il Ducato » cancro http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » cancro http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Maltolo ‘anti tumore’, i ricercatori urbinati: “Pochi fondi rallentano sperimentazione” http://ifg.uniurb.it/2015/02/25/ducato-online/maltolo-anti-tumore-i-ricercatori-urbinati-pochi-fondi-rallentano-sperimentazione/66273/ http://ifg.uniurb.it/2015/02/25/ducato-online/maltolo-anti-tumore-i-ricercatori-urbinati-pochi-fondi-rallentano-sperimentazione/66273/#comments Wed, 25 Feb 2015 06:00:23 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=66273 LEGGI - Il maltolo per 'suicidare' i tumori]]> I due ricercatori dell'Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli

I due ricercatori dell’Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli

URBINO – Pochi finanziamenti pubblici, nessun aiuto da parte di privati e ancor meno dalle case farmaceutiche. Nonostante le difficoltà, fa passi avanti la ricerca sulla molecola in grado di indurre al ‘suicidio’ le cellule tumorali. I due professori dell’Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli nel 2013 hanno scoperto le proprietà curative del maltolo, la sostanza naturale, contenuta nel malto, nel cocco e nel caffè, potrebbe essere utilizzata per lo sviluppo di una nuova classe di molecole che inibiscono e combattono lo sviluppo dei tumori. “Andiamo a rilento, ma nell’ultimo periodo abbiamo ottenuto risultati molto incoraggianti”.  Le recenti sperimentazioni in laboratorio sulle cavie hanno dato esiti positivi e i due ricercatori sono in attesa del brevetto degli Stati Uniti, dopo aver ottenuto quello europeo.

Quali sono le novità sulla vostra ricerca sul maltolo?
“La ricerca continua ad andare avanti anche se con lentezza a causa della mancanza di soldi. Dobbiamo affidare le nostre aspettative, oltre che alle nostre poche risorse interne, alle collaborazioni e ai contatti esterni che, anche se ci arricchiscono culturalmente, ci limitano nel tempo per arrivare al risultato. Le novità al momento sono che abbiamo iniziato a sperimentare in vivo, cioè sui topolini, l’efficacia di una delle nostre molecole che si è dimostrata capace di ridurre la massa tumorale (sarcoma di Ewing) creata artificialmente. Inoltre, abbiamo avuto risultati molto interessanti per questa classe di molecole di cui però non possiamo parlare al momento in quanto oggetto di una nuova domanda di brevetto”.

Finora avete avuto finanziamenti pubblici o privati?
“Abbiamo ottenuto un finanziamento da parte della Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) – che cogliamo l’occasione di ringraziare – che ci ha permesso di poter pagare in parte un ricercatore precario per mezza annualità nonché qualche esperimento, anche se l’ordine di grandezza per poter svolgere adeguatamente questo tipo di ricerca è purtroppo molto superiore. Non ci siamo mai voluti muovere sul terreno dei finanziamenti privati (fuori dal settore dei farmaci ndr) fondamentalmente per problemi etici. Non vogliamo creare aspettative che potrebbero essere deluse o che la gente possa pensare che lavoriamo per scopi di lucro personale. Noi crediamo che una ricerca di questo genere, per l’impatto che potrebbe avere, debba essere finanziata da istituzioni pubbliche e solo l’idea che i nostri nomi possano essere accostati al lucro ci spaventa”.

Le case farmaceutiche hanno contribuito al finanziamento della ricerca?
“Le case Farmaceutiche, che ovviamente fanno il loro business, al momento non ci hanno mai supportato pur avendo sottoposto alla loro attenzione la nostra progettualità. Siamo però obiettivamente consci che siamo ancora qualche passo indietro per poter essere appetibili agli occhi di chi ragiona anche in termini di sfruttabilità economica del prodotto, oltre che da un punto di vista scientifico. E’ appunto su questo ultimo punto che sono concentrati i nostri sforzi: completare gli studi preclinici e raggiungere il prima possibile quei risultati che, speriamo, potrebbero poi interessare veramente l’industria farmaceutica per il futuro sviluppo del farmaco vero e proprio. Bisogna però considerare anche la possibilità dell’insuccesso, e cioè che questa classe di molecole potrebbe non risultare così efficace e quindi non meritevole di ulteriori investimenti e attenzioni: ma questa è l’essenza della ricerca, nulla è scontato e già scritto. Noi crediamo che la potenzialità espressa finora, e le possibili ricadute, rendano questi composti ancora meritevoli di attenzioni ed approfondimenti scientifici”

Esiste una data approssimativa in cui il farmaco potrà effettivamente entrare in commercio?
“No, senza una sperimentazione preclinica, in modelli animali, non è possibile programmare una fase di ricerca clinica”.

