il Ducato » detenuti http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » detenuti http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Eventi: libro di poesie dei carcerati di Pesaro, la presentazione solo alle 14:30 http://ifg.uniurb.it/2015/01/21/ducato-notizie-informazione/eventi-libro-di-poesie-dei-carcerati-di-pesaro-la-presentazione-solo-alle-1430/63225/ http://ifg.uniurb.it/2015/01/21/ducato-notizie-informazione/eventi-libro-di-poesie-dei-carcerati-di-pesaro-la-presentazione-solo-alle-1430/63225/#comments Wed, 21 Jan 2015 14:30:07 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=63225 [continua a leggere]]]> URBINO, 21 GEN – Una sola presentazione domani al carcere Villa Fastiggi di Pesaro per il libro di poesie scritto dai detenuti. La presentazione delle 10:30 è stata cancellata. E’ stato confermato l’incontro delle 14:30. L’evento non è aperto al pubblico, per l’ingresso è necessaria l’autorizzazione.“Pen(n)a di poeti” è il risultato del laboratorio di scrittura creativa promosso in carcere dall’associazione culturale “L’Officina”.

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Nel carcere di Pesaro: “Sovraffollato sì, ma qui torna la speranza” http://ifg.uniurb.it/2013/05/28/ducato-online/nel-carcere-di-pesaro-sovraffollato-si-ma-qui-torna-la-speranza/48727/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/28/ducato-online/nel-carcere-di-pesaro-sovraffollato-si-ma-qui-torna-la-speranza/48727/#comments Tue, 28 May 2013 01:56:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=48727 trattamento inumano e degradante dei detenuti. Nella casa circondariale di Villa Fastiggi al momento ci sono 117 detenuti in più dei letti teoricamente disponibili. Loro dicono: situazione "quasi accettabile". Il Ducato è andato a vedere come vivono Spartaco, Alfredo, Tony e gli altri. Che qui possono seguire corsi formativi e di imparare un lavoro / VIDEO]]> PESARO – Sei passi, tre avanti e tre indietro. Solo sei passi durante il giorno, i mesi, gli anni che restano da scontare in carcere. Poco più di due metri da dividere con altre quattro e, in alcuni casi, perfino sei persone. Un trattamento inumano e degradante secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo che ieri ha condannato il nostro Paese per il sovraffollamento delle carceri. La casa circondariale di Pesaro non fa eccezione: la struttura, costruita nel 1989, è stata progettata per accogliere 176 detenuti. Attualmente ne ospita 293, 117 in più.

Il Ducato è entrato a Villa Fastiggi per vedere come vivono quelle 293 persone. Quando il grande cancello del carcere si chiude, si apre un mondo fatto di lunghi corridoi, di muri alti e di porte che sbarrano l’orizzonte. A tenere compagnia sono i ricordi di quello che si è lasciato al di là delle sbarre e il suono metallico delle chiavi nella serratura. Questa è la vita di Spartaco, Leonardo, Antonio detto Tony, Alfonso e degli altri detenuti del carcere. Eppure nonostante il sovraffollamento, la fila per fare la doccia, gli spazi ristretti che a volte tolgono l’aria, “la situazione è quasi accettabile”. A dirlo è Spartaco, che vive in questo carcere da due anni: “Sono stato in altri istituti penitenziari e qui si sta leggermente meglio”.

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“Le celle sarebbero solo per una persona, invece poi hanno aggiunto le brande a castello e di fatto siamo in tre“, dice Tony, condannato per associazione a delinquere. “Una cella è di 9 metri quadri, compreso il bagno con un sanitario e un lavandino.Però durante tutta la giornata le porte sono aperte e questo aiuta molto”, continua Tony.

