il Ducato » controinformazione http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » controinformazione http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Ojetti: “La controinformazione è diventata inutile” http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-online/ojetti-controinformazione-e-diventata-inutile-i-grandi-misteri-ditalia-sono-esauriti/46647/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-online/ojetti-controinformazione-e-diventata-inutile-i-grandi-misteri-ditalia-sono-esauriti/46647/#comments Tue, 14 May 2013 00:55:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46647 [continua a leggere]]]>

Paolo Ojetti

Parlare di controinformazione e di giornalismo investigativo significa riflettere su un passato importante del giornalismo italiano ma anche sul suo futuro. Due forme di comunicazione che in tempi non troppo lontani “sono state il termometro che con efficacia ‘ha misurato la febbre’ del nostro Paese” (Controinformazione, Massimo Veneziani).

E c’è una data precisa, un momento esatto, in cui il modo di fare informazione cambiò per sempre volto: è il 1968. Un anno-spartiacque tra due modi differenti di fare informazione antagonista: prima c’era “il Mondo” di Mario Pannunzio con le sue inchieste sull’abusivismo edilizio e gli attacchi al sistema democristiano; poi ci saranno le battaglie sociali, come quella per il divorzio nel 1974, le lotte operaie, le inchieste sulle “trame nere” e sul coinvolgimento di apparati dello Stato nelle vicende stragiste che hanno violentato il nostro Paese.

Ma a cambiare non furono solo i contenuti, cambiò anche la tecnica dell’inchiesta, con la perdita di fiducia nei confronti delle fonti istituzionali, delle notizie velinarie, con la classe politica che iniziò ad essere criticata senza troppa riverenza. Paradossalmente, però, questo nuovo giornalismo, se si vuole figlio dei movimenti sessantottini, si ritrovò a subirne le degenerazioni terroristiche e l’attacco alla stampa venne visto come il tentativo di colpire una struttura portante dell’intero sistema capitalistico. Molti giornalisti, infatti, pagarono con la vita l’essere stati contro-informatori.

Nell’arco di un ventennio, dalla fine degli anni ’60 ai primi anni ’90, il giornalismo d’inchiesta visse una sorta di parabola esistenziale. Dalla militanza della controinformazione a ridosso di avvenimenti come Piazza Fontana e il rogo di Primavalle, al periodo delle grandi inchieste degli anni’80, prima fra tutte Ustica, per degenerare poi con Tangentopoli, in cui il meccanismo perverso dell’informazione spettacolo trasformò imputati in colpevoli prima ancora di un giudizio definitivo.

E oggi è ancora possibile un giornalismo d’inchiesta coraggioso e militante come quello di trent’anni fa? Risponde Paolo Ojetti, giornalista del Fatto Quotidiano e docente all’Ifg di Urbino. Forse “non ci sono le condizioni politiche favorevoli”, oppure “c’è un’altra amara verità: un’inchiesta fa vendere di più? Non sempre”.

Come ha vissuto o percepito lei questa evoluzione del giornalismo d’inchiesta?
Tangentopoli? Non vedo degenerazioni particolari. Certo, ci furono errori, ma i giornalisti seguirono indagini, procedimenti e processi soprattutto come parti di un unico e sorprendente ‘fenomeno’. Ci furono episodi spiacevoli, come il suicidio del socialista Moroni e di Cagliari. In tutti e due i casi il suicidio apparve come reazione sproporzionata. Oggi come oggi non si suiciderebbe nessuno. Cambiati i tempi, è cambiata anche l’etica dell’onore personale. Poi, diciamoci la verità, noi giornalisti venivamo da un periodo eccezionalmente oscuro: si era davvero ‘suicidato’ Sindona? Si era davvero impiccato da solo, di notte e con alcuni mattoni in tasca , Roberto Calvi? Insomma, eravamo molto scettici anche di fronte alla verità.