Quanto le molecole ricavate da alimenti sono importanti per la scoperta di nuove cure?
“Le molecole di origine naturale stanno suscitando sempre più interesse, sia come tali che come precursori di molecole sintetiche, come nel nostro caso”.

In rete sta girando da qualche mese un video che parla di “due ricercatori precari” dell’Università di Urbino che hanno scoperto una “fenomenale molecola anti tumore” che spinge al suicidio le cellule malate; nessuno parlerebbe della cura perché le multinazionali e le grandi case farmaceutiche stanno cercando di oscurare il fatto. La situazione è come viene descritta in questo filmato?
“Siamo purtroppo a conoscenza del filmato. Le informazioni contenute in quel video banalizzano concetti e contenuti scientifici e ipotizzano trame e scenari di cui noi non siamo a conoscenza né ne abbiamo mai avuto la percezione. Ci teniamo a sottolineare che quel video è stato introdotto nella rete a nostra totale insaputa e senza mai essere stati contattati dal sedicente giornalista”.

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Prevedere e curare le leucemie: presentata a New Orleans una ricerca dell’università di Urbino http://ifg.uniurb.it/2013/12/05/ducato-online/prevedere-e-curare-le-leucemie-presentata-a-new-orleans-una-ricerca-delluniversita-di-urbino/53265/ http://ifg.uniurb.it/2013/12/05/ducato-online/prevedere-e-curare-le-leucemie-presentata-a-new-orleans-una-ricerca-delluniversita-di-urbino/53265/#comments Thu, 05 Dec 2013 17:20:05 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=53265 LEGGI ANCHE - Una cellula per suicidare i tumori]]> carloboURBINO – Chi presenta solo i sintomi di malattie ematologiche come le leucemie non necessariamente deve essere curato con chemioterapia. La nuova ricerca condotta da un’equipe scientifica dell’azienda ospedaliera Marche nord, che verrà presentata sabato a New Orleans al Congresso mondiale di ematologia, ha avuto il supporto del dipartimento di biotecnologie dell’Università di Urbino, che ha realizzato tutte le analisi molecolari.

“L’obiettivo della ricerca – spiega Mauro Magnani, docente di biochimica della ‘Carlo Bo’ – è quello di selezionare i pazienti da curare con i farmaci. Al momento, ogni volta che si presentano i sintomi di una possibile malattia ematologica, il paziente viene subito sottoposto a cure farmacologiche. Le cure chemioterapiche sono molto pesanti e spesso hanno effetti secondari di tossicità nei pazienti anche gravi. Noi pensiamo che sia possibile decidere prima quali sono i pazienti ai quali somministrare questi farmaci e quali, invece, secondo un attento studio del codice genetico, molto probabilmente non svilpperanno mai la malattia in maniera definitiva”.

“La ricerca infatti si sviluppa su due fronti: uno riguarda la previsione della malattia, il secondo cerca di stabilire qual è la terapia più adatta per ogni paziente in base allo studio del genoma di ognuno” spiega Magnani.

“Per quanto riguarda la parte della previsione della malattia – sottolinea il docente dell’Università di urbino – la ricerca si è concentrata su un gruppo di pazienti affetti da forti mielodisplasie, che sono alterazioni del midollo osseo, non vere e proprie malattie ma segni premonitori”.

Magnani ci tiene a sottolineare che un grande contributo è stato dato dall’Ail (Associazione italiana contro le leucemie), una associazione no-profit che non si occupa solo di ricerca, ma anche di supporto e assistenza ai pazienti affetti da leucemie. Il successo di questa ricerca sarebbe quindi soprattutto fare in modo che le pesanti cure farmacologiche oggi in uso siano somministrate solo a chi ne ha realmente bisogno. Si tratterebbe anche di un risparmio economico perché questi farmaci hanno un costo molto alto.

Sabato 7 dicembre Giuseppe Visani, direttore dell’azienda ospedaliera Marche nord, presenterà lo studio ai più importanti ricercatori mondiali del settore. Se l’esito sarà positivo, la ricerca sarà estesa ad altri centri e poi potrebbe definitivamente diventare operativa negli ospedali di tutto il mondo.

