il Ducato » cnn http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » cnn http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Becky Anderson (Cnn) racconta il suo Conclave: “Anche in Vaticano servono le 5 W” http://ifg.uniurb.it/2013/03/08/ducato-online/becky-anderson-cnn-racconta-il-suo-conclave-anche-in-vaticano-servono-le-5-w/37754/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/08/ducato-online/becky-anderson-cnn-racconta-il-suo-conclave-anche-in-vaticano-servono-le-5-w/37754/#comments Thu, 07 Mar 2013 23:49:04 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37754 LEGGI L’esercito dei giornalisti a Roma
LEGGI I papabili ‘social’: cardinali su Twitter Infografiche dal web: il Conclave 'interattivo' I papabili secondo i bookmakers]]>

“Le basi del giornalismo non cambiano, anche se il Vaticano ha le sue regole. Per questo, arrivata a Roma, ho dovuto imparare molto in fretta”. Becky Anderson è una giornalista inglese, è nata nel 1967 nel Sussex, ed è anchor-woman e reporter per la Cnn International dal 1999. Oggi è a Roma per coprire le dimissioni di Papa Benedetto XVI e il conclave, come inviata, lasciando la scrivania dietro la quale conduce  il programma di informazione globale “Connect the World”, tutti i giorni alle 10 (ora italiana).

Ma il suo non è solo un lavoro di conduzione: nella sua carriera ha intervistato personaggi come l’ex presidente venezuelano Hugo Chavez e il premier italiano Mario Monti, ha seguito la primavera araba, è stata in Grecia per le rivolte anti-austerity ed è convinta che “ogni giorno ci sono quattro o cinque storie che interessano tutto il mondo, il nostro lavoro è raccontarle nella maniera più interessante e obiettiva possibile”. Becky ci racconta com’è stato l’impatto con la Roma senza Pontefice.

Come si copre un’elezione papale? Qual è l’organizzazione di un grande media come la Cnn per un evento di questo genere?
La Cnn raggiunge circa 280 milioni di case ogni giorno in tutto il mondo, ci guardano da tutti i continenti e quindi, data la vastità del pubblico, è chiaro che questa è una storia estremamente importante per noi. Appena si è saputo delle dimissioni di Benedetto XVI, oltre alla nostra redazione di Roma, la Cnn ha mobilitato anche il mio team da Londra e un altro dagli Stati Uniti per riuscire a fornire più collegamenti al giorno col nostro canale di all-news.

Tu però sei un’inviata, non sei un’iperspecialista del campo. Non sei una vaticanista in senso proprio. Qual è il tuo compito in questo caso, come ci si rapporta con una notizia di questa portata?
Bisogna imparare molto velocemente! Come anchor e corrispondente ho il dovere di tenermi informata sugli eventi di tutto il mondo in qualsiasi momento. Però mi sono affidata al nostro corrispondente a Roma, oltre che ad esperti e ospiti che comprendono e conoscono a fondo la materia. Ci si sente come un curatore di una galleria d’arte, bisogna mettere assieme i pezzi per creare un prodotto il più possibile oggettivo, anche perché noi non ci occupiamo di editoriali ma di informazione pura.

Hai seguito eventi in tutto il mondo e hai una grande esperienza come reporter: ci sono regole generali che segui nel tuo lavoro che diventano inapplicabili quando si parla di Vaticano? La segretezza vaticana è leggenda o realtà?
No, direi di no. Gli strumenti di base del giornalismo, le “5 W”, si applicano sempre a qualunque tipo di storia. L’elezione di un Papa però è un evento particolare  perché il Vaticano è un’istituzione unica. Il pubblico ha sete di informazioni e ci sono migliaia di giornalisti accreditati da tutto il mondo. Però devo dire che sono stata piacevolmente sorpresa dalla disponibilità con cui padre Lombardi ha risposto alle nostre domande.  Sono stati molto chiari nel diffondere i propri messaggi, anche perché la situazione del Papa dimissionario è senza precedenti. In generale diciamo che il Vaticano “ha le sue regole” a livello di comunicazione, e bisogna impararle. Però è chiaro che capiscono che se non parlano coi media, i “rumors” rischiano di finire sugli organi di stampa.

