontare cosa sta succedendo in diretta anche da parte di semplici cittadini presenti in un certo posto”

A Radio1 hanno realizzato anche un programma, Hashtag, condotto da Giulia Blasi. Come ci dice la stessa giornalista, senza Twitter non potrebbe neanche andare in onda. Il social network è la fonte principale per capire quali sono gli argomenti di tendenza da affrontare poi durante la diretta. Di parere simile è Luca Bottura che per condurre Lateral su Radio Capital fa ampio uso di Twitter. Nel flusso si possono infatti trovare numerosi spunti interessanti per la quotidiana rassegna stampa satirica.

Twitter a prima vista sembra molto semplice da usare ma in realtà per poterne sfruttare tutte le potenzialità si dovrebbero padroneggiare anche i numerosi strumenti collegati. Uno di questi è Twitonomy che permette di monitorare e analizzare il proprio account. Ma esiste anche TweetLogix se si vuole migliorare la propria ricerca su Twitter grazie a determinati filtri. Con TweetDeck invece si può organizzare la schermata in modo da poter seguire più flussi contemporaneamente e di programmare i tweet. Infine c’è Periscope, applicazione ora disponibile solo per i prodotti Apple, che permette di riprendere in diretta tramite Twitter un evento. Un’app che aumenta ulteriormente le possibilità di giornalisti e persone comuni nel riportare in tempo reale cosa sta succedendo.

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Content e brand curation, cinque strumenti che i giornalisti dovrebbero conoscere (e usare) http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/content-e-brand-curation-cinque-strumenti-che-i-giornalisti-dovrebbero-conoscere-e-usare/71070/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/content-e-brand-curation-cinque-strumenti-che-i-giornalisti-dovrebbero-conoscere-e-usare/71070/#comments Sat, 18 Apr 2015 22:09:56 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71070 11148882_10205927017682062_855401448_n

PERUGIA – Robin Good è un esperto di content curation, ma è anche un imprenditore ormai specializzato. Da quasi 20 anni il suo business è il web. E dentro il web ha trovato e analizzato centinaia di strumenti, o tool, utili per approfondire gli interessi più diversi: dall’appassionato di un genere particolare di musica all’esperto di design che vogliono tenersi aggiornati. Ha presentato al Festival internazionale del giornalismo di Perugia anche alcuni degli strumenti che secondo i giornalisti dovrebbero conoscere. Per l’intervista al Ducato ne ha selezionati cinque, tra quelli che ritiene indispensabili a ogni reporter che voglia organizzare il proprio materiale online, trovare spunti interessanti e curare il proprio brand.

SCOOP.IT (gratuito+versioni a pagamento)

Trovare le notizie più interessanti su un argomento, personalizzarle ed aggiungerne un plusvalore. Scoop.it offre la possibilità di selezionare le migliori notizie ed esportarle sul proprio sito o blog attraverso la url della pagina oppure di creare contenuti a partire da zero. Un tool indispensabile per tenersi aggiornati in poco tempo. Qui un breve tutorial su come muovere i primi passi sul portale.

2) PINTEREST (gratuito)

pinterest

Non solo foto di dolci, scarpe alla moda e frasi ad effetto. Con una bacheca di più di 70 milioni di utenti, Pinterest è ormai una vetrina indispensabile per chiunque voglia promuovere il proprio “brand” in modo innovativo. Cercare informazioni tra le fonti giuste, condividerle al pubblico e crearsi una nicchia di riferimento. Può un giornalista tralasciare questa fonte di visibilità?

3) PRISMATIC (gratuito)

prismatic

Imparare cose nuove ogni giorno, trovando notizie che i media tradizionali non trattano. Ecco cosa permette di fare Prismatic, un contenitore personalizzato di informazioni basato sugli interessi dell’utente. Il flusso di notizie è determinato in base alla connessione con i social network e alla posizione geografica tramite un algoritmo che permettono poi all’utente di scoprire argomenti di interesse affini al proprio profilo. È possibile anche raccomandare una notizia, facendola salire in testa al proprio “news feed” e rendendola visibile a tutti. Da provare.

4) ZEEF (gratuito)

Zeef altro non è che una directory, un catalogo web grazie al quale è possibile effettuare ricerche navigando per categorie predefinite. Una sorta di motore di ricerca “umano”, dove non c’è un algoritmo che decide per noi cosa vedere e cosa no. Fine di Google? Ovviamente no, tuttavia ogni giornalista potrà guadagnarsi la fiducia della nicchia di riferimento, aumentando il proprio brand puntando su una bacheca specializzata. Come si usa? Guardate questo breve tutorial.

