il Ducato » economia http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » economia http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Rimesse dei migranti: in sette anni raddoppiano nella provincia di Pesaro-Urbino http://ifg.uniurb.it/2014/02/04/ducato-online/rimesse-dei-migranti-in-sette-anni-raddoppiano-nella-provincia-di-pesaro-urbino/56436/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/04/ducato-online/rimesse-dei-migranti-in-sette-anni-raddoppiano-nella-provincia-di-pesaro-urbino/56436/#comments Tue, 04 Feb 2014 14:53:01 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=56436 URBINO – Dal 2005 al 2012 il flusso economico dei capitali inviati da stranieri residenti nella provincia di Pesaro-Urbino alle famiglie nei paesi d’origine è raddoppiato. Quello della provincia più a nord delle Marche è un trend che rispecchia un andamento non solo nazionale, ma globale. Nel 2013 dall’Italia sono stati “spediti” all’estero circa 7 miliardi di euro,  il doppio rispetto al 2012. E secondo i dati della Banca Mondiale nello stesso anno le rimesse a livello globale sono state pari a 410 miliardi di euro, una cifra superiore al Pil dell’Austria.

Per quanto riguarda la provincia urbinate le rimesse dei lavoratori stranieri sono passate dai 9,8 milioni di euro del 2005 ai 18,6 milioni del 2012. L’aumento vertiginoso di questi capitali deriva anche dalla crescita della popolazione straniera residente in Italia che è passata da 2,2 a 4,4 milioni di abitanti in sette anni. Della stessa portata è l’impennata nella provincia di Pesaro Urbino che dai 19.000 del 2005 è arrivata a contare 34.787 migranti residenti nel 2011. Il 17% del totale è di nazionalità albanese, il 15,8% marocchina e il 13,5% romena.

Nelle Marche, Pesaro-Urbino è la terza provincia per flusso economico dovuto ai capitali inviati nei paesi d’origine. Al primo posto c’è Ancona con quasi 40 milioni di euro, seguita da Macerata con 25,5 milioni. I mittenti delle rimesse sono gli stranieri presenti sul territorio, ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Se romeni e marocchini riaffermano la propria presenza nel Pesarese e nell’Urbinate, negli ultimi sei anni sono emerse nuove comunità che in poco tempo hanno guadagnato rilevanza economica.

Il caso più evidente è rappresentato dalla comunità Moldava che è passata da 386.000 euro ai quasi 2 milioni del 2012. Più contenuta è la crescita delle rimesse verso Senegal e Ucraina, che nel periodo di riferimento sono raddoppiate.

Sullo stesso argomento:

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Il successo al femminile: Laura Gardini, mamma e coordinatrice di Economia a Urbino http://ifg.uniurb.it/2014/02/03/ducato-online/il-successo-al-femminile-laura-gardini-mamma-e-coordinatrice-di-economia-a-urbino/56218/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/03/ducato-online/il-successo-al-femminile-laura-gardini-mamma-e-coordinatrice-di-economia-a-urbino/56218/#comments Mon, 03 Feb 2014 14:32:42 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=56218 [continua a leggere]]]> VIT_8607Laura Gardini, coordinatrice della facoltà di economia di Urbino, si divide tutti i giorni tra famiglia e università: tiene un corso di Matematica Finanziaria, fa ricerca in modelli dinamici applicati alla finanza e trova anche il tempo di fare la mamma di Martino insieme al marito Renzo.

Un ‘doppio lavoro’ non da poco, che spesso porta via alcune ore di sonno. “Tutto dipende dalla passione e dalla voglia che una persona ci mette nella ricerca” dice la dottoressa Gardini, che ci ha raccontato il suo punto di vista sulla situazione delle donne nel mondo accademico.