Secondo il rapporto dell’associazione Antigone, gli spazi comuni come la sala teatro-cappella, la biblioteca, le aule scolastiche sono insufficienti, sia come numero che come dimensioni. I problemi maggiori riguardano, però, la manutenzione. L’istituto, infatti, è stato coinvolto nello scandalo delle carceri d’oro: tangenti date ai politici in cambio degli appalti per la costruzione con materiali scadenti e poco sicuri degli istituti di pena.

LEGGI Penna libera tutti, il mensile voce dei detenuti

“Sono in carcere per droga. Ho scontato parte della pena a Poggio Reale. Poi per fortuna mi hanno trasferito qui”, racconta Alfonso che ha 30 anni e tre figli che lo aspettano a Napoli. Il più piccolo ha 6 anni.  “Esci da Poggio Reale più delinquente di come sei entrato. Qui, invece, ti danno la possibilità di imparare un lavoro, di credere in te stesso”, dice Alfonso. Il progetto pedagogico del carcere prevede che i detenuti frequentino dei corsi formativi.  Possono scegliere di seguire quello di ristorazione, di falegnameria, di giornalismo, di scrittura creativa, di teatro e perfino di clownweria. Alla fine di ogni laboratorio viene rilasciato un attestato. Non è solo un modo per passare il tempo: i detenuti imparano un vero lavoro in vista del loro reinserimento nella società. “Per il mio futuro tutto quello che voglio è avere un lavoro e cominciare una nuova vita con la mia famiglia che è la cosa che mi manca di più”, racconta Alfonso.

Amed, Rhida e Amir, tre ragazzi marocchini, nel carcere di Pesaro hanno imparato l’italiano: seguono il corso ogni settimana e leggono i libri che hanno a disposizione nella biblioteca. “Io lo so che quando uscirò da qui, mi porteranno in un centro di espulsione e mi rispediranno in Marocco”, dice con tristezza Amir. “Ho capito di aver sbagliato e ora voglio vivere e lavorare in Italia”.

Certo, anche nel carcere di Pesaro non sono mancati atti di autolesionismo e tentati suicidio. Una guardia penitenziaria racconta che spesso i detenuti ingoiano le batterie dalla radiolina o cercano di impiccarsi con le lenzuola. L’ultima suicidio risale al 2010.

Però tra i detenuti spicca soprattutto la consapevolezza di sé e del mondo fuori: “Chi non ha mai avuto problemi con la legge vive il detenuto come una sorta di mostro. Invece siamo persone anche noi. Sì certo, abbiamo degli errori alle spalle, ma ci stiamo impegnando per cercare di rimettersi in riga – afferma Spartaco – quello che desideriamo è che, a seguito del nostro impegno, vengano fatte delle valutazioni diverse su di noi quando usciremo di qui”.

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‘Penna libera tutti': il giornale del carcere che dà voce ai detenuti http://ifg.uniurb.it/2013/05/28/ducato-online/penna-libera-tutti-il-giornale-del-carcere-di-pesaro-che-da-voce-ai-detenuti/48749/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/28/ducato-online/penna-libera-tutti-il-giornale-del-carcere-di-pesaro-che-da-voce-ai-detenuti/48749/#comments Tue, 28 May 2013 00:57:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=48749 Penna libera tutti è il mensile prodotto a Villa Fastiggi, casa circondariale di Pesaro, nato dall'iniziativa del direttore del giornale della diocesi e dal responsabile del progetto pedagogico della prigione. Un modo per dare ai detenuti una possibilità di raccontare la vita nell'istituto penitenziario e di dar voce alla loro voglia di riscatto]]> PESARO – Il venerdì non è un giorno come gli altri per Spartaco. Ogni settimana, alle 9 in punto, si precipita in redazione. Ha un appuntamento importante: deve incontrare il caporedattore Francesco Rinaldi e decidere insieme a lui gli articoli per il prossimo mese. Spartaco non è un giornalista e il suo non è  un giornale qualsiasi: lui è un detenuto e scrive su Penna libera tutti, il mensile del carcere di Pesaro.

