il Ducato » cultura http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » cultura http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it I segreti di Urbino racchiusi in trenta codici a barre: l’idea degli studenti dell’Isia http://ifg.uniurb.it/2015/05/06/ducato-online/i-segreti-di-urbino-racchiusi-in-trenta-codici-a-barre-lidea-degli-studenti-dellisia/73636/ http://ifg.uniurb.it/2015/05/06/ducato-online/i-segreti-di-urbino-racchiusi-in-trenta-codici-a-barre-lidea-degli-studenti-dellisia/73636/#comments Wed, 06 May 2015 13:09:52 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=73636 URBINO – Chi lo avrebbe mai detto che Via dei Debitori avesse davvero a che fare con un giro di debiti? Eppure quella strada era proprio la preferita dagli urbinati con qualche conto da saldare: sceglieva il “giro lungo” chi per arrivare in centro non voleva passare per via Mazzini, abitata dalle persone benestanti, di solito creditori.

Via Barocci invece era famosa per i suoi orologi, tanto apprezzati da finire nella corte reale a Vienna. Attraversando Piazza Rinascimento si scopre poi che, dove ora passeggiano i turisti, un tempo i cavalieri giocavano a fare la lotta con i gatti: un tipo di “duello” nato in occasione del matrimonio di Guidobaldo, figlio di Federico, con Elisabetta Gonzaga. La vittoria sul temibile sfidante sarebbe valsa dieci monete d’oro.

A volte i racconti più interessanti non si trovano sui libri di storia. In questo caso sono a portata di cellulare. Con il progetto “Imprint Urbino” quattro studenti dell’Isia (Alessandra Smiderle, Giovanni Murolo, Augustina Cocco Canuda e Cecilia Negri) sono riusciti a memorizzare in trenta Qr Code gli aneddoti più curiosi legati alla città, da oggi e per due settimane consultabili tramite il proprio smartphone.

Il Qr Code è un codice a barre bidimensionale che al suo interno riesce a “nascondere” testi da più di 4mila caratteri. È quella piccola immagine in bianco e nero che spesso troviamo nelle etichette dei prodotti o nelle carte d’imbarco che presentiamo al gate dell’aeroporto. La quantità di dati che riesce a contenere ha fatto di questo quadratino lo strumento ideale per trasmettere informazioni senza spreco di carta.

I quattro studenti del corso di Comunicazione e design per l’editoria hanno pensato, ad esempio, di infilarci dentro delle storie. Ma non dei racconti qualsiasi: fatti e curiosità appartenenti al passato di Urbino, che pochi conoscono, e legati a precisi luoghi della città. Se li sono fatti narrare dai cittadini, dagli assessori comunali, dai residenti più anziani. E poi li hanno fatti entrare in trenta Qr code rossi, che da oggi tappezzeranno mura e monumenti in giro per la città.

Per decifrare i trenta codici a barre sparsi per Urbino (la mappa si può consultare su questa pagina) basterà avere con sé uno smartphone e scaricare un lettore di Qr Code. Scansionando il codice si verrà automaticamente indirizzati al sito internet www.imprinturbino.tk (navigabile solo da dispositivi mobili), dove sono contenute le storie.

Ma il gioco non finisce con la lettura della storia. In fondo ad ogni racconto gli studenti dell’Isia hanno pensato di chiedere ai visitatori un aneddoto tutto loro. Perché nel ricostruire la vita di una città un po’ di partecipazione non guasta. Così, se in via Bramante qualcuno ha dato il suo primo bacio, o se a piazza San Francesco è legato un fatto storico che ancora nessuno conosce, non si deve fare altro che aggiungerlo. “Anonimato assicurato”, dicono i ragazzi.

Quella che sembra una semplice caccia al tesoro, è un tentativo intelligente di creare una più profonda memoria collettiva, di dare al presente un nuovo passato.

I ragazzi stanno inoltre lavorando a un evento in cui poter “restituire” le storie alla città: in quell’occasione gli aneddoti digitali si “materializzeranno” su tanti scontrini di carta e chiunque potrà prendere il suo.

