il Ducato » diritto d’autore http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » diritto d’autore http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Quando il copia e incolla è etico. Il network delle “Edizioni Vivere” http://ifg.uniurb.it/2012/01/18/ducato-online/quando-il-copia-e-incolla-e-etico-il-network-delle-edizioni-vivere/16294/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/18/ducato-online/quando-il-copia-e-incolla-e-etico-il-network-delle-edizioni-vivere/16294/#comments Wed, 18 Jan 2012 16:38:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=16294 Può esistere un ‘copia-incolla’ corretto, in linea con la deontologia professionale? Sì, e a dimostrarlo sta un’operazione tutta marchigiana, promossa da giornalisti che hanno fatto una scelta di campo ben definita: un ‘copincollismo’ non fuorilegge, in cui non si plagiano contenuti  altrui ma si propongono al lettore certi documenti informativi, dichiarandone  esplicitamente gli autori.

E’ il caso delle Edizioni Vivere, gruppo di Senigallia che ha  creato una speciale piattaforma online in cui si fa informazione tramite contenuti  altrui legittimamente presentati e offerti ai lettori. Michele Pinto, direttore  responsabile, racconta la sua avventura editoriale.

Che tipo di esperimento è il vostro?
Io e altri due soci nel 2003 abbiamo voluto creare un network di testate locali online sparse sul territorio organizzando un vero e proprio franchising. Ora siamo presenti anche in Umbria, oltre che nelle Marche. Siamo però nati a Senigallia e la nostra è una realtà piccola: per questo siamo figure a metà tra il giornalismo vero e proprio e l’imprenditoria. Dobbiamo infatti procurarci da soli i finanziamenti pubblicitari e non siamo assoggettati a nessuna parte politica.

Come avete scelto di lavorare?
Noi copiamo e incolliamo nei nostri siti i comunicati stampa che ci arrivano dalle istituzioni, dalle forze dell’ordine e da altri soggetti e li presentiamo al lettore come tali, senza nessun inganno. Lui è cosciente di leggere qualcosa in cui noi non mettiamo mano. Nei quotidiani si fa un’operazione ben diversa: si copiano sul giornale interi brani di comunicati stampa apponendovi poi la firma dei giornalisti. Questa è un’operazione falsa e tendenziosa. Così il lettore viene ingannato.

Dunque il vostro è un ‘copia e incolla’ veritiero?
Sì. Il lettore sa qual è il prodotto che gli proponiamo e cosa aspettarsi. Gli diamo voce in prima persona, fra l’altro, perché lasciamo spazio alle sue segnalazioni. Per noi le lettere dei cittadini sono come i comunicati stampa, perché molto spesso è dalla gente che arrivano le notizie. Poi rimangono comunque i commenti dei lettori a fare la differenza nei quotidiani on line; è in questi che sta il valore aggiunto rispetto alla carta stampata. E la lettura, nel nostro caso, diventa strumento di scelta di ciò che è notizia e di ciò che non lo è.

In che senso?
Noi pubblichiamo almeno una trentina di notizie al giorno e sono poi i lettori a ‘fare’ il giornale, permettendo a una notizia di salire o scendere sulla home, a seconda dei click che riceve. Sono loro i selezionatori delle notizie. E i loro commenti ci danno l’opportunità di valutare i contenuti che ci vengono proposti. Grazie ai lettori, infatti, spesso scopriamo notizie false e correggiamo l’informazione.

La non selezione delle notizie è una vostra precisa scelta, quindi. Lasciate che siano i lettori a farlo. In questo contesto, allora, che ruolo assume la figura del giornalista?
La missione resta quella di sempre, dare voce agli altri. Noi lo facciamo dando voce ai cittadini, che spesso ci segnalano problematiche di tutti i tipi, e che considero piccole inchieste, per la loro natura. Noi ne verifichiamo la veridicità e andiamo sul posto per raccogliere altro materiale, ma il contributo di base viene dal basso. E’ questa una delle più grandi rivoluzioni del giornalismo moderno, che sta cambiando la sua natura, e che è ancora tutto da capire.