Quando a ottobre, Raffaele Mazzoli, il direttore del giornale della diocesi di Pesaro-Urbino Il nuovo amico,  ha voluto creare questo inserto insieme a Enrichetta Vilella, la responsabile del progetto pedagogico del carcere, l’entusiasmo tra i detenuti è stato grande.

“Il carcere non è solo un edificio dove sono reclusi i cattivi, ma anche un istituto dove esistono persone che tra un’angoscia e una speranza, aspettano la fine della propria condanna per potersi reintegrare nella società. Nella vita si può cadere, ma si ha il diritto di avere un’ altra chance per riprendersi la propria vita. Ed ecco che questo giornale ci dà l’opportunità di raccontare la vita carceraria, portando riflessioni e sfatando quei luoghi comuni che non aiutano né voi né noi a comprendere questo mondo. Aiutateci a migliorare”.

Così scrivevano i detenuti nel primo editoriale del giornale. Una redazione composta da una decina di persone che ha a disposizione solo due computer senza connessione internet. Prima che il giornale uscisse in edicola, Spartaco, Leonardo, Antonio detto Tony e tutti gli altri redattori si sono preparati a lungo. Hanno seguito un corso di giornalismo tenuto da professionisti per imparare “tutte le regole da seguire”, come dice Tony.

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Ma il lavoro più difficile è venuto dopo, quando Francesco Rinaldi e Francesco Mazzoli, il caporedattore centrale de Il nuovo Amico, gli hanno chiesto di scrivere della loro vita passata e della loro condizione attuale. “Non è facile scrivere di sé, ma ti aiuta anche a fare pace con te stesso. L’articolo a cui sono più legato è quello che parla del mio divorzio: da lì in poi tutto si è rovinato nella mia vita”, racconta Leonardo che per anni ha fatto il camionista e che parla correttamente quattro lingue, l’arabo, il francese, il tedesco e l’inglese. “Faccio fatica a esprimermi a parole. Quando scrivo invece è diverso: riesco a dire quello che provo, quello che sento”, dice Alfonso, uno degli ultimi acquisti della redazione.

Penna libera tutti non è solo un piacevole passatempo, utile a riempire le giornate vuote del carcere. Per Spartaco e per tutti gli altri, scrivere su un giornale che poi verrà letto da 7.000 persone rappresenta un modo per non sentirsi soli, per guardare al futuro senza il peso di un passato che fa paura: “È la nostra voce. L’occasione per dire al mondo che non tutti i detenuti sono uguali, per far conoscere la nostra voglia di riscatto”, afferma convinto Spartaco. Prima di un altro venerdì in redazione.

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Carta di Milano per i giornalisti su carceri, detenuti o ex detenuti http://ifg.uniurb.it/2013/03/14/ducato-online/carta-di-milano-per-i-giornalisti-su-carceri-detenuti-o-ex-detenuti/38567/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/14/ducato-online/carta-di-milano-per-i-giornalisti-su-carceri-detenuti-o-ex-detenuti/38567/#comments Thu, 14 Mar 2013 14:31:52 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38567 [continua a leggere]]]> CNOG – COMMISSIONE GIURIDICA

CARTA DI MILANO
Protocollo deontologico per i giornalisti che trattano notizie concernenti carceri, detenuti o ex detenuti.

Il Consiglio nazionale dei giornalisti esprime apprezzamento per l’impegno volontario dei molti colleghi che realizzano strumenti di informazione all’interno degli istituti di pena in collaborazione con i detenuti e che hanno dato vita alla Carta di Milano, fatta propria da molti Ordini regionali. Richiamandosi ai dettati deontologici presenti nella Carta dei doveri del giornalista, con particolare riguardo al dovere fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità e di non discriminare nessuno per razza, religione, sesso, condizioni fisiche e mentali e opinioni politiche, riafferma il criterio deontologico fondamentale del “rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati” contenuto nell’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine nonché i principi fissati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dal Patto internazionale Onu sui diritti civili e politici e dalle Costituzioni italiana ed europea.
Consapevole che il diritto all’informazione può trovare dei limiti quando venga in conflitto con i diritti dei soggetti bisognosi di una tutela privilegiata, fermo restando il diritto di cronaca in ordine ai fatti e alle responsabilità, invita a osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i cittadini privati della libertà o in quella fase estremamente difficile e problematica del reinserimento nella società.