Che cosa cerca il pubblico internazionale? Come si racconta questa storia a un’audience globale?
Noi parliamo al mondo. Io so sempre che, sia che ci guardino dal Ghana che dalla Germania o da Singapore o dalla Spagna, dalla Cnn gli spettatori vogliono l’analisi sulle notizie mondiali più importanti del giorno. La cosa che si impara facendo il mio mestiere è che ogni giorno ci sono quattro o cinque notizie che interessano tutto il mondo per ragioni diverse. Per esempio, in Cina le dimissioni del Papa non hanno nemmeno raggiunto le prime pagine dei giornali, ma c’è una parte di pubblico lì a cui l’argomento interessa molto, potrebbero essere membri della chiesa “sotterranea”, ma comunque c’è un interesse crescente per l’informazione sulla religione. In paesi cattolici come il Brasile, invece, la notizia delle dimissioni del Papa è una cosa che riguarda tutti direttamente per via della storia culturale del paese.

Quindi una stessa notizia data in maniera uguale per tutti può interessare fasce di pubblico culturalmente diverse?
Esattamente: la storia “risuona” diversamente in ciascun luogo del mondo per ragioni differenti. E’ molto interessante per noi fare questo confronto e capirlo fino in fondo per poter fare informazione nella maniera più obiettiva e interessante possibile.

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Se il giornale ‘fa’ il Papa: le “interferenze” tra papato e stampa http://ifg.uniurb.it/2013/03/04/ducato-online/se-il-giornale-fa-il-papa-le-interferenze-tra-papato-e-stampa/37035/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/04/ducato-online/se-il-giornale-fa-il-papa-le-interferenze-tra-papato-e-stampa/37035/#comments Mon, 04 Mar 2013 18:43:09 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37035 LE IMMAGINI I papi e l'elezione sui quotidiani]]> Era il 1270, e il conclave di Viterbo andava avanti da ormai tre anni per colpa delle pressioni esterne che i sovrani europei esercitavano sui cardinali incaricati di eleggere il nuovo Papa. I viterbesi, stanchi, chiusero a chiave la sala dell’assise, scoperchiarono il tetto e lasciarono i porporati a digiuno, e questi ultimi spazzarono via così, in pochi giorni, ogni indugio. Il nuovo pontefice era Gregorio X.

I viterbesi hanno sì inventato il conclave (dal latino cum clave, chiuso a chiave), ma non hanno affatto risolto il problema delle pressioni del mondo sull’elezione e la vita papale.

Nell’ultimo secolo le influenze politiche sui cardinali sono state esercitate anche attraverso i media, gli stessi media che hanno raccontato con attenzione sempre crescente e con dettagli sempre maggiori la vita dei pontefici e della Chiesa. Qualche volta, addirittura, le pubblicazioni dei giornali sono state decisive per ‘bruciare’ un candidato al soglio di Pietro.

Gli ultimi 120 anni di storia pontificia, infatti, riservano qualche curiosità, ‘interferenze’ tra due mondi apparentemente inconciliabili: quello di Santa Romana Chiesa e quello della stampa.

Ad esempio, colui che traghettò la chiesa nel ventesimo secolo, Vincenzo Luigi Pecci, eletto nel 1878, secondo gli studi storici di Alberto Melloni fu persino sponsorizzato da un’operazione di “propaganda giornalistica” prima del conclave che lo elesse col nome di Leone XIII. E questo perché la diplomazia europea esercitò una forte pressione sul collegio cardinalizio per indirizzarlo verso una scelta moderata, che avrebbe dovuto stemperare gli atteggiamenti intransigenti che avevano segnato gli ultimi anni del pontificato di Pio IX.

Il pontefice nato a Carpineto Romano, comunque, fu anche il primo successore di Pietro ad essere filmato: le  “immagini stereoptiche” di Leone XIII furono proiettate dopo la sua morte a Saint Louis, negli Stati Uniti, il 21 aprile del 1904. Fu il primo Papa ad essere fotografato per i giornali e ad essere riprodotto sulle cartoline. Il primo Papa mediatico, in un certo senso.

