il Ducato » crisi http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » crisi http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Sport, Urbino non sa più vincere: crisi economica e di risultati http://ifg.uniurb.it/2015/03/10/ducato-online/sport-urbino-crisi-economica-risultati/67572/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/10/ducato-online/sport-urbino-crisi-economica-risultati/67572/#comments Tue, 10 Mar 2015 11:17:21 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=67572 7° RITORNO

Le ragazze della Zeta System – Foto di Andrea Ceccarini

URBINO – Per la Zeta System Urbino Volley il verdetto è già stato emesso: la retrocessione è ormai matematica. Che si trattasse di un’annata fallimentare per la pallavolo urbinate lo sospettavano in tanti, ma quello che forse nessuno si aspettava era una stagione tragica per l’intero sistema sportivo ducale. Tutti i principali sport di squadra della città, infatti, stanno attraversando una profonda crisi di risultati. Il Basket Ducale è penultimo a 12 punti, l’Urbino-Pieve è terzultimo a 24 punti, mentre il Futsal Urbino, la squadra di calcio a 5, è penultimo a 18 punti.  Più che una sfortunata congiuntura astrale, la situazione è il frutto di una complessa congiuntura economica.

Dal trionfo europeo raggiunto in Coppa Cev nel 2010 contro la Dinamo Krasnodar alla sconfitta senza storia di ieri al Palapomì contro Casalmaggiore, la Zeta System ora fa dunque i conti con la retrocessione. “È vero, siamo passati dalla Coppa Cev alla serie A2, ma non dobbiamo dimenticare che la pallavolo ducale esiste ancora, nonostante molti club in simili condizioni sono falliti nel recente passato”, spiega Andrea Ebana, secondo allenatore. Ha portato una diagnosi simile anche il capitano, Alice Santini: “Sono cinque anni che gioco nelle Marche e ho assistito al tramonto di numerose realtà del territorio. Alla fine sono rimaste Urbino e Macerata, ma è un problema nazionale e non locale”. Sono tutti d’accordo sull’origine dei problemi: la crisi dell’economia che sta colpendo inesorabilmente tanti settori, sport incluso. Le aziende faticano a sopravvivere e non hanno più fondi da investire nello sport. “È un problema grosso e italiano – affermano coralmente Jan de Brandt ed Ebana, allenatore e vice – ma finché lo sport sarà considerato un lusso e non un’opportunità difficilmente arriveremo a un punto di svolta”.

Se la crisi della pallavolo urbinate è sotto la luce dei riflettori, non si può dire altrettanto per tutti coloro che negli altri sport provano a tenere alto il nome di Urbino ogni fine settimana. “Il nostro problema non è l’inferiorità tecnica, ma il fatto che siamo una squadra di giovani alla prima esperienza in C1 – confessa Guido Mancini, portiere del Futsal Urbino – Inoltre non ci sono soldi, la gente non ha più il coraggio di investire nemmeno in uno sport che in passato ha saputo fare onore alla città di Urbino, giocando anche in serie B”.

Tutte le società, dunque, sono in attesa di qualcuno in grado di valorizzare il potenziale tecnico esistente, come confermano i ragazzi del Basket Ducale. “Specialmente in un momento di estrema crisi, il settore giovanile assume un ruolo di primaria importanza perché garantisce introiti alla società e ricambio generazionale alle squadre”, dice Christian Cangiotti, allenatore della squadra. “Non abbiamo un settore giovanile e non ci sono finanziamenti che ci consentono di averlo. Abbiamo una squadra che cambia ogni anno sfruttando gli studenti dell’Università e in questo modo non possiamo mai nemmeno pensare di iniziare un percorso concreto. L’anno scorso, ad esempio, avevamo in organico due studenti che contribuivano a elevare il livello della squadra, ma una volta terminati gli studi sono tornati a casa, lasciando un vuoto difficilmente colmabile in breve tempo”.
Luigi Fiorani, da anni tra le fila dei cestisti urbinati, prosegue sulla stessa linea del suo mister: “Siamo indietro rispetto a tante altre realtà locali, che hanno intuito prima di noi il valore dei settori giovanili e hanno trovato degli sponsor in grado di sostenerli, grazie ai quali militano in categorie più alte sfruttando organici composti da ragazzi del posto”.

Per il calcio ducale, infine, la situazione è diversa perché in questo caso il problema sono proprio le prestazioni sul campo dell’Urbino-Pieve. Lorenzo Micheli, difensore urbinate,  è sicuro delle sue posizioni: “La squadra è stata concepita per raggiungere ben altre posizioni in classifica e aveva tante ambizioni. Il vivaio funziona: lo dimostra il fatto che cinque di noi provengono dal settore giovanile e sono pronti interessanti innesti per la prossima stagione. La causa di questa classifica poco felice è difficile da isolare, ma si tratta di errori di squadra per cui tutti noi dobbiamo assumerci le nostre responsabilità”.