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Ultima giornata per il Festival del giornalismo culturale, la diretta Twitter da Fano http://ifg.uniurb.it/2015/04/26/ducato-online/ultima-giornata-per-il-festival-del-giornalismo-culturale-la-diretta-twitter-da-fano/72465/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/26/ducato-online/ultima-giornata-per-il-festival-del-giornalismo-culturale-la-diretta-twitter-da-fano/72465/#comments Sun, 26 Apr 2015 09:36:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72465 STORIFY La terza giornata | La fotogallery
Magazine: il numero speciale de Il Ducato | Tutti i nostri articoli ]]>
Siamo nel vivo della 4° giornata, l’ultima, del Festival del giornalismo culturale di Urbino e Fano. Dalla Mediateca  Montanari Andrea Ferrazzoli (Capo ufficio stampa Cnr), Elena Giacchino (responsabile ufficio stampa Fusi Orari), Anna Longo (giornale Radio Rai), Stefano Marchegiano (assessore cultura comune di Fano) si confrontano su: ‘Perché conviene promuovere la cultura?’.  Seguite la diretta Twitter.



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Da fenomeno popolare a culturale: così Undici racconta il calcio http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/da-fenomeno-popolare-a-culturale-cosi-undici-racconta-il-calcio/71915/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/da-fenomeno-popolare-a-culturale-cosi-undici-racconta-il-calcio/71915/#comments Fri, 24 Apr 2015 17:55:20 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71915 Federico Sarica, Rivista Studio

Federico Sarica, Rivista Studio

URBINO – La cultura passa anche da un pallone calciato contro il palo di una porta. Se per giornalismo culturale si intende una lettura della nostra società, anche lo sport e in particolare l’universo del calcio diventa il buco della serratura da cui vedere e raccontare il mondo. L’approccio della rivista Undici è proprio questo: raccontare i personaggi, le storie e in una parola, quella parte di mondo che si specchia sul cuoio sporco di un pallone. Un racconto che non si ferma alla semplice notizia, ma che accosta la qualità dei contenuti a uno sguardo laterale e approfondito.

Nato nel 2014, il magazine nasce come progetto collaterale di Rivista Studio,  proprio perché – ci spiega Federico Sarica, cofondatore di Undici e direttore di Rivista Studio, “è arrivato il momento per chi vive lo sport di fare un salto di qualità”.  I lettori  lo possono trovare in edicola quattro volte all’anno. Per il resto si possono leggere gli articoli sul sito web, che è nato dopo la versione cartacea. La versione digitale non è la riproposizione dei contenuti della rivista ma un contenitore di “voci diverse” – per usare le parole dello stesso Sarica – che nel pieno spirito della convergenza mediale, amplifica e diversifica il discorso portato avanti nelle sue pagine. Una transmedialità che si protrae fino ai social network, con la creazione di una comunità dei lettori che legge e condivide i contenuti attraverso le pagine Facebook e Twitter. Versione cartacea e online fanno marketing e pubblicità a vicenda.

Un numero di "Undici"

Un numero di “Undici”

Ma Undici non ha inventato nulla di nuovo, non si allontana certo dalla tradizione italiana delle riviste sportive, semplicemente la rilegge con un linguaggio attuale.  Fare cultura dello sport nel 2015 “non vuol dire divulgare, ma dare un secondo sguardo alle notizie, analizzare e sviscerare la molteplicità dei livelli con cui guardare e raccontare l’attualità sportiva”, continua Sarica. Una dichiarazione di intenti che condivide con la sua sorella maggiore Rivista Studio, un magazine culturale che racconta l’attualità vista attraverso lo sguardo della cultura pop e mainstream. Ma anche con siti web nostrani come Ultimo Uomo o Futbologia.

Gli articoli, le inchieste e le interviste provengono non solo dalla redazione interna,  ma da un network internazionale. A partire dalla tedesca 11 Freunde (a cui si ispira in maniera dichiarata),  la spagnola Panenka, l’americana 8by8“o la francese So Foot. Una strada che permette di distribuire i propri contenuti e pubblicare quelli altrui, con il risultato di unificare in maniera quasi globale le diverse nicchie di lettori in tutto il mondo.

Mettere in piedi una rivista nell’era della grande crisi dell’informazione di carta, può sembrare una scelta azzardata, ma la sostenibilità economica dipende “dal modello di business che ti scegli”, per Sarica, gli inserzionisti pubblicitari interessati a un lettore target che “vuole la qualità e di conseguenza acquisterà prodotti di qualità” ci sono eccome. “il bilancio di questo primo anno è positivo, proprio perché abbiamo saputo trovare finanziamenti e soldi da persone interessate a investire in una comunità di lettori disposti ad acquistare e spendere” .