Un caso palese di condizionamento da parte dei media in una elezione papale è quello di Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova. Papabile per 20 anni, si giocò tutto a meno di 24 ore dal conclave, per un’intervista che non sarebbe nemmeno dovuta uscire.

La sua epopea iniziò nel 1958: nel conclave che elesse Giovanni Montini come Paolo VI, il porporato genovese, già pupillo di Pio XII, venne escluso dalla corsa perché considerato troppo giovane, non adatto al papato di transizione che i cardinali stanno cercando. Nel 1963, in un momento delicatissimo per la Chiesa, gli viene preferito il riformatore Angelo Roncalli: quel Giovanni XXIII che indisse il Concilio Vaticano II.

Un concilio che Siri non amò, e questo lo sapevano i cardinali che, a sorpresa, nel primo conclave del 1978 – quello che elesse lo sfortunato Giovanni Paolo I – lo bocciarono nuovamente. In quei giorni L’Espresso dava Giuseppe Siri come sicuro pontefice, mentre Albino Luciani venne definito dal settimanale solo “una riserva”.

Nel conclave di ottobre, però, la strada di Siri verso il trono di Pietro pareva spianata: il cardinale allievo di Pio XII non aveva più ostacoli. Però non aveva fatto i conti con i giornalisti de La Gazzetta del Popolo. La pubblicazione di una sua intervista in cui criticava aspramente il Concilio Vaticano II, venne anticipata nonostante gli accordi che prevedevano venisse pubblicata dopo l’inizio del conclave e invece uscì appena il giorno prima dell’inizio dei lavori nella cappella Sistina

“Non so neppure cosa voglia dire lo sviluppo della collegialità episcopale. Il sinodo non potrà mai diventare istituto deliberativo nella Chiesa perché non è contemplato nella costituzione divina della Chiesa. Potrà al massimo divenire, se il diritto canonico lo ammetterà, un’istituzione ecclesiastica, ma non di diritto divino”.

Praticamente un suicidio politico.

Il quotidiano dell’ala sinistra della Democrazia cristiana, quindi, giocò un ruolo fondamentale nel conclave che elesse il Papa più mediatico della storia: Giovanni Paolo II.

D’altra parte, Karol Wojtyla con il suo lunghissimo papato, entrò nell’era di internet, lasciando al suo successore Joseph Ratzinger l’esordio sui social networl: Benedetto XVI fu il primo papa a twittare.

E il conclave di marzo 2013? E’ stato già turbato, prima di aprirsi, da un passo falso ‘mediatico': il cardinale ghanese Peter Turkson, molto quotato dagli scommettitori nel totopapa, ha paragonato l’omosessualità alla pedofilia durante un’intervista con la Cnn, giocandosi – secondo alcuni – le chance di diventare il primo Papa nero. La Cnn non ha violato nessun accordo, a differenza della Gazzetta del Popolo però: è semplicemente un dato di fatto che l’esposizione mediatica è ormai talmente forte che sarebbe impensabile (ma la storia sorprende sempre) pensare a un Papa che non sia anche un buon comunicatore.

Quelli che inizieranno tra pochi giorni, comunque, saranno senza dubbio dei lavori su cui aleggerà l’ombra del vecchio papa Benedetto XVI e delle sue dimissioni, ma anche i fantasmi dello scandalo vatileaks, della pedofilia e dei guai dello Ior, la banca vaticana.

L’ex arcivescovo di Los Angeles Roger Mahoney, per esempio, non doveva nemmeno arrivarci, a Roma: un gruppo di fedeli gli aveva chiesto di astenersi dopo gli le denunce di molestie sessuali subite da alcuni ragazzini per mano dei preti della sua diocesi. Il cardinale di Edimburgo Keith O’Brien, invece, si è dimesso per uno scandalo che lo tocca in prima persona e che è venuto a galla proprio sulle pagine dei giornali britannici. O’Brien avrebbe avuto – per usare le sue stesse parole – “una condotta sessuale al di sotto degli standard richiesti ad un sacerdote”. E si è dimesso il 25 febbraio: meno di 15 giorni prima dell’inizio del conclave.