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Luci e ombre sulla valle del jeans: la crisi non passa ma qualcuno riparte http://ifg.uniurb.it/2015/02/09/ducato-online/luci-e-ombre-sulla-valle-del-jeans-la-crisi-non-passa-ma-qualcuno-riparte/64401/ http://ifg.uniurb.it/2015/02/09/ducato-online/luci-e-ombre-sulla-valle-del-jeans-la-crisi-non-passa-ma-qualcuno-riparte/64401/#comments Mon, 09 Feb 2015 05:00:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=64401 L'INCHIESTA Un jeans ormai lacero: il reportage del 2013 ]]>

L’ex Sab snc ormai chiusa

SANT’ANGELO IN VADO – Le difficoltà economiche non sono alle spalle: le aziende della valle del jeans, a Sant’Angelo in Vado, continuano a patire una crisi che sembra infinita, ma alcune danno segnali in controtendenza. Sono arrivati anche dei lavoratori cinesi in zona, ma neanche loro sentono le difficoltà del momento: lo dimostra una casa in condizione precarie in cui vive una famiglia.

Il Ducato era stato nell’area industriale di Sant’Angelo in Vado già nell’estate del 2013. Le cose andavano parecchio male allora. Una zona pressoché fantasma, alcune imprese chiuse, molte in difficoltà. Dopo 18 mesi ci ritroviamo in uno scenario simile. “Basta che ti fai un giro e vedi subito com’è la situazione” avverte, mentre mi serve un cappuccino, il barista dell’unica tavola calda, il Break Café.

Le poche imprese che già allora riuscivano a resistere vanno tutto sommato bene. E’ il caso della Wooden House, produttrice di case in legno, ma soprattutto della Promo Jeans. Quest’impresa, specializzata in indumenti per motociclisti, è riuscita a crearsi recentemente nuovi contatti a Dubai, in Kazakistan ed in Giappone. “Siamo riusciti a incrementare il numero di figure esterne a partita Iva, sei in più di prima. Il nostro fatturato è cresciuto del 10%-15%”  racconta Andrea Sassi, titolare dell’impresa.

Le aziende chiuse invece rimangono tali. La Tipo-litografia Grafica Vadese non esiste più. Già un anno e mezzo fa aveva chiuso i battenti. Discorso simile per la Saint Germain des Pres: l’azienda è ancora in liquidazione, i suoi dipendenti in cassa integrazione e mobilità. Nessuna prospettiva di riapertura per ora. Nessuna evoluzione rispetto a 18 mesi fa.

Alla Sab snc va ancora peggio: se due estati fa aveva ridotto il personale, ma era ancora in attività, ora il cancello d’ingresso è chiuso. L’edificio è abbandonato alla desolazione, non rimane alcun ricordo della produzioni di tavoli in legno.

Un centinaio di metri più in là invece incontriamo un bel cane bianco sdraiato in un giardino. Si avvicina a noi, non sembra abituato ai visitatori. Il tempo di avvicinarsi alla cancellata ed inizia ad abbaiare. Si fa così viva una signora dalla porta di un magazzino. Si tratta di Gigliola Brincivalli, titolare del Ricamificio vadese. “Il 2014 è stato ancora peggiore del 2013, rischiamo di chiudere il prossimo anno”. Sono le stesse parole che ripete Antonio Baffioni, uno dei soci di Stircontrol.”Si lavora per pagare i debiti. Abbiamo mantenuto i 16 dipendenti con contratti di solidarietà, ma non so se resisteremo fino al 2016″.

E’ rimasto invece da solo Andrea Antoniucci della Adus Marmi Eurodesign. Mi accoglie di fretta, ha poco tempo per parlare ma abbastanza per farmi sapere che le cose vanno ancora peggio di prima. Un pensiero condiviso da un dipendente della Lavanderia Falleri, azienda proprio di fronte alla Adus Marmi. Mi parla con la porta socchiusa, ha poca voglia di raccontare le difficoltà. L’azienda per cui lavora infatti ogni tanto entra in stato di fermo in mancanza di commesse.

Più positivo è Ermenegildo Martelli, falegname iscritto alla Confartigianato pesarese. La sua attività riesce a procedere ma il vero problema è l’inserimento di giovani nel mercato del lavoro. “E’ come sfruttare un granaio pieno senza però pensare a dopo quando sarà vuoto” mi racconta in dialetto. Ed è il primo a parlare del problema della competitività dei lavoratori italiani rispetto a quelli cinese arrivati recentemente.

Dipendenti dell’estremo oriente sono presenti nella Trattamenti Tessili Italia di Fabio Pedini. Un tempo la ditta era conosciuta come Lavanderia Centro Italia, ma ha cambiato recentemente ragione sociale. E’ lo stesso imprenditore ad accompagnarmi per i locali della fabbrica raccontandomi della sua attività. “Qui lavoriamo jeans ed altri capi per marche di livello internazionale: JustCavalli, Cuccinelli, Hugo Boss”. Mi mostra come vengono fatti gli strappi nei pantaloni e i macchinari per colorarli. Poi ricorda “oggi siamo riusciti ad arrivare anche a 40 dipendenti  grazie ai contratti interinali, un miglioramento rispetto a l’anno scorso”.

Il percorso termina in una stanza dove sono raccolti  i capi pronti. Tra questi anche degli abiti che alla luce diventano fosforescenti: “Sono per andare in discoteca” mi racconta con un sorriso Pedini. Arrivati alla porta ricorda come ormai siano pochi quelli che decidono di produrre ancora i Italia, chi può va all’estero per abbattere i costi. “Ma se hai capi di valore devi comunque farli qua” le parole di chi sa di gestire una fabbrica di eccellenze.