LO SPECIALE “DONNE” DEL DUCATO

LE INTERVISTE – “Ricomincio da me”, Lucia Annibali si racconta | La tenente Baldacci, prima donna al comando di Urbino
SESSUALITA’ - Valentina, vita di una donna nata in un corpo da uomo | Le studentesse: “Gli urbinati freddi e maleducati”
LE STORIE - Simona, casalinga in rete: vita familiare tra baratto e amicizia | Le quattro coltivatrici del Montefeltro
I DATI - “Parla con noi”: il centro antiviolenza di Pesaro-Urbino | Nascite in calo a Urbino
LEGGI - Il Ducato in edicola

Rispetto al passato, per una donna è più facile o difficile entrare nel mondo dell’università?
“Ultimamente c’è stato un grande progresso per quanto riguarda questo tema: ora l’entrata si basa su concorsi  a livello nazionale e il sesso conta  ben poco. Quello che serve sono la preparazione, il curriculum, l’attività di ricerca svolta, le collaborazioni con altri istituti… sotto questo aspetto l’Università è avanti”.

Quindi anche nella carriera?
“Dipende. Bisogna distinguere l’attività di ricerca nel proprio settore dalle attività istituzionali in cui occorre saper dimostrare le proprie capacità organizzative; forse nel secondo campo ci sono ancora un po’ di discriminazioni. Le donne devono dimostrare di saper fare di più in campo gestionale. Diverso il discorso sull’attività di ricerca: è un mondo più oggettivo in cui contano i risultati”.

Però nel mondo della ricerca italiano, secondo i dati della commissione europea, le donne sono ancora poco più del 30%.
“Questo è dovuto al fatto che l’ingresso nella ricerca è diventato più complicato per i giovani: ora non esistono più ricercatori a tempo indeterminato; è diventato un lavoro precario. In questo contesto le donne sono più svantaggiate perché se vogliono fare figli sono costrette a rallentare le ricerche e quindi la produzione. In certe famiglie diventa una situazione insostenibile”.

Come si concilia vita e lavoro?
“Come in tutti i lavori ci sono tempi dedicati alla famiglia e all’attività lavorativa. In questo caso però la ricerca  porta via molte ore notturne. Tutto dipende dall’intensità e dalla passione con cui si svolge la propria attività: molto del lavoro non è svolto in ufficio, ma a casa, dove si studia e ci si tiene aggiornati. La ricerca non è come un lavoro che si porta avanti solo nelle ore d’ufficio. Insomma, non si smette mai”.

Ci sono delle facoltà che vengono considerate appannaggio degli uomini o delle donne?

“Sì, ci sono diverse facoltà come informatica e ingegneria dove c’è una predominanza di iscrizioni maschili, ma penso che questo sia dovuto più al lavoro in sé che alla preparazione che quel tipo di corsi offre. C’è ancora una maggioranza femminile invece nelle facoltà di tipo letterario, di fisica e di biologia. Forse perché danno più possibilità di diventare professori. Le donne magari hanno una propensione più forte all’insegnamento, mentre i ragazzi pensano di più all’attività professionale. La facoltà di economia ora invece è divisa equamente. Anzi, ci sono un po’ più di ragazze”.

Prima non c’era una netta maggioranza di maschi? Cos’è cambiato?
“È cambiata l’imprenditoria femminile. Una volta era un’attività da uomo, mentre adesso ci sono un sacco di donne che si sta avvicinando a questo mondo con passione, cercando di conciliare tutto. È un cambiamento iniziato più o meno nel 2000, che ha avuto un aumento progressivo in tutto il Paese. Da noi, nelle Marche, questo si è sentito molto”.

Che differenza c’è con il resto dell’Europa?
“L’estero è sicuramente più avanti da questo punto di vista. Lì le donne hanno acquisito dei diritti che in Italia ancora non ci sono. Servono ancora progressi. In Italia, ad esempio, la maternità costringe ad abbandonare la ricerca per un anno o due. Nei Paesi nordici è un’altra cosa, ci sono delle forme di sostegno alle donne che permettono di non essere costretti a scegliere tra famiglia e lavoro. In Italia servirebbe una legislazione diversa che venga incontro alle donne per quanto riguarda la maternità e il reinserimento nel mondo del lavoro”.