Il Consiglio nazionale invita quindi i giornalisti a:

1) Tenere presente che il reinserimento sociale è un passaggio complesso che può avvenire a fine pena oppure gradualmente, come previsto dalle leggi che consentono l’accesso al lavoro esterno, i permessi ordinari, i permessi-premio, la semi-libertà, la liberazione anticipata e l’affidamento in prova ai servizi sociali;

2) Usare termini appropriati in tutti i casi in cui un detenuto usufruisce di misure alternative al carcere o di benefici penitenziari evitando di sollevare un ingiustificato allarme sociale e di rendere più difficile un percorso di reinserimento sociale che avviene sotto stretta sorveglianza. Le misure alternative non sono equivalenti alla libertà, ma sono una modalità di esecuzione della pena;

3) Fare riferimento puntuale alle leggi che disciplinano il procedimento penale e l’esecuzione della pena e alla legge sull’ordinamento penitenziario (354 del 1975);

4) Fornire dati attendibili e aggiornati che permettano una corretta lettura del contesto carcerario;

5) Considerare che il cittadino privato della libertà è un interlocutore in grado di esprimersi e raccontarsi, ma può non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze e gli eventuali rischi dell’esposizione attraverso i media;

6) Tutelare il condannato che sceglie di parlare con i giornalisti, non coinvolgendo inutilmente i suoi familiari, evitando di identificarlo solo con il reato commesso e valorizzando il percorso di reinserimento che sta compiendo;

7) Garantire al cittadino privato della libertà di cui si sono occupate le cronache la stessa completezza di informazione qualora sia prosciolto;

8) Tenere conto dell’interesse collettivo ricordando, quando è possibile, i dati statistici che confermano la validità delle misure alternative e il loro basso margine di rischio.

Le indicazioni elencate riguardano anche il giornalismo online, multimediale e altre forme di comunicazione che utilizzino innovativi strumenti tecnologici per i quali dovrà essere tenuta in considerazione la loro prolungata disponibilità nel tempo.

Il Consiglio nazionale si adopererà affinchè il tema del rapporto fra informazione e realtà carceraria sia inserito fra gli argomenti oggetto dell’esame professionale. Invita inoltre i Consigli regionali a favorire rapporti di collaborazione con i garanti dei diritti del detenuto.

La violazione di queste regole integranti lo spirito dell’art. 2 della Legge 03.02.1963 n. 69 comporta l’applicazione delle norme contenute nel Titolo III della stessa legge.

Roma, 13 marzo 2013

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Detenuti ed etica, la Carta di Milano approvata dal Consiglio nazionale http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/detenuti-ed-etica-la-carta-di-milano-approvata-dal-consiglio-nazionale/38160/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/detenuti-ed-etica-la-carta-di-milano-approvata-dal-consiglio-nazionale/38160/#comments Wed, 13 Mar 2013 18:59:10 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38160

Un codice etico per il trattamento di detenuti o ex detenuti, soprattutto in quella fase difficile che è il reinserimento nella società. È la Carta di Milano – la “Carta del carcere e delle pene” – il documento steso in prima battuta proprio tra le mura di alcune carceri (Padova, Milano e Piacenza) e approvato ieri pomeriggio dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Già sottoscritta dagli ordini regionali di Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Basilicata, Liguria, Sicilia e Sardegna, la Carta fissa alcuni punti i limiti tra la corretta e la cattiva informazione.