In rosso le aziende chiuse, in giallo quelle in difficoltà, in verde quelle che vanno avanti e in blu le nuove imprese 

Accanto a questo stabilimento, uno dei più grandi della zona industriale c’è un edificio rosso. Si vede che è di recente costruzione: Alberto Poggiaspalla, tecnico comunale addetto all’Urbanistica, conferma che si tratta dell’ultima attività commerciale costruita ex novo. Risale al 2012 ma purtroppo non pare ancora in attività.

Al termine del giro c’è però una buona notizia. Al posto della Cornici Vadesi già chiusa nel 2013, c’è la Stefani. Luca Cesarini, dipendente e genero del titolare Luciano Stefani parla volentieri :”Siamo arrivati qui da 7 mesi, in realtà questo è il nostro secondo polo per macchinari agricoli, Luciano lavora nel settore da 35 anni. Ora stiamo finendo di allestire il magazzino poi penseremo anche ad un punto di assistenza per gli autoveicoli”.

Anche se non si può considerare una nuova attività a tutti gli effetti rappresenta un primo spiraglio di ripresa per quest’area industriale. Certamente i colori accesi dei macchinari ridanno un minimo di vita ad una zona caratterizzata dal grigiore delle costruzione e delle prospettive della gente che ci lavora. Me lo confermano le parole dell’ultimo signore che incontro prima di ritornare: “I miei nonni hanno fatto la guerra del ’15-’18 per fare l’Italia, guarda noi in che condizioni dobbiamo lavorare”.

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Crisi, Confartigianato PU manifesta a Roma il 18 febbraio http://ifg.uniurb.it/2014/02/12/ducato-notizie-informazione/crisi-confartigianato-pu-manifesta-a-roma-il-18-febbraio/57149/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/12/ducato-notizie-informazione/crisi-confartigianato-pu-manifesta-a-roma-il-18-febbraio/57149/#comments Wed, 12 Feb 2014 15:12:31 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57149 [continua a leggere]]]> URBINO – “Senza impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro”. È il motto della manifestazione indetta  a Roma martedì 18 febbraio da Rete Imprese Italia che vedrà tra i manifestanti molti iscritti a Confartigianato Imprese di Pesaro e Urbino. È stata alta, infatti, l’adesione degli artigiani della provincia alla mobilitazione per chiedere al Governo e al Parlamento una svolta in politica economica. Il mondo dell’impresa, dell’artigianato e del settore terziario rappresenta il tessuto produttivo dell’Italia e il successo o l’insuccesso di questi settori sono strettamente legati al futuro della nostra nazione. Per questo gli iscritti a Confartigianato hanno deciso di scendere in piazza per manifestare il loro disagio per le condizioni precarie in cui molti imprenditori sono costretti a lavorare.

“Andare in piazza per noi di Confartigianato, per le piccole imprese e per i nostri artigiani,  non significa cercare scontri o lanciare anatemi senza costrutto – ha detto il segretario provinciale di Confartigianato Impresa PU Giuseppe Cinalli – ma vuol dire alzare il tono della protesta per far sentire e far passare le nostre proposte che sono serie e pragmaticamente finalizzate a migliorare la vita delle imprese, a far ripartire lo sviluppo del Paese, a dare fiducia e speranza a noi e ai nostri figli”.

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I Forconi pacifici in piazza a Urbino contro la Casta / VIDEO http://ifg.uniurb.it/2013/12/09/ducato-online/i-forconi-pacifici-in-piazza-a-urbino-contro-la-casta-video/53576/ http://ifg.uniurb.it/2013/12/09/ducato-online/i-forconi-pacifici-in-piazza-a-urbino-contro-la-casta-video/53576/#comments Mon, 09 Dec 2013 16:02:27 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=53576 Forconi 2URBINO – Nessun blocco del traffico e nessun disordine oggi durante la protesta dei forconi a Piazza della Repubblica. Anche perché si trattava di appena una decina di commercianti e artigiani. Sotto gli striscioni contro la classe dirigente appesi sul colonnato i manifestanti hanno assicurato che tutto si sarebbe svolto in modo pacifico e che nessun appartenente alla classe degli autotrasportatori ha aderito alla manifestazione urbinate. E così è stato.

“Siamo un gruppo di cittadini che scendono in piazza come a Kiev – dice Giovanni, uno dei volontari che distribuisce volantini, facendo riferimento alle proteste antigovernative che si stanno svolgendo in Ucraina – tra di noi non ci sono sigle politiche, siamo dei commercianti e artigiani strozzati da un fisco iniquo”. I manifestanti seppur ammettendo di non avere delle risposte ai problemi che pongono, sono tutti concordi con il fatto che servano persone diverse alla guida del Paese. Nel mirino anche l’Europa “che prende ordini” dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e che secondo loro impone al nostro governo scelte che non servono ai cittadini, ma solo ai gruppi di pressione e alle banche.

Sempre Giovanni sostiene che l’Italia sia il Paese in Europa che ha sofferto di più dalla crisi e che a livello locale sia un disastro: i commercianti faticano a tenere i negozi aperti e l’esclusione dalla corsa a capitale europea della cultura è stata una battuta d’arresto importante per l’economia. Secondo i manifestanti “Tutto il comune deve dimettersi: la città sta in piedi a livello economico e culturale grazie agli studenti, se non fosse per loro la nostra città sarebbe morta”.