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La Cnn punta sull’iperlocale http://ifg.uniurb.it/2009/12/11/ducato-online/la-cnn-punta-sulliperlocale/328/ http://ifg.uniurb.it/2009/12/11/ducato-online/la-cnn-punta-sulliperlocale/328/#comments Fri, 11 Dec 2009 17:55:26 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=328 di Lorenzo Allegrini e Michele Mastrangelo

Nella notte un graffitaro ha disegnato un enorme murale nella via di casa tua, a San Francisco, in zona Golden Gate Park. Un uomo sulla cinquantina ha stuprato una ventenne, a solo due isolati dal tuo palazzo, nell’Upper East Side di New York. E ad Atlanta, proprio all’incrocio dove si è appena trasferita tua figlia, c’è stato un incidente: un guidatore, forse ubriaco, ha imboccato la statale in senso contrario. Cnn, la celebre tv all news di proprietà della Time Warner, internazionale per vocazione, punta anche sull’informazione “iperlocale” e lo fa affidandosi a un aggregatore di notizie online.

Si chiama Outside.in, ha solo 15 dipendenti. Con un investimento di sette milioni di dollari (circa quattro milioni e settecentomila euro), la televisione americana si è assicurata in esclusiva i feed rss dell’aggregatore a partire dal prossimo anno. Un flusso molto simile a quello di una capillare agenzia giornalistica che copre, per ora, oltre di 50.000 quartieri di 258 città americane con le loro notizie, dagli annunci degli spettacoli, allo sport, fino alla cronaca nera.

Outside.in era nato nel 2007 per permettere ai lettori di trovare le notizie dai luoghi e dintorni che più interessano: basta infatti selezionare un quartiere o semplicemente inserire un indirizzo e, se qualche blogger o sito d’informazione ha parlato di un evento accaduto in quella zona, l’aggregatore lo trova e lo elenca insieme alle altre notizie che rispondono allo stesso criterio. Così l’8 dicembre 2009 nella pagina del quartiere che ospita il palazzo dello sport di Phoenix (Arizona), si trovava la cronaca della partita Nba degli idoli locali dei Suns, che hanno perso di un punto contro i Mavericks di Dallas. Ma, appena sotto, c’era anche la programmazione del cinema dietro casa.

La Cnn non è l’unico colosso che cerca di sfruttare il mondo dell’informazione “iperlocale”. La società Msnbc (canale televisivo via cavo fondato nel 1996 dalla Microsoft insieme alla Nbc) ha acquistato nell’agosto 2009, tramite il sito d’informazione msnbc.com, un altro aggregatore di notizie iperlocali: EveryBlock. Nato nel 2007, questo aggregatore è arrivato a coprire in estate 15 città americane. Come per Outside.in, in EveryBlock basta semplicemente inserire un indirizzo e si potrà sapere immediatamente cos’è successo nel vicinato sulla base delle notizie dei media locali e dei blog. EveryBlock, definito dal New York Times “uno dei siti iperlocali più ambiziosi”, parte infatti dall’idea che le notizie si trovino davvero nei singoli isolati (i “Block”), dove cioè vive la gente.

Ma la cosa più innovativa di EveryBlock è il suo essere uno strumento al servizio del cittadino, che aggrega dati provenienti da fonti le più diverse, pubbliche e private: le statistiche sui reati, i controlli sui ristoranti e la situazione dei lavori pubblici, ecc. A Chicago, ad esempio, è possibile consultare le statistiche isolato per isolato, come il numero di reati negli ultimi 30 giorni (21.868 al momento di scrivere questo articolo) o le strade chiuse per lavori (88). EveryBlock si spinge oltre nell’informazione per il cittadino: sempre nella pagina riservata a Chicago pubblica le segnalazioni sulle persone disperse, come la piccola Christine, 14 anni, scomparsa lo scorso 6 dicembre.