5) WORDPRESS (gratuito+vers. a pagamento)

wordpress

Vi starete chiedendo: perché una piattaforma per la gestione di un sito internet? Per Robin Good la risposta è semplice: “Con tutti gli strumenti a vostra disposizione le possibilità che avete sono infinite. Foto, video, infografiche, tutto è alla portata di tutti. Ricordate sempre che è quello che avete nella testa che fa la differenza, nient’altro”.

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Mafiamaps, in arrivo (anche per i reporter) un’enciclopedia geografica sulla criminalità http://ifg.uniurb.it/2015/04/09/ducato-online/mafiamaps-in-arrivo-anche-per-i-reporter-unenciclopedia-geografica-sulla-criminalita/70157/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/09/ducato-online/mafiamaps-in-arrivo-anche-per-i-reporter-unenciclopedia-geografica-sulla-criminalita/70157/#comments Thu, 09 Apr 2015 11:07:19 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70157

l’anteprima grafica di Mafiamaps

URBINO – E’ la prima enciclopedia geografica multimediale sul fenomeno mafioso in Italia. Si chiama Mafiamaps ed è un’app per smartphone e tablet legata al sito WikiMafia che mostrerà dove operano le organizzazioni mafiose, quello che fanno e dove investono, dove sono avvenuti gli episodi di intimidazione, gli omicidi e le stragi e dove sono i beni confiscati e sequestrati. Le fonti: inchieste giudiziarie concluse e in corso, dati raccolti dalle associazioni antimafia e aggiornamenti costanti. L’app sarà disponibile a metà luglio.

Marker colorati indicheranno i fenomeni mafiosi sulle aree geografiche visibili sull’app: Cosa Nostra è in viola, azzurro per la Camorra, la ‘ndrangheta in blu, verde per la Sacra Corona Unita e giallo per le mafie estere. Mafiamaps mostrerà anche l’impegno di chi contrasta la mafia: sarà possibile visualizzare dove sono e cosa fanno le associazioni in un determinato territorio e si potrà accedere regione per regione ad articoli giornalistici che denunciano casi specifici.

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l’anteprima grafica di Mafiamaps

L’app è stata ideata da Pierpaolo Farina, fondatore di wikimafia.it, l’enciclopedia online nata due anni fa. Per finanziare il progetto, il team ha lanciato una campagna di crowdfunding accompagnata dall’hashtag  #mappiamolitutti. Fino al 23 maggio chiunque potrà partecipare direttamente dal sito.

In poco più di due settimane sono stati raccolti più di 5000 euro, l’obiettivo è 100 mila. Anche se non verrà raggiunto entro la fine della campagna, Mafiamaps partirà comunque con la copertura  delle principali città italiane.

“Quest’app è molto importante”, spiega a Il Ducato Federico Varese, direttore della rivista Global Crime. “Uno dei grandi problemi in Italia è la mancanza di dati accurati. Lo sforzo di raccoglierli e poi presentarli con chiarezza è utilissimo: permette di vedere e capire dove si trova il fenomeno, dove non c’è (ancora) e in che modo si evolve”. Varese, professore di Criminologia e Sociologia all’Università di Oxford, parteciperà venerdì 10 aprile a Milano all’incontro di apertura del ciclo #mappiamolitutti, una serie di eventi a sostegno della campagna di raccolta fondi.

Sette sociologi lavoreranno a tempo pieno per aggiornare i contenuti di Mafiamaps. Sarà uno strumento utile a studiosi, giornalisti, blogger, associazioni che si occupano di mafia. “Potranno  visualizzare velocemente tutto quello che c’è da sapere sull’attività della criminalità organizzata in un determinato posto” ha detto a Il Ducato l’ideatore dell’applicazione Pierpaolo Farina “Mafiamaps fornirà un punto di partenza per qualsiasi ricerca o inchiesta”. L’app sarà utile anche ai cittadini: “Una cosa è documentarsi sul problema della mafia, un’altra è sapere se ha operato sotto casa tua o in posti che frequenti e questo avviene spesso: due anni fa in pieno centro a Milano c’era un bar gestito dai Casalesi e frequentato da studenti” ha concluso l’ideatore.

Mafiamaps costerà 0,99 cent all’anno, ma se il crowdfunding avrà successo sarà gratuita.

