il Ducato » Beniamino Pagliaro http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Beniamino Pagliaro http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it La cultura viaggia nel web: “Giornalisti, imparate a conoscere la rete e dialogate coi lettori” http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/la-cultura-viaggia-nel-web-giornalisti-imparate-a-conoscere-la-rete-e-dialogate-coi-lettori/72082/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/la-cultura-viaggia-nel-web-giornalisti-imparate-a-conoscere-la-rete-e-dialogate-coi-lettori/72082/#comments Fri, 24 Apr 2015 22:04:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72082 VIDEO Raimo: "Leggere, sì, ma non per moda"]]> IMG_6640URBINO – Luogo comune vuole che il web sia il regno della rapidità, quindi dell’approssimazione. Perfetto per dare notizie al volo, in diretta o quasi, ma inadatto per ragionamenti più approfonditi. Per la cultura e l’analisi invece non c’è niente di meglio del buon vecchio inserto cartaceo, da leggere comodamente in poltrona la domenica o nei momenti di relax, nei quali si può ragionare con calma. Giusto? No. Perché la tecnologia attuale permette di creare sul web un prodotto multidirezionale e più completo, abbattendo le categorizzazioni proprie del giornalismo cartaceo tradizionale. A patto, ovviamente, di conoscerla e padroneggiarla al meglio.

Il filo conduttore dell’incontro “Dov’è la cultura oggi? Il web”, svoltosi al teatro Sanzio di Urbino in occasione del Festival del Giornalismo Culturale 2015 era teso proprio tra la smitizzazione del ‘vecchio’ e la demolizione dei cliché  riguardanti il giornalismo digitale. Con la moderazione dello scrittore Christian Raimo, si sono confrontati su come e in che modo le moderne tecnologie possono dare maggior vigore al giornalismo culturale Mario Tedeschini Lalli, Luca De Biase, Paolo Di Paolo, Cristina Raffa, Beniamino Pagliaro, Nello Avellani, Martin Angioni e Fabio Giglietto.

“Funzione storica del giornalismo culturale era creare una pausa nel giornalismo d’informazione – spiega Tedeschini Lalli, vice responsabile per l’innovazione e lo sviluppo del gruppo L’Espresso – fornendo ‘l’approfondimento’, tra tante virgolette”. Il giornalismo tradizionale ha sempre ragionato per “silos”, ciò categorizzando le notizie: esteri, economia, politica e via dicendo. Per Tedeschini Lalli, la forza del web sta proprio nella possibilità di abbattere questi silos. “Fare giornalismo culturale nell’universo digitale significa creare collegamenti tra i diversi argomenti, col giornalista che diventa un curator, colui che seleziona i diversi argomenti di interesse”.

Per farlo, occorre però conoscere meglio gli strumenti di cui si dispone, in modo da sfruttarli appieno. “La comprensione digitale è entrata pochissimo nelle redazioni culturali e questo è un male – continua Tedeschini Lalli – all’interno delle redazioni deve esserci una cultura ingegneristica, occorrono più giornalisti ingegneri”.

Per sopravvivere al cambiamento il giornalismo deve quindi guardare avanti. Non subire la novità, ma sfruttarla per migliorare il proprio lavoro. “Ci vuole uno sguardo postcontemporaneo – sostiene De Biase, editor di innovazione de Il sole 24 ore e caporedattore dell’inserto Nòva 24 – bisogna guardare oltre i fatti di adesso, capire quali conseguenze avranno. L’intelligenza artificiale sta cambiando il giornalismo, ma non dobbiamo subirlo passivamente. È una questione di atteggiamento mentale, abbiamo i mezzi per imporre le nostre idee. Se una piattaforma non ci piace, possiamo crearne una migliore”.

Esempi pratici ce ne sono tanti. Come News Town, quotidiano online nato subito dopo il terremoto de L’Aquila per raccontare, come spiega Avellani, “la rinascita materiale, culturale e sociale della città. Cerchiamo di raccogliere tutti i dati possibili per dare alla gente le informazioni di cui ha bisogno, raccontando al contempo ciò che succede a L’Aquila”.

