il Ducato » facebook http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » facebook http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Il nuovo algoritmo di Facebook: via le foto, lunga vita ai video http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/il-nuovo-algoritmo-di-facebook-via-le-foto-lunga-vita-ai-video/66180/ http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/il-nuovo-algoritmo-di-facebook-via-le-foto-lunga-vita-ai-video/66180/#comments Tue, 24 Feb 2015 16:19:22 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=66180 URBINO – Dimenticate i bei tempi in cui bastava postare qualche immagine virale, raggiungendo migliaia di persone con ogni singolo post: la timeline di Facebook non valorizza più le foto come accadeva fino a poco tempo fa. Il nuovo algoritmo ideato dal team di Zuckerberg ha cambiato le carte in tavola, dando maggiore visibilità ai video. I social media editor delle principali testate italiane non si sono fatti trovare impreparati. E anche all’estero c’è chi, pur di sfruttare al massimo la novità, pubblica addirittura le copertine del magazine in edicola in versione video, come Time.

Dall’ultima analisi di Socialbakers (sito specializzato in analisi sui social media) su un campione di 670.000 post presi da più di 4.000 fan page diverse, è emerso che le immagini sono il contenuto meno performante in termini di reach organica (portata gratuita di utenti di ogni singolo post): se le foto raggiungono il 3,7% degli utenti e il 2,3% di fan, con i video la percentuale riscontrata è più del doppio, 8,7%, con il 5,7% dei fan iscritti. Una differenza, tra i due dati, del 135%:

Se per status e link la percentuale resta costante, il predominio assoluto dei video è testimoniato anche da questa tabella relativa alle interazioni generate dai post:

Il social media editor. Come hanno reagito i social media editor alla luce di questi dati? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esperti del settore: Alessio Balbi, responsabile social media del gruppo Espresso, Carola Frediani esperta di social network ed ex social media editor de La Stampa, e Fabiano Medugno, social media editor del sito fantagazzetta.com.

“La strategia di Facebook è stata chiara sin dal principio – racconta Balbi – noi ci siamo già attivati in questo senso, aumentando i contenuti video rispetto al passato. L’importante è non abusarne. Bisogna trovare il formato giusto per il proprio target di riferimento”.

Un pensiero condiviso anche da Carola Frediani: “Il cambiamento c’è stato, ma non solo sui social network. Il web si sta spostando sempre più verso i contenuti video, una tendenza in corso già da qualche tempo. Noi ci siamo adeguati, senza mai strafare. L’obiettivo è trovare il mezzo giusto rispetto al contenuto da presentare”.

Sulla stessa scia Fabiano Medugno: “Sono a conoscenza del nuovo algoritmo. Stiamo preparando quasi ogni giorno dei video virali che, anche se non portano visite al sito, rientrano nel discorso di brandizzazione del marchio. Resta questo il mio vero obiettivo. Sono contrario alla pubblicazione di contenuti video ad ogni costo, preferisco creare uno zoccolo duro di utenti fedeli che conoscono perfettamente i contenuti delle nostre pagine”.

Marketing. Grande importanza, dunque, agli utenti e al target da raggiungere: “Aumentare le visualizzazioni ad ogni costo non è sempre la strada giusta da percorrere – prosegue Balbi -, va fatto con cognizione di causa. Un esempio vincente è quello delle copertine animate di Time pubblicate sui social: sfruttando il rating dei video, hanno riscosso un grande successo sul pubblico di riferimento senza sminuire il marchio.
Più interazione. Secondo i giornalisti che abbiamo interpellato il nuovo algoritmo non ha fatto altro che assecondare una tendenza che era già in atto. “Facebook è una piattaforma dinamica – aggiunge Frediani – la nostra équipe è sempre al lavoro per creare dei meccanismi virtuosi. L’interazione con il pubblico è fondamentale. L’algoritmo ha le sue regole, ma è un semplice contenitore. Il contenuto giornalistico non deve mai passare in secondo piano”.

“Valorizzare il brand è fondamentale – ribadisce Medugno – Fantagazzetta ha un alto numero di fan tra i 18 e i 24 anni, tutti amanti del calcio e del fantacalcio. Mi diverto a condividere i loro stati d’animo, gioco sui doppi sensi e uso spesso foto dei vari eroi della domenica, che possono essere oggetto di dibattito tra il pubblico. L’algoritmo conta, certo, ma il nostro “pubblico” vive di foto e io non posso non tenerne conto”.