Foto di Anna Saccoccio e Jacopo Salvadori 

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Giornalismo culturale: carta stampata uno status, “ma la cultura è ancora un’eccellenza” http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/giornalismo-culturale-carta-stampata-uno-status-ma-la-cultura-e-ancora-uneccellenza/71887/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/giornalismo-culturale-carta-stampata-uno-status-ma-la-cultura-e-ancora-uneccellenza/71887/#comments Fri, 24 Apr 2015 17:02:11 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71887 IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL - MAGAZINE Il numero speciale del Ducato - STORIFY Il secondo giorno]]> I relatori del Panel "Dov'è la cultura oggi? La carta stampata"

I relatori del Panel “Dov’è la cultura oggi? La carta stampata”

URBINO – La carta stampata sta morendo, ma la cultura è in ottima salute. Almeno quella divulgata da quotidiani e approfondimenti settimanali. Le pagine culturali dei giornali italiani rimangono un’eccellenza quindi, anche se i giornali stanno perdendo numeri.

Per la maggioranza degli intervenuti alla tavola rotonda Dov’è la cultura oggi? La carta stampata, che si è tenuto al teatro Sanzio, tra gli eventi del Festival culturale del giornalismo culturale di Urbino la pagina analogica rappresenta ancora lo scrigno di “contenuti preziosi”, il punto di partenza per arrivare dove un giorno (forse) ci porterà il digitale.

A cominciare da Giulia Cecchelin, ricercatrice dell’Università di Urbino, che ha definito la cultura un argomento adatto al cartaceo perché tratta temi che hanno durata temporale più lunga rispetto, ad esempio, a una proposta di legge che invece interessa per un tempo limitato. Tuttavia ha subito aggiunto che la parola cultura è un termine polisemico, quindi non è così facile definire cosa sia materia culturale e cosa no. Ma non è importante decidere cosa lo sia o meno, ciò che è importante è creare una ‘pagina opera’ che contenga temi che abbiano diritto a esservi trattati, che abbiano dei legami narrativi organici e che siano valorizzati da una firma che dà sempre una certa autorevolezza. Questo perché “i lettori hanno bisogno di argomenti per capire e non di brandelli da interpretare”.

Sull’affollato palco del Sanzio, attorno a Lella Mazzoli, che ha moderato il dibattito, sedevano Annalena Benini (Il Foglio), Emanuele Bevilacqua (Pagina99), Simonetta Fiori (La Repubblica), Luigi Mascheroni (Il Giornale), Armando Massarenti (Il Sole 24 ore), Luca Mastrantonio (Corriere della Sera), Massimiliano Panarari (La Stampa), Leonardo Romei (Isia Urbino), Farian Sabahi (scrittrice e giornalista free lance, specialista Medio Oriente) e  Federico Sarica (Rivista Studio).

Massimiliano Panarari, giornalista della Stampa, ha spiegato come la crisi dei giornali sia in realtà una crisi di status. “C’è stata una fase in cui andare in giro con il giornale sotto braccio – ha detto – era cool, era il simbolo di uno status. Bisogna tornare a quella fase”. Per fare questo è necessaria la ‘spinta gentile’, cioè un intervento pubblico che promuova la lettura per creare un nuovo gruppo di lettori. Ha comunque sottolineato come ci siano ancora giornali che ‘vengono portati sotto braccio’ perché sono giornali ben fatti, che continuano a rappresentare uno status e perché raccolgono intorno a loro delle ‘tribù’ di lettori.

Federico Sarica, direttore di Rivista Studio, ha raccontato la sua esperienza mettendo in evidenza come per lui non  esista più il problema carta stampata/formato digitale, ma “la carta deve essere poca e preziosa. Avrei potuto non fare la versione iPad del mio giornale – ha detto –  perché la carta rappresenta uno status; la carta è cool se hai il giusto giornale sotto braccio”. Per avvalorare la sua tesi ha fatto l’esempio del nuovo giornale Pineapple Magazine, la rivista distribuita da Airbnb. “Quando la gente faceva questa esperienza – ha raccontato –  non portava nessun gadget a casa. Diceva: sai sono stato a casa di tizio ma tolto questo non aveva altro. Allora hanno pensato di distribuire questa rivista; la soluzione l’hanno trovata nella carta; un prodotto cartaceo e di qualità è stata la soluzione”.

Ha continuato dicendo che ciò di cui c’è veramente bisogno è l’integrazione tra carta e digitale perché nella fase attuale “l’integrazione è posticcia; se ne parla ma in realtà non c’è”. Il problema che si è posto però è stato cosa mettere nella sezione culturale di un giornale. “Più che diffondere la cultura – ha detto – dobbiamo raccontare il mondo. Le pagine culturali devono intrattenere, esattamente come le serie tv che adesso piacciono tanto. Non devono diffondere nulla, alla gente non piacciono le serie tv per il messaggio che portano, ma perché intrattengono. Un tema adatto sarebbe quello dei transgender perché da un fenomeno pop si svilupperebbe dibattito culturale vastissimo”.