O come Good Morning Italia, newsletter che ogni giorno, alle 7:30, invia agli abbonati l’elenco delle principali notizie del giorno, via mail o tramite app. Abbattendo, come piace a Tedeschini Lalli – che infatti ha un abbonamento “a vita” alla newsletter – i famosi silos. “Le riunioni di redazione dei giornali non sono contemporanee – sostiene Beniamino Pagliaro, che di Gmi è uno degli ideatori – hanno ancora la divisione delle notizie per settori. Noi, per ragioni economiche e ideologiche, no. Non è un elemento rilevante, ciò che importa è il contenuto. Mettiamo solo quello che riteniamo importante e, visto che le notizie che diamo generalmente sono tutte sul tg1 delle 20, evidentemente facciamo un buon lavoro”.

Good morning Italia offre un servizio a costi bassissimi. Infatti hanno tutti un secondo lavoro. “Ma non è un problema di soldi – spiega Pagliaro – potrei permettermi di pagare due redattori a tempo pieno, e li pagherei pure bene. Ma poi dovrebbero svegliarsi tutti i giorni alle 5. Preferisco averne 9 part time ma farli svegliare a quell’ora solo una volta a settimana”.

Il web, poi, può rivelarsi un mezzo efficace per lanciare una rivista cartacea. Come hanno fatto quelli di Pagina 99, il cui obiettivo era un giornale di approfondimento che nell’era digitale desse un nuovo senso alla carta. Per fare questo, sono partiti da ciò che più di ogni altra cosa è, nell’immaginario comune, lontano dalla cultura: i social network. “Ancor prima di uscire in edicola o di attivare il sito, abbiamo aperto una piattaforma social – racconta Cristina Raffa – ci pubblicavamo i primi contenuti, in modo da creare i primi spunti. Siamo entrati subito in confidenza con i nostri lettori, rispondevamo ai loro commenti e li tenevamo in considerazione”.

Quello dell’interazione con i lettori è un punto su cui la Raffa insiste molto: “Molti colleghi non capiscono che stare sui social non è un abbassarsi di livello né una perdita di tempo. Il giornalista di oggi si occupa di social e li dirige, dobbiamo essere tutti social media editor”. Sul punto, però, il giornalismo italiano è molto vecchio stile. E non solo quello cartaceo. “Il pubblico televisivo cerca di influire sui programmi che segue – commenta Fabio Giglietto, professore dell’università di Urbino – soprattutto tramite i social. Però le sue istanze sono spesso declassate a rumore e ignorate”.

Non che, in tema di giornalismo culturale, i quotidiani siano così avanti da poter fare a meno di suggerimenti. “Le sezioni culturali dei principali quotidiani – dice Di Paolo, giornalista e scrittore – sono brutte a vedersi e del tutto inefficaci nel contenuto. Basti pensare che non c’è stata nessuna recensione leggibile sull’ultimo film di Nanni Moretti, sembravano tutte estensioni di comunicati stampa. Il loro contenuto non è più spendibile, li leggono solo gli abbonati storici. Ma per abitudine, non per piacere”. La possibilità che la stampa cartacea muoia non spaventa però Di Paolo “Se succederà, potrà comunque rinascere come distillato di ciò che ogni giorno viene scritto sul web. Bisogna smettere di vedere la rete come un luogo dove tutto è uniforme solo perché vi può scrivere chiunque. Le tribune di qualità online si distingueranno, e ciò sarà un vantaggio anche per il cartaceo”.

Foto di Anna Saccoccio e Jacopo Salvadori

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Good Morning Italia, Pagliaro: “Facciamo ogni giorno cultura, approfondendo le notizie” http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/good-morning-italia-pagliaro-facciamo-ogni-giorno-cultura-approfondendo-le-notizie/72058/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/good-morning-italia-pagliaro-facciamo-ogni-giorno-cultura-approfondendo-le-notizie/72058/#comments Fri, 24 Apr 2015 20:49:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72058 URBINO – È un servizio per il lettore, che non divide le notizie per compartimenti stagni e non si concentra solo su ciò che è interessante ma su ciò che davvero è importante. È Good Morning Italia, che dal 2013 accompagna la colazione mattutina di migliaia di utenti con un resoconto dei fatti principali avvenuti in Italia e nel mondo. Ogni giorno, alle 7.30, gli abbonati ricevono per mail o sull’app le sintesi fatte dalla redazione, insieme ai link che rimandano a pezzi di testate nazionali e internazionali. Al Festival del Giornalismo Culturale di Urbino Beniamino Pagliaro, fondatore del servizio, è seduto a un caffè a margine di un incontro sul rapporto tra web e cultura. Racconta al Ducato che cos’è e come funziona il suo prodotto di rassegna stampa.