C’è futuro per il social media editor? All’interno delle redazioni, negli ultimi anni si è sviluppato un dibattito su chi debba occuparsi di pubblicare le notizie sugli account social. Secondo alcuni la direzione è quella del giornalista-tuttofare. Alessio Balbi ribadisce però l’imprescindibilità del suo ruolo: “Non si può pretendere che tutti sappiano fare tutto. Chi lavora sui social deve tenere sempre sotto controllo l’universo del web. Il social media editor ha delle competenze specifiche ed è giusto che il suo lavoro resti indipendente”.

Diverso il parere di Carola Frediani, secondo la quale si va verso un’integrazione totale con la figura del giornalista: “A La Stampa i social media editor sono giornalisti. Certo, ci vogliono delle competenze specifiche per ricoprire questo ruolo. Ma ciò non vuol dire che la divisione debba essere netta. Poco a poco l’integrazione sarà totale”.

“Per la mia esperienza lavorare a stretto contatto con la redazione è fondamentale – conclude Fabiano Medugno – un bravo social media editor deve essere prima un acuto giornalista, nel senso più ampio del termine: capire le tendenze, guardare le apparenze, scoprire la notizia anche tra i commenti di un post. Il ruolo del giornalista è in evoluzione, c’è il pericolo di una possibile scomparsa della mia figura. Non credo, però, che succederà nel breve periodo. Per le grandi testate il nostro continua ad essere imprescindibile”.

Sullo stesso argomento:

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Palazzo Ducale ‘ignora’ i social. Niente promozione per #MuseumWeek http://ifg.uniurb.it/2014/03/24/ducato-online/palazzo-ducale-ignora-i-social-niente-promozione-per-museumweek/60104/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/24/ducato-online/palazzo-ducale-ignora-i-social-niente-promozione-per-museumweek/60104/#comments Mon, 24 Mar 2014 20:44:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=60104 LEGGI Promozione: Urbino in Riviera è semisconosciuta Un successo su Facebook: il comune più social ]]> Lo studiolo del Duca Federico dentro Palazzo Ducale

Lo studiolo del Duca Federico dentro a Palazzo Ducale

URBINO – La Galleria Nazionale delle Marche non parteciperà al #MuseumWeek, prima edizione della settimana dei musei su Twitter. L’evento, lanciato dal social network per festeggiare i suoi otto anni, comincia oggi e per un’ intera settimana darà la possibilità di promuovere collezioni, opere d’arte ed eventi dei musei. All’iniziativa aderiscono anche il Prado, la Tate Gallery, il Louvre ma la vocazione “social” ha valicato le Alpi approdando anche in Italia dove saranno numerosi i musei “twittanti”.

Nessun cinguettio però si udrà da Palazzo Ducale, sede della Galleria Nazionale delle Marche, che ancora un profilo Twitter non ce l’ha. “Ci stiamo attrezzando – spiega Clorinda Petraglia, direttore amministrativo della Galleria – quest’anno non partecipiamo al #MuseumWeek ma il prossimo anno ci saremo sicuramente”. Nonostante Urbino sia uno dei comuni più social d’ Italia, la Galleria delle Marche, che costituisce una delle sue principali attrazioni, non si è ancora avvicinata al mondo della rete.

La Galleria Nazionale delle Marche, infatti, non è per niente social: assente dalle due piattaforme più famose, Twitter e Facebook, non ha un sito internet ma si aggancia a quello di Sistema Museo dove è possibile trovare qualche cenno sulla storia del palazzo e della galleria, informazioni su orari, prezzi dei biglietti e visite guidate. “Stiamo già discutendo su alcuni progetti per lanciare il museo su internet”, precisa la dott.ssa Petraglia che però non si sbilancia sulle iniziative in cantiere.

Mentre a Urbino si comincia a discutere di account e di promozione in rete, su Twitter e Facebook sono sempre più numerosi i profili dei musei che utilizzano i social per far conoscere il proprio patrimonio artistico. Il più avanguardista è il museo di Palazzo Madama di Torino che ha affidato a una social media curator il compito di promuoverne le attività. Presente su Twitter, Facebook, Instagram e Pinterest,  ha anche attivato un canale su Youtube.