Anche Annalena Benini, del Foglio, ha sostenuto la tesi di Sarica per cui fondamentale è raccontare il mondo. “La gente ha fame di cultura. Le persone vogliono affezionarsi allo sguardo sul mondo di un autore”. Inoltre ha spiegato come sia indispensabile non cedere alla superficialità della lingua perché il giornale dove intrattenere e divertire ma deve anche avere una forte struttura alle spalle. Anche lo stile diventa sostanza”. Ha ripreso poi il problema dell’integrazione tra web e carta sostenendo la necessità di un formato digitale perché le persone hanno bisogno di leggere articoli che le intrattengono quando sono sulla metro, negli autobus… perciò ha detto: “Non conta il supporto; dobbiamo avvicinare la gente ad argomenti preziosi, a temi culturali”.

Mentre Luca Mastrantonio sente l’esigenza per i giornalisti di “inserirsi nella vita sociale” e per se stesso di “non rimanere orfano del web” nel dibattito è intervenuto anche Luigi Mascheroni, del Giornale, che ha detto che a essere morto non è il giornalismo culturale, ma sono i suoi lettori a essere spariti. “Per ora il giornalismo culturale sulla carta sta benissimo e se morirà lo farà in ottima salute perché la qualità del giornale italiano è altissima. È una grande eccellenza perché queste pagine raccontano il mondo”.  Ha anche lui sostenuto la necessità dell’ online: “Il giornalismo culturale deve sparire per poi rinascere più bello  più forte  di prima ma non sulla carta, ma sul web e in modo totalmente diverso perché per la cultura non c’è integrazione tra carta e online; È inutile tentare questa strada se si cambia solo contenitore”.

Foto di Anna Saccoccio

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Festival di Urbino, Benini: “I social per rilanciare i contenuti della carta. Anche la cultura ma in chiave leggera” http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/festival-di-urbino-benini-i-social-per-rilanciare-i-contenuti-della-carta-anche-la-cultura-ma-in-chiave-leggera/71891/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/festival-di-urbino-benini-i-social-per-rilanciare-i-contenuti-della-carta-anche-la-cultura-ma-in-chiave-leggera/71891/#comments Fri, 24 Apr 2015 14:51:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71891 Foglio, "la carta non è mai tramontata ed è un veicolo del tutto in armonia con la cultura". E il web "un modo immediato di arrivare alle persone e ai lettori". Annalena Benini ha partecipato alla tavola rotonda sulla carta stampata durante la seconda giornata del Festival del Giornalismo Culturale]]> benini_Dentro

Annalena Benini, Il Foglio

URBINO –  Non è vero che oggi il mezzo della carta stampata e il tema della cultura sono due aspetti del giornalismo tramontati. Tanti ormai pensano a una separazione tra cartaceo e online ma secondo Annalena Benini, giornalista del Foglio, ospite al festival del giornalismo culturale, il quotidiano scritto si connette e si estende perfettamente sul web, e quindi sui social network. Ma in chiave più “leggera”.

Annalena Benini scrive di costume, cultura e libri dal 2001. Durante la sessione dedicata alla carta stampata ha ricordato con orgoglio l’intuizione pensata nel 1996 dal fondatore del FoglioGiuliano Ferrara. “Era un giornale che non proponeva solo notizie ma consentiva di far trovare al lettore in prima pagina la cultura. Un abitudine che Il Foglio non ha mai perso”.

Secondo lei oggi resiste il mezzo della carta stampata come strumento di informazione culturale?
Dal mio punto di vista la carta stampata non è mai tramontata ed è un veicolo del tutto in armonia con la cultura. Parliamo di un mezzo che va aggiornato e riadattato in continuazione, cercando nuovi sguardi e chiavi di ingresso sul mondo.

In riferimento a un suo articolo sui rapporti tra le persone perché definisce gli smartphone “antiletterari”?
Parlo di mezzo antiletterale perché è molto difficile inserirlo in alcuni generi, ad esempio nei romanzi. E’ difficile trovare uno scrittore contemporaneo che inserisca nelle sue pagine il nostro modo di vivere. Per questo si è creato una sorta di presente nostalgico in cui è tutto cristallizzato intorno agli anni 90 in cui non esisteva questo uso ossessivo. Ma è giusto che la letteratura faccia i conti con la realtà.