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Il Comune di Urbino ci riprova: in vendita palazzi e terreni per due milioni di euro http://ifg.uniurb.it/2013/12/04/ducato-online/il-comune-di-urbino-ci-riprova-in-vendita-palazzi-e-terreni-per-due-milioni-di-euro/53061/ http://ifg.uniurb.it/2013/12/04/ducato-online/il-comune-di-urbino-ci-riprova-in-vendita-palazzi-e-terreni-per-due-milioni-di-euro/53061/#comments Wed, 04 Dec 2013 16:31:02 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=53061 Palazzo Chiocci

Palazzo Chiocci

URBINO – Il Comune di Urbino ci riprova. Dopo una prima asta andata deserta, l’amministrazione comunale mette di nuovo in vendita i terreni e gli immobili di proprietà insieme a quelli ex Irab (Istituti riuniti di assistenza e beneficenza).

Mentre per questi ultimi la legge prevede che il ricavato della vendita debba essere destinato ad opere con finalità socio-assistenziali, per gli altri l’asta serve il più delle volte a  “fare cassa”. Nella maggior parte dei casi si tratta di fabbricati e terreni sparsi tra Urbino e i comuni vicini, ma all’asta sono finiti anche alcuni palazzi storici.

Come Palazzo Chiocci, l’edificio che si trova a poche decine di metri da piazza Rinascimento e che il Comune ha deciso di vendere. Il problema, però, è che in tempi di crisi risulta alquanto difficile trovare dei compratori, così la giunta ha deciso di abbassare la base d’asta del 5% rispetto alla precedente.

Chi vorrà diventare il nuovo proprietario di questo edificio, che si sviluppa su quattro piani con una superficie lorda complessiva di 965 metri quadri, dovrà versare 883.000 euro nelle casse comunali. Un prezzo più abbordabile rispetto ai 929.475 euro dell’asta precedente. La destinazione d’uso è di tipo residenziale e commerciale e sebbene, secondo l’assessore al Bilancio Maria Clara Muci, qualcuno si sia mostrato interessato all’acquisto, al momento l’immobile risulta ancora invenduto.

Ma perché il Comune dovrebbe privarsi di un palazzo a due passi dal centro storico? “Il più delle volte si tratta di strutture che non portano alcun guadagno per le casse comunali – spiega l’assessore Muci – e fra manutenzioni e riparazioni spesso rappresentano solo un onere inutile”.

Lo stesso discorso vale anche per tutti gli altri poderi e fabbricati di proprietà di Urbino ma che si trovano nei comuni vicini, come Fermignano, Sassocorvaro e Montesoffio.  Se da una parte, insomma, c’è un’oggettiva difficoltà a rispettare i limiti del “Patto di Stabilità”, dall’altra c’è il bisogno di “sbarazzarsi” di strutture e terreni che, per il comune, rappresentano più un peso che un patrimonio.

Scorrendo la delibera della giunta, si scopre che la proprietà più costosa messa in vendita dal Comune dopo Palazzo Chiocci è il podere Ca’ Giovanni, una superficie di quasi 90.000 metri quadri nel comune di Fermignano. Qui sorge uno degli impianti da motocross più importanti della regione, il crossodromo La Ginestra, costruito sul podere dato in affitto alla società MotoClub Fermignanese.

Il punto, però, nel caso in cui la proprietà venisse venduta (l’asta parte da 181.924 euro), è che non ci si potrà costruire nulla di diverso da un impianto sportivo perché – come spiega al Ducato il sindaco di Fermignano Giorgio Cancellieri – nel piano regolatore è prevista per il podere solo una “destinazione di tipo sportivo”. Quindi, a meno di una modifica al piano regolatore del Comune, bisogna dire addio a eventuali ville con piscine o residenze di lusso.

L’elenco degli immobili messi all’asta dal Comune:

tabella

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Flop sigarette elettroniche: a Urbino chiudono due negozi su tre http://ifg.uniurb.it/2013/11/26/ducato-online/flop-sigarette-elettroniche-a-urbino-chiudono-due-negozi-su-tre/51894/ http://ifg.uniurb.it/2013/11/26/ducato-online/flop-sigarette-elettroniche-a-urbino-chiudono-due-negozi-su-tre/51894/#comments Tue, 26 Nov 2013 10:37:09 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51894 PuffURBINO – Crolla il mercato delle sigarette elettroniche anche a Urbino. In pochi mesi la città ducale ha perso due dei tre negozi che avevano aperto in primavera. Il primo shop di e-cig, ‘lytKing’ di via Raffaello ancora in attività, era stato inaugurato il 23 marzo seguito, dopo neanche un mese, dagli altri due aperti in via Mazzini.

La crisi unita alla ‘minaccia’ della nuova tassazione del 58,5% su tutti i prodotti ha portato due dei tre proprietari alla decisione di chiudere dopo soli pochi mesi di attività. Forse tre punti vendita a distanza di pochi metri l’uno dall’altro in una cittadina piccola come Urbino erano troppi ma “prima che la televisione iniziasse a parlare male dei liquidi – afferma Roberta Castiglione, del franchising ‘lytKing’ – si stava bene anche in tre, poi c’è stato un calo drastico di vendite”.

Questo è iniziato a luglio ed è continuato fino a metà ottobre quando c’è stata una lieve ripresa. Proprio in estate era iniziata la campagna mediatica contro i liquidi ritenuti dannosi per l’organismo ed era stato introdotto un decreto che ne vietava ogni tipo di pubblicità e l’utilizzo in luoghi pubblici.