L’hashtag #MuseumWeek ha riscosso subito un grande successo entrando nei trend topic (gli argomenti più twittati e popolari) di Twitter. I cinguettii d’altronde sono diventati una via di promozione privilegiata per comunicare e diffondere la cultura. Prima dei responsabili di Palazzo ducale, sembrano infatti essersene accorti proprio i ‘vecchi’ padroni di casa. Federico da Montefeltro e Battista Sforza che, insieme a illustri amici come Piero della Francesca,  Paolina Borghese e i Bronzi di Riace (@a_bronzo e @BronzoB), si divertono a twittare e postare foto per farsi conoscere nel mondo. Dietro ai profili dei famosi protagonisti c’è un’iniziativa del  MIBACT, l’account Twitter del Ministero dei beni culturali, volta a rendere sempre più 2.0 la fruizione della cultura.

Accanto a questi profili spiritosi ci sono iniziative anche più ‘serie’ come Sveglia Museo, nato per aiutare la comunicazione online o le lezioni di storia dell’arte di Vittorio Sgarbi, guarda caso proprio Raffaello e la sua Scuola di Atene, spiegato ‘a colpi di tweet’.

Perché La Galleria Nazionale delle Marche non venga tagliata fuori dalle nuove frontiere della promozione 2.0, lo scorso dicembre era stato annunciato un progetto che avrebbe incentivato lo sviluppo delle tecnologie per valorizzare Palazzo Ducale e, in quell’occasione, era  stata lanciata una App che avrebbe permesso la fruizione digitale delle opere.  La App però non è ancora stata attivata e così i torricini non hanno ancora debuttato sulle passerelle del web.

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“Hai studiato a Urbino se…”: i ricordi degli studenti in una pagina Facebook http://ifg.uniurb.it/2014/02/12/ducato-online/hai-studiato-a-urbino-se-i-ricordi-degli-studenti-in-una-pagina-facebook/57007/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/12/ducato-online/hai-studiato-a-urbino-se-i-ricordi-degli-studenti-in-una-pagina-facebook/57007/#comments Wed, 12 Feb 2014 08:14:38 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57007 FOTOGALLERIA / Cosa accomuna i ragazzi che studiano o hanno studiato in città? Le risposte sono nella pagina Facebook "Hai studiato a Urbino se..." che nel giro di una settimana ha raggiunto oltre 3.200 fan. Una pagina che raccoglie tutte le esperienze dei giovani universitari nella città ducale. E che li fa piangere di nostalgia]]> Hai studiato a Urbino se, la pagina Facebook

Hai studiato a Urbino se, la pagina Facebook

URBINO – Il tubo del Tridente e le vie labirintiche dei collegi, le 150 ore, le domande degli studenti che in segreteria non hanno mai trovato una risposta. Ma anche il nevone del 2012, le bevute del giovedì sera (magari per festeggiare un esame andato bene) e gli strani personaggi che si aggirano in Piazza della Repubblica. Questi e molti altri sono i ricordi che accompagnano e uniscono gli studenti presenti e passati di Urbino. Città dove ognuno di loro ha lasciato, volente o nolente, un pezzettino di cuore.

Hai studiato a Urbino se…” è un insieme simpatico e nostalgico di tutto quello che caratterizza l’essere studente a Urbino. A creare la pagina Facebook sono stati due ex-studenti, Gianluca e Tatiana. “Ci siamo conosciuti a Urbino durante gli anni dell’università – hanno detto al Ducato – Tatiana faceva autostop sulla strada rossa e Gianluca passava di lì con la macchina. Da allora siamo rimasti insieme dopo quasi quindici anni. Tra ex studenti di Urbino è inevitabile tornare spesso a parlare di quel periodo, così qualche giorno fa mentre eravamo in ‘modalità amarcord’, abbiamo pensato di aprire la pagina”.

Momenti tragicomici provocati da quel bicchiere di troppo, momenti di panico durante la fila in segreteria, momenti unici che nessuno degli studenti dimenticherà mai. E oggi racchiusi in un’unica pagina Facebook che ha raggiunto in dieci giorni oltre 3.200 fan. “Studenti ed ex studenti ci hanno invaso la bacheca con centinaia di aneddoti, foto e video della loro vita ad Urbino – hanno commentato – è sorprendente scoprire che certi pregi e difetti della città sono rimasti gli stessi di trenta anni fa, mentre altri sono cambiati quasi completamente, in meglio o in peggio”.

Ma cosa significa veramente questa città per gli studenti fuori sede? “Urbino è una comunità studentesca e come tale ha un immaginario collettivo e luoghi simbolici definiti e indimenticabili, dove molti hanno vissuto le esperienze più importanti della loro vita. Accomuna un’esperienza vissuta in un posto da sogno, dove trascorri gli anni più belli della tua vita e dove ti formi non solo nelle aule dell’università, ma per le strade e le piazze. È il paese dei balocchi, si dice, dove tutto è giovinezza, allegria, novità. E quando si torna alla vita reale, al lavoro, alle responsabilità, allora la città diventa un mito e quell’ebbrezza e libertà sfrenata sembrano quasi irreali”.