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Un’energia contro il cancro: lunedì la presentazione a Urbino. Ma per l’oncologo è “una truffa” http://ifg.uniurb.it/2013/05/17/ducato-online/unenergia-contro-il-cancro-lunedi-la-presentazione-a-urbino-ma-per-loncologo-e-una-truffa/47489/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/17/ducato-online/unenergia-contro-il-cancro-lunedi-la-presentazione-a-urbino-ma-per-loncologo-e-una-truffa/47489/#comments Fri, 17 May 2013 00:24:56 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=47489 LEGGI ANCHE Il maltolo per ‘suicidare’ i tumori, la scoperta all’Uniurb]]>

Il ricercatore Armando Vecchietti

URBINO – Lunedì 20 maggio i cittadini e i medici di Urbino avranno l’occasione di conoscere la terapia orgonomica. Una “soluzione al cancro” che verrà presentata dal dottor Armando Vecchietti, un biologo ricercatore di Corridonia (Mc), alle 21 alla Casa della musica. “Non rimarrete indifferenti” assicura l’avviso, pubblicato sul sito del ricercatore www.cellulacancerosa.it.

Non resta indifferente neanche il dottor Daniele Spada – del reparto di oncologia dell’ospedale di Urbino – secondo il quale la terapia “è una truffa a tutti gli effetti”.

Cos’è la terapia orgonomica. La terapia, non riconosciuta dalla medicina ufficiale, si basa sull’esistenza dell’energia orgonica: una forza, ipotizzata dallo psichiatra e psicoanalista Wilhelm Reich (1897-1957), che permea lo spazio e ogni corpo. L’impoverimento o il blocco di questa energia può creare da uno stato generalizzato di fiacchezza fino alla malattia. Relativamente al cancro, Reich ipotizzava che la mancanza di orgone nell’organismo causasse la formazione di “bacilli T”, delle strutture che nel corpo causano una anormale putrefazione delle cellule.

Lo psichiatra e psicanalista Wilhelm Reich (1897-1957) che ipotizzò l’energia orgonica

Il dottor Vecchietti dichiara di essere l’unico punto di riferimento per la ricerca orgonomica in Italia e in Europa e offre supporto alle persone che vogliono affidarsi alla terapia. “I risultati ottenuti a livello terapeutico sono stratosferici, stupefacenti – spiega Vecchietti al Ducato – e i test permettono di fare una diagnosi precocissima del cancro: dieci anni prima dell’oncologia tradizionale”. Il dottore fornisce anche i contatti di alcuni pazienti, o familiari di pazienti, che hanno dato la loro disponibilità a essere contattati.

Le testimonianze. Francesco Quiriconi, della zona di Pistoia, è uno di loro. E’ venuto a conoscenza della terapia tramite un ex collega di lavoro. Avendo saputo che la terapia funzionava, Francesco ha deciso di proporla a suo padre, a cui era stato diagnosticato il cancro. Contemporaneamente a una serie di sedute di chemioterapia leggera, il padre di Francesco si è sottoposto quindi per due o tre volte al giorno all’ “accumulatore orgonico”, prestatogli dall’ex collega. “Quando il tumore si è esteso, mio padre è stato operato ed è morto dopo un anno e mezzo o due dalla diagnosi. Ma la sua qualità di vita, grazie alla terapia orgonomica, è stata eccezionale. E’ morto senza dolori”.

L’accumulatore, spiega Quiriconi, è “una specie di cabina del telefono fatta di legno e metallo: quando il corpo respinge l’energia orgonica, l’accumulatore la ributta dentro”. Costa tra i 1000 e i 1500 euro e lo costruisce un artigiano di Corridonia, Franco Luciani: “Non sa a che cosa serva – spiega Vecchietti – ma negli anni ha imparato a realizzarlo”.

L’accumulatore orgonico

Un’altra paziente è la signora Bartolini, anche lei della zona di Pistoia. Sua figlia Sonia, come Francesco, ha saputo della terapia tramite un signore il cui suocero aveva un tumore. Nonostante le coincidenze, non conosce Quiriconi. Quattro anni fa alla signora Bartolini è stato diagnosticato un tumore, e sua figlia ha deciso di comprare l’accumulatore.

Anche Sonia, come Francesco, parla di “risultati incredibili”. Sua madre faceva contemporaneamente la chemioterapia, ma reagiva meglio rispetto alle altre signore: “Era l’unica con il viso rosso e bianco – racconta – e ancora oggi, che sta bene, usa l’accumulatore perché dice che è come se camminasse un ora sotto il sole”. Sonia racconta anche che le analisi mostravano che dopo la seduta orgonomica, i globuli bianchi erano aumentati.