Si può far cultura anche con i social?
Usare i social significa innescare un meccanismo di rilancio sui contenuti della carta. Con questi strumenti diffondo a persone che non per forza sono gli stessi compratori della carta. Postare un articolo, un saggio su twitter e facebook può quindi essere molto utile.

Il  web aiuta la cultura a diventare più popolare e quindi fruibile per tutti?
Sì, perché è un modo immediato per arrivare alle persone e ai giovani. Se un articolo o una riflessione un po’ pesante dal punto di vista culturale viene trasformato in chiave più leggera può essere adattato al web. Questo non significa pretendere di fare un articolo di sole emoticon.

Come gestire la moderazione dei commenti e soprattutto reazione dei lettori in ambito culturale sui social?
Essendo un sistema del tutto aperto si presta anche agli istinti più bassi e alle opinioni più orribili. Per quanto mi riguarda non accetto certe reazioni. Il caso più recente è quello del cantante Gianni Morandi che per aver pubblicato sul profilo Facebook il suo parere sul recente caso del naufragio libico è stato accolto da critiche da tutta Italia.

Ha senso parlare in Italia di informazione culturale quando, come ha ricordato anche lei sul Foglio, ci sono scrittori come Erri De Luca che vengono processati per aver detto qualche parola di troppo?
Questo della libertà di espressione credo sia un importante tema culturale. Per questo ci tenevo a scrivere di un argomento profondo come questo. Le parole sono le parole ed è giusto potersi esprimere sempre nei limiti della legge.

Foto di Anna Saccoccio 

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Terza pagina: c’è qualcuno che la legge? Le opinioni raccolte a Urbino http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/terza-pagina-ce-qualcuno-che-la-legge-le-opinioni-raccolte-a-urbino/71787/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/terza-pagina-ce-qualcuno-che-la-legge-le-opinioni-raccolte-a-urbino/71787/#comments Fri, 24 Apr 2015 10:00:08 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71787 VIDEO Dal 1901 sulla carta stampata si parla anche di arte e sapere, nella 'terza pagina'. Ma le persone hanno ancora voglia di sfogliare la sezione culturale dei quotidiani? Lo abbiamo chiesto a sei persone in giro per la città]]> URBINO – C’è chi si informa quasi esclusivamente ascoltando la Radio, chi consulta la timeline di Facebook e chi – ancora – acquista il giornale ogni mattina. E poi c’è la Rete, un punto di riferimento quotidiano per tutti. Almeno, per tutti quelli che abbiamo sentito a Urbino in questi giorni, durante la terza edizione del Festival del giornalismo culturale. Dal cittadino al commerciante, dallo studente al professore universitario, ognuno ci ha raccontato come preferisce informarsi e quanta attenzione ha per la ‘terza pagina’, lo storico spazio che i giornali cartacei dedicano all’arte e al sapere.


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L’occasione persa di creare una cultura comune. Piero Dorfles e la ‘divergenza culturale’ http://ifg.uniurb.it/2015/04/23/ducato-online/loccasione-persa-di-creare-una-cultura-comune-piero-dorfles-e-la-divergenza-culturale/71783/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/23/ducato-online/loccasione-persa-di-creare-una-cultura-comune-piero-dorfles-e-la-divergenza-culturale/71783/#comments Thu, 23 Apr 2015 21:58:31 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71783 VIDEO Durante la lectio sulla 'divergenza culturale', tenuta al festival di giornalismo culturale di Urbino, il critico letterario ha sottolineato l'assenza di un grande spazio sul web dedicato alla cultura. Dorfles però non si arrende e lancia una sfida: "Portiamola fuori dalla 'terza pagina' dei piccoli blog"]]> URBINO – Anche nell’era digitale gli intellettuali continuano a parlare di sé e per sé. E così la cultura torna sullo stesso errore già commesso dalla carta stampata, condannandosi a restare una riserva indiana. Lascia l’amaro in bocca la lectio di Piero Dorfles sulla ‘divergenza culturale’ tenuta nella prima giornata del Festival del giornalismo culturale di Urbino. È il sapore di un’occasione mancata. Così il critico letterario e conduttore, alla sua terza partecipazione al festival, descrive l’esito dell’incontro tra il web e la cultura. Parla di divergenza, di uno sposalizio perso, ponendosi in netta controtendenza rispetto a quanti, dopo la teoria di Henry Jenkins, hanno iniziato a parlare di cultura convergente.