Alessandro Gatto di Informazione.it, un sito che aggrega notizie in lingua italiana su segnalazione degli utenti, non crede alla possibilità dello sviluppo di un simile servizio nel nostro paese perché “in Italia non ci sarà mai una quantità prodotta di notizie tanto grande da permettere di attivare un aggregatore così capillare”. Informazione.it offre però un servizio di ricerca per Regione, Provincia, Comune. Oltre ad una sezione di “social news”, quella che garantisce più accessi al sito, ovvero d’informazione generata direttamente dagli utenti.

Nato nel 2006, l’aggregatore si mantiene attraverso la pubblicità ed è gestito solo da tre “tecnici” e da nessun “giornalista”. Per questo non produce contenuti editoriali: “Ci occupiamo soltanto di verificare l’attendibilità delle fonti, meglio se l’utente ci segnala la notizia di una testata registrata in tribunale – continua Gatto – ma va bene anche se si tratta di blog che consideriamo attendibile; il resto lo lasciamo fare in automatico al nostro sitema, che si va a pescare attraverso un algoritmo, altre tre notizie collegate a quella di partenza”.

Guida alla rete:

Outside.in
EveryBlock
Informazione.it
Cnn
Msnbc

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http://ifg.uniurb.it/2009/12/11/ducato-online/la-cnn-punta-sulliperlocale/328/feed/ 0
Arriva in Italia il Twitter Journalism http://ifg.uniurb.it/2009/02/20/ducato-online/arriva-in-italia-il-twitter-journalism/730/ http://ifg.uniurb.it/2009/02/20/ducato-online/arriva-in-italia-il-twitter-journalism/730/#comments Fri, 20 Feb 2009 10:24:26 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=730 Da gennaio Repubblica.it ha avviato la prima sperimentazione italiana di Twitter Journalism. Ha cioè aperto un canale per distribuire i propri contenuti sulla piattaforma di microblogging.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Sulla pagina appaiono in automatico i titoli con i link agli articoli del sito. Ad oggi, circa 150 persone si sono iscritte come “followers” e ricevono, in tempo reale nella propria homepage di Twitter, in media 28 brevi messaggi al giorno che contengono il titolo e il link della notizia appena pubblicata sul sito.

“Ci interessa molto l’informazione sui cellulari e Twitter potrebbe essere l’anello di congiunzione tra informazione sul web e sui telefonini”, spiega al Ducato online Giuseppe Smorto, responsabile di Repubblica.it.

Proprio pochi giorni fa l’amministratore delegato del social network, Jack Dorsey, ha dichiarato che Twitter avrà entro l’anno una versione in italiano e ripristinerà la possibilità di ricevere gli aggiornamenti degli amici via sms. Ricezione che era stata disattivata a metà 2007 per costi eccessivi.

To twit in inglese significa “cinguettare”. Twitter è una piattaforma di microblogging con funzionalità di social network; è un servizio internet gratuito che consente di pubblicare dei messaggi, non più lunghi di 140 caratteri, tramite web, messenger o sms. Ogni utente può scegliere di seguire altri utenti: in questo modo otterrà una pagina con tutti i loro “cinguettii” (i messaggi), in ordine di tempo.

L’esperimento di Repubblica potrebbe essere solo l’inizio di analoghe esperienze in Italia: “I grandi gruppi editoriali italiani dovrebbero sperimentare nuove combinazioni per sfruttare Twitter. Ad esempio CNN e Facebook hanno trovato un buon modo di combinare Tv e social network”, dice al Ducato online Sergio Maistrello, giornalista e saggista, esperto in comunicazione on-line e nuove tecnologie.

CNN e Facebook, infatti, hanno sperimentato un nuovo modo di comunicare: la diretta organizzata per seguire l’insediamento del presidente Barack Obama si poteva vedere in internet tramite il canale cnn.com che oltre a mettere a disposizione 4 canali differenti, dava la possibilità di seguire le conversazioni che avvenivano in Facebook sia dei propri amici che delle persone che stavano seguendo l’evento. Tv e chat di Facebook combinati in un’unica finestra.

Per Maistrello inoltre: “Twitter potrebbe essere un’opportunità per raccontare i fatti in modo più emotivo, più diretto, meno freddo rispetto ai normali articoli giornalistici”.

