il Ducato » edilizia http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » edilizia http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Maltempo: gravi danni per 16.000 aziende. Edilizia settore più colpito http://ifg.uniurb.it/2012/02/10/ducato-online/maltempo-gravi-danni-per-16-000-aziende-edilizia-settore-piu-colpito/22402/ http://ifg.uniurb.it/2012/02/10/ducato-online/maltempo-gravi-danni-per-16-000-aziende-edilizia-settore-piu-colpito/22402/#comments Fri, 10 Feb 2012 19:52:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=22402 di Noemi Bicchiarelli e Stefania Bernardini

URBINO - L’emergenza neve sta mettendo a dura prova le imprese della nostra provincia. Pesantissima la situazione in tutti i settori: dall’agricoltura al commercio, dall’artigianato alla manifattura fino all’edilizia, il settore più colpito.

Più del 50% delle aziende ha subito gravi danni «fisici»: tetti che cedono, infiltrazioni d’acqua, tubazioni rotte e strade bloccate. Numerosi i capannoni con coperture a rischio crollo a causa del peso della neve. A questi si aggiungono ovviamente i danni economici: “Ogni azienda ha avuto una perdita di circa 700-800 euro al giorno – ha affermato Camilla Fabbri, responsabile provinciale Cna – se la moltiplichiamo per le 16mila imprese del nostro territorio e per i 7 giorni di emergenza, fanno circa 56 milioni di euro di perdita”. Una cifra altissima.

Molte imprese dopo le nevicate di oggi e dei giorni scorsi, sono completamente paralizzate. La neve, il gelo e le temperature proibitive impediscono di lavorare. Il 20% di queste, 1.844 solo nel Montefeltro, sono state costrette a chiudere completamente i battenti o ad avere un’attività ridotta (il 40%).

“Tra le zone più colpite, oltre a Urbino – ha raccontato Camilla Fabbri – c’è la zona dell’Alta e Media Valmetauro, i paesi di Piobbico, Apecchio, Cagli, Fermignano, Mercatello e Urbania con le loro 4.227 imprese. Pesante la situazione anche per le 1.200 aziende dell’Alta Val del Foglia-Montefeltro. Alle prese con un metro di neve anche l’Alta Valle del Cesano e la Valle del Conca. Disagi anche per la Bassa Valmetauro, la Bassa Valle del Cesano e per l’Unione dei Comuni di Pian del Bruscolo. Migliore la situazione nella costa”. L’intero territorio è in un grave stato di emergenza.

Aziende in difficoltà che fanno fatica a tornare a una situazione lavorativa normale, anche perchè le poche rimaste aperte sono comunque nell’impossibilità di ricevere e consegnare merce. “Non dimentichiamoci che veniamo da una settimana di fermo dell’autotrasporto – ha dichiarato la Fabbri – sono 1.900 le imprese del settore che hanno ridotto il fatturato dell’80%, la situazione è così ancora più pesante”.

Ridotto il lavoro per le aziende manifatturiere (legno, mobili, tessile e meccanica), la produzione è pari al 30-40%, ma è soprattutto l’edilizia ad essere in ginocchio: tutte le imprese del settore, con dipendenti che lavorano nelle zone interne della provincia (circa 2.100 imprese), hanno già fatto richiesta di cassa integrazione per maltempo.

Questa è stata la scelta di Davide Mazzanti, imprenditore di una ditta edile nel comune di Colbordolo che oggi ha raggiunto quasi un metro di neve: “Mercoledì sono 2 settimane che la mia azienda è chiusa, il maltempo non ci permette di lavorare. Difficile fare uscire i mezzi dal magazzino e farli circolare, pericoloso far spostare gli operai. Le stesse temperature glaciali – continua Mazzanti – sono dannose, noi usiamo materiali come vernici o rasanti che richiedono una temperatura ambiente di almeno 5 gradi”.

“Oltre ai giorni di lavoro persi – racconta Davide – ho subito danni ad alcune strutture intorno al mio magazzino e siamo stati costretti a «puntellare» con dei paletti la tettoia sopra le attrezzature, perchè a rischio crollo. Lunedì avrei voluto riprendere la mia attività, ma le condizioni meteo stanno peggiornado, i miei 18 operai quasi ogni giorno mi chiamano per sapere quando potranno tornare a lavorare”. Come Davide sono migliaia gli imprenditori e gli operai che si trovano costretti ad una cassa integrazione forzata.