Secondo lei cosa si dovrebbe fare?
“Basterebbe copiare i Paesi nordici. Nel mondo accademico, in caso di maternità, lo stipendio non dovrebbe essere azzerato e i contratti non dovrebbero essere annullati, ma solo congelati dopo un periodo di stop definito in base alle necessità personali. Ma nel mondo delle aziende la situazione è anche  peggiore. Per quanto riguarda il futuro, però, sono molto ottimista: penso che le cose miglioreranno”.

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Economia e tiro a volo, Anpa premia la tesi di Matteo Pagnoni http://ifg.uniurb.it/2013/06/06/ducato-online/economia-e-tiro-a-volo-anpa-premia-la-tesi-di-matteo-pagnoni/49959/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/06/ducato-online/economia-e-tiro-a-volo-anpa-premia-la-tesi-di-matteo-pagnoni/49959/#comments Thu, 06 Jun 2013 08:27:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49959

Da sinistra, Letizia Smilovich, Giacomo Simoncini, Matteo Pagnoni ed Enrico Dal Farra

BRESCIA- E’ di Urbino uno dei quattro vincitori del premio tesi di laurea 2013 organizzato dall’ Associazione nazionale dei produttori di armi e munizioni. Il suo nome è Matteo Pagnoni, ha 29 anni ed è laureato alla specialistica in Economia, Marketing e comunicazione per le aziende all’Università di Urbino.

Con la tesi sperimentale ‘Tiro al volo in Italia: dinamiche economiche e gestione dei campi da tiro” si è aggiudicato 2.000 euro e la possibilità di effettuare uno stage in una delle aziende associate Anpam per un periodo di sei mesi.

La cerimonia di premiazione si è svolta a Brescia durante il Convegno Nazionale di studio sulla disciplina delle armi.

“È stata una vittoria inaspettata, non sapevo nemmeno che ci fosse questo premio anche perché non ho una particolare passione per le armi – ha affermato Matteo –  è stato il mio professore di Internet Marketing Marco Cioppi a presentare al concorso la mia tesi e alla fine ho vinto, è stata una bella soddisfazione anche se non so ancora come impiegare i soldi, per il momento farò una vacanza quest’estate”.

Tutto è nato quasi per caso: ” Mentre ero all’università ho fatto lo stage alla Benelli e da lì il professore mi ha proposto di esaminare e analizzare i campi da tiro che ci sono in Italia da un punto di vista economico, dalla gestione al profilo di chi frequenta i campi, anche con un questionario rivolto agli appassionati”.

Secondo Matteo, proprio perché una passione che coinvolge più di un milione di persone e che, tra tesseramenti, equipaggiamento e attrezzature, genera un giro d’affari elevato, il settore delle armi per uso civile ha risentito solo in parte della crisi. “È un hobby dove trovi di tutto,  sia tiratori della domenica, con vecchi fucili e la voglia di divertirsi di tanto in tanto, sia appassionati che cambiano spesso l’arma, comprano gli abiti adatti e si allenano più assiduamente”.

Da questo punto di vista, per Matteo lo stage è un’ottima opportunità per il suo futuro in questo settore, “anche se non so ancora se, dove e quando potrò farlo. Ho dato la disponibilità a farlo la scorsa settimana, avevo un anno di tempo,  ma non potrò muovermi finché non avrò informazioni specifiche su un’eventuale retribuzione e il luogo”.

Gli altri vincitori sono stati  Enrico Dal Farra, laureato in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio a Torino,  Giacomo Simoncini laureato in Macchine e Conversione dell’Energia ad Ancona e Letizia Smillovich laureata in Ingegneria Gestionale a Brescia.

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In crescita l’export marchigiano (+6%). E Pesaro e Urbino vola (+9.9%) http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/in-crescita-lexport-marchigiano-6-e-pesaro-e-urbino-vola-9-9/41054/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/in-crescita-lexport-marchigiano-6-e-pesaro-e-urbino-vola-9-9/41054/#comments Thu, 04 Apr 2013 15:51:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=41054 URBINO – Le imprese marchigiane aumentano le esportazioni, soprattutto verso Cina e Brasile. Secondo l’Unioncamere nel 2012 le esportazioni verso il mercato cinese sono aumentate del 21,7 per cento e del 23,3 per cento verso quello brasiliano. Alla provincia di Pesaro Urbino spetta il primo gradino del podio tra le città delle Marche: ha esportato il 9,9 per cento in più rispetto al 2011. Segue Ascoli con un più 7 per cento e Fermo con più 6,1 per cento. Il capoluogo, Ancona, più 4,2 e Macerata più 4,9 per cento.

