il Ducato » carta di roma http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » carta di roma http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Xenofobia e giornalismo: e li chiamano i professionisti della parola http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/xenofobia-e-giornalismo-e-li-chiamano-i-professionisti-della-parola/40889/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/xenofobia-e-giornalismo-e-li-chiamano-i-professionisti-della-parola/40889/#comments Thu, 04 Apr 2013 11:13:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=40889

Il Giornale, 4 aprile 2013

URBINO – Illegal immigrant, no more. Questo lo slogan lanciato dall’Associated Press che non tollererà più l’uso della parola “illegale” se associata a un essere umano. Illegale è un’azione, non una persona. Anche per undocumented scatta il cartellino rosso. Sembrano banalità, ma, trattandosi di questioni tanto delicate come l’immigrazione, ogni piccolo dettaglio assume un significato di un certo spessore, come insegnano i colleghi oltreoceano. In Italia, invece, le cose non vanno poi così bene. Un palese esempio di xenofobia è fornito da  tuttiicriminidegliimmigrati.com, sito web che indicizza gli articoli di giornale più offensivi nei confronti degli stranieri.

“Era inevitabile. Era solo una questione di tempo”, così commenta le nuove linee guida dell’Ap il vincitore del premio Pulitzer 2008 Josè Antonio Vargas, firma di punta del Washington Post e di altre importanti testate statunitensi. Vargas non è solo un giornalista ma anche il fondatore di Define American, un’organizzazione creata con l’intento di individuare i criteri che le persone usano per determinare chi sia veramente americano e chi no. E il punto di vista di Vargas, ‘cittadino’ americano per anni senza green card, è stato efficacemente riassunto dal Times che in copertina riportava la frase We are Americans. Just not legally (Siamo americani. Ma non legalmente). Il periodico statunitense aveva dedicato la cover story al giornalista di origini filippine il quale si è messo a nudo raccontando la sua vita da illegal alien (clandestino) evidenziando le difficoltà e le contraddizioni della legge americana in tema di immigrazione.

Legalità. Il suo contrario evoca immediatamente il concetto di criminalità. Amare e vivere con e per le parole vuol dire anche accuratezza, precisione. Scegliendo la scorciatoia degli stereotipi, parafrasando Vargas, priviamo le persone della loro umanità. La superficialità può creare dei danni irreparabili e intaccare la credibilità dell’intera categoria dei giornalisti che spesso ‘pompano’ le notizie creando falsi allarmismi. E, purtroppo, a volte, non è la disattenzione a offendere gli uomini, bensì la volontà di ferire dei loro simili.

“Faremo saponette con gli immigrati in Grecia”. Così Alexandros Plomeratis esponente di Alba dorata, partito ellenico di estrema destra, parla dei ‘non greci’ definendoli “primitivi, subumani e contaminati”. E aggiunge: “Siamo pronti ad aprire loro i forni”. Poco tempo fa queste parole hanno fatto indignare l’opinione pubblica a livello globale. Ma questa è la Grecia, mica l’Italia, potrebbe obiettare qualcuno. E invece non è proprio così: non solo perché è stato fondato circa un anno fa a Trieste un partito ispirato a quello filonazista greco.Poi c’è il caso di tuttiicriminidegliimmigrati.com, che fa per scelta quello che i giornali fanno per trascuratezza: utilizza la nazionalità dell’immigrato come elemento distintivo e caratterizzante, associandolo alla criminalità.

L’aspetto più interessante è che questi frammenti di xenofobia non sono prodotti da qualche analfabeta insensibile, bensì da giornalisti professionisti. Sì, perché il sito altro non è che una bacheca in cui vengono raccolti tutti gli articoli sugli stranieri, preferibilmente di cronaca nera, apparsi sulla stampa italiana. Termini come “clandestino” “illegale”, “extracomunitario”, “maghrebino” (da quando è una nazionalità?) si ripetono spesso sui quotidiani, nei telegiornali. Ecco cosa succede quando libertà d’espressione, media e mediocrità si incontrano. E questo accade in Italia, dove esiste un codice deontologico adottato dall’Ordine dei giornalisti nato con l’obiettivo fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità, osservando la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta e i migranti.

Si tratta della Carta di Roma, nata su impulso dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (al tempo la portavoce era Laura Boldrini) che, a seguito della strage di Erba nel gennaio 2007, scrisse ai direttori delle maggiori testate giornalistiche italiane denunciando la ‘scorrettezza’ (“Caccia al Marocchino”, Corriere della Sera) dei media nel trattare con approssimazione e sensazionalismo una situazione di per sé tanto controversa e difficile.

Stando alla Carta i giornalisti dovrebbero adottare termini giuridicamente appropriati per restituire al lettore la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti e tutelare quelli che scelgono di parlare con i giornalisti per non esporli a ritorsioni. E, infine, per garantire un’informazione più chiara e completa, che guardi anche alle cause dei fenomeni, interpellare, quando possibile, esperti in materia.

Promuovere una più corretta informazione in materia di immigrazione, non è poi così facile. Il linguaggio è spesso inappropriato, carico, involontariamente o meno, di pregiudizio e privo di significato giuridico. La realtà migratoria è complessa e lo è, più in generale, il diritto, piatto indigesto per molti. Maria Beatrice Deli, docente di diritto internazionale all’Università del Molise, inaugura ogni anno il suo corso spiegando agli studenti i rischi del ‘cattivo’ giornalismo in materia di diritto. “Il problema della correttezza delle informazioni fornite dai giornalisti è sentito nell’ambiente giuridico – afferma Deli – soprattutto con riferimento ai diritti umani e agli atti delle organizzazioni e delle corti internazionali. Ad esempio, questo accade per le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: capita spesso di leggere il riferimento alla Corte europea, provocando una immediata confusione con la Corte di Giustizia Ue di Lussemburgo”.