Alla fine del mese scorso è stata approvata una modifica al decreto che ha reintrodotto la possibilità di ‘svapare’ nei luoghi pubblici – ad eccezione delle scuole – e ha cancellato il divieto assoluto di pubblicità di e-cig che adesso rimarrà solo all’interno delle fasce orarie protette, nei programmi rivolti agli under 18 e nei luoghi frequentati da minori.

Dopo questi nuovi cambiamenti “la nostra attività si è parzialmente ripresa – sostiene Castiglione – non siamo tornati ai livelli di vendita iniziali ma almeno riusciamo a coprire le spese”. Ma perché si cambia idea così facilmente sugli effetti dei liquidi inalati? Sembrano avere le idee chiare i titolari del negozio lytKing, secondo i quali “la pubblicità negativa su quelle elettroniche è iniziata per far riprendere la vendita delle sigarette tradizionali, in crisi dalla nascita del nostro mercato”. Anche i consumatori non sanno più a chi rivolgersi per chiarirsi le idee e non aiuta il fatto che anche dal mondo della medicina ci sono posizioni di forte contrasto sull’argomento.

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Un jeans ormai lacero. La crisi non risparmia Sant’Angelo in Vado http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/un-jeans-ormai-lacero-la-crisi-non-risparmia-santangelo-in-vado/51018/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/un-jeans-ormai-lacero-la-crisi-non-risparmia-santangelo-in-vado/51018/#comments Thu, 13 Jun 2013 16:54:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51018 SANT’ANGELO IN VADO – Al chilometro 43 della strada statale di Bocca Trabaria c’è un semaforo. Ma già da molti mesi le luci rossa, arancione e verde non servono più. Un tempo, lontano dalla crisi, il semaforo regolava il traffico, un frenetico viavai dalla zona industriale di Sant’Angelo in Vado, la “valle del jeans“. All’epoca del ‘benessere’ il quadrilatero di vie che racchiude i capannoni brulicava di camion e automobili. I parcheggi erano pieni, al punto che veniva scaglionata la pausa pranzo per evitare che si creassero ingorghi.

Oggi tutto ciò è scomparso, insieme a posti di lavoro e sogni imprenditoriali. Il miraggio del jeans, come quello del mattone o del mobile, è andato in frantumi sotto i colpi di una recessione che spinge la produzione sempre più fuori dai nostri confini. Parcheggi come quello di via Salvo D’Acquisto, dove un tempo trovare posto era un colpo di fortuna, adesso sono solo distese d’asfalto. Qui sono andati in fumo 700 posti di lavoro, in un paese che conta non più di 4000 abitanti. Come è potuto accadere?

Appena entrati nella zona industriale fermiamo il motore davanti alla Tipo-litografia Grafica Vadese. Il proprietario, Dante Pasquini, ci viene incontro con la mano tesa. “Io ho chiuso perché gli altri sono falliti – esordisce – lavoravo soprattutto con il settore del mobile e quando le imprese sono andate in crisi ho perso di colpo le commesse. Abbiamo provato a resistere, ma la difficoltà ad accedere al credito, con le banche chiuse ermeticamente, ci ha tarpato le ali”.

La ditta di Pasquini, fondata nel 1969, è chiusa dal 15 marzo, una delle ultime vittime: “Prima della crisi fatturavo due milioni e mezzo di euro – racconta il tipografo – nel 2012 ho raccolto meno della metà. Le spese per mantenere in piedi la tipografia hanno continuato a crescere in maniera esponenziale, come gli interessi da pagare alle banche per gli scoperti. Ho dovuto lasciare senza lavoro 15 persone”.

Camminando nel piccolo stabilimento, Pasquini mostra i macchinari: “Tutti nuovi. In questa stanza ci sono 2 milioni di euro di attrezzatura. Ho provato a venderli, ma non mi vogliono dare più di 25mila euro. Non esiste più niente, giusto il nome della tipografia. Ho già tolto l’insegna, per evitare di dover pagare la tassa”.

Pasquini non è l’unico a rinunciare al nome: per strada incontriamo tanti capannoni anonimi e rigorosamente chiusi. All’angolo tra via Salvo D’Acquisto e via Carlo Alberto Dalla Chiesa svetta la mole delle Cornici Vadesi: trenta posti di lavoro scomparsi alla fine del 2012. L’insegna qui c’è ancora, come i pezzi di legno accatastati sotto una tettoia, pronti per essere trattati. Ma il lavoro non c’è più.

Ci spostiamo lungo la via e troviamo la Saint Germain des Pres: “Lavorare qui – ci spiegano gli abitanti di Sant’Angelo – era come trovare un impiego alle Poste”. L’azienda produceva maglieria con un proprio marchio, distribuito in tutta Europa e in Oriente. Da qualche mese è in liquidazione e i 30 dipendenti sono a rimasti a casa. “La valle del jeans è in ginocchio – ammette Gianmatteo Donnini, titolare della Saint Germain – la stretta del credito è fortissima e tutta la zona era ponderata sull’abbigliamento. Quando il settore è andato in crisi, noi siamo rimasti coinvolti nella catena: i grandi marchi che facevano ordinazioni a Sant’Angelo in Vado si sono spostati all’estero lasciando senza commesse chi lavorava per conto terzi. Noi, che producevamo per il nostro marchio di total look, siamo stati colpiti dal calo dei consumi: il ceto medio non esiste più e se siamo arrivati a tagliare la spesa alimentare significa che quella per l’abbigliamento era diventata superflua già da un po'”.

