il Ducato » domenico fucili http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » domenico fucili http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Tetti in amianto, 39 crolli a causa della neve. E’ corsa allo smaltimento http://ifg.uniurb.it/2012/02/28/ducato-online/tetti-in-amianto-39-crolli-a-causa-della-neve-ora-e-corsa-allo-smaltimento/26835/ http://ifg.uniurb.it/2012/02/28/ducato-online/tetti-in-amianto-39-crolli-a-causa-della-neve-ora-e-corsa-allo-smaltimento/26835/#comments Tue, 28 Feb 2012 18:00:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=26835 LEGGI L'acqua fa paura ai tetti]]> URBINO – Tettoie e coperture infrante, lamiere, tegole, pezzi di cemento. Materie informi sotto cumuli di neve, macerie che ora rappresentano un pericolo e un’apprensione in più. Molti tetti crollati durante l’emergenza di febbraio infatti erano in amianto, significa che oltre a dover ricostruire, bisogna prima smaltire. Si aggiungono perciò alcune complicazioni: più spese, un iter lungo e macchinoso e danni per la salute.

Ne sanno qualcosa, non solo i proprietari dei capannoni industriali e agricoli che sono crollati, come quello dell’Ekofarma (una ditta che si occupa di mobili e arredi di farmacie) o del deposito Rio Rusciadelli (entrambi in zona Sasso), ma anche i vigili del fuoco e l’équipe di ingegneri del Centro Operativo Misto creato durante i giorni della grande nevicata, che hanno continuamente monitorato le strutture e che sono intervenuti in tutti i casi di crollo. “Molti crolli dovuti al peso della neve hanno coinvolto tetti in eternit – dice l’ingegnere Domenio Fucili - e quindi è nato un problema in più, innanzitutto la sicurezza e la salute. Poi c’è lo smaltimento, che ha tutta una sua procedura”. Secondo la legge 257 del 1992, il tetto in eternit va rimosso solo se spaccato o danneggiato, perché in questo caso può liberare fibre d’amianto nocive per la salute.

39 CASI REGISTRATI – Il Dipartimento di Prevenzione e sicurezza sul lavoro dell’Asur di Urbino, che comprende i 29 comuni della ex zona 2, per ora è a conoscenza di 39 casi di crolli di tetti in eternit. A questo dipartimento arrivano le segnalazioni di pericolo: “Le comunicazioni ufficiali sono venticinque – fa sapere il dottor Eugenio Carlotti, direttore responsabile del dipartimento con sede a Fermignano – abbiamo molte segnalazioni dai Vigili del fuoco e dagli ingegneri del Comune che hanno fatto i sopralluoghi dei tetti crollati”. Ma c’è sicuramente dell’altro. Ci sono i casi non segnalati. “Non abbiamo dati completi – dice Carlotti – perché, come sempre, manca tutta una parte sommersa”. Ma l’Asur riesce a conoscerne una parte tramite i cosiddetti ‘piani di lavoro’: “Alcuni privati hanno fatto tutto da soli, senza la nostra mediazione – continua il dott. Carlotti – hanno inviato campioni dei tetti crollati direttamente all’Arpam di Pesaro, poi, una volta certificato che ci fossero fibre d’amianto hanno commissionato lo smaltimento dell’eternit a ditte specializzate e abilitate che, per procedere, devono inviarci un progetto che il nostro dipartimento deve valutare”.

L’ITER PER LA RIMOZIONE – L’Asur ha in genere trenta giorni per esprimere un parere, positivo o negativo che sia, sul piano di lavoro delle ditte, ma “durante e dopo i giorni dell’emergenza neve” – sottolinea il responsabile del dipartimento di prevenzione e sicurezza – abbiamo ridotto i tempi e in due giorni al massimo diamo una risposta. Acceleriamo così i le operazioni di messa in sicurezza degli edifici, soprattutto per tutelare la salute pubblica”.

Per sapere se si tratta effettivamente di amianto, una volta arrivata la segnalazione, l’Asur effettua un sopralluogo, preleva dei campioni e li manda all’Arpam di Pesaro, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle marche. Se è l’eternit è effettivamente composto da fibre d’amianto allora l’iter prevede una richiesta al sindaco del comune di riferimento per emanare un’ordinanza per problemi di sanità pubblica. Scatta poi l’obbligo il proprietario dell’immobile di rimuovere i materiali nocivi affidandosi a un’impresa abilitata a questo tipo di interventi. Se è solo cemento e di amianto non c’è traccia, significa che non c’è alcun rischio per la salute e qualsiasi ditta si può occupare dei lavori.

L’AMIANTO IN PROVINCIA – Ma la presenza di amianto è stata confermata in tutti i casi segnalati all’Asur di Urbino. “Si tratta di coperture realizzate prima del 1992, l’anno in cui è entrata in vigore la normativa sullo smaltimento dell’amianto”. Nel 2007 è stata censita la presenza di amianto nella regione Marche. Per il territorio di Urbino sono stati registrati un milione e 600mila chili di amianto compatto ( che va rimosso solo se rovinato), per una superfice di circa 625.000 metri quadrati e poco più di mille chili di amianto friabile, il più nocivo.

Finché c’era la neve a ricoprire i materiali crollati, i rischi erano minori. Se le fibre sono bloccate dall’acqua o dai residui di neve si riduce la possibilità che le fibre d’amianto si possano disperdere nell’ambiente. Ma ormai la neve si sta sciogliendo e spesso folate di vento raggiungono l’eternit spaccato. “Per questo motivo – dice il dottor Carlotti dell’Asur – stiamo stringendo i tempi”.