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Tutti pazzi per il plagio: il web schiavo dei reporter copia-incolla http://ifg.uniurb.it/2012/01/18/ducato-online/tutti-pazzi-per-il-plagio-il-web-schiavo-dei-reporter-copia-incolla/16219/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/18/ducato-online/tutti-pazzi-per-il-plagio-il-web-schiavo-dei-reporter-copia-incolla/16219/#comments Wed, 18 Jan 2012 15:50:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=16219 LEGGI - Quando copiare è etico: le Edizioni Vivere ]]>

Copiare e incollare contenuti di altri spacciandoli per propri è, secondo alcuni, un’arte. Non è, però, la filosofia della maggior parte di giornalisti e blogger.  Quelli che ogni giorno si impegnano a creare notizie originali in una rete già satura di contenuti e che spesso ritrovano il proprio lavoro sparso ai quattro angoli del web, rubato e non citato dai colleghi.

Una situazione che si fa piuttosto allarmante in Svezia, dove il copia-incolla è stato dichiarato qualche giorno fa una religione a tutti gli effetti: si chiama Kopimismo (da Kopi Mi= copiami) e nasce nel 2010 da una costola del Partito Pirata svedese. Niente accenni all’Essere Supremo, ma solo al carattere sacro del CTRL+C e CTRL+V, che permette di diffondere più contenuti possibili. Pensato più per il file sharing che per il giornalismo, il Kopimismo rischia di avere ripercussioni anche su chi si è spaccato la schiena a forza di ricerche per pubblicare un articolo sul proprio blog.

LA GIUNGLA DEL WEB. Per la maggior parte del mondo dell’informazione in rete, invece, il copia-incolla senza citazione della fonte è un abuso. A farne le spese blogger e giornalisti semi-sconosciuti che tentano, con passione e difficoltà, di ritagliarsi uno spazio nei media online.

Il caso Il copia-incolla etico delle Edizioni Vivere

Ma qualche vittima del copia-incolla si conta anche tra i i grandi blog: in molti ricorderanno la vicenda di Barbareschi che scopiazza le citazioni di Spinoza. Internauti più o meno abili denunciano nei loro blog furti palesi di contenuti da parte di siti web, quotidiani e altri portali. Un universo che, per quanto incontrollabile, è soggetto comunque alle leggi del copyright. E la domanda nasce spontanea: come ci si difende dai ladri di contenuti?

CONSIGLI PER L’AUTODIFESA. Cercando in rete, si scopre che la miglior arma è il fai da te. Guide alla lotta al plagio sono presenti su molti siti, tra cui il decalogo di MasterNewMedia che definisce i casi e insegna a trattarli. Gli autori ‘rapinati’ sono incitati a munirsi dei numerosi strumenti che il web mette a disposizione per scovare i furboni. A cominciare dai motori di ricerca appositi, che permettono all’utente di introdurre url, paragrafi o frasi per individuare in rete i propri articoli copiati.

Ce ne sono tanti: da Copyscape a Plagiarisma (che vaglia materiale in un centinaio di lingue), passando per Churnalism, un motore che riconosce pezzi giornalistici creati da collage di comunicati-stampa e lanci di agenzia.

Alcuni, come Plagium, inviano delle liste aggiornate e corredate dal grado di similitudine tra gli articoli; altri, come CopyGator, avvisano -a plagio avvenuto- l’autore dell’originale tramite feed rss, un tipo di linguaggio che permette di ricevere notifiche sugli aggiornamenti dei siti web.

Se il copione cerca ancora gli articoli più interessanti manualmente,  un’opzione può essere quella di installare un plugin – un programma aggiuntivo non autonomo che aumenta le funzionalità di uno già esistente –  che disabilita il click del tasto destro e la selezione di testo sul sito scelto.

IL RUOLO DEI FEED RSS. Se invece il copia-incolla avviene tramite feed rss, il blog di Davide Cobelli fornisce una guida semplice ma efficace per evitare il problema: dall’uso di Fairshare, un’applicazione che individua e indicizza i testi uguali presenti online, a quello del plugin RSS Signature, una “firma” in html che, a ogni scopiazzamento di una porzione di testo, inserisce automaticamente l’articolo originale e un link di rimando alla home page dell’autore. Per capirne meglio il funzionamento, si può provare a copia-incollare una porzione di testo dal blog di catpol che, all’ennesimo plagio, ha deciso di prevenire così i furti dei suoi contenuti.

Non vale solo per i testi: anche le foto hanno le loro ‘firme’ come il watermark, un logo o indirizzo web per marchiare le proprie immagini e impedire eventuali violazioni del copyright. Insomma,  una lotta contro il flusso di contenuti che però, da individuale, può diventare anche collettiva, con campagne contro il furto online come quella di mastroalberto o tramite community, come plagiati,  nate appositamente con lo scopo di denunciare i furbetti.