Perché, dopo un decennio di militanza, la controinformazione sparisce negli anni ’80?
Sparisce proprio perché la riforma della procedura penale aveva – diciamo – aperto all’informazione le istruttorie dopo l’iscrizione al registro degli indagati. In quel momento, gli avvocati venivano coinvolti nella fase d’indagine e, dunque, sia la difesa che le parti civili potevano passare notizie alla stampa. Con la richiesta di rinvio a giudizio, i fascicoli e la trascrizione delle intercettazioni depositate sono a disposizione di chiunque e – inutile dirlo – anche se la richiesta di rinvio non è una condanna, la cronaca può persino avanzare congetture, ipotesi. Abbiamo visto i processi anticipati nei talk show, con ospiti che parlano spesso a vanvera: ci meravigliamo ancora di un articolo scritto da un cronista di giudiziaria che certamente ne sa più del criminologo a gettone o – nel caso di vicende politico-giudiziarie – dell’amico del politico indagato? Controinformazione, dicevamo. Beh, è diventata inutile. I grandi ‘misteri’ di Italia sono al momento esauriti. Se ci occupiamo di malasanità, corruzione politica, vicende di camorra e mafia, non stiamo più facendo controinformazione, ma informazione pura e semplice.

Agli inizi degli anni ’90 la carta stampata sentiva già la crescente rivalità della televisione, allora perché non sfruttare un’occasione come Tangentopoli per riaffermare la qualità, in particolare del giornalismo d’inchiesta, anziché limitarsi alla ‘caccia al verbale d’interrogatorio’, riducendosi così a semplice spettatore degli eventi?
Non è del tutto vero che ci si limiti alla ‘caccia’ ai verbali. Ancora adesso esistono le inchieste. Solo che si è ristretto il campo ai fenomeni di corruzione. Mi viene in mente il caso Formigoni, la parentopoli di Alemanno, gli innumerevoli casi di malasanità, le case a sua insaputa di Scajola. L’ultima vera controinformazione si è vista per la Diaz nel 2001. Ecco, il potere poliziesco voleva rifilare all’opinione pubblica la falsa molotov, i pestaggi come inevitabile reazione alle violenze. E invece sono state le migliori giornate del giornalismo nazionale, di tutte le tendenze, a eccezione di tre testate e tutte di destra: il Giornale, Libero, il Foglio che presero subito per buone le versioni ufficiali.

La controinformazione è stata un fenomeno circoscritto agli anni ’70, ma ha influito notevolmente nel modo di fare inchiesta imponendo un approccio spregiudicato nella ricerca delle notizie e nel rapporto con le fonti. Oggi, invece, in alcuni casi sembra che editori, direttori e giornalisti si accontentino della superficie delle notizie senza voler andare in profondità. Si fa sempre meno giornalismo d’inchiesta. Perché?
È vero, si fa meno giornalismo di inchiesta. I giornali sono diventati macchine che occupano i giornalisti più al desk che a caccia di notizie. È il momento dei free lance, aspetto difficilissimo del mestiere. Ci vogliono coraggio, iniziativa, non si hanno le spalle coperte da una testata, si rischia molto e non è facile ‘vendere’ storie, soprattutto se toccano i poteri costituiti. Pubblicare vuol dire avere totale fiducia nel free lance ed essere disposti a difenderne l’operato fino in fondo. Non tutti gli editori vogliono correre questi rischi. E poi c’è un’altra amara verità: un’inchiesta fa vendere di più? Non sempre. Purtroppo vendono più le ‘confessioni’ di zio Michele a favore di telecamera che le mazzette della cricca per il terremoto dell’Aquila.

È possibile prevedere un’evoluzione del giornalismo investigativo nei prossimi anni?
Tutto cambia, ma nessuno sa in che modo. Non sono favorevoli nemmeno le condizioni politiche. Una opposizione ‘alla Grillo’ non porta controinformazione, non fa venire a galla verità nascoste o oscure complicità. È un’opposizione di chiacchiere e non di fatti, di battute e non di vere denunce. Dopo aver attraversato tanti anni di giornalismo e aver seguito per anni la strage di Piazza Fontana, i misteri del sequestro Moro, Sindona, il caso Pecorelli, lo Ior e Calvi, la P2, il fallito golpe Borghese, lo scandalo dei finanziamenti occulti ai partiti elargiti dai petrolieri degli anni ’70, l’Enimont, lo stragismo degli anni ’80 e ‘90, i legami fra i servizi segreti del Viminale e il terrorismo nero di Delle Chiaie, sono arrivato alla conclusione che se qualche verità è venuta a galla, è arrivata talmente in ritardo e talmente sfilacciata da aver perduto, strada facendo, tutto il suo potenziale. Insomma, mi sembra sia stato un lungo lavoro, faticoso, da ricordare con orgoglio, ma del tutto inutile.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-online/ojetti-controinformazione-e-diventata-inutile-i-grandi-misteri-ditalia-sono-esauriti/46647/feed/ 0
Che cos’è oggi la #controinformazione? http://ifg.uniurb.it/2012/04/03/ducato-online/che-cose-oggi-la-controinformazione/30452/ http://ifg.uniurb.it/2012/04/03/ducato-online/che-cose-oggi-la-controinformazione/30452/#comments Tue, 03 Apr 2012 11:29:01 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=30452 WEBTALK: #reportersottozero / #socialtv #sfigatimonotoniemammoni / #parolepietre ]]> URBINO – Citizen journalism, opinioni, social network, nell’era del web tutti possono fare informazione e caricare in rete video, foto, commenti e racconti di attualità. Oggi questo può essere considerato un modo alternativo di scambiarsi notizie senza passare dai media ufficialmente riconosciuti come telegiornali, stampa e radio. E’ stato quindi allargato il concetto di #controinformazione. Negli anni ’70, quando tutto ebbe inizio, controinformare significava anche contestare, raccontare grandi verità scomode che non passavano dai media tradizionali. Ma se oggi tutti possono informare cos’è diventata la #controinformazione?