Negli Stati Uniti sono molte le testate giornalistiche che hanno scoperto da tempo questa possibilità: oltre 70 quelle che “twittano” quotidianamente circa dieci notizie ed hanno creato più account: uno per ogni per ogni area tematica (economia, sport, cronaca ecc). La CNN, per esempio, ha 237.000 “followers” cui invia quotidianamente una media di 12 “tweets”.

Twitter è utile ai giornalisti anche come fonte di informazione: la rapidità e l’immediatezza d’uso ne fanno un mezzo per pubblicare in tempo reale notizie e aggiornamenti, anticipando di diversi minuti la pubblicazione delle testate tradizionali.

Se ne è avuta una conferma con l’incidente aereo sul fiume Hudson (New York) del 16 gennaio. Il primo a dare notizia dell’ammaraggio dell’aereo e a pubblicarne una foto è un privato cittadino, Janis Krums. E lo fa su Twitter.

Lo stesso social network era stato preso d’assalto durante l’attacco terroristico di Mumbai del 26 novembre 2008. Secondo la CNN i testimoni oculari inviavano via sms circa 80 messaggi ogni 5 secondi a Twitter.com.

Giuseppe Smorto di Repubblica.it ritiene che: “Twitter possa effettivamente essere molto utile per seguire in tempo reale fatti specifici, eventi particolari che hanno un determinato svolgimento temporale come attentati terroristici o anche partite di calcio. Sul nostro sito Repubblica.it abbiamo però già da tempo la ‘cronaca minuto per minuto’. Si tratta di capire come poter sfruttare le potenzialità di Twitter che ha anche la limitazione dei 140 caratteri”.
Guida alla rete:

Twitter.com
Repubblica.it in Twitter
Statistiche di Repubblica.it in Twitter
CNN in Twitter
Incidente aereo fiume Hudson in Twitter
CNN e Facebook insieme

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http://ifg.uniurb.it/2009/02/20/ducato-online/arriva-in-italia-il-twitter-journalism/730/feed/ 0
Al Jazeera regala i suoi video di Gaza http://ifg.uniurb.it/2009/02/09/ducato-online/al-jazeera-regala-i-suoi-video-di-gaza/943/ http://ifg.uniurb.it/2009/02/09/ducato-online/al-jazeera-regala-i-suoi-video-di-gaza/943/#comments Mon, 09 Feb 2009 14:09:05 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=943 Video, decine di video sulla guerra nella Striscia di Gaza. Nel web, a disposizione di chiunque, per qualsiasi utilizzo, anche commerciale. Purché sia chiara la fonte: la televisione satellitare araba Al Jazeera.

L’emittente da pochi giorni ha deciso di mettere sul suo sito internet i video sugli eventi di Gaza: è il Creative Commons Repository, un archivio di servizi liberamente utilizzabili e modificabili dagli utenti e anche della concorrenza. Una mossa mai tentata da nessun grande network. O quasi.

“I servizi prodotti dai corrispondenti [di Al Jazeera] nella Striscia – recita un comunicato– possono essere scaricati, condivisi, mixati e sottotitolati da bloggers, documentaristi e media di tutto il mondo, anche per uso commerciale”. I video durano dai 10 ai 16 minuti, sono in formato mpeg4 e rappresentano una cronaca giorno per giorno del recente conflitto palestinese: i cronisti si muovono in mezzo a case distrutte, parlano con la gente, osservano i dettagli. Qualche esempio:

  • Un’ambulanza arriva a sirene spiegate, i medici sollevano la barella e tirano fuori un uomo con le caviglie coperte di sangue e un osso che esce dal piede.
  • Non lontano in quel che resta dell’ospedale un bambino strilla e dimena le gambe. La pelle è ridotta a brandelli e ustionata dall’avambraccio fino al viso.
  • Strisce di luce bianca attraversano il cielo sopra i tetti di Gaza. Secondo Humans Right Watch è fosforo bianco.