LA LEGGE. Eppure la normativa parla chiaro: si tratta di quella sul diritto d’autore, la n. 633 del 1941, modificata con la legge 248/00, in cui si afferma che tale diritto si acquisisce con la

creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale
(Capo II, art.6)

E ancora, alla sezione II, l’articolo 20 difende la possibilità dell’autore

di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modifica e a ogni altro atto a danno dell’opera stessa, che possano essere a pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.

Al capo VIII l’articolo 101 ricorda infine che

la riproduzione di informazioni e notizie è lecita (…) purché se ne citi la fonte.

La violazione delle norme sul diritto d’autore comporta sanzioni anche penali. La gravità delle stesse è data dall’entità dell’uso illegittimo dell’opera altrui: se lo si fa a fini di lucro, la pena aumenta. Nella stessa legge sul diritto d’autore si definiscono le sanzioni in cui rischia di incorrere chi fa opera di plagio: la multa va dai 51 ai 2065 euro per chi

“riproduce, trascrive, recita in pubblico, diffonde (…) un’opera altrui.”

Per l’usurpazione della paternità, diritto morale, è prevista in certi casi anche la reclusione fino a un anno.

DEONTOLOGIA. I casi di plagio sono all’ordine del giorno e la pratica è diffusa addirittura tra giornalisti della stessa redazione. Una delibera dell’Ordine regionale della Lombardia del 1994 condanna esplicitamente questi comportamenti, affermando che “il giornalista che pone in essere il plagio di un articolo altrui viene meno alle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui e non contribuisce alla promozione della fiducia tra la stampa e i lettori nonché dello spirito di collaborazione tra colleghi”.

Chi si è visto plagiare un pezzo, comunque, come prima cosa deve chiedere al sito accusato di aver copiato la rimozione del pezzo. Se il sito dovesse fare orecchie da mercante, ci si può sempre rivolgere al motore di ricerca (Yahoo o Google). E’ proprio Google a offrire un servizio interessante ai propri utenti: mette infatti a disposizione pagine web specifiche, dove è possibile trovare indicazioni utili su come si preparano e si spediscono segnalazioni di plagio.Infine, il giornalista vittima di plagio può denunciare il fatto al proprio Ordine regionale o all’Ordine a cui appartiene il presunto copione.

CELEBRI CASI CARTACEI. E’ del febbraio 2010 la notizia delle dimissioni di un giornalista economico del New York Times, Zachery Kouwe, accusato di aver plagiato un collega del Wall Street Journal e di aver utilizzato in maniera indebita anche altri fonti giornalistiche, copiando frasi dall’agenzia Reuters e da altri fonti giornalistiche. Fu lo stesso direttore del Wall Street Journal a denunciare Kouwe, dopo aver notato la somiglianza tra un articolo del giornalista e uno apparso sulla sua testata. Fu il secondo caso di plagio che colpì il New York Times, dopo un fatto simile  avvenuto otto anni prima, quando il giornalista Jayson Blair si dimise dopo che si scoprì che aveva copiato molti pezzi altrui.

E andò male, nel Marzo 2011, anche alla prestigiosa giornalista premio Pulitzer Sari Horwitz, di servizio al Washington Post, che copiò di sana pianta reportage altrui mentre era corrispondente da Tucson, nel giorni della strage al comizio della rappresentante democratica Gabrielle Giffords. La Horwitz non si era fatta scrupolo di spacciare per sue le notizie date dell’umile Arizona Republic, quotidiano della città di Phoenix. Venne sospesa per tre mesi dal direttore del Post. Insomma, grandi o piccoli non fa nessuna differenza: la ‘sindrome’ del plagio colpisce tutti.

 

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Pirateria, sciopero contro il “Sopa”: la Rete sfida le major americane http://ifg.uniurb.it/2012/01/17/ducato-online/pirateria-online-sciopero-contro-il-sopa-la-rete-sfida-le-major-americane/15928/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/17/ducato-online/pirateria-online-sciopero-contro-il-sopa-la-rete-sfida-le-major-americane/15928/#comments Tue, 17 Jan 2012 09:09:29 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=15928 (leggi il comunicato sul sito italiano). Un black out di protesta contro la proposta di legge americana sul diritto d'autore e la pirateria online. Manca ancora l'adesione di altri "big" come Google e Facebook]]>

Lo sciopero del 18 gennaio

Aggiornato alle ore 12.00 di martedì 17 gennaio 2012

A lanciare l’idea del black out è stato Reddit, noto portale-community di condivisione di contenuti. Poi sono arrivate le adesioni di Mozilla, Twitpic, XDA Developers, mentre poche ore fa anche Wikipedia ha annunciato che oscurerà la sua versione inglese. Ma ci stanno pensando anche altri big come Facebook, Amazon e Google, spinti da milioni di utenti che vorrebbero salvaguardare la libertà e i diritti del web.