Clicca qui per vedere il video incorporato.

a cura di Nadia Ferrigo e Maddalena Oculi

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2012/04/03/ducato-online/che-cose-oggi-la-controinformazione/30452/feed/ 0
Quando i media sono il nemico da combattere http://ifg.uniurb.it/2012/03/08/ducato-online/quando-i-media-sono-il-nemico-da-combattere/27636/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/08/ducato-online/quando-i-media-sono-il-nemico-da-combattere/27636/#comments Thu, 08 Mar 2012 11:15:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27636
Il logo di Informare per Resistere, noto sito di informazione alternativa

URBINO – Sistemi economici alternativi, commercio sostenibile, società segrete, persino teorie ufologiche. Sono alcuni dei temi trattati dai cosiddetti siti di controinformazione, un fenomeno che in Rete ha un seguito crescente, anche grazie alla sempre maggiore diffusione dei social network.

Il più celebre sito di controinformazione è sicuramente quello di Beppe Grillo, esploso nel 2005 e divenuto un punto di riferimento imprescindibile per quella parte di popolazione affamata di voci fuori dal coro. Se il sito di Grillo è diventato ormai quasi “istituzionale”, grazie a un elevatissimo numero di contatti e collaborazioni sempre più influenti (pensiamo a personaggi come Marco Travaglio), e ha portato alla nascita del Movimento 5 stelle, tanti sono i siti di controinformazione meno noti e che godono di un certo seguito. Tutti contraddistinti da un’unica certezza: i media sono nelle mani dei grandi gruppi economici e quindi inevitabilmente parziali e poco oggettivi.

“Tutto ciò che sapete è falso”. Una lista abbastanza completa dei siti di controinformazione italiani la danno i siti “Affariitaliani.it” e “Newapocalypse”. La chiave di tutto è puntare su quei temi che sono considerati “censurati” dalle principali testate e radio/tv. Come donchisciotte, Censurati.it, Misteri d’Italia sono solo alcuni degli eloquenti nomi dei siti più celebri, nei quali vanno forte temi come economia e energie alternative, ma anche argomenti più oscuri, e che quasi sconfinano in leggende metropolitane, come il signoraggio e le società segrete.

Emblematica la presentazione di “Disinformazione.it”, sito da quasi 30.000 contatti al giorno:

Il sito nasce nel 1998 con lo scopo di proporre notizie, articoli e pubblicazioni che non ricevono risalto dai media (totalmente controllati dall’establishment economico-finanziaria), il tutto per far meglio comprendere la realtà degli accadimenti. Siamo totalmente indipendenti, apartitici, apolitici e soprattutto non collegati ad alcuna religione.

Tra i controinformatori celebri ci sono Jacopo Fo, Paolo Barnard e Eugenio Benetazzo, mentre Daniele Luttazzi ha recentemente abbandonato il suo blog per spostarsi su Twitter. Un sito molto popolare su Facebook è Informare per resistere, che ogni giorno condivide decine di articoli riportati su testate importanti come su blog meno conosciuti.

Per i contestatori delle multinazionali e gli amanti dei nomi sibillini c’è Kill a Multi, che non si occupa esattamente di promozione per McDonald e dintorni. Incentrato sulla denuncia di soprusi, storture e ingiustizie dell’economia mondiale è Altreconomia, che si propone di dare ampio spazio ai temi del commercio equo e solidale, dell’ambiente, della finanza etica e della cooperazione internazionale.