Una panoramica della Salone del trono a Palazzo Ducale, durante il discorso di Piero Dorfles

Una panoramica della Salone del trono a Palazzo Ducale, durante il discorso di Piero Dorfles

Le due culture. Citando Apocalittici e Integrati di Umberto Eco, Dorfles tenta di sviluppare una riflessione obiettiva, che lasci da parte l’ottimismo o il pessimismo più nero sulle potenzialità della Rete: “Quella che sembrava profilarsi come una straordinaria forma di democratizzazione – sostiene il critico – ha lasciato fuori spazi come quello della cultura e della politica”. L’enorme apertura offerta dallo sviluppo tecnologico e dal web doveva essere la chiave per superare quella che per secoli è stata la divisione tra il mondo dei colti e non, portando alla nascita e al diffondersi di una cultura collettiva. Di renderli consapevoli e partecipi del proprio destino sociale e politico. Non solo ciò non è accaduto, ma, fa notare il critico, benché sul web siano nati blog o riviste culturali, tali realtà rimangono chiuse in un mondo che parla di sé e per sé, proprio come è successo con la carta stampata. Per gli altri, quei tre quarti d’italiani che non hanno tempo di leggere, c’è la cultura di massa. Una cultura nient’affatto minore, ma che comunque non può sostituire la prima.

La colpa collettiva. Quando “l’oligarchia intellettuale” prova a divulgare la cultura, anche attraverso la televisione, mezzo popolare per antonomasia, non riesce a farsi capire dal grande pubblico. Manca la sintonia: “Non riesce neppure a usare una grammatica adeguata” ha detto Dorfles riferendosi a chi fa cultura in televisione “Ma così l’intellettuale mantiene il sapere per sé e viene meno alla sua funzione”, ha concluso Dorfles . Il problema è dunque la divulgazione: lo spazio della cultura nelle redazioni si è compresso. La redazione culturale non esiste più. Le pagine di costume, spettacolo e letteratura non sono più affidate a professionisti specializzati nei vari settori. E ciò rischia di produrre un “chiacchiericcio” controproducente confinato in spazi minuscoli come piccoli box.

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Piero Dorfles (Foto di Simona Desole)

Ritrovare il proprio posto.“La cultura deve avere un proprio spazio e la si può fare ovunque” secondo Dorfles. Per arrivare a questo obiettivo è fondamentale l’intervento del giornalista culturale, che è una figura specializzata, in grado di usare quella sintassi necessaria alla comprensione del grande pubblico. Il suo compito è quello di mediare i contenuti e di avvicinarli ai lettori perché possano fruirne. Nonostante l’emergere di nuovi influencer dal web, il giornalismo culturale può ancora offrire un servizio: deve cercare, fornire e gerarchizzare le informazioni. Mentre “per distribuirlo ci vuole intelligenza, capacità e onestà” sostiene il critico. Deve essere in grado di recensire un libro o un film, di spiegare una mostra d’arte, come anche di parlare negativamente di ciò che recensisce. La sfida del futuro si gioca sulla capacità che avrà la cultura di  “uscire dalla zona privilegiata, dalla terza pagina e dai 1500 lettori”.

 Video a cura di Rita Rapisardi e Claudio Zago 

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Fermata Urbino per “Metronovela”, il nuovo libro di Stefano Bartezzaghi http://ifg.uniurb.it/2015/04/23/ducato-online/fermata-urbino-per-metronovela-il-nuovo-libro-di-stefano-bartezzaghi/71716/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/23/ducato-online/fermata-urbino-per-metronovela-il-nuovo-libro-di-stefano-bartezzaghi/71716/#comments Thu, 23 Apr 2015 20:44:30 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71716 Un momento dell'intervista a Bartezzaghi

Un momento dell’intervista a Bartezzaghi

URBINO – Dal Duomo a Porta Venezia, passando per Loreto e Moscova, la linea rossa, verde, gialla o lilla. Il viaggio nella metropolitana milanese di Stefano Bartezzaghi si è concluso con la pubblicazione del suo libro, intitolato M. Una metronovela. L’ultima fermata, però, è stata a Urbino, dove la metro non c’è. E, dopo la chiusura della ferrovia nel 1987, nemmeno una stazione. “Qui a Urbino però avete il portico, o la piazza, è lì che ci si rende conto di non essere in un eremo” ha commentato l’autore al Ducato.