L’idea di sentirsi a Urbino un po’ come Lucignolo e Pinocchio era già stata pensata su Facebook in realtà. Quando sul social network di Zuckerberg si usavano più i gruppi che i profili nacque la pagina “Urbino: quelli che una volta erano ad Urbino…Il paese dei balocchi!!”. I 6049 membri del gruppo sono soprattutto studenti di tanti anni fa.  Nella sezione che spiega il gruppo si legge: “Questo gruppo ha l’obiettivo di far incontare tutta quelle persone che hanno passato un pezzo della loro vita nella città ducale!! Chi ci è stato sa benissimo cosa vuol dire essere stato studente ad Urbino. Chiunque abbia studiato o vissuto nella città dei balocchi è benvenuto ad iscriversi ed a lasciare i propri commenti in ricordo dei bei momenti trascorsi!!”. Tante sono le foto scolorite o in bianco e nero, gli aneddoti e i ricordi. Urbino, anche su di loro, ha lasciato il segno.

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Le Marche la regione più ‘social': prima per coinvolgimento dei fan http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/le-marche-la-regione-piu-social-prima-per-coinvolgimento-dei-fan/40774/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/04/ducato-online/le-marche-la-regione-piu-social-prima-per-coinvolgimento-dei-fan/40774/#comments Thu, 04 Apr 2013 06:59:27 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=40774 URBINO – Nella battaglia all’ultimo follower, dopo Urbino anche la Regione Marche raggiunge la vetta della classifica nazionale come località più ‘social’. Con la pagina Marche Tourism le Marche sono le prime in Italia, superando di oltre sei punti Abruzzo, Toscana e Veneto, per  “Indice medio di user engagement“, ovvero il rapporto tra il numero di “fan” e le loro interazioni all’interno della pagina (like, commenti, reattività di risposta e condivisioni).

Il merito del successo va a Social Media Team Marche , un gruppo di 6 esperti di comunicazione, nato nell’agosto 2012 all’interno della Fondazione Marche Cinema Multimedia di proprietà della regione e presieduta da Neri Marcorè. Il team ha il compito di occuparsi della promozione turistica del territorio sulle principali piattaforme social: i profili  “Marche Tourism”, “Marche Turismo” e “Discovery Marche” (in inglese) sono su Facebook, Twitter, Flickr, Pinterest, Foursquare, Instagram, Google+ e Youtube e sono fra i più cliccati.

“Oggi oltre l’80% dei turisti si rivolge al web e in particolare ai social network per scegliere la meta del viaggio – afferma Sandro Giorgetti, capo progetto di Social Media Team Marche – quindi è essenziale che gli enti pubblici facciano promozione e siano presenti nel mondo digitale”. Secondo Giorgetti, i dati dell’engagement su Facebook sono importanti perché “se il numero di follower è significativo,”ancora di più lo è la viralità, ovvero le reazioni che si creano in seguito alla diffusione di un determinato messaggio sul social network”.

Tabella di elaborazione dati a cura di Social Media Team Marche

L’arma vincente è quindi la conversazione: “Attraverso i nostri profili non ci limitiamo a fare promozione turistica attraverso una comunicazione fredda e  istituzionale – spiega Giorgetti – ma cerchiamo di creare una connessione, di  instaurare una relazione con gli utenti stimolando ad esempio interventi, domande, curiosità e iniziative”.

Il Social Media Team Marche, in collaborazione con Instangrammers Italia, ha organizzato#sestosensomarche: un concorso fotografico rivolto agli appassionati di Instagram per raccontare la cultura e la bellezza della Regione Marche attraverso immagini; le foto dei vincitori sono state esposte alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano.

Un altro contest fotografico verrà organizzato a fine mese a Urbino dallo stesso Team, in occasione della candidatura della città ducale a “Capitale Europea della Cultura 2019“: passeggiando tra le vie della città i fotografi potranno promuovere il territorio del Montefeltro attraverso foto scattate con dispositivi digitali (tablet e smartphone) poi caricate su Istangram e sui vari social network. “Un modo per portare sul luogo reale l’esperienza digitale”.