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Arrivati in fondo a via Salvo D’Acquisto, finalmente sentiamo un rumore di macchinari in funzione. È la Sab Snc dei fratelli Catani: producono tavoli in legno dal 1968, ma nell’ultimo anno il numero degli operai è passato da 15 a 6. “Proviamo a resistere anche se ci siamo dovuti ridimensionare – sottolinea Alfredo Catani – il nostro problema è che la produzione dei mobili si sta spostando all’estero: avevo un cliente veneto che ogni settimana acquistava un container intero di merce, adesso compra in Asia. Qui è scomparso tutto, non so quante aziende arriveranno a vedere il prossimo autunno”.

Attraversiamo tutta l’area passando da via Cascata del Sasso e via Nanni Valentini. Lo scenario è sempre lo stesso: capannoni inanimati, parcheggi vuoti, insegne scomparse o scrostate, poche persone per strada. Troviamo una porta aperta: è quella della Stircontrol, azienda rinomata per la stiratura dei jeans. Dentro al capannone centinaia, forse migliaia, di pantaloni in denim impilati con cura sugli stendini e un uomo che lavora da solo. “Non ho ridotto il personale – si affretta a spiegare Antonio Baffioni – ma il lavoro è poco. Spesso bisogna rinunciare ad alcune commesse perché manca la liquidità per anticipare le spese. Sono le banche che decidono chi salvare e chi far fallire, ma è assurdo non aprire i rubinetti a chi lavora”.

Chi ancora resiste spesso lo fa grazie a prodotti innovativi: è il caso di Andrea Sassi, titolare della PROmo Jeans. Nel 2009 Sassi ha iniziato a produrre jeans per motociclisti, con tasche per inserire le protezioni. Il mercato gli ha sorriso, ma anche lui ammette: “Più che altro resistiamo”.

LEGGI C’è un jeans nel Montefeltro che resiste alle cadute e alla crisi globale

Facciamo inversione, stando attenti a non finire nelle grosse buche che si sono aperte sull’asfalto. Ci fermiamo davanti alla Lavanderia Centro Italia. È uno degli stabilimenti più grandi di Sant’Angelo in Vado e prima della crisi era il luogo di lavoro di 86 persone. La ditta trattava il tessuto denim per le grandi case di moda, ma a un certo punto il gioco è finito. La Lavanderia è rinata cambiando ragione sociale (International Design) ma il numero di dipendenti è sceso a una ventina.

La crisi ha colpito direttamente le fabbriche, ma i contraccolpi hanno danneggiato anche altre attività, come l’unica tavola calda della zona, il Break Café. Dai 60 pasti giornalieri si è scesi a una quindicina e anche il personale ne ha risentito: “Ho dovuto mandare via una ragazza – racconta la proprietaria,  Stefania Gorgolini – alle altre ho ridotto gli orari e quindi gli stipendi. Molti turni adesso li faccio io. Ci sono meno clienti e quelli rimasti spendono meno che in passato”.

È quasi sera. L’ultimo ad aprirci la porta è Andrea Antoniucci della Adus Marmi Eurodesign. Il suo problema principale non è la mancanza di commesse ma la mole di crediti difficili da riscuotere: “Siamo stati danneggiati dalla crisi dell’edilizia – spiega – il sintomo è che il nostro pacchetto clienti si è assottigliato e metà delle ditte che lavoravano con noi ha cambiato ragione sociale. Non parliamo poi delle aziende che hanno accettato lavori per la Pubblica Amministrazione e che ci devono soldi: viviamo anche noi la lungaggine biblica dei pagamenti”.

La parola d’ordine è ridimensionare: “Va bene – commenta Antoniucci – ma rischia di diventare un suicidio: vuol dire svendere, tagliare personale. La mattina ti chiedi chi te lo fa fare: io ho deciso di portare avanti l’azienda fondata da mio padre, ma lavoro rimettendoci soldi. Si sono inariditi anche i rapporti interpersonali: un tempo c’era collaborazione anche tra ditte concorrenti, adesso ci scanniamo per sopravvivere. Vivo qui da 40 anni e ogni giorno assisto all’agonia di Sant’Angelo in Vado”.

Il futuro appare incerto, avvolto da nuvole che non fanno presagire nulla di buono: “Quei pochi matti patentati come me – spiega Antoniucci –  che ancora ci credono aspettano da cinque anni che le cose cambino, ma sento solo discorsi senza senso: parlare di soldi alle imprese nel 2014 è come dire che si porta un bicchiere d’acqua a chi è già morto di sete”.

Ripartiamo. La macchina si ferma davanti a un semaforo rosso che ormai non ha più senso. Basterebbe il segnale di stop. Non passa più nessuno. “Se si vuole morire schiacciati da un camion questo non è il posto giusto – dice con asprezza il tipografo Dante Pasquini – si è costretti ad appendersi a una corda”.

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A Urbino ricette e ricordi per rivitalizzare un negozio sfitto http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/a-urbino-una-ricetta-e-un-ricordo-per-rivitalizzare-un-negozio-sfitto/51349/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/a-urbino-una-ricetta-e-un-ricordo-per-rivitalizzare-un-negozio-sfitto/51349/#comments Thu, 13 Jun 2013 16:34:21 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51349 URBINO – Di negozi sfitti, purtroppo, Urbino è ormai piena. Saracinesche chiuse, vetrine impolverate e pezzi di calcinaccio che imbrattano il pavimento. Capita poi di passeggiare per via Vittorio Veneto, qualche passo in giù verso piazza della Repubblica, e un occhio distratto viene colpito da una nuova insegna: “Recipe for a memory”. Una piccola libreria, qualche cuscino, bianche tazze e teiere che fumano per il tè che contengono all’interno, tanti foglietti avorio che pendono dal soffitto. Un ambiente essenziale eppure accogliente. Una boccata d’aria di novità pura.