Come dargli torto: l’evento che ha aperto la terza edizione del Festival del giornalismo culturale – con la partecipazione dei due direttori della rassegna, Lella Mazzoli e Giorgio Zanchini – si è tenuto nel cortile rinascimentale del collegio Raffaello, a due passi dal palazzo ducale e dalle principali attività commerciali. Tra salite impervie e vicoli stretti a Urbino la vita si svolge solo in superficie. Per descrivere le mille sfaccettature di una grande città, invece, l’autore ha usato la metafora della metropolitana, il luogo che secondo lui meglio rappresenta “l’ordinamento, la teoria di una città”. La sua anima, insomma.

“La metro è il luogo in cui ci rendiamo conto di essere concittadini, di appartenere a uno stesso contesto” spiega lo scrittore. Da qui l’idea di inventare una metronovela, vista come lo storytelling da usare come antidoto contro la pubblicità, presente ormai in tutte le stazioni metro, e il rumore “assordante” che limita i rapporti interpersonali. Bartezzaghi la considera una fiction, in cui ognuno dei ventisette capitoli – a sua volta diviso in paragrafi – riporta incontri ed esperienze frammentate, proprio come quelle che scandiscono quotidianamente la nostra vita.

“La Milano di sopra si lascia semplificare da quella di sotto, che è ordinata, ergonomica, quasi priva di dispersione… Per perdersi davvero basta salire le rampe e tornare al livello del suolo, sulla terra e non più nella terra. I veri pasticci si combinano lassù”. Viaggiare in metro per lo scrittore non significa quindi sprofondare nei meandri dell’inconscio, ma ritrovarsi, raccogliersi, dare finalmente alla città una sintesi, un ordine possibile.

“Eppure anche questo è un modo per scoprire Milano”, prosegue Bartezzaghi. Che nel suo libro, tra sopra e sotto, partenze e arrivi, ricordi e occasioni perse, invita le persone a vivere la metro e la città col piacere di perdersi nella folla. Con leggerezza.

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Complessità contro semplificazione. Così la cultura “si oppone” alla politica http://ifg.uniurb.it/2015/04/16/ducato-online/complessita-contro-semplificazione-cosi-la-cultura-si-oppone-alla-politica/70698/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/16/ducato-online/complessita-contro-semplificazione-cosi-la-cultura-si-oppone-alla-politica/70698/#comments Thu, 16 Apr 2015 09:20:04 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70698 Loredana Lipperini, Radio Tre PERUGIA – Cultura è dibattito e complessità. La politica invece “semplifica i concetti limitando la discussione tra ben selezionati soggetti per non fare emergere le sue contraddizioni”. Queste le parole di Wu Ming 2 intervistato dal Ducato a margine della conferenza Cult-news. L’informazione culturale fra mainstream e web, al Festival del Giornalismo di Perugia.

Wu Ming è un collettivo di scrittori che, basando il proprio lavoro sulla narrazione, sviluppa temi di politica sociale e memoria storica. Gli strumenti che utilizzano per narrare la cultura vanno dal romanzo al blog. I testi sono il frutto di un lavoro in cui le idee di una comunità, formata da scrittori e utenti, creano un unico prodotto culturale interagendo tra loro. “Ci siamo accorti – racconta Giovanni, Wu Ming 2 – che il contributo di alcuni lettori arricchiva la discussione. A quel punto abbiamo deciso di includerli nella nostra redazione informale”. Questo crea complessità intesa come approfondimento.

Per comprendere come la contrapposizione di pensieri sia importante per ottenere discussioni profonde e non banali in grado di generare cultura, lo scrittore porta come esempio il blog Giap utilizzato dal collettivo Wu Ming e nello specifico la moderazione dei commenti.

“Su alcuni temi particolarmente sentiti blocchiamo i commenti per 48/72 ore in modo da poter far digerire meglio i contenuti – spiega lo scrittore – evitando che vengano scritti a caldo e senza far maturare i concetti. Noi li abbiamo sempre moderati arrivando ad avere lettori e commentatori consapevoli. La democrazia diretta del commentare liberamente non funziona”. Ma per aprire la cultura a un pubblico più ampio è necessario “utilizzare senza dubbio la narrazione. La scrittura romanzesca, il libro in forma narrativa è uno degli strumenti con cui si può trasmettere cultura a un pubblico più ampio. Oggi la narrazione viene utilizzata un po’ per tutto dalla politica al cibo. Da Farinetti a Renzi c’è poca differenza. Qui viene attuata una semplificazione della realtà che banalizza i concetti”.