IL TESTO DELLA CARTA DI MILANO

“Abbiamo voluto creare – spiega Carla Chiappini, direttore del giornale carcerario di Piacenza Sosta Forzata e tra i fautori del documento – una nuova carta pur sapendo che esistono altri documenti deontologici. Per noi ne valeva la pena, sia per la complessità del tema, sia per quel cambiamento culturale che auspichiamo”.

Il documento invita a “usare termini appropriati” e a “considerare sempre che il cittadino privato della libertà è un interlocutore in grado di esprimersi e raccontarsi”. Lo scopo è tutelare il cittadino detenuto o ex detenuto dalla “gogna” mediatica cui può essere esposto: per questo, i giornalisti devono tenere conto, ad esempio, che “il condannato che decide di parlare con i giornalisti non va identificato con il reato connesso, ma con il percorso che sta facendo”.

“Ci siamo accorti – chiarisce Chiappini – che c’era confusione rispetto alla certezza della pena. Il Italia la certezza della pena è data, ma la fortuna è che il modo di scontarla è flessibile: ci sono le misure alternative, la semilibertà, i domiciliari. Pene ‘extra – murarie’, che nulla tolgono alla pena in sé. Se questo viene spiegato male nascono equivoci, sembra che le pene siano più leggere, mentre nel nostro Paese sono ancora impegnative”.

Rispetto alla stesura che ne era stata fatta inizialmente – in cui il diritto all’oblio era regolato anche in riferimento ai diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione all’articolo 2 – la carta non prevede più un punto dedicato. Pierpaolo Bollani, consigliere dell’Ordine e in commissione giuridica, spiega che la norma “non è stata recepita perché pone problemi relativi al diritto di cronaca, in un dibattito che va aldilà delle carte”. Dello stesso avviso è la direttrice Chiappini, per due motivi. “È la parte più delicata – spiega – per alcuni reati nella storia del nostro Paese, come i reati politici, la mafia e le stragi, sarebbero necessari troppi distinguo. Con Internet, poi, sarebbe difficile da garantire”.

La carta si aggiunge ai documenti deontologici che l’Ordine dei giornalisti ha adottato finora, molti dei quali a tutela delle categorie più sensibili: la Carta di Treviso, approvata nel ’91, è stato il primo documento che impegna i giornalisti a norme e comportamenti eticamente corretti nei confronti dei minori ed è a firma della Federazione nazionale della Stampa, dell’Ordine e di Telefono Azzurro.

La Carta dei doveri del giornalista, sottoscritta nel ’93, costituisce uno statuto completo della deontologia professionale e contiene, tra gli altri, il divieto di pubblicare immagini violente o raccapriccianti, nonché l’obbligo di tutela della privacy dei cittadini e, in particolare, dei minori e delle persone disabili o malate.

La Carta di Roma, approvata nel 2008, regolamenta il trattamento dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta e dei migranti, richiamandosi alla Carta dei doveri del giornalista. Il documento invita i giornalisti ad adottare termini giuridicamente appropriati, per “restituire al lettore la massima aderenza alla realtà dei fatti”, per evitare di alimentare eventuali atteggiamenti razzistici.

Nel 2009, un altro codice di autoregolamentazione è stato sottoscritto a Roma e riguarda i processi in tv: per impedire i “processi–show” trasferiti dalle aule di giustizia sul piccolo schermo, il codice ha chiarito le differenze tra cronaca e commento, fra indagato, imputato e condannato, fra accusa e difesa, sempre nel pieno rispetto dei diritti inviolabili della persona.

Venerdì la Carta di Milano verrà presentata nella sala conferenze del carcere di Regina Coeli a Roma e, nel pomeriggio, sempre a Roma, si terrà un seminario nella sede della Fnsi, in corso Vittorio Emanuele II. “Due luoghi con valenza simbolica – chiude Carla Chiappino – nel cuore di Roma e nel cuore del giornalismo. La scelta non è casuale”.

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