Beniamino Pagliaro, Good Morning Italia

Qual è il tipo di servizio che volete offrire e come viene costruita un’edizione di Good Morning Italia?
“Anzitutto per ragioni ideologiche non ragioniamo per settori, abbiamo proibito di usare titoli come economia, esteri, e via dicendo. Se una cosa succede in Francia ed è importante, allora lo è anche in Italia, senza bisogno che sia catalogata in una categoria prefissata. Il punto vero è se la questione è rilevante e il nostro lavoro è proprio questo, togliere ciò che è superfluo e concentrarci su ciò che è importante. Il nostro abbonato ha poco tempo, non possiamo scocciarlo con la fuffa; la cronaca ad esempio non la mettiamo quasi mai perché pensiamo che non dia un valore aggiunto”.

Come viene costruita un’edizione di Good Morning Italia e in quanti siete in redazione?
“Siamo partiti in sei e attualmente siamo nove, siamo una squadra di giornalisti che parallelamente lavora anche per altre testate o fa il freelance. Il lavoro fatto a priori è la selezione dei temi con uno sguardo orizzontale e internazionale mentre sulla scrittura si fa un lavoro di cesello, senza rinunciare però ad una chiave o a un titolo divertente. Abbiamo dei turni stabiliti mensilmente e ogni giorno c’è un responsabile che coordina il lavoro di tutti gli altri, che generalmente comincia alle 5 del mattino”.

Tornando invece al tema del festival, quanto spazio trova la cultura nella vostra rassegna?
“Noi facciamo ogni giorno cultura. Tradizionalmente quando si parla di cultura si pensa al libro, alle recensioni, ma l’aspetto culturale non risiede solo in queste forme. È approfondire al di là della singola notizia, devi far capire nel modo migliore possibile all’utente cosa sta accadendo”.

Nel 2014 erano 5300 gli utenti iscritti al servizio, attualmente quanti sono fra news letter e app?
“Abbiamo una reach complessiva di circa 7000 persone al giorno, di queste circa 3000 sono gli utenti che hanno già un abbonamento mentre gli altri usufruiscono del periodo di prova gratuito di 30 giorni. La percentuale di passaggio dal trial al servizio a pagamento è del 31%, che è molto alta se si considera che la media americana di transizione al paywall è dello 0,5. Questo dato è misurato a novembre e nei mesi successivi abbiamo continuato con una crescita organica del 20%; sono numeri che ci rendono ottimisti sul modello che abbiamo adottato”.

Com’è invece il rapporto con i vostri utenti, ricevete dei feedback, delle richieste particolari?
“Alcuni vorrebbero l’edizione prima al mattino, alcuni più esteri, attualmente tanti ci dicono più Italia. In generale riceviamo ogni giorno decine di mail dagli utenti che chiedono di approfondire un certo contenuto e noi facciamo rispondere a tutti dal collega che ha scritto l’edizione. Abbiamo un bel dialogo, in media in mezz’ora rispondiamo a tutti il che è molto impegnativo però fondamentale per avere con loro un rapporto vero”.

Foto di Jacopo Salvadori Valentina Ruggiu

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Content curation, i giornalisti vanno a caccia dell’informazione di qualità http://ifg.uniurb.it/2015/03/11/media-home/content-curation-i-giornalisti-vanno-a-caccia-dellinformazione-di-qualita/67690/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/11/media-home/content-curation-i-giornalisti-vanno-a-caccia-dellinformazione-di-qualita/67690/#comments Wed, 11 Mar 2015 11:53:09 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=67690 Playbook, ora anche in Italia nascono servizi dedicati di content curation. I casi di Good Morning Italia e Slow News, con abbonamenti in crescita e lettori che non si limitano solo a leggere, ma vogliono anche contribuire]]> 8946748278_8fb6f8f667_nURBINO – Selezionare le notizie prese dal mare magnum dell’informazione online e cartacea e fornire una scelta di qualità che possa orientare l’utente a districarsi nell’immensa mole di notizie oggi disponibili. Questa è la “content curation”. Un’attività che, in fondo, è sempre esistita. Ogni giorno, infatti, i giornalisti selezionano le notizie, decidendo cosa merita la prima pagina e cosa invece lasciare fuori.
“La differenza è che oggi la content curation è diventata un prodotto che si vende”, dice Beniamino Pagliaro, uno dei fondatori di Good Morning Italia – un servizio nato due anni fa sul modello di Playbook, la newsletter mattutina del sito di informazione americano Politico – che ogni giorno fornisce entro le 7.30 una selezione con le notizie più importanti della giornata.