“In un conflitto dove ai media occidentali – ha scritto Noam Cohen sullo Herald Tribune– è stato impedito di fare servizi a Gaza dalle restrizioni imposte da Israele, Al Jazeera ha goduto di un vantaggio consistente. Era già lì”.

Aggiunge Samir Al Qariouty, opinionista di Al Jazeera in Italia: “Israele ha imposto a tutti i media una barriera, un muro di silenzio. Noi abbiamo risposto con il contributo più importante che una televisione possa dare: immagini per chiunque, senza dover pagare. Nessuno ha mai dato un’immagine gratis. E’una scelta quasi antieconomica”. Uno scopo politico-editoriale dunque, che in questo caso, supera l’immediato interesse economico.

Con innovazioni simili, secondo Cohen, Al Jazeera punta a nuove audience; per esempio negli Stati Uniti dove, anche per ragioni politiche, nella maggior parte del territorio è assente.

Nel mondo pochi altri network di rilevanza mondiale hanno fatto esperimenti simili con licenze in stile Creative Commons.

Negli Stati Uniti la Pbs, il network pubblico americano, ha reso disponibili e scaricabili le puntate di Nerd tv, programma settimanale di interviste apprezzato da molti americani.

In Germania Ndr, la tv della Bassa Sassonia con sede ad Amburgo, ha messo sul web alcuni reportage sotto licenze Creative Commons, che però non lasciano la possibilità di riutilizzare o mixare il servizio a scopi commerciali.

Negli ultimi anni l’emittente più all’avanguardia è stata la Bbc che nel 2004 aveva inaugurato Creative Archives: era garantito l’accesso gratuito a una parte degli archivi audio e video, ma i termini di utilizzo erano più restrittivi rispetto al repository di Al Jazeera. Il materiale poteva essere scaricato, condiviso, modificato e ripubblicato esclusivamente da residenti in Inghilterra, e non per scopi commerciali (conseguenza dei limiti posti dalla legge all’uso dei materiali finanziati con il canone televisivo). Era un progetto pilota che due anni dopo è stato sospeso e ora si sta valutando se riprenderlo

Chi visita oggi il sito Bbc, può solo condividere il materiale su siti di social networking o inviare l’indirizzo della pagina (“link”) dove si trova il video a un altro utente. Analoga la situazione di altre emittenti.

  • Cnn. Consente di condividere (“share”) via mail o social network, oppure di inserire nella propria pagina (“embed”) il video, senza modificarlo.
  • Rai. Un video può solo essere votato o inviato a un amico.
  • Mediaset. Come la Rai, ma in più lascia spazio al link.
  • Current tv, La7, Sky. Sono le televisioni che in Italia sfruttano maggiormente le potenzialità della rete: link, embed e share sono garantiti.

Creative Commons è un’organizzazione no-profit creata per “rendere più semplice condividere e utilizzare il lavoro di altri nel rispetto del copyright” suggerendo diversi profili di possibile condivisione: Al Jazeera ha utilizzato la licenza “3.0 Attribuzione” per i video dalla Striscia.

“ ’Attribuzione’ è la più libera delle licenze – spiega Juan Carlos De Martin, responsabile per l’Italia del progetto Creative Commons – perché l’unico dovere per l’utente è di riconoscere la fonte del materiale. Il passo successivo è il pubblico dominio”.

In Italia il sistema di articolazione del diritto di autore proposto da Creative Commons è meno conosciuto rispetto ad altri paesi europei. “Ci vorrebbe una forte volontà politica per seguire l’esempio di Al Jazeera. Se il nostro servizio pubblico mettesse in rete a disposizione di tutti suoi archivi, le scuole di tutta Italia potrebbero vedere i telegiornali di 30 anni fa. E imparare”.

Guida alla rete:


Creative Archive Repository di Al Jazeera
Creative Commons Italia
Bbc Creative Archive
Comunicato stampa della Bbc
Human Rights Watch sul fosforo bianco
Bbc Trust
Pbs e Nerd Tv
Articolo di Noam Cohen sull’Herald Tribune
Blog di Lawrence Lessig
Blog di Juan Carlos De Martin
Scopo di Creative Commons


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