Nonostante la crisi economica, nello scorso anno c’è stata una crescita del 6 per cento a livello regionale. A trainare l’export sono stati i prodotti di moda che muovono un mercato di 2,6 miliardi; la meccanica che segna una crescita dell’11,5 per cento con un fatturato di 1,5 miliardi e gli apparecchi elettronici con 1,2 miliardi.

Il Paese dove si esporta di più è la Francia: nel 2012 ha acquistato merci per 1,20 miliardi di euro, segnando una crescita dell’1,9 per cento. La presenza marchigiana si fa sentire anche in Germania, Belgio, Russia, Albania e Stati Uniti.

Va invece rilanciato l’export verso l’India: nello scorso anno c’è stato un crollo dell’esportazioni del 42,4 per cento. Secondo Unioncamere la vicenda dei due marò italiani accusati di aver ucciso due pescatori indiani ha inciso negativamente nei rapporti tra i due Paesi, bloccando l’export.

Ma è proprio su Cina e Brasile che le Marche puntano per il 2013: il programma promozionale di Unioncamere prevede la presenza di operatori della provincia cinese di Shandong nelle Marche e la promozione dei prodotti marchigiani in Brasile.

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A Urbino il libro ‘La tempesta perfetta': guida per ‘superare’ la crisi http://ifg.uniurb.it/2013/03/23/ducato-online/a-urbino-il-libro-la-tempesta-perfetta-guida-per-superare-la-crisi/39939/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/23/ducato-online/a-urbino-il-libro-la-tempesta-perfetta-guida-per-superare-la-crisi/39939/#comments Sat, 23 Mar 2013 00:21:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=39939 URBINO – Saremo 8,3 miliardi, la domanda del cibo aumenterà del 40%, la temperatura si alzerà, due miliardi di persone soffriranno la fame e le risorse energetiche si esauriranno lentamente.  Tutto questo non avverrà tra un secolo o due, ma nel 2030, tra 17 anni. E’ La tempesta perfetta, descritta dal giornalista Donato Speroni (docente di economia e statistica all’Ifg) e da Gianluca Comin, direttore delle Relazioni esterne di Enel, nel libro presentato alla libreria Montefeltri con la partecipazione di Giancarlo Ferrero, prorettore vicario dell’Università di Urbino. Un’analisi attenta che, senza cedere a facili catastrofismi, delinea i possibili scenari ma anche le possibili vie d’uscita dalla crisi.

Allora ecco quello che ci aspetta: secondo l’Onu nel 2050 saremo 9 miliardi. Le persone che guadagneranno dai 10 ai 100 dollari, la cosiddetta classe media, saranno 4,8 miliardi. Servirebbero altri tre pianeti per soddisfare tutti i loro bisogni e due miliardi in più di posti di lavoro.

L’acqua diventerà un bene prezioso e le riserve energetiche si esauriranno. Poi c’è la questione clima.  La sfida che devono immediatamente affrontare gli Stati è quella della cosiddetta “mitigation”: evitare un aumento della temperatura superiore ai 2 gradi. Se questo non avverrà gli effetti saranno devastanti. Ma per il momento la maggior parte dei Paesi sta adottando la strategia della “’adaptation”: ognuno fa per conto suo, senza un reale impegno condiviso.

La domanda di energia aumenterà del 35% e sarà soddisfatta principalmente attraverso l’utilizzo di combustibile fossile. I Paesi in via di sviluppo useranno l’energia meno costosa: il carbone.