Non dimentichiamoci poi che le aziende hanno dei costi fissi giornalieri, che ovviamente dipendono dalla grandezza dell’impresa stessa: “Sì, io tra contributi, assicurazioni e altro, ho circa 4.500 euro di spese al giorno, le tasse vanno pagate e non lavorando è tutto più complicato”.

Proprio sul fronte pagamenti la Cna ha deciso d’intervenire chiedendo all’Agenzia delle Entrate di non applicare sanzioni per eventuali (e quasi sicuri) ritardi nei versamenti: “La prossima scadenza per le aziende è dietro l’angolo, è quella del 16 febbraio – commenta Camilla Fabbri - e prevede il pagamento di contrbuti, dell’acconto iva e di tante altre spese. Gli imprenditori avranno serie difficoltà a pagare i loro debiti entro questa data visto il mancato lavoro di questi giorni”. L‘Agenzia delle Entrate non ha ancora dato ufficialmente una risposta, ma sta valutando la situazione.
“I danni sono gravissimi – ha concluso la responsabile Cna – questo è un ulteriore colpo per la nostra economia che nelle prossime ore potrebbe diventare ancora più pesante”. Le previsioni meteo infatti, non promettono niente di buono.

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Viaggio nel ghetto alle porte di Urbino http://ifg.uniurb.it/2012/01/27/ducato-online/viaggio-nel-ghetto-alle-porte-di-urbino/17264/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/27/ducato-online/viaggio-nel-ghetto-alle-porte-di-urbino/17264/#comments Fri, 27 Jan 2012 17:40:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=17264

C’è una zona, tra le colline del Montefeltro, che non si vede. Ci si arriva dalla statale 73 bis, che collega Urbino a Pesaro: si entra a Gallo di Petriano, si passa sotto a un cavalcavia, si supera qualche villetta e dopo una svolta a sinistra, nascosta dalle siepi, ecco Ponte Armellina, chiamata poeticamente ‘Urbino 2′.

Un quartiere residenziale, a detta del Comune di Urbino. Per alcuni, invece, è il ‘Bronx’, come testimoniava una scritta sull’insegna di Gallo. La realtà è che si tratta di un ghetto: un “quartiere in cui sono raggruppate minoranze socialmente o razzialmente escluse da una comunità”, secondo la Treccani.

Gli italiani si contano sulle dita di una mano, a Ponte Armellina. Tutto il resto, circa 470 persone, è composto da marocchini, albanesi, macedoni, nigeriani. “Delinquenti”, secondo alcuni italiani, che hanno “occupato il complesso urbanistico in questione”, stando a un comunicato diffuso lo scorso novembre dalla Prefettura di Pesaro e Urbino.

Ma quando la parola ‘crisi’ era ancora un lontano incubo sepolto tra le guerre, quanto facevano comodo alle floride fabbriche dell’area operai – anche minorenni- a 5000 lire l’ora?

Oggi molti di loro sono a spasso. Licenziati o cassaintegrati, sono stati i primi a pagare il conto della crisi. Vivono in questo isolato composto da cinque fabbricati, uno orizzontale e quattro verticali, chiamati ‘stecche’. A parte la più grande, le altre palazzine sono residuati di quella moda, tutta italiana, di costruire la peggior tipologia di abitazione arricchendosi il più possibile: materiali scadenti, forniture inadeguate, zero ricambio d’aria.

Tradotto in fatti: muri che crollano, termosifoni troppo piccoli per poter riscaldare un ambiente, muffa onnipresente per la scarsità di finestre. Gli appartamenti, monolocali di circa 25-30 mq, bilocali o trilocali di 50-60, sono tutti da rifare.

IL PROGETTO - Ponte Armellina, sogno mai realizzato
L’INTERVISTA – Il sindaco di Petriano:”Per Urbino 2 è l’ultima occasione”

Dai muri spuntano sinistre canne fumarie, più o meno arrugginite: provengono dalle stufe a pellet, che quasi tutti gli abitanti hanno sostituito ai termosifoni veri e propri. “Quando sono arrivato qui, nel ’95- racconta Abdelmalek- accendevo il riscaldamento per un paio d’ore la sera. Mi arrivavano bollette altissime, anche di 400 mila lire. E la casa rimaneva fredda. Non potevo pagare così tanto: allora ho staccato tutto, e ho preso una stufa”.