Pagliaro ne sottolinea la dimensione artigianale: “Selezionare è un lavoro estremamente giornalistico – spiega – manuale, certosino. Occorre avere una preparazione culturale solida e la capacità di leggere e interpretare le notizie per poterle poi scegliere e offrire”.
Il lavoro che c’è dietro a ogni edizione di Good Morning Italia, che si legge in 5 minuti – il tempo di prendere la metro prima di andare a lavoro – è di almeno quattro o cinque ore al giorno: “Nel corso della giornata – racconta Pagliaro – i nostri redattori individuano quali sono gli argomenti interessanti da mettere nell’edizione del mattino seguente. Good Morning Italia non è una newsletter, né una rassegna stampa: è un nuovo media, è contemporaneo ed è adatto alla vita che le persone fanno nel 2015″.

Nel panorama dei “nuovi media” italiani si è affacciato da poco più di due mesi anche un altro esempio di content curation, dal nome emblematico: Slow Newsovvero l’opposto di “breaking news”. Si tratta di una newsletter che arriva due volte a settimana, il mercoledì e la domenica. Ogni numero contiene una selezione di contenuti online, accompagnata da un abstract che li descrive. “Per noi Slow News è un certo tipo di informazione – dice Alberto Puliafito, uno degli ideatori del sito – un modo di approfondire più a misura d’uomo. La possibilità di fermarsi e di uscire dal flusso infinito che è l’informazione su Internet”.

Entrambi i prodotti, che puntano molto sulla qualità, sono a pagamento. Gli abbonamenti mensili costano 1,99 euro nel caso di Good Morning Italia e due euro per Slow News, mentre scegliendo pacchetti annuali o a vita si risparmia qualcosa in più. “Non siamo ancora in utile – dichiara Pagliaro – ma dato che siamo ancora in fase di start-up, penso sia normale a neanche un anno dal lancio della versione a pagamento”.
Alberto Puliafito è più dubbioso riguardo alla sostenibilità economica di queste attività: “Nel nostro caso, si tratta di un progetto professionale residuale – dice – La nostra redazione, infatti, è composta da cinque giornalisti che hanno tutti un altro lavoro e, al momento, consiste in un documento condiviso in cui carichiamo le nostre idee”. Nonostante questo, gli abbonamenti sono in crescita e gli utenti iniziano a segnalare i loro contenuti: “Nel prossimo numero inseriremo, ad esempio, un articolo bellissimo che ci è stato segnalato da un lettore” aggiunge Puliafito. Un passo nella direzione dell’open journalism, cioè il coinvolgimento dei lettori nella produzione o nella scelta dei contenuti.

“Il processo di content curation passa necessariamente attraverso l’open journalism – spiega Pier Luca Santoro, esperto di marketing e comunicazione e fondatore dell’osservatorio sui media Datamediahub – cioè l’apertura delle redazioni al rapporto con i pubblici di riferimento, che diventano protagonisti del processo di selezione. In Italia, però, questa è una realtà ancora lontana”.

Content curation è sinonimo di contemporaneità, ma anche di futuro: “La selezione c’è sempre stata e continuerà a esserci – riflette Pagliaro – e oggi è esaltata dalle potenzialità degli strumenti digitali di cui disponiamo per la produzione e la fruizione”. Per Santoro la content curation sarà uno dei principali compiti del giornalismo nei prossimi anni: “Il lavoro di chi fa informazione è quello di mettersi al centro della rete – spiega – attingendo naturalmente alle fonti tradizionali, ma anche interpretando il flusso di contributi e stimoli che arrivano dalle persone e dai social. Lo potrebbe fare anche un algoritmo, ma il content curator ci mette ciò che chiamo il tocco umano: preparazione e professionalità”.

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