Sono questi i nomi dei siti e dei social network che stanno preparando per il 18 gennaio “The Great Internet Strike ”, il grande sciopero della Rete. Dodici ore, a partire dalle 8.00 di mattina, nelle quali non sarà possibile accedere a servizi diventati ormai di uso quotidiano. Anche il web “abbasserà le serrande”, questa volta in formato digitale: navigare sarà complicato, si salveranno solo le caselle di posta elettronica.
Il motivo? Tutta colpa del SOPA, acronimo di Stop Online Pricy Act, proposta di legge in discussione al Congresso degli Stati Uniti che, in nome della difesa del diritto d’autore, rischia di porre limitazioni evidenti alla libertà d’espressione su Internet.

La controversa proposta è stata presentata il 26 ottobre dal deputato repubblicano Lamar S. Smith, ma l’interesse della politica contro la pirateria on line è comunque bipartisan. Una proposta gemella (il PIPA, Protect Ip Act),è stata infatti presentata in Senato dal senatore democratico Patrick Leahy.

Il deputato repubblicano Lamar Smith, promotore del SOPA

Il 24 Febbraio riprenderà il dibattito alla Camera: molte aziende hanno così deciso per una protesta di grande impatto, prima che il SOPA diventi legge, come sperano invece major e grandi corporation dell’industria dell’intrattenimento.

La proposta di legge
–  Così come chiarisce Wikipedia, SOPA permetterebbe ai titolari di copyright statunitensi di “agire direttamente per impedire la diffusione di contenuti protetti”. Basterebbe l’accusa di non rispettare la legge sul diritto d’autore, per permettere agli stessi detentori dei diritti e al Dipartimento di Giustizia americano di procedere legalmente sia contro i siti Internet sospettati, sia nei confronti di chi aiuterebbe la violazione (anche attraverso un semplice link).

L’Attorney general (il ministro della Giustizia) potrebbe così imporre ai fornitori di servizi internet (ovvero agli ISP, Internet Service Provider) l’obbligo di impedire ai propri utenti l’accesso ai siti accusati di vendere o pubblicare materiale coperto da copyright negli Stati Uniti, oltre a bloccare canali di finanziamento e pubblicità (una misura già richiesta in passato dalla Casa Bianca a Pay Pal nei confronti di Wikileaks).
Tra le sanzioni è compresa la reclusione fino a cinque anni: lo streaming on line verrebbe punito così allo stesso modo della vendita di merci contraffatte. Basterebbe postare su YouTube un video con in sottofondo una musica coperta da diritto d’autore per compiere un reato e rischiare il carcere. Si pensi al caso di Stephanie Lens, la madre accusata dalla Universal di violare il diritto d’autore per aver pubblicato il video del proprio bambino che balla sulle note di Prince.
La legge prevedrebbe per l’accusato la possibilità di presentare appello entro cinque giorni: il blocco dei siti sarebbe però precedente al reale accertamento della violazione attraverso un processo.

Secondo i promotori della protesta i poteri concessi all’autorità giudiziaria sarebbero eccessivi: tra questi sarebbe prevista anche la cancellazione dei risultati nei motori di ricerca.

Le conseguenze – Per molti gestori di siti l’approvazione della SOPA significherebbe l’obbligo di controllare in modo capillare tutto il materiale che viene pubblicato dagli utenti. “Un’operazione tecnicamente impossibile – afferma Maurizio Codogno, portavoce di Wikimedia Italia – dato che ci costringerebbe a controllare manualmente milioni di collegamenti esterni”. Tutto in modo preventivo. Codogno sottolinea come Wikimedia Foundation – la società che gestisce la grande enciclopedia libera di Wikipedia, tra i dieci siti più visitati al mondo – concordi sulla necessità di difendere il diritto d’autore: “Ogni presunta violazione del copyright viene già immediatamente cancellata. Lo Stop Online Piracy Act rischia però di diventare controproducente, mandando nel caos tutta la Rete”.