Liberainformazione invece è un osservatorio sulla legalità e le mafie. Un sito di controinformazione in ambito religioso è quello dell’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti), mentre è celebre per le sue teorie economiche alternative ma anche per l’irrefrenabile polemicità dei suoi gestori Signoraggio.com.

Parola di ‘complottista’. “Questo tipo di informazione non è molto diffusa, ma è molto importante”, spiega Paolo Franceschetti, avvocato che gestisce un blog da 3000 contatti al giorno. “I siti come il mio informano su ciò che i media ufficiali non dicono, come l’emissione di moneta da parte delle banche centrali, che essendo private prestano agli Stati denaro che deve essere restituito con gli interessi”.

“La moneta – continua Franceschetti – che è la cosa su cui si basa la vita di tutti, è nella mani di banche private e non dello Stato. Questa è una cosa banale, ma su questo tema, presente su tutti i siti di controinformazione, non c’è una riga sui giornali normali. Sul mio blog mi occupo in particolare di stragismo e delitti, di tutte le stragi che hanno avuto un progetto preciso sul Paese e delitti che hanno dietro una matrice di stampo massonico”.

Franceschetti non è tenero con i media cosiddetti “mainstream”: “L’informazione è lo strumento più importante controllare la popolazione, infatti è la cosa principale che ci negano. Lo Stato controlla i cittadini tramite false informazioni: è un arma potentissima di cui dobbiamo riappropriarci per poter scegliere liberamente il nostro bene, altrimenti sceglieremo cose che ci danneggiano”.

Occhio alla bufala. Se la Rete è il campo di battaglia prediletto dai controinformatori, è anche il luogo in cui si sono in passato diffuse in modo virale informazioni rivelatesi clamorosamente false.

Un noto cacciatore di bufale in Rete è Paolo Attivissimo, giornalista informatico che sul suo blog si occupa di smontare le leggende metropolitane fiorite sul web. “Ci sono tre tipi di bufale di lunga durata in Rete – spiega il blogger – quelle che fanno leva sulle paure a basso costo, come quelle relative a sostanze chimiche nei prodotti, quelle legate a campagne per suscitare facile altruismo, come quelle per aiutare bambini malati, e quelle che fanno leva su grandi paure, come per le persone diverse da noi. E’ rimasto famoso a questo proposito il caso dei ‘Bonsai Kitten‘: si diceva esistesse un sito che vendeva gattini allevati in bottiglia. Il caso fu ripreso anche da Repubblica, prima di essere smascherato come bufala”.

E ora com’è messo il termometro della controinformazione?  “Ora vanno di moda le paure legate a catastrofi – spiega Attivissimo – c’è interesse per terremoti, tsunami, scie bianche nei cieli come progetto per contaminare la popolazione. C’è chi parla di progetti in Alaska per regolare il clima. Sono modi per dare risposte semplici a problemi complessi, perché è più facile, ad esempio, dare la colpa agli americani di ciò che succede piuttosto che studiare argomenti difficili. Poi ci sono i grandi complotti: ad esempio l’idea che le grandi case farmaceutiche cospirano per nascondere i rimedi a malattie come il cancro, o che le case produttrici di cellulari sappiano che i telefonini sono pericolosissimi, ma non vogliono renderlo noto. La controinformazione è come una formalizzazione delle nostre paure”.

Un mare infido? Come muoversi allora in questo campo senza essere costantemente esposti al rischio cantonate? Stefano Alletti, fondatore di Informare per resistere, sito da 40mila contatti al giorno, da Parigi dove risiede, ci dice la sua. “Internet ha già i suoi antivirus per questo. Se scrivi una bufala in Rete qualche utente te lo segnalerà: anche a noi è capitato a volte di pubblicare cose non vere, ma poco dopo ci sono arrivate decine di commenti e segnalazioni. In più periodicamente ci sono dibattiti accesi su ciò che può sembrare una bufala e non lo è, e viceversa”.

Ma per Alletti, la controinformazione rimane un tesoro da tutelare: “I media in generale sono tutti in mano agli stessi gruppi, che hanno conflitti di interesse allucinanti. L’informazione è sempre molto filtrata, se non addirittura bugiarda. La controinformazione è l’unica soluzione, l’unico barlume di luce nel contesto dell’informazione italiana ed estera”.

Trovare la verità, come al solito, alla fine è compito del singolo.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2012/03/08/ducato-online/quando-i-media-sono-il-nemico-da-combattere/27636/feed/ 0