Ma esiste un modo per sopravvivere alla tempesta perfetta ed evitare che tutto questo accada? Nell’analisi di Speroni e Comin vengono descritti tre possibili approcci. Il primo è quello dei “tecnottimisti” che credono che la tecnologia ci permetterà di costruire un mondo ecosostenibile. Un nuovo modello di governance potrà imporre comportamenti individuali capaci di scongiurare il peggio. In Etiopia alla bambine che terminano il ciclo della scuola media, lo Stato regala una capra. Questo perché hanno capito che una donna istruita riesce a scegliere liberamente della sua vita, se sposarsi o meno e quanti figli fare. Occorre però che le imprese e tutte le organizzazioni civili prendono coscienza della responsabilità sociale che hanno, altrimenti sarà tutto inuitile.

Ci sono poi i pessimisti che credono che niente ci potrà salvare dalla catastrofe. E infine c’è un terzo scenario possibile: il lento degrado verso lo squallore. E’ la tesi sostenuta da Jorgen Randers: non ci sarà una fine disastrosa, ma solo un mondo peggiore di quello che conosciamo. Randers sostiene che dovremmo abituare i nostri figli ad amare i videogiochi perché non potranno più giocare in mezzo alla natura o vivere vicino al mare.

“Dobbiamo riuscire a salvare la qualità della nostra vita. E questo si può fare solo adottando comportamenti virtuosi che non riguardino solo un diverso modo di consumare ma un diverso modo di pensare i rapporti con gli altri. In futuro la soluzione sarà nelle nuove tecnologie, ma per ora serve una nuova coscienza. I prossimi vent’anni forse saranno i peggiori. Vinceremo questa sfida solo quando avremo imparato ad usare con buon senso le tecnologie ”, afferma Donato Speroni durante la presentazione del libro. Un invito a non chiudere gli occhi, a prendere conoscenza del fatto che ogni nostra azione ha un effetto e nessuno può tirarsi indietro dalla sfida che ci attende.

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Quando la cultura produce economia. Il convegno venerdì a Urbino http://ifg.uniurb.it/2013/03/12/ducato-notizie-informazione/quando-la-cultura-produce-economia-il-convegno-venerdi-a-urbino/38057/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/12/ducato-notizie-informazione/quando-la-cultura-produce-economia-il-convegno-venerdi-a-urbino/38057/#comments Tue, 12 Mar 2013 16:40:49 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38057 [continua a leggere]]]> URBINO – Conciliare imprese e cultura per favorire lo sviluppo economico. Un invito a riflettere  su questo tema quello del convegno “Impresa e cultura. La cultura come motore dello sviluppo economico”, organizzato a Palazzo Battiferri per venerdì 15 marzo, dalle ore 9 alle 14. Promotori dell’evento organizzato dall’Università degli studi di Urbino sono il dipartimento di Giurisprudenza e quello di Economia. Tra gli ospiti lo scrittore Valerio Massimo Manfredi, Gianfranco Mariotti, sovrintendente del Rossini Opera Festival e Ino Mirkovic, artista Unesco di Artist for Peace.

“Una sfida ambiziosa – commenta la professoressa Elisabetta Righini, organizzatrice dell’incontro – perché la cultura viene generalmente concepita solo come elemento che assorbe risorse. Nel corso del convegno cercheremo invece di sostenere una nuova visione, che la faccia entrare a pieno nel processo produttivo. E può farne parte in tanti modi, ad esempio a livello di marketing, di comunicazione o intervenendo nella progettazione del prodotto. Un esempio su tutti: il design made in Italy. A questo proposito uno degli argomenti sarà lo studio sull’impatto economico positivo di Rossini Opera Festival per la città di Pesaro”.

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Svendita online: i giornali ‘vendono’ reporter e archivi http://ifg.uniurb.it/2013/02/26/ducato-online/svendita-online-i-giornali-vendono-reporter-e-archivi/36157/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/26/ducato-online/svendita-online-i-giornali-vendono-reporter-e-archivi/36157/#comments Tue, 26 Feb 2013 15:03:05 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=36157

Giornali

L’editoria è in crisi, i giornali tagliano drasticamente il personale e i giornalisti sopravvivono contando gli spiccioli guadagnati con un articolo. Chini su grandi tavoli rettangolari, circondati da personale preoccupato e indiscreto,  editori e produttori di tutto il mondo si spremono le meningi cercando un modo per limitare i danni e magari guadagnare qualche soldo. Alcuni professionisti ci sono riusciti e aguzzando l’ingegno, come spesso avviene in caso di necessità, si scopre che la formula vincente si basa su due parole: cambiamento e lettori.