The Strike must go on – Di fronte alle proteste della Rete, un dietrofront è stato deciso dai promotori almeno per quanto riguarda l’utilizzo del sistema di filtro dei Dns (Domain name system), pensato per oscure gli Internet service provider con contenuti illeciti e inizialmente previsto nel PIPA.

La Rete però continua a non fidarsi: la rimozione potrebbe essere solo un modo per accelerare l’iter di approvazione della SOPA, rinviando in futuro la discussione sull’uso dei Dns. Per questo, in attesa di sapere come protesterà la NetCoalition (organizzazione che riunisce Google, Amazon, Fb), lo sciopero del 18 resta confermato. Alla fine ha aderito anche Wikipedia: la versione inglese resterà inaccessibile per ben 24 ore, a partire dalle 5.00. Lo ha annunciato lo stesso fondatore Jimmy Wales sul suo profilo Twitter: “Avviso agli studenti! Fate i vostri compiti presto, Wikipedia mercoledì protesta contro una cattiva legge”.
Non è la prima volta che l’enciclopedia viene oscurata per protesta: già il clamoroso black out della community italiana durante il dibattito sul Ddl Intercettazioni (nel quale si prevedeva l’estensione per i siti internet dell’obbligo di rettifica entro 48 ore, pena pesanti multe) contribuì in modo fondamentale al ritiro della proposta. Condividendo le preoccupazioni sugli effetti che l’approvazione del SOPA avrebbe “per la libertà del web e di Wikipedia”, anche la versione italiana ha espresso la propria solidarietà nei confronti dei colleghi inglesi (vedi comunicato).

Intanto allo sciopero si uniranno anche diverse iniziative degli utenti: oltre 25mila iscritti su Twitter sono pronti a modificare le immagini del proprio profilo in segno di dissenso. Senza dimenticare il numero infinito di petizioni: su Avaaz.org a mobilitarsi sono già più di un milione, sotto la sigla “Save the Internet”. “Il pericolo – denunciano molti utenti – è che si utilizzi il pretesto delle violazioni per impedire l’accesso a siti e contenuti politicamente non graditi”. Per molti altri, SOPA rischierebbe di porre un freno all’innovazione e alla nascita di start-up nel settore delle Ict.

Anche la Casa Bianca è intervenuta con una nota ufficiale, pubblicata dallo staff di Obama sul sito di petizioni We the people: “Crediamo che la pirateria online sia un grave problema che richieda una forte risposta legislativa, ma non sosterremo una legge che riduca la libertà di espressione, aumenti i rischi per la cyber sicurezza o mini alla base il dinamismo e l’innovazione della Rete globale”. Una posizione fortemente criticata da Rupert Murdoch, proprietario di News Corp. Su Twitter il magnate ha accusato il presidente degli Stati Uniti di “essersi unito ai padroni della Silicon Valley che minacciano di pirateria e di furto puro e semplice tutti i creatori di software”. Tra questi Murdoch inserisce anche Google, accusato di “linkare ai siti che violano il diritto d’autore”. Mountain View ha rispedito le accuse al mittente: “Ogni giorno combattiamo la contraffazione. Invece del Sopa, sarebbero utili leggi che obblighino i network di pubblicità online a tagliar fuori i siti pirata”. La posizione di Murdoch è criticata anche dal giornalista Jeff Jarvis: ricostruendo i suoi tweet su Storify, Jarvis accusa il magnate di “non comprendere cosa siano i link, nè l’architettura della Rete”.

Il precedente italiano – Anche nel nostro paese la Rete ha protestato contro l’aumento eccessivo delle competenze di Agcom sulla tutela dei diritti di proprietà. Dopo diverse modifiche, lo schema di regolamento proposta dall’Autorità di garanzia sulle comunicazioni (aperto a settembre a consultazione pubblica) prevede la possibilità per il gestore del sito di rimuovere entro 4 giorni contenuti sospettati di “violazione” (procedura di notice and take down). Qualora una delle due parti non ritenga la procedura soddisfacente, è possibile rivolgersi all’AgCom: dopo un contraddittorio di dieci giorni, sarà così questa a decidere su eventuali rimozioni. La procedura dinanzi all’Agcom è però alternativa e non sostitutiva della via giudiziaria e si interrompe in caso di ricorso al giudice. “Non riguarda – spiega Agcom – l’esercizio del diritto di cronaca, né prevede inibizione all’accesso ai siti contestati”. Un regolamento molto criticato, fin dalla prime bozze: in attesa della versione definitiva, si sono registrate le perplessità anche della Vice-Presidente della Commissione Europea Neelie Kroes.

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