“I globuli bianchi potrebbero aumentare comunque – ribatte l’oncologo Spada – e non ci sono prove che sia dovuto all’accumulatore”. Eppure oggi Sonia e Francesco difendono la terapia orgonomica e l’aiuto del dottor Vecchietti: “Si dà da fare anche se ha pochi mezzi e per le consulenze non ci ha chiesto un soldo. Con noi è stato molto professionale” dice Francesco.

La replica dell’oncologo. “Se si tratta di una credenza, o di una pratica di fede – commenta l’oncologo Spada – allora non c’è problema. Se un paziente si sente meglio pregando o affidandosi alla magia, la cosa non è giudicabile, perché siamo nell’ambito del soprannaturale”. Il problema è se una terapia, che non ha passato i test di validità, viene proposta come cura efficace o addirittura sostitutiva di quella autorizzata. Il dovere del medico, secondo Spada, è di prendersi cura delle persone, scegliendo con loro – e non per loro – la soluzione alla malattia: in questo, però, bisogna affidarsi a terapie conosciute e che non facciano del male.

Vecchietti non è della stessa opinione: sul suo sito c’è una sezione intitolata “le bugie dell’oncologia”, che porta a una pagina vuota, con una sola affermazione: “I medici sono i primi a non credere alla chemioterapia”. Ma l’oncologo Spada racconta un’altra storia: “La chemioterapia ad oggi è la migliore cura perché tiene il tumore sotto controllo e allunga la vita del paziente. Esistono poi dei prodotti naturali, di efficacia testata, che aiutano a combattere le controindicazioni”.

“Il processo canceroso – continua Spada – è altamente complesso e la scienza lo sta ancora studiando. Se la chemioterapia non dà i risultati sperati in ogni occasione, è per la complessità della malattia”. Commentando le ricerche del dottor Vecchietti, Spada spiega che la “putrefazione” non esiste e che ogni cellula ha una morte programmata, fisiologica. Non c’è, secondo l’oncologo, l’evidenza scientifica della ricerca orgonomica, che si basa su “disegni copiati male da libri forse quattrocenteschi”.

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Lotta ai tumori con il maltolo: così collaborano ateneo e ricerca http://ifg.uniurb.it/2013/04/17/ducato-online/lotta-ai-tumori-con-il-maltolo-cosi-collaborano-ateneo-e-ricerca/43438/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/17/ducato-online/lotta-ai-tumori-con-il-maltolo-cosi-collaborano-ateneo-e-ricerca/43438/#comments Wed, 17 Apr 2013 09:06:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=43438 URBINO – Se inventi, scopri, crei qualcosa di nuovo e innovativo, l’università ti accompagna passo dopo passo, fino al brevetto e oltre. Come è successo ai  professori  e ricercatori  dell’università di Urbino, Vieri Fusi e Mirco Fanelli,  che ieri pomeriggio hanno raccontato la storia della loro scoperta  nel corso del seminario “Dalla ricerca al brevetto”.

Nell’aula G del campo scientifico “Mattei”, di fronte a studenti, dottorandi e docenti, hanno ripercorso le tappe rivelatrici delle proprietà antitumorali delle molecole di maltolo e descritto  le strade che i due hanno percorso per arrivare al brevetto nazionale.

“I due ricercatori – ha spiegato Francesca Martinuzzi, responsabile del  Knowledge Transfer Office dell’università di Urbino – hanno ceduto all’università il loro brevetto al costo di zero euro e l’università, di conseguenza, si è fatta carico di tutte le spese necessarie a fargli ottenere  altri riconoscimenti e ulteriori risultati nella ricerca. A loro, ovviamente, è destinata la metà di ogni guadagno che l’università ricaverà dalla vendita e dalla gestione del brevetto”.

L’ulteriore passaggio di questo processo di knowledge transfer (trasferimento di conoscenza) è quello che coinvolge le industrie e, nel caso specifico, le case farmaceutiche.

“L’università – ha aggiunto la Martinuzzi – non ha i fondi per sostenere ad interim le ricerche, le annualità dei brevetti e gli  investimenti. C’è bisogno che subentri un interessato esterno che acquisti a sua volta la scoperta, si faccia carico delle spese e renda agli inventori e ai soggetti intermedi una percentuale minima che viene stabilita in fase di accordo.  Solitamente non supera il 10-15%”.