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Whoosnap, l’app che recluta fotogiornalisti low-cost http://ifg.uniurb.it/2015/01/27/ducato-online/whoosnap-lapp-che-recluta-fotogiornalisti-low-cost/63825/ http://ifg.uniurb.it/2015/01/27/ducato-online/whoosnap-lapp-che-recluta-fotogiornalisti-low-cost/63825/#comments Tue, 27 Jan 2015 15:14:57 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=63825 whoosnaplogoVuole conquistare gli Usa l’app italiana che promette di rivoluzionare il mondo dell’informazione: Whoosnap. Il servizio permette ai giornalisti di reperire foto in real time risparmiando tempo e denaro e agli appassionati di guadagnare grazie al loro hobby.

In che modo? Lo abbiamo chiesto direttamente al suo ideatore, Enrico Scianaro: “Il mondo del giornalismo ricerca continuamente foto e testimonianze di quello che accade, momento per momento, ma spesso le agenzie fotografiche e i reporter professionisti hanno costi considerevoli e impiegano molto tempo per consegnare gli scatti”. Con questa applicazione, quindi, le testate potrebbero disporre di foto-reporter a qualsiasi ora e luogo, pronti a soddisfare le loro richieste.

Whoosnap potrebbe presto sbarcare in alcune redazioni italiane: “Stiamo stringendo accordi con testate nazionali ma non possiamo ancora divulgare i nomi. Presto lo leggerete sulla nostra pagina web e sulle pagine delle diverse testate”.

Come funziona. “Richiedere una foto è molto semplice e intuitivo”, afferma Sciarano. Una volta registrati basta indicare il luogo dal quale si desidera che arrivi lo scatto, aggiungere una breve descrizione e stabilire un’offerta. La richiesta arriverà in tempo reale a tutti i reporter nelle vicinanze del posto o evento richiesto e se interessati scatteranno la fotografia. Se il richiedente è soddisfatto, troverà la foto mancante per il proprio articolo o il proprio album da collezione mentre il reporter incasserà la somma pattuita.

Il valore della ricompensa è espresso in gettoni – coin – che i reporter possono riscuotere convertendoli in premi, buoni acquisto dei principali negozi online oppure in valuta corrente al raggiungimento di determinate soglie. “I coin guadagnati possono anche essere utilizzati, a loro volta, per effettuare nuove richieste”, continua l’ideatore.

Su ogni transazione Whoosnap trattiene una percentuale minima del 30%, che aumenta nel caso di acquisto degli scatti dall’archivio o per l’utilizzo in esclusiva delle immagini.

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A grandi passi verso il futuro. Lanciata nella versione 1.0 per iOs (il sistema operativo per dispositivi Apple) a metà dicembre, ha raggiunto in breve tempo risultati interessanti tanto da portare alla decisione di tradurre l’app anche in inglese e di testarla in California. Ad oggi la community di Whoosnap conta circa 3.500 utenti attivi, oltre 4.500 download e più di 1.500 richieste che hanno generato circa 2000 scatti.

Next step. Entro la fine di gennaio 2015 sarà disponibile la versione definitiva della piattaforma web mentre a marzo è previsto il rilascio della versione per il sistema operativo Android, oltre all’integrazione di nuove funzioni come:

  • un alert che consentirà agli utenti di effettuare la segnalazione di un fatto o un evento di cui sono testimoni per candidarsi a fornire la relativa immagine;
  • la possibilità di rispondere alle richieste anche con brevi video della durata di 10 secondi.

Entro giugno 2015 sarà online anche l’applicazione per Windows Phone.

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Code’s Cool: i corsi della Carlo Bo per programmare app a undici anni http://ifg.uniurb.it/2014/01/28/ducato-online/codes-cool-i-corsi-della-carlo-bo-per-programmare-app-a-undici-anni/55753/ http://ifg.uniurb.it/2014/01/28/ducato-online/codes-cool-i-corsi-della-carlo-bo-per-programmare-app-a-undici-anni/55753/#comments Tue, 28 Jan 2014 08:30:24 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=55753 Code'scoolURBINO – Come appassionare i ragazzi al linguaggio della programmazione? La Scuola di Scienze e tecnologie dell’informazione dell’università di Urbino c’è riuscita con un nuovo metodo di insegnamento. Si chiama “Code’s Cool – programmare è forte!” l’iniziativa che mette insieme in modo informale e in una grande community docenti, studenti universitari, ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado e i genitori per offrire un “luogo” in cui imparare insieme a programmare.