Quattro ragazzi dell’Isia, nell’ambito del corso di Metodologia della progettazione, hanno pensato di riqualificare luoghi sfitti della città di Urbino, rendendoli luogo di scambio in cui non solo far riaffiorare la memoria ma anche in cui condividerla con altra gente con la quale è difficile entrare in contatto nella routine di tutti i giorni.

“Recipe for a memory – spiega Federico Conti Picamus, uno degli ideatori del progetto – è un esperimento di design partecipativo, che fa leva sul sociale e coinvolge in prima persona gli individui. Abbiamo avuto due suggestioni: da una parte quella derivante da un luogo sfitto che rappresenta il tema ricorrente della crisi che avanza e che per la sua trascuratezza svilisce l’immagine stessa della città; dall’altra abbiamo voluto rivitalizzare questi luoghi rendendoli luogo di incontro, al di là del loro senso commerciale”.

Ana Radovanović, un’altra degli ideatori, racconta: “La Bcc e il Comune ci hanno concesso questo edificio che prima ospitava un negozio di intimo per una settimana. Quando abbiamo cominciato a sistemare questo spazio, tutti i negozianti intorno si fermavano incuriositi. Erano felici di rivedere in attività un luogo così centrale nella città”.

Prendere parte al progetto è semplice. Basta entrare nel “negozio”, fermarsi a prendere un tè offerto dai ragazzi, mangiare qualche madeleine (che sono dei dolci francesi simili al plumcake) e lasciare scritta su un foglietto una ricetta con il ricordo a questa legato. “L’idea c’è venuta – continua Conti Picamus – da Proust che mangiando una madeleine si abbandonò ai ricordi e si ritrovò a contatto con il suo tempo perduto”.

Le gente si ferma incuriosita, si ferma ad assaporare un tè oppure prende un biglietto per poi riportarlo compilato dopo qualche ora. Entrano turisti, studenti stranieri, cittadini di Urbino di tutte le età. “Diventa un pretesto – racconta Conti Picamus – per assottigliare la barriera tra sociale e privato. Il cibo diventa un ponte per collegarsi alle persone e alle loro esperienze. È un modo che abbiamo anche noi studenti per relazionarci con la gente del luogo”.

Sarà possibile visitare l’installazione fino a domenica. Le ricette verranno raccolte dai ragazzi – oltre a Federico Conti Picamus e Ana Radovanović, hanno realizzato il progetto anche Laura Paniccià e Valentina Rocchetti – in un blog oltre che nella pagina Facebook di “Recipe for a memory”.


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Giornalismo in crisi: tutti i numeri. In tre anni -3722 contratti di lavoro http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/giornalismo-in-crisi-tutti-i-numeri-in-tre-anni-3722-contratti-di-lavoro/51298/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/giornalismo-in-crisi-tutti-i-numeri-in-tre-anni-3722-contratti-di-lavoro/51298/#comments Thu, 13 Jun 2013 16:12:23 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51298 Cinque anni di crisi. Contratti di solidarietà in aumento del 193%. Centinaia di migliaia di copie di quotidiani perse. Investimenti pubblicitari che regrediscono ai livelli di ventidue anni fa. Albert Camus definì il giornalismo “il mestiere più bello del mondo”, ma probabilmente con i dati alla mano oggi avrebbe cambiato idea.

In Italia c’è una città grande come Ancona registrata negli albi dell’Ordine dei Giornalisti: è la città di quelli che hanno seguito Camus e armati di telecamere, pc, tablet e le intramontabili carta e penna, hanno deciso di cimentarsi con il giornalismo. I professionisti, ovvero i giornalisti che per legge devono vivere ‘esclusivamente di giornalismo’, sono 27.958. Di questi 7.646 hanno messo penna e calamaio da parte e sono andati in pensione, mentre 17.364 lavorano e versano regolarmente i contributi. Dato che la matematica non è un’opinione, rimangono 3.000 persone in cerca di un editore.

-3,8% I contratti di lavoro giornalistico persi nel 2012
-3722 Rapporti di lavoro giornalistico persi dal 2010 a oggi
-292 Licenziamenti, prepensionamenti e contratti non rinnovati nei quotidiani italiani nel 2012
+193% La crescita dei contratti di solidarietà nelle testate italiane nel 2012
+28,3% La crescita dei giornalisti in cassa integrazione
253 Prepensionamenti nel 2012

Stando ai dati dell’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) i pensionamenti sono aumentati del 4,3% rispetto al 2011, mentre è sceso del 3% il numero dei giornalisti con un contratto.

I dati più allarmanti riguardano la spesa che l’istituto di previdenza ha sostenuto per ammortizzatori sociali come disoccupazione, cassa integrazione e contratti di solidarietà. Con un +43,23% ovvero 7 milioni in più rispetto al 2011, l’Inpgi ha visto crescere la spesa per i trattamenti di disoccupazione del 9,02% rispetto all’anno precedente. La disoccupazione percepita dai giornalisti a causa di licenziamento è aumentata del 35%, e del 9,7% sono aumentati i trattamenti per disoccupazione in seguito a dimissioni.