Si tratta di un vincolo che riguarda anche casi di scoperte d’interesse globale, come quelle relative alla cura per il cancro: “Se non troviamo un appoggio industriale – ha spiegato il professor Mirco Fanelli – queste molecole potrebbero sparire così come sono nate”.

Quali sono quindi i vantaggi di un brevetto? “Prima di ottenere il riconoscimento – aggiunge Fanelli – nessuno si sarebbe interessato alle scoperte e alle ricerche. Ciò che è cambiato da un punto di vista pratico riguarda solo la frequenza delle telefonate. Il lavoro e la passione in laboratorio sono sempre gli stessi”.

Dopo il brevetto nazionale, i due ricercatori di Urbino aspettano  di progredire nella ricerca: “Grazie alla collaborazione con l’istituto Rizzoli di Bologna, abbiamo potuto ricreare in laboratorio  formazioni tumorali su topi vivi, sperimentando così in vivo l’efficacia delle molecole di maltolo: il risultato è stato molto soddisfacente perché non solo le masse si sono ridotte del cinquanta per cento, ma abbiamo anche osservato un rallentamento della proliferazione cellulare e quindi anche delle cellule tumorali. Si tratta di risultati importanti che pubblicheremo a breve e attraverso i quali speriamo di poter arrivare a una diffusione farmaceutica di  questa scoperta”.

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Il maltolo per ‘suicidare’ i tumori, la scoperta all’Uniurb. Ma servono più fondi. “L’Università non basta” http://ifg.uniurb.it/2013/03/26/ducato-online/il-maltolo-per-suicidare-i-tumori-la-scoperta-alluniurb-ma-servono-piu-fondi-luniversita-non-basta/40210/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/26/ducato-online/il-maltolo-per-suicidare-i-tumori-la-scoperta-alluniurb-ma-servono-piu-fondi-luniversita-non-basta/40210/#comments Tue, 26 Mar 2013 07:00:46 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=40210

Il prof. Vieri Fusi e il dott. Mirco Fanelli

URBINO – Il segreto per vincere la guerra contro il cancro potrebbe nascondersi in una sola molecola: il maltolo.  Una sostanza naturale, contenuta nel malto, nel cocco e nel caffè, che potrebbe essere utilizzata per lo sviluppo di una nuova classe di molecole che inibiscono e combattono lo sviluppo dei tumori, ovvero in gergo scientifico con attività antineoplastica. Attraverso un’azione che può portare addirittura all’autodistruzione, al suicidio delle cellule tumorali.

La scoperta, che rappresenta un notevole passo avanti negli studi terapeutici contro il cancro, è frutto del lavoro di due professori dell’Università di Urbino e della sinergia tra le loro squadre di lavoro.

Il professor Vieri Fusi, del laboratorio di chimica supramolecolare e il dottor Mirco Fanelli, del centro di biotecnologia di Fano e i ricercatori che lavorano con loro, hanno già ottenuto il brevetto nazionale sulla scoperta e sono in attesa di quello internazionale.

“Per arrivare a questo traguardo –spiega il professor Fanelli- abbiamo modificato la molecola di maltolo e abbiamo scoperto che ha interessanti proprietà biologiche tra cui la capacità di indurre delle micro modificazioni della nostra cromatina, quindi nel nostro genoma.”

“Le molecole sintetizzate di maltolo – continua il professor Fusi –  possono indurre un’alterazione al dna sbagliato, ovvero a quello della cellula con il tumore. In questo caso la cellula ha due possibilità: può tentare di riparare il danno oppure non riesce a riparali e arriva a un vero e proprio suicidio”. L’obiettivo è proprio questo: eliminare le cellule malate.

Queste molecole hanno funzionato non solo in vitro, ma anche in un modello sperimentale in vivo, cioè in un modello animale. “Abbiamo scoperto che queste cellule sono tollerate e che hanno ridotto la massa tumorale indotta nei topi. Tutto questo ci permette di pensare a ulteriori ricerche future”. Ricerche future che richiedono importanti risorse. “Stiamo cercando–continua Fanelli- un partner istituzionale o ditte farmaceutiche in grado di finanziarci, perché l’Università non può ad oggi sostenere costi così alti ”

“Il passo successivo sarebbe la sperimentazione clinica e se tutto va bene la speranza è di arrivare a un vero e proprio utilizzo sull’uomo. Siamo in una fase di ricerca sperimentale ma ci sono tutti i presupposti per provare a pianificare tutto questo” conclude il professor Fusi

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