Posto il problema della correttezza dell’informazione, chi vigila sui giornalisti poco attenti? L’Unar, ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, è dotato di un osservatorio media e web, pronto a segnalare le dichiarazioni lesive ai danni dei cittadini che viaggiano su quotidiani, blog e tv. Ma non è chiaro se questo ente goda ancora di buona salute dopo i tagli della spending review.

Al di là dei tecnicismi, ogni uomo è una storia. Storia spesso drammatica per chi è costretto a lasciare la propria terra disperdendo frammenti di vita tra bombe, sofferenza e addii. Pasolini nel 1964 scriveva: “Alì dagli Occhi Azzurri, uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua”.

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Detenuti ed etica, la Carta di Milano approvata dal Consiglio nazionale http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/detenuti-ed-etica-la-carta-di-milano-approvata-dal-consiglio-nazionale/38160/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/detenuti-ed-etica-la-carta-di-milano-approvata-dal-consiglio-nazionale/38160/#comments Wed, 13 Mar 2013 18:59:10 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38160

Un codice etico per il trattamento di detenuti o ex detenuti, soprattutto in quella fase difficile che è il reinserimento nella società. È la Carta di Milano – la “Carta del carcere e delle pene” – il documento steso in prima battuta proprio tra le mura di alcune carceri (Padova, Milano e Piacenza) e approvato ieri pomeriggio dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Già sottoscritta dagli ordini regionali di Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Basilicata, Liguria, Sicilia e Sardegna, la Carta fissa alcuni punti i limiti tra la corretta e la cattiva informazione.

IL TESTO DELLA CARTA DI MILANO

“Abbiamo voluto creare – spiega Carla Chiappini, direttore del giornale carcerario di Piacenza Sosta Forzata e tra i fautori del documento – una nuova carta pur sapendo che esistono altri documenti deontologici. Per noi ne valeva la pena, sia per la complessità del tema, sia per quel cambiamento culturale che auspichiamo”.

Il documento invita a “usare termini appropriati” e a “considerare sempre che il cittadino privato della libertà è un interlocutore in grado di esprimersi e raccontarsi”. Lo scopo è tutelare il cittadino detenuto o ex detenuto dalla “gogna” mediatica cui può essere esposto: per questo, i giornalisti devono tenere conto, ad esempio, che “il condannato che decide di parlare con i giornalisti non va identificato con il reato connesso, ma con il percorso che sta facendo”.

“Ci siamo accorti – chiarisce Chiappini – che c’era confusione rispetto alla certezza della pena. Il Italia la certezza della pena è data, ma la fortuna è che il modo di scontarla è flessibile: ci sono le misure alternative, la semilibertà, i domiciliari. Pene ‘extra – murarie’, che nulla tolgono alla pena in sé. Se questo viene spiegato male nascono equivoci, sembra che le pene siano più leggere, mentre nel nostro Paese sono ancora impegnative”.

Rispetto alla stesura che ne era stata fatta inizialmente – in cui il diritto all’oblio era regolato anche in riferimento ai diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione all’articolo 2 – la carta non prevede più un punto dedicato. Pierpaolo Bollani, consigliere dell’Ordine e in commissione giuridica, spiega che la norma “non è stata recepita perché pone problemi relativi al diritto di cronaca, in un dibattito che va aldilà delle carte”. Dello stesso avviso è la direttrice Chiappini, per due motivi. “È la parte più delicata – spiega – per alcuni reati nella storia del nostro Paese, come i reati politici, la mafia e le stragi, sarebbero necessari troppi distinguo. Con Internet, poi, sarebbe difficile da garantire”.

La carta si aggiunge ai documenti deontologici che l’Ordine dei giornalisti ha adottato finora, molti dei quali a tutela delle categorie più sensibili: la Carta di Treviso, approvata nel ’91, è stato il primo documento che impegna i giornalisti a norme e comportamenti eticamente corretti nei confronti dei minori ed è a firma della Federazione nazionale della Stampa, dell’Ordine e di Telefono Azzurro.

La Carta dei doveri del giornalista, sottoscritta nel ’93, costituisce uno statuto completo della deontologia professionale e contiene, tra gli altri, il divieto di pubblicare immagini violente o raccapriccianti, nonché l’obbligo di tutela della privacy dei cittadini e, in particolare, dei minori e delle persone disabili o malate.

La Carta di Roma, approvata nel 2008, regolamenta il trattamento dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta e dei migranti, richiamandosi alla Carta dei doveri del giornalista. Il documento invita i giornalisti ad adottare termini giuridicamente appropriati, per “restituire al lettore la massima aderenza alla realtà dei fatti”, per evitare di alimentare eventuali atteggiamenti razzistici.

Nel 2009, un altro codice di autoregolamentazione è stato sottoscritto a Roma e riguarda i processi in tv: per impedire i “processi–show” trasferiti dalle aule di giustizia sul piccolo schermo, il codice ha chiarito le differenze tra cronaca e commento, fra indagato, imputato e condannato, fra accusa e difesa, sempre nel pieno rispetto dei diritti inviolabili della persona.

Venerdì la Carta di Milano verrà presentata nella sala conferenze del carcere di Regina Coeli a Roma e, nel pomeriggio, sempre a Roma, si terrà un seminario nella sede della Fnsi, in corso Vittorio Emanuele II. “Due luoghi con valenza simbolica – chiude Carla Chiappino – nel cuore di Roma e nel cuore del giornalismo. La scelta non è casuale”.

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