Insegnare ai ragazzi è piuttosto semplice. Tra novembre e dicembre 2013, quando l’iniziativa è partita, in meno di un’ora i piccoli programmatori hanno imparato a creare un’applicazione basilare per smartphone, che riusciva a far pronunciare parole al telefono attraverso il semplice movimento del dispositivo.

“L’iniziativa – spiega Alessandro Bogliolo, coordinatore del corso di laurea in Informatica applicata – nasce dagli stimoli della Commissione Europea e dei programmi americani volti all’insegnamento della programmazione. Come Scuola di scienze e tecnologie ci siamo messi a disposizione per fare da tramite tra insegnanti, studenti e famiglie”.

Lo stupore di poter vedere subito la propria applicazione all’opera è la chiave per avvicinare i ragazzi alla materia. I più piccoli hanno undici anni. “Per il primo livello– continua Bogliolo – utilizziamo strumenti di approccio visuale messi a punto dal Mit (Massachusetts Institute of Technology, ndr) di Boston: non scriviamo direttamente in codice, per quello ci vuole la conoscenza di una sintassi base. È come per le lingue: chi si ‘butta’ e prova subito a parlarle le apprende prima rispetto a chi parte dalla grammatica”.

La comunità è aperta e rivolta a tutti coloro che sono quantomeno curiosi. E per favorire la massima partecipazione sono stati creati alcuni canali: un forum di Google, un canale Youtube, una pagina Facebook e un hashtag ufficiale di Twitter, #codesCool. “Nelle prime lezioni – spiega ancora Bogliolo – hanno partecipato circa 500 ragazzi. Alcuni erano presenti in aula, altri collegati in gruppo d’ascolto da tutta Italia”. Alla community, infatti, hanno già aderito ragazzi – in maniera autonoma – e scuole da tutta Italia: da Foligno ad Ascoli Piceno, da Eboli a Firenze, a Urbino. Della città ducale ha già aderito l’Itis e informalmente anche il liceo scientifico Laurana. Oggi il turno dell’Istituto comprensivo Pascoli.

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Frontiere del giornalismo digitale: riviste e quotidiani diventano negozi http://ifg.uniurb.it/2013/03/21/ducato-online/frontiere-del-giornalismo-digitale-riviste-e-quotidiani-diventano-negozi/39576/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/21/ducato-online/frontiere-del-giornalismo-digitale-riviste-e-quotidiani-diventano-negozi/39576/#comments Thu, 21 Mar 2013 14:30:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=39576 Glamour, che potrebbe far aumentare gli introiti integrandoli con quelli provenienti da vendite e pubblicità]]> Trasformare le riviste e i quotidiani online in una sorta di negozio interattivo: questa l’ultima trovata escogitata da editori ed esperti di marketing per restituire nuove speranze e maggiori possibilità di guadagno alle testate web.

I neo proprietari di France Soir, lo storico giornale francese nato nel 1944, hanno deciso di percorrere questo sentiero. Dal 29 marzo verrà lanciata sul mercato la rivista “l’e-mag de ‘France Soir’, inizialmente disponibile solo per iPad, al prezzo di 1,89 euro.

Ma come funzionerà? Mentre Philippe Mendil, presidente di Cards Off, azienda francese che solo cinque mesi fa ha acquistato quello che per anni è stato uno dei quotidiani simbolo di  Francia, si riserva di parlare solo a lancio di prodotto avvenuto, la formula pensata ha lo scopo di far arrivare maggiori introiti senza basarsi esclusivamente sulla pubblicità. I lettori non saranno più dirottati sui siti web dei prodotti sponsorizzati, ma potranno acquistare direttamente sul giornale. L’utente potrà così sbizzarrirsi tra la lettura delle ultime notizie e l’acquisto di oggetti che in qualche modo rievocano i contenuti giornalistici.

L’iniziativa, di cui ha parlato qualche giorno fa anche Lsdi.it e che ha suscitato la curiosità della stampa francese, si basa su un concetto economico innovativo: il lettore comprerà il prodotto pagando direttamente al giornale e sarà quest’ultimo a girare i soldi all’azienda, trattenendo per sé una quota compresa tra il 3 e il 15%.

I rischi etici e deontologici sono evidenti: chi scriverà gli articoli? Ma soprattutto, che tipo di notizie si potranno trovare sulla rivista? Esisterà una vera e propria redazione che sarà coordinata dal giornalista Dominique de Montvalon, nota firma politica ed ex colonna di riferimento della vecchia edizione di France Soir. La rivista si occuperà soprattutto delle “buone notizie” e diversi approfondimenti saranno dedicati a temi poco trattati dai giornali tradizionali.

La redazione dovrebbe rimanere autonoma rispetto alla squadra che si occuperà di costruire questa sorta di vetrina intorno agli articoli, ma viene comunque da chiedersi se non ci sia il rischio che i contenuti possano essere in qualche modo ‘adattati’ ai prodotti che si vogliono vendere. Secondo Pier Luca Santoro, esperto di marketing e comunicazione e collaboratore dell’Osservatorio europeo di giornalismo “in realtà questo avviene già per l’online, con la corsa ai volumi di traffico per monetizzare. I ‘boxini morbosi’, ad esempio, ne sono la più diretta e concreta evidenza”.

Se è davvero questa la nuova frontiera del giornalismo digitale, è difficile immaginare quale tipo di prodotti potranno essere accostati a notizie ben più serie. Lo stesso France Soir ha l’ambizione di ampliare il progetto: già si parla, per fine anno, di far seguire un quotidiano alla rivista, impostato sulla stessa concezione, ma con contenuti diversi. E chissà che, nel giro di poco tempo, ogni quotidiano e ogni notizia sarà affiancata dal proprio prodotto pensato ad hoc e direttamente ‘shoppable’. Secondo Santoro questo è auspicabile, oltre che fattibile: “Invece di profumi, accessori moda o abbigliamento, si proporranno prodotti e servizi in sintonia con il pubblico di riferimento della testata”.

L’idea della ‘rivista-negozio’ ha già avuto i suoi primi riscontri positivi: altre testate hanno sperimentato o stanno cominciando a investire su questa opportunità. L’obiettivo comune è quello di fidelizzare il lettore offrendogli la possibilità di interagire e mettendogli immediatamente a disposizione un tipo di prodotto che in qualche modo è attinente all’articolo che ha appena letto.

Pionieri in questo senso sono state diverse riviste Europee e Statunitensi. Il Times, ad esempio, nei giorni natalizi ha realizzato un’applicazione che accanto a contenuti editoriali dava la possibilità di far scegliere e acquistare i regali. Stessa idea per il WSJ Select pensato dal Wall Street Journal e per l’Harper’s Bazaar del periodico appartenente al gruppo Hearst.

In Italia la strada è stata aperta dalla rivista Glamour che, con Glamour Personal Shopper, ha creato un’applicazione per smartphone che oltre a dar modo agli utenti di fare shopping, consente loro di restare aggiornati su contenuti curati da un’apposita redazione.

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L’Agcom ci ripensa: stop ai sondaggi elettorali sugli smartphone http://ifg.uniurb.it/2013/02/07/ducato-online/lagcom-ci-ripensa-stop-ai-sondaggi-elettorali-sugli-smartphone/33792/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/07/ducato-online/lagcom-ci-ripensa-stop-ai-sondaggi-elettorali-sugli-smartphone/33792/#comments Thu, 07 Feb 2013 13:16:47 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=33792

Angelo Marcello Cardani, presidente Agcom

Dietrofront dell’Agcom sulla decisione di dare il via libera all’applicazione per smartphone messa in commercio nei giorni scorsi dalla Swg, società che si occupa dei sondaggi elettorali in Italia.

La ‘politicapp’ rischiava infatti di trasformarsi in uno strumento a doppio taglio: pagando 9,99 euro gli utenti avrebbero potuto sapere l’esito dei sondaggi elettorali fino al momento del voto.

L’Agcom ne aveva autorizzato la vendita in quanto pensata per singoli acquirenti, niente vietava però ai privati cittadini di diffondere le stime e le proiezioni ritwittandole o condividendole sui social network. Dalla mezzanotte dell’8 febbraio infatti, scatta il divieto di pubblicare “sondaggi politici ed elettorali” sui mass media.

Facebook e twitter non sono attualmente riconosciuti come mezzi di comunicazione di massa e, a differenza di giornali, radio e tv, non devono sottostare al divieto di pubblicazione.

Le polemiche, suscitate dal paradosso di avere a disposizione i numeri dei sondaggi senza che questi fossero diffusi dai normali canali di informazione, devono aver contribuito a far cambiare idea all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

In una nota, pubblicata al termine di una lunga riunione del consiglio presieduto dal numero uno dell’Agcom Angelo Marcello Cardani, si legge: “L’applicazione della Swg rende accessibile, previo il pagamento di un prezzo contenuto, il risultato dei sondaggi ad un pubblico potenzialmente molto vasto, con inevitabili effetti di diffusione incontrollata dell’informazione. Questa circostanza configura quindi un’oggettiva violazione del divieto imposto dalla legge sulla par condicio”.

A partire dalla mezzanotte dell’8 febbraio e fino a elezioni concluse, né giornali, né tv, né app per smarphone, potranno quindi diffondere sondaggi: una marcia indietro un po’ tardiva che torna a far riflettere sull’efficacia di una legge che non tiene conto delle nuove tecnologie.

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Sondaggi elettorali, il paradosso 2013 del divieto di pubblicazione http://ifg.uniurb.it/2013/02/05/ducato-online/sondaggi-elettorali-questanno-li-potremo-conoscere/33460/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/05/ducato-online/sondaggi-elettorali-questanno-li-potremo-conoscere/33460/#comments Tue, 05 Feb 2013 16:23:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=33460 Mancano pochi giorni al voto e a partire dal prossimo 9 febbraio fino alla fatidica data del 25 scatterà per tutta la stampa italiana il divieto di pubblicare sondaggi elettorali. Un bavaglio che quest’anno – complici app per smartphone e social network – potrebbe non bastare per impedire alla gente di conoscere le ultime stime di percentuali, proiezioni, seggi.

Un’ipotesi impensabile pochi anni fa. Primo elemento: i sondaggi non possono essere diffusi dai media ma, grazie ad un’applicazione per telefonini approvata  dall’Agcom, finiranno direttamente nelle mani dei singoli. Secondo elemento: la capillare diffusione dei social network – non limitati dalle norme di legge – farà sì che i dati circoleranno come mai prima al di fuori delle ristrette cerchie di partiti e redazioni giornalistiche.

Un paradosso: quelle informazioni che non possono essere date dai mezzi di comunicazione di massa, gli utenti le verranno a sapere da… loro stessi.

Lo conferma l’Agcom: “I social network (trovandosi ancora in quel limbo di indeterminatezza che non li classifica né come strumenti ufficiali di informazione, né come risorse limitate a un uso privato o ristretto, ndr) non devono sottostare ai controlli sui mass media” dell’autorità.

L’idea di una app è della  Swg, società che si occupa di sondaggi elettorali in Italia. Basta che un normalissimo utente in possesso di uno smartphone o di un tablet acquisti al costo di 9,99 euro l’applicazione, pensata per Apple e Android, e il gioco è fatto. E il privato cittadino a quel punto è libero di utilizzare i numeri dei sondaggi come meglio crede: può dimostrarsi politically correct tenendoseli per sé, oppure può ‘altruisticamente’ twittarli o condividerli su Facebook.

Attualmente non esiste nessuna norma che disciplini la diffusione di notizie su blog e social network e il problema si pone più che mai quando si parla di sondaggi che per legge dovrebbero rimanere segreti. Il via libera all’app di Swg, come detto, arriva dalla stessa Agcom. La motivazione data dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è che si tratta di un canale privato, ristretto a un certo numero di fruitori che scelgono di acquistare il prodotto.

Ma i limiti della normativa sono evidenti in un contesto sociale che ormai è ovunque. Se i dati acquisiti dai singoli vengono estesi all’intero network di conoscenze non si avrebbe alcuna violazione di legge. Nessuno si occupa di fare controlli e anche se venissero riscontrate pubblicazioni non autorizzate sui social, non si tratterebbe comunque di reato.

La già farraginosa norma che disciplina la ‘par condicio’ in clima di elezioni, con questi presupposti appare ancor più contraddittoria. Tra le competenze di controllo dell’Agcom ci sono soltanto i mezzi di comunicazione di massa cosiddetti ufficiali: televisioni, giornali cartacei e giornali online con una testata registrata in tribunale. Blog e social network restano quindi fuori dalla loro sfera di competenza e dal controllo di chiunque.

Il presidente Agcom Angelo Marcello Cardani ha già manifestato l’intenzione di fare un bilancio a fine campagna elettorale. Quel che è certo è che quest’anno, senza che sia cambiato niente in termini di “divieto di pubblicazione o diffusione dei sondaggi politici ed elettorali”, avremo la possibilità di essere informati come mai prima d’ora, solo che le news non arriveranno né dai giornali né da radio e tv.

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