Nelle stufe si brucia di tutto: legna, truciolato, giornali, materiali che contengono collanti. Quando fa davvero freddo, a Urbino 2, nei vialetti non si respira. Un rischio per la salute e l’incolumità degli abitanti.

La strada che collega Urbino 2 alla frazione di Gallo, è tutta un cratere. Non c’è una barriera divisoria a separarla dal cavalcavia adiacente che immette sulla statale. Un rischio per i bambini che giocano in strada, o nel prato adiacente. Il ‘parchetto’, poi, merita un capitolo a sé: uno scivolo rotto, due altalene carbonizzate e una struttura con appesi dei copertoni incrinata sul lato destro.

Il Comune di Urbino, come da copione, si guarda bene dal riparare i giochi. “E perché dovrebbero ripararli – asserisce la signora Rita, proprietaria dell’unico bar del quartiere- se non fanno altro che romperli?” Ma se qualcuno distrugge le giostre, l’amministrazione deve per questo negare lo spazio giochi agli altri?

Eppure, quando è stata costruita –circa 25 anni fa- Urbino 2 sembrava il nuovo modello di edilizia residenziale.  Con una parte pensata per gli studenti (le quattro ‘stecche’ in questione), avrebbe dovuto ricevere la popolazione urbinate che voleva vivere fuori dal centro. Il progetto originale comprendeva campi da tennis, un ristorante, negozi, servizi e persino una piscina. Poi, qualcosa è andato storto: a cominciare dalla ditta costruttrice, che non ha portato a termine il piano. Il resto, lo ha fatto l’isolamento da Urbino

. Gli studenti, rimasti senza autobus – compagnie private potevano avere il monopolio della tratta Pesaro-Urbino senza curarsi di Urbino 2- se ne sono andati, e con loro anche i residenti italiani. Il quartiere è stato quindi popolato dagli stranieri, che lavoravano nella zona e trovavano affitti bassi. Di servizi, a parte lo sportello immigrati e il centro aggregazione per i bambini, (entrambi del Comune) non se ne è visto nessuno.

La sensazione più diffusa è quella di essere stati abbandonati. Dal Comune, lontano più di 10 km da questo quartiere, ma anche dai proprietari degli appartamenti. Alcune abitazioni sono della ditta costruttrice, che ha fallito: ora gli affitti li riscuote un funzionario del Tribunale, e gli appartamenti sono all’asta. Altre, sono di privati che non ne vogliono più sapere della zona: chiudono le case che poi vengono occupate.

Certi padroni di casa fanno pagare degli affitti forfettari agli inquilini, cifre simboliche –come 600 euro l’anno- da riscuotere in un’unica mandata. Uno di loro, addirittura, si era dimenticato della sua casa di Ponte Armellina: viveva in Svizzera, e lì l’hanno contattato perché facesse un contratto regolare agli inquilini.

Ora il Comune vuole, per l’ennesima volta, tentare di riqualificare l’area. Un progetto che prevede lo spostamento della maggior parte degli abitanti. Agli immigrati che sono diventati proprietari, come Negib, l’idea non dispiace: “Se mi trovano un altro posto e posso vendere bene, perché no?”

Ma le proposte non sembrano allettanti. Il Comune ha già fatto qualche offerta: poche migliaia di euro per un bilocale fatiscente.  Gli affittuari, come Abdelmalek, sono più scettici: “Sono anni che ci dicono che faranno un intervento. Io non ci credo più. Ci spostano? Va bene, se trovano qualcosa che posso permettermi. Ma se non lo trovano, non possono cacciarmi: ho tre bambini, e mi incatenerò alla porta”.

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La Cna si è lamentata a più riprese in questi mesi della lentezza con cui le aziende del settore edilizio ottengono le autorizzazioni per ampliamenti, ristrutturazioni e nuove edificazioni. La confederazione ha parlato di cinque, sei mesi persi ogni volta. Un’ulteriore difficoltà, sostiene ancora la Cna, per le 213 imprese urbinati, che aggrava un periodo di forte crisi. Nell’ultimo trimestre oltre 350 attività in tutta la provincia hanno dovuto chiudere, pari a una riduzione del 5,3% sul totale delle imprese edilizie.

(v.g)

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