Significativo è l’aumento del 193% dei contratti di solidarietà, ovvero quegli accordi stipulati tra l’azienda e i sindacati che prevedono meno ore di lavoro (e stipendi ridotti) per favorire le nuove assunzioni, senza ricorrere ai licenziamenti. Sono aumentate rispetto al 2011 anche le spese per la cassa integrazione, che costano all’Inpgi circa 3,6 milioni di euro. Tra i fortunati che sono riusciti a vivere grazie alla propria professione, 6.101 lavorano nel settore dei quotidiani (-1856 rispetto al 2008), 2872 nei periodici (nel 2008 erano 4000) e 935 lavorano nelle agenzie stampa (contro i 1316 del 2006). Non sono invece disponibili i dati scorporati di radio, tv e giornali online.

I numeri della diffusione dei quotidiani non sono più felici, anzi si tratta proprio di quelli più critici. Nella media generale la Fieg (Federazione italiana editori giornali) parla di un calo delle vendite pari al 6% nell’ultimo anno e al 22% dal 2007 a ora. Tradotto in carta, guardando i dati di Prima online, significa che La Repubblica e il Corriere della Sera, da sempre tra i più venduti nelle edicole, hanno perso insieme 463.948 copie. In particolare La Repubblica ha subito un calo di vendite del 42%, mentre il Corriere si ferma a -37%Il Fatto Quotidiano alla nascita vendeva 69.229 copie, oggi 54.035. Libero e Il Giornale hanno perso rispettivamente il 31% e il 43% delle copie.

Qualche segno positivo è rintracciabile tra i numeri dei settimanali, dove Vanity Fair è riuscita ad aumentare il numero di copie di 32.120 unità. Ma al di là di questa nota positiva, lo storico Oggi ha perso il 49%, Panorama il 45%, l’Espresso il 56%. Perfino Topolino – che è appena arrivato al numero 3000 – se la passa male, con un calo del 59%. In generale la stampa periodica ha registrato una riduzione ininterrotta di ricavi, che nel 2012 è arrivata al 9,5%.

Aggiungiamo anche che, proprio quello appena concluso è il primo anno in cui il segno meno è arrivato anche davanti al numero di chi i giornali li comprava tutte le mattine. Se finora l’aumento dei lettori era servito a compensare l’andamento negativo della diffusione delle vendite, adesso il calo di circa un 15% per i quotidiani e del 9,4% per i periodici rende ancora più difficile immaginare una ripresa, almeno in tempi brevi. Inoltre per la prima volta dal 2003, i fondi derivanti dalla pubblicità sono scesi al di sotto degli 8 miliardi di euro, che in termini reali significa una recessione ai livelli del 1991.  Ciò vale per tutti i mezzi di informazione eccetto internet, dove  gli investimenti sono cresciuti del 147%, anche in virtù dei bassi livelli di partenza e dei prezzi. Per tornare ai numeri: gli utenti unici del Corriere.it sono passati dai 963.605 di tre anni fa ai 1.168.112 dello scorso aprile, quelli di Repubblica.it sono 1.515.242, il 18% in più in un triennio. Numeri che non permettono di compensare, con gli introiti pubblicitari pari a 1,3 miliardi di euro, il crollo dell’advertising sulla carta stampata.

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Bollette: la provincia di Pesaro-Urbino stanzia 300.000 euro per le famiglie in difficoltà http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-online/bollette-la-provincia-di-pesaro-urbino-stanzia-300-000-euro-per-le-famiglie-in-difficolta/47090/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-online/bollette-la-provincia-di-pesaro-urbino-stanzia-300-000-euro-per-le-famiglie-in-difficolta/47090/#comments Tue, 14 May 2013 13:49:28 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=47090 URBINO – Con un fondo anticrisi di circa 300.000 euro la giunta provinciale di Pesaro-Urbino ha allargato la platea di chi può usufruire di un bonus per pagare le bollette di acqua, rifiuti e spese per i trasporti.

L’agevolazione è di massimo 300 euro per chi presenta un modulo Isee fino a 10.000 euro e di massimo 200 euro per Isee fino a 15.000. “Una misura che interessa più di 3.000 famiglie colpite dalla crisi soprattutto negli ultimi tre anni” dice il presidente della Provincia Matteo Ricci .

Il fondo è composto da contributi dell’ente provinciale, della Fondazione cassa di risparmio di Pesaro e di Fano, della Marche Multiservizi, che copre circa l’80% delle utente provinciali, e dell’Aset, a sostegno delle utenze di Fano.

Chi può usufruire delle agevolazioni:

  • disoccupati dopo il licenziamento per giustificato motivo o dimissione per giusta causa;
  • disoccupati per scadenza di contratto a termine (compreso apprendistato, collaborazione a progetto e somministrazione);
  • cittadini in cassa integrazione guadagni ordinaria e/o straordinaria, o sospesi dal lavoro per almeno 160 ore effettuate al momento della domanda;
  • cittadini interessati da riduzione forzata dell’orario di lavoro in misura pari o maggiore del 30%.

Le domande, fino ad esaurimento del fondo, potranno essere presentate da domani, mercoledì 15 maggio, presso gli uffici del Centro per l’impiego della Provincia distribuiti su tutto il territorio. Le richieste potranno essere inoltrate una sola volta nell’arco dei successivi 12 mesi.

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