Il giornale olandese De Nieuwe Pers ha creato un’ applicazione che consente ai lettori di abbonarsi non solo all’intera testata ma anche a un singolo giornalista per 2,50 dollari al mese (23 dollari all’anno, 18 euro circa).  Per abbonarsi a tutti i giornalisti il prezzo sale a 50 dollari l’anno (38 euro).  Secondo l’editore del giornale Jan Jaan – Heji  oltre 200 persone avevano già acquistato l’abbonamento meno di 48 ore dopo il lancio dell’applicazione. Considerando che il giornale prende il 75 percento dell’introito per ogni abbonamento, 200 abbonamenti a tutti i giornalisti significano un guadagno pulito di 7.500 dollari al mese in meno di due giorni. La percentuale aumenta a 85 se il numero degli abbonamenti supera i 500.

L’ editore del giornale locale The Dallas Morning News Jim Moroney  ha messo a disposizione anche gli archivi della redazione, per la prima volta in un giornale locale online,  come contenuti aggiuntivi a pagamento tramite paywall. Questo sistema ha permesso al giornale una crescita del 40 percento nel 2009 fino a oggi, con un guadagno sugli abbonamenti totale di  4.000 dollari al mese.

A far quadrare il bilancio dei giornali non c’ è più solo la pubblicità che anzi sta diventando una fonte secondaria. Per aumentare le entrate la maggior parte delle strategie economiche degli editori guarda ai lettori, sia aumentando la diffusione dei contenuti a pagamento, che devono essere nuovi o di forte interesse, e sia chiedendo la partecipazione attiva attraverso il sistema del crowdfunding (donazioni individuali).

Spiega Moroney, durante la Key Executive Media Conference di New Orleans il 20 febbraio 2013 che  “il marketing è diventato una guerra sui contenuti”  e sottolinea come i giornali per sopravvivere “devono far pagare di più gli abbonati, non si può più contare sulla pubblicità”.A dargli ragione è stato il bilancio 2012 del New York Times : per la prima volta le entrate degli abbonamenti (936.264 dollari) hanno superato quelle della pubblicità (883.221 dollari) e il bilancio si è chiuso con un positivo 0,3 percento.

Da questo punto di vista la soluzione di Andrew Sullivan, opinionista dell’americano The Daily Beast, risulta azzeccata. A gennaio del 2013 il giornalista ha lasciato la testata nazionale per creare il suo blog The Dish, convinto del fatto che l’unico business vincente per il giornalismo è quello degli abbonamenti secondo la regola del giusto rapporto qualità – prezzo. Per Sullivan il lettore è nella maggior parte dei casi disposto a spendere il giusto per avere contenuti di qualità e di suo interesse. Facendo pagare ai suoi ‘seguaci’ 19,99 dollari al mese, il giornalista ha guadagnato 100.000 dollari in nemmeno 24 ore dall’annuncio della creazione del blog, arrivando a 400.000 dopo tre giorni.

Ma i lettori possono scegliere anche che tipo di giornalismo vogliono avere. Spot.us è un sito di citizen journalism che vive di  crowdfounding: attraverso piccoli finanziamenti privati la comunità crea reportage di interesse locale. Nel giro di due anni spot.us è riuscito a ricavare oltre 120.000 dollari per finanziare più di 160 reportage investigativi e storie di interesse generale, con un contributo individuale che non supera mai i 65 dollari (circa 50 euro).

Le scelte economiche degli editori dimostrano che allineare le strutture editoriali alle correnti dinamiche di mercato è possibile, ma solo se si è disposti a cambiare e ad affrontare gli imprevisti, come l’andamento dell’economia o l’impatto sui lettori. Due sole sono le certezze: la necessità per il giornalismo di ripensare la propria offerta e di riuscire con il cambiamento a guadagnare la fiducia degli abbonati e i lettori, che dovranno in ogni caso mettere mano alle tasche per avere contenuti di sempre più alta qualità.

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