Parlando di cultura la complessità è quel processo per cui un concetto viene approfondito, pensato, capito e infine narrato. Al suo opposto c’è la semplificazione intesa come banalizzazione di pensieri che, al contrario di quanto possa sembrano, non facilita la comprensione.

Anche per Loredana Lipperini, giornalista di Radio 3, la cultura si sviluppa dalla complessità. “Il primo passo è iniziare a usare parole pensate. Molte persone vivono nell’inconsapevolezza di utilizzare parole sbagliate. Bisogna ridare il giusto peso alle parole. Gramellini dice che un tweet è solo un tweet ma invece è molto di più. Nel web ho notato che c’è molta più consapevolezza tra i giovani che tra quelli che dovrebbero essere i loro modelli”. Per la giornalista si può aprire la cultura a un pubblico più vasto partendo dalla scuola. In pratica essere istruiti alla cultura e ottenere così strumenti per ricercarla in ogni contesto. “La rete è utile – spiega – se ci si arriva con consapevolezza perché altrimenti ci si può smarrire. Parlare di cultura del web è sbagliato mentre è giusto parlare di cultura nel web”.

Loredana Lipperini ha anche analizzato lo stato attuale dei lettori in Italia: “Il 46% legge un libro all’anno e la percentuale dei lettori forti è in drastico calo. In Italia oggi ci sono più scrittori che lettori perché con i social network è facile farsi pubblicità. E’ più difficile conquistare il pubblico. Si sta sempre di più allargando la forbice tra produzione di libri culturalmente alti e quelli meno. Tra di loro in passato si inserivano i libri popolari, narrativi. Oggi sono praticamente scomparsi. In Italia per il momento non abbiamo libri del genere Cronache di ghiaccio e di fuoco“.

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Turismo, Sgarbi sulla tassa di soggiorno: “Io l’avrei anche aumentata” http://ifg.uniurb.it/2015/03/17/ducato-online/turismo-sgarbi-sulla-tassa-di-soggiorno-io-lavrei-anche-aumentata/68307/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/17/ducato-online/turismo-sgarbi-sulla-tassa-di-soggiorno-io-lavrei-anche-aumentata/68307/#comments Mon, 16 Mar 2015 22:11:27 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=68307 VIDEO - L'assessore alla Rivoluzione e alla Cultura , intervistato dal Ducato dice: "Serve a garantire la bellezza del luogo. Non deve essere vista come una rapina, ma come una necessità". L'Amministrazione comunale ha intenzione di introdurre l'imposta da giugno]]> Vittorio Sgarbi, assessore alla cultura di Urbino

Vittorio Sgarbi, assessore alla cultura di Urbino

URBINO – Vittorio Sgarbi, assessore alla cultura e alla rivoluzione di Urbino, approva la tassa di soggiorno per i turisti: “Io l’ho votata, cercando anche di aumentarla. Non deve essere vista come una rapina, ma come una necessità”.

L’obolo per Sgarbi è giustificato per realtà come Urbino, in quanto deve servire a garantirne la bellezza e la pulizia del luogo in situazioni in cui emergenze di bilancio non consentano di agire diversamente. La tassa, secondo l’assessore, il pagamento di un servizio per il mantenimento del decoro urbano e la manutenzione delle attrazioni turistiche. Per questo “pagare una stanza due euro in più non è un peso per i turisti” .

Sgarbi pensa anche ad una formula alternativa, citando il caso di Cefalù da lui proposto: “C’è un museo che ospita un’opera di Antonello: il biglietto costa cinque euro, é visitato da 20mila persone l’anno a fronte delle 600mila che dormono in quella città. Invece di far pagare una tassa di soggiorno si faccia pagare un euro in più la camera d’albergo, con incluso l’accesso gratuito al museo”. Una modalità che consente all’amministrazione “di incrementare così di molto le sue entrate e l’euro in più non diventa una tassa, ma è anzi un vantaggio per il turista”. E poi conclude col suo tipico modo di chiarire il suo pensiero: “Se poi il visitatore non ne vuole usufruire, peggio per lui: è un coglione”.

Ad urbino la tassa di soggiorno dovrebbe essere introdotta a partire da giugno prossimo. Il provvedimento si rende necessario per fare fronte ai problemi di bilancio della pubblica amministrazione.

Anche se non è ancora stato deciso l’importo della tassa, si parla di una cifra che si aggira tra 1,5  e  2,5 euro a notte. Confturismo, ovviamente non contenta della nuova misura, ha proposto di diversificare: 2 euro per gli hotel quattro stelle e 1,5 per quelli di categoria inferiore.

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