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Se prima a far temere erano i crolli per i tre metri di neve accumulati sulle case di Urbino, ora che è finita la prima fase dell’emergenza e che la maggior parte delle coperture è stata ripulita – grazie all’incredibile spiegamento di forze (dai vigili del fuoco all’esercito, dai volontari specializzati a quelli che non lo erano) del Montefeltro e di quelle provenienti da tutta Italia – sembra che il pericolo più grande siano diventate le infiltrazioni. L’acqua fa paura.

“Lo scioglimento della neve provoca danni indiretti – dice l’ingegnere Alessandro Cioppi, responsabile dell’area tecnica dell’Arcidiocesi di Urbino e scampato per un soffio al crollo del tetto della chiesa dei Cappuccini – le travi marciscono, già sono state messe a dura prova dal carico della neve, poi con l’acqua si indeboliscono ancora di più. Questo rende più serio il rischio dei crolli”.

Travi rotte e spezzate, il simbolo della grande nevicata dopo il blizzard, il freddo vento che ha soffiato da nord. La neve è stata buttata giù dai tetti, ora non c’è più, ma il suo peso resta impresso nelle strutture portanti: “molte sono state deformate dalla neve – sottolinea Domenico Fucili, a capo dell’équipe di ingegneri volontari che dai primi giorni di febbraio ha monitorato e fatto interventi su tutto il territorio – e ora sono pericolose forse più di quanto lo fossero quando erano ricoperte di neve”.

Travi pericolanti, flesse, “alcune già erose dai tarli – afferma l’ingegnere Roberto Cioppi – come potevano reggere il peso di tre metri di neve? E’ un miracolo che molti tetti abbiano retto”.

Ingegneri e vigili del fuoco sono intervenuti con sopralluoghi e puntellamenti, ma in alcuni casi non si è fatto in tempo, come è successo alla chiesa dei Cappuccini, dove il tetto è crollato lasciando uno squarcio di sette metri e una gran paura ad Alessandro Cioppi e Federico Borghini che erano lì e che sono stati sbalzati indietro di alcuni metri. Salvi. “Metteremo un cappello di lamiera alla chiesa, la copriremo con una struttura metallica temporanea e questo ci permetterà di rimuovere le macerie e le opere d’arte – dice Cioppi – non sappiamo assolutamente cosa c’è lì sotto, ci sono almeno quattro metri di calcinacci”. Sprazzi di colore tra il grigio omogeneo delle rovine, erano affreschi, erano dipinti e chissà cos’altro.

A parte il complesso dei Cappuccini e la chiesa di S.Francesco, dove una trave ha ceduto e hanno dovuto sfondare il tetto per ripararla, la maggior parte del patrimonio storico culturale di Urbino è salvo. Molte strutture sono state evacuate, come il convento di San Bernardino, ma le opere sono state tutte trasferite e portate in luoghi sicuri. “Alcune pale d’altare sono alte anche sette metri – confida l’ingegnere – e qualche difficoltà l’abbiamo avuta a trasportarle, soprattutto con molte strade bloccate e la neve di due metri ai lati. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta”.

Il nevone ha colpito duro sull’Arcidiocesi di Urbino: il danno è di “qualche decina di milioni di euro”, dice l’ingegnere Alessandro Cioppi che non può fare un conto preciso perché stanno ancora cercando di contenere i danni, non possono ancora “risolvere”.

I crolli della chiesa dei Cappuccini, di San Francesco, del Cinema Ducale, delle abitazioni in via Budassi e in via Bramante e del tetto del ristorante cinese ‘Nuovo Sole’, sono stati una battaglia e come dopo ogni guerra, anche quella bianca dovrà avere la sua ‘ricostruzione’. Ma non se ne parla ancora. Qualcuno riesce solo a sussurrare questa parola, perché l’emergenza non è ancora finita. “Non siamo alla fine – fa sapere l’ingegnere Domenico Fucili – vale la pena fare ispezioni per tutte le categorie d’abitazione, stiamo raccogliendo i dati di tutto quello che è successo e una classificazione dei costi ora è difficile, perché ogni tetto ha bisogno della propria indagine, ogni struttura della propria ricognizione”.

I danni sono stati tanti, forse troppi. Qualunque cifra per ‘ricostruire la città‘ sarebbe ipotetica. Quello che è certo è che sarà pesantissima, da aggiungere al mezzo milione di euro già speso durante la prima emergenza per ruspe, spalaneve, esercito e ospitalità. “Dobbiamo trovare i soldi necessari – fa sapere Gabriele Cavalera, capoufficio stampa del Comune – speriamo solo in tempi celeri. Il tempo, forse, è il problema più grande. Non ne abbiamo molto per rimettere in piedi la città”.

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Lo riporta il profilo Facebook del Comune di Urbino, che ricorda che per segnalazioni gravi bisogna chiamare l’unità di Crisi:  0722 – 340.247 / 0722 – 328.259 / 0722 – 309.717 / 0722 – 309.718

 

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I tecnici stanno facendo anche verifiche nelle case di Urbino, una quindicina, in cui i proprietari nelle ultime ore hanno segnalato crepe o scricchiolii. L’ingegner Fucili fa un appello ai cittadini: “Liberate terrazze e balconi dalla neve, chiamate l’unità di crisi se notate deformazioni del tetto, se sentite scricchiolii nelle travi o colpi secchi”.

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