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Internet e i giornalisti del futuro? Esperti solo quanto basta http://ifg.uniurb.it/2013/04/01/ducato-online/internet-e-i-giornalisti-del-futuro-esperti-solo-quanto-basta/40178/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/01/ducato-online/internet-e-i-giornalisti-del-futuro-esperti-solo-quanto-basta/40178/#comments Mon, 01 Apr 2013 07:18:38 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=40178 Giornalista praticante a lavoro

Mano destra sul mouse e mano sinistra sullo smartphone per far scorrere velocemente i tweet. Come i giornalisti professionisti, anche i praticanti delle scuole di giornalismo si possono definire “non geek ma neppure tecnofobi” come titolava Qualinfo.itsulla ricerca dell’Ordine pubblicata lo scorso 25 gennaio sul rapporto tra internet e i giornalisti italiani.

Tra gennaio e marzo 2013, agli oltre 200 studenti delle scuole di giornalismo italiane, sono state sottoposte le stesse domande del gruppo di ricerca ’Qualità dell’informazione, pubblicità e nuovi media’’, a cui hanno risposto 907 loro colleghi già attivi sul mercato del lavoro. Tra gli allievi delle scuole hanno risposto in 102, la quasi totalità sotto i 30 anni.

Da una generazione di nativi digitali, quella dei nati negli anni ’80, ci si sarebbe aspettato un rapporto più viscerale e spontaneo con il mondo digitale. Non è proprio così e le nuove leve hanno un profilo ‘tecnologico’ simile a quello dei loro colleghi più anziani.

nelle redazioni praticanti
account Twitter 58% 74%
uso di aggregatori 57% 50%
blog personale 33% 33%
pc portatile 93% 95%
smartphone 66% 76%
sicurezza account 21% 48%

La grande differenza del nuovo giornalista è l’uso imprescindibile dei social network. È quasi impossibile infatti trovare un praticante delle scuole che non abbia un profilo Facebook e sono molti di più (74%), rispetto ai meno giovani (58%), coloro che hanno un account su Twitter.uso di twitter

In calo gli altri strumenti digitali, come aggregatori di notizie (vedi Google news), newsfeed, Skype, che stanno diventando uno strumento secondario, “di riserva”. Infatti, solo la metà dei praticanti delle scuole li usa quotidianamente, mentre tra pubblicisti e professionisti il dato sale al 57%. Tra i giornalisti nativi digitali la fonte primaria di notizia ormai sono i social, Twitter in primis, e non è un caso che, a Mountain View, abbiano deciso di abbassare la serranda di Google reader il prossimo luglio.


Per molti intervistati la blogosfera è già un termine da andare a cercare su Wikipedia. Più della metà di entrambi i campioni non ha un blog. Solo un praticante su tre ha un ‘diario’ personale. Se agli inizi degli anni 2000 il blog costituiva una potenziale vetrina attraverso la quale farsi notare, ora anche i diari personali soccombono allo strapotere dei social.

possiedi un blog?

Nello zainetto del praticante non può mancare un pc portatile personale. Una piccola parte degli altri giornalisti (6,7%) resiste senza. Se il dato sui tablet è omogeneo in tutta la categoria (circa il 30% ne possiede uno), a fare la differenza sono gli smartphone, nelle tasche di tre quarti dei giovani praticanti delle scuole (il 76% ne ha uno). Il resto della categoria è un po’indietro e si ferma al 66%.pc portatile

Chi ha più fiducia nelle proprie conoscenze digitali non sono i giovani allievi delle scuole ma chi pratica la professione sul campo. Di questi, più della metà ha percezione di un uso consapevole e informato della rete. I giornalisti ancora in fase di formazione si mantengono più cauti e dichiarano per oltre la metà (57%) di voler approfondire alcune tematiche.
Conoscesenze delle regole e netiquette

Quasi la metà dei praticanti non cambia le proprie password (48%). I giornalisti delle redazioni e i free-lance fanno un uso più prudente dei propri account: il 79% di loro cambia periodicamente, o su richiesta del sistema, le chiavi d’accesso. C’è almeno la consapevolezza in tutta la categoria che sia più opportuno privilegiare una password più difficile da decifrare rispetto a una più facile da memorizzare. cambio password
LEGGI QUI TUTTI I RISULTATI DEL SONDAGGIO 

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La folla nelle redazioni: nuove app e strumenti sul giornalismo dal basso http://ifg.uniurb.it/2013/03/26/ducato-online/il-crowdsourcing-entra-nelle-redazioni-le-novita-del-giornalismo-dal-basso/40237/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/26/ducato-online/il-crowdsourcing-entra-nelle-redazioni-le-novita-del-giornalismo-dal-basso/40237/#comments