il Ducato » aspi http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » aspi http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Lavoro, art. 18 un falso problema: il rischio a Urbino è la nuova Aspi http://ifg.uniurb.it/2012/03/28/ducato-online/lavoro-art-18-un-falso-problema-il-rischio-a-urbino-e-la-nuova-aspi/30028/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/28/ducato-online/lavoro-art-18-un-falso-problema-il-rischio-a-urbino-e-la-nuova-aspi/30028/#comments Wed, 28 Mar 2012 22:54:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=30028 SCHEDA La riforma Fornero ]]> URBINO – Si discute sull’articolo 18 ma nella provincia di Pesaro-Urbino il problema principale della riforma del lavoro, proposta dal ministro Elsa Fornero, è la modifica degli ammortizzatori sociali. In un territorio in cui la maggior parte delle attività sono di piccole dimensioni, perciò sotto la soglia tutelata dall’articolo 18 che riguarda solo le aziende con un numero superiore ai 15 dipendenti (5 per il settore agricolo), ciò che preoccupa maggiormente è come cambierà il sistema riguardante cassa integrazione e mobilità.

SCHEDA La riforma Fornero

La cassa integrazione ordinaria infatti sarà fortemente ridotta nei termini di durata mentre l’indennità di mobilità sarà rimpiazzata dall’ Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego.

AMMORTIZZATORI SOCIALI – Se attualmente tra cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga e indennità di mobilità e di disoccupazione un lavoratore può avere una copertura da 1 a 3 anni, con il nuovo ddl il termine massimo sarà di soli 12 mesi (arriverà a 18 mesi per i lavoratori oltre i 55 anni).

Per i lavoratori del nostro territorio, quindi, la situazione potrebbe diventare davvero critica. Dai dati della cassa integrazione in deroga (che riguarda le piccole e piccolissime imprese), nella provincia di Pesaro-Urbino a febbraio 2012 c’è stato infatti un aumento del 900% delle richieste rispetto al gennaio 2011.

“Nell’area di Pesaro-Urbino circa il 90% delle aziende sono con un numero di dipendenti inferiore alle soglia tutelata dall’art.18” afferma Simona Ricci, segretaria della Cgil di Pesaro.

Nel territorio, infatti, secondo i dati della Camera di Commercio, sono solo 1.122 le attività con più di 15 lavoratori contro 30.941 aziende di piccole dimensioni. Per la maggior parte delle imprese della provincia, quindi, la modifica dell’articolo 18 non sarebbe poi così problematica mentre un numero sempre maggiore di dipendenti soprattutto nelle piccole attività rischiano di essere mandati in mobilità.

I DATI - La situazione di recessione delle aziende della provincia è confermata anche dai dati elaborati dalla Confindustria Marche relativi al trimestre ottobre-dicembre 2011. Nell’area di Pesaro-Urbino la produzione industriale è scesa dell’1,6% mentre l’occupazione nelle industrie associate all’organizzazione ha registrato un calo del 4,4%.

ARTICOLO 18 – Anche se in misura minore rispetto al problema della mobilità, la modifica dell’articolo 18 crea comunque preoccupazione tra i lavoratori e i sindacati della provincia. Simona Ricci spiega infatti che “se si tiene conto del numero di dipendenti impiegati in grandi o piccole aziende la percentuale cambia nettamente, parliamo di diverse migliaia di lavoratori esposti al rischio potenziale di licenziamento per cause oggettive”. Per fare un esempio, stando ai dati forniti della Confindustria di Pesaro, nella provincia il numero di dipendenti delle industrie con personale superiore alle 15 unità è di 16.588 ai quali poi si dovranno aggiungere tutti quelli delle imprese fuori dall’organizzazione.

Oggi l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, prevede il reintegro del dipendente nel caso in cui, dopo il ricorso richiesto al tribunale ordinario dal “licenziato”, venga riconosciuta l’illegittimità del licenziamento. Con la proposta di modifica del Ministero del lavoro però le cose cambieranno.

Il punto contestato riguarda la distinzione tra licenziamento di carattere oggettivo (o economico), e il licenziamento di carattere soggettivo (o disciplinare). I datori di lavoro che manderanno a casa un dipendente motivando il licenziamento con ragioni “oggettive” – come potrebbe essere una situazione di crisi – nel caso in cui un giudice stabilisca che la motivazione non era valida (e quindi il licenziamento era senza giusta causa), dovranno pagare solamente un indennizzo da 1527 mensilità ma non sarà più previsto il reintegro del dipendente nel posto di lavoro.

LA CONTESTAZIONE – “Ciò che noi non capiamo è perché il lavoratore non possa essere reintegrato nel proprio posto di lavoro se il giudice non ritiene valido il licenziamento per motivi economici mentre questa possibilità rimane nel caso di illegittimità del licenziamento per motivi disciplinari” afferma la segretaria Cgil di Pesaro mentre dalla Cisl provinciale si avanza la proposta di una riforma dell’articolo 18 su modello tedesco, come spiega il segretario Sauro Rossi: “La nostra paura, soprattutto in un periodo di crisi come questo, è che si faccia un abuso del licenziamento di carattere economico per mascherare altri scopi. Ecco perché abbiamo proposto il modello tedesco che prevede la possibilità che il giudice decida o per il reintegro o per l’indennizzo”.

GLI ALTRI ASPETTI – Nella riforma sono contenuti però anche aspetti visti con favore sia dai sindacati che dai lavoratori della provincia. L’obbligo per le aziende di ricorrere all’apprendistato per facilitare l’ingresso al lavoro dei giovani, la paternità obbligatoria e il divieto di firmare le dimissioni in bianco, spesso utilizzate per licenziare le donne in maternità, sono alcuni dei punti apprezzati dai cittadini oltre alla modifica dei contratti a tempo determinato. Per disincentivare il precariato, la riforma del lavoro imporra ai datori di lavoro un contributo extra dell’1,4% sui contratti a termine.

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LICENZIAMENTI

La situazione oggi – Il licenziamento deve essere motivato. Le motivazioni possono essere oggettive (o economiche) oppure soggettive (o disciplinari).

Il carattere oggettivo riguarda cause interne all’organizzazione dell’azienda come motivi economici, attinenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro. Il carattere soggettivo riguarda il comportamento del lavoratore nel luogo di lavoro.

Ci sono poi i licenziamenti per motivi discriminatori, relativa a caratteri personali del lavoratore (come razza, religione etc.), che però è di per sé nulla perché non ritenuta una giusta causa.

A chi si applica l’articolo 18 – A tutti i dipendenti di aziende con più di 15 lavoratori o 5 per le imprese agricole.

I licenziamenti – Il giudice che dichiara inefficace il licenziamento o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ordina al datore di lavoro delle imprese con più di 15 dipendenti (o 5 se si tratta di aziende agricole) di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Questo significa che queste imprese  devono reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro assunto in precedenza se il giudice riconosce che il licenziamento è senza giusta causa.

L’onere della prova della legittimità del licenziamento spetta all’azienda che deve dimostrare al giudice del lavoro (non al giudice civile) la fondatezza dei motivi alla base del provvedimento preso.

Il giudice annullando il licenziamento condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento, stabilendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento dell’effettiva reintegrazione. La misura del risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione globale. Perciò il lavoratore reintegrato non perde i diritti acquisiti con il precedente contratto negli anni di anzianità di servizio come avverrebbe in caso di riassunzione.

Il lavoratore può chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione del posto di lavoro un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione globale. Dalla comunicazione di deposito della sentenza di reintegrazione nel posto di lavoro, il dipendente ha 30 giorni di tempo per chiedere il pagamento dell’indennità.

Per le aziende al di sotto dei 15 dipendenti (o con meno di 5 nel caso delle aziende agricole) non è previsto il reintegro, ma in caso di ricorso da parte del lavoratore se il giudice dichiarerà non valida la motivazione del licenziamento, il datore di lavoro dovrà pagare solo un indennizzo fino a 15 mensilità.

Come fare ricorso – Il lavoratore una volta licenziato ha 60 giorni per impugnare il licenziamento che deve avvenire per atto scritto tramite un legale. Nell’atto si deve rendere chiara la volontà del lavoratore di contrastare il licenziamento. La comunicazione deve essere inviata al datore di lavoro.

Il dipendente ha due modi per fare ricorso:

  • - il dipendente dovrà rivolgersi a un legale che invierà, tramite raccomandata, una comunicazione all’azienda datrice di lavoro, in nome e per conto del proprio cliente, in cui annuncia di ritenere illegittimo il licenziamento. Il dipendente, inoltre, sempre tramite una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno dovrà presentare istanza alla commissione provinciale di conciliazione controversie di lavoro. Se entro 60 giorni il datore di lavoro non risponderà alla comunicazione , il dipendente potrà procedere al ricorso in tribunale.
  • - in tribunale: il legale dovrà inviare un atto al tribunale ordinario nella sezione lavoro nel quale si spiegano i motivi contestati dal lavoratore licenziato.

Il nuovo articolo 18 – Per i licenziamenti oggettivi, quelli che riguardano motivi economici, attinenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro. In caso di licenziamento senza giusta causa, che deve essere dichiarato dal giudice,  il reintegro è sostituito da un indennizzo in denaro variabile da 15 a 27 mensilità. Nei licenziamenti disciplinari, in questo caso il giudice che stabilisca l’assenza della giusta causa potrà decidere se serve un indennizzo o il reintegro. I licenziamenti discriminatori sono illegittimi sempre, e quindi non validi: il giudice perciò prevederà il reintegro del dipendente.

AMMORTIZZATORI SOCIALI

Gli ammortizzatori sociali - Attualmente in vigore ci sono cinque tipi di ammortizzatori sociali: cassa integrazione ordinaria, cassa integrazione straordinaria, cassa integrazione in deroga, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione.

  • - La cassa integrazione ordinaria (Cigo) spetta ai lavoratori di aziende industriali ed edili che rallentano l’attività per le condizioni avverse di mercato. Viene erogata dall’Inps, ammonta all’80% della retribuzione complessiva delle ore non prestate e dura al massimo 13 settimane, con proroghe fino a 12 mesi (24 mesi in alcuni casi).
  • - La cassa integrazione straordinaria (Cigs), come quella ordinaria, è un assegno pari all’80% della retribuzione complessiva delle ore non prestate e viene utilizzata in casi di ristrutturazioni aziendali o chiusura. Dura al massimo 24 mesi. Tra cassa integrazione ordinaria e straordinaria, il lavoratore non può cumulare più di 36 mesi in 5 anni.
  • - La cassa integrazione in deroga, sempre pari all’80% della retribuzione complessiva delle ore non prestate, riguarda invece quelle imprese (con meno di 15 dipendenti) e quei lavoratori (a tempo determinato, apprendisti, somministrati) che non avrebbero diritto alla Cigo o alla Cigs. Ne possono beneficiare anche le imprese con più di 15 dipendenti che hanno terminato il periodo di cassa integrazione straordinaria. Dura al massimo 12 mesi.
  • - L’indennità di mobilità, finanziata da Inps e imprese, riguarda i lavoratori che perdono il posto di lavoro a causa di una ristrutturazione aziendale o della chiusura dell’azienda. La sua durata va da 1 a 3 anni e arriva a 4 anni per i lavoratori del Sud del Paese. Nei primi 12 mesi viene corrisposto al lavoratore il 100% della cassa integrazione straordinaria; successivamente si passa all’80%.
  • - L’indennità di disoccupazione viene corrisposta ai dipendenti licenziati per ragioni non dipese dalla loro volontà. Per i lavoratori che hanno meno di 50 anni, la durata di tale indennità è di 8 mesi ed ammonta, per i primi 6 mesi, al 60% della media delle ultime 3 buste paga; negli ultimi 2 mesi, invece, scende al 50%. Per i lavoratori al di sopra dei 50 anni la durata è estesa a 12 mesi e l’ammontare dell’indennità è del 60% della media delle ultime tre buste paga per i primi 6 mesi, del 50% per i successivi 2 e del 40% per gli altri 4.

La nuova Aspi – Con la riforma Fornero, resterà inalterata la funzione della Cigo. La Cigs si utilizzerà solo in casi di ristrutturazioni (e non per cessazioni di attività). Si introduce l’Aspi, Assicurazione sociale per l’impiego, che assorbirà tutti gli altri ammortizzatori sociali oggi in vigore. L’Aspi verrà applicata a tutti i lavoratori senza alcuna distinzione, comprendendo così anche coloro che possono contare su meno anni di esperienza o coloro che hanno contratti atipici e precari. Alla platea di beneficiari si aggiungeranno anche apprendisti e artisti dipendenti. L’Assicurazione sociale per l’impiego avrà una durata di 12 mesi, prolungabili a 18 nel caso il lavoratore interessato abbia più di 55 anni. L’indennità corrisponderà al 70% della retribuzione e avrà un tetto massimo di 1.119 euro e verrà decurtata del 15% dopo i primi 6 mesi, e di un altro 15% dopo gli altri 6 mesi. Per accedervi sono necessari 2 anni di anzianità e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. L’Aspi entrerà a regime nel 2017 rimpiazzando l’indennità di mobilità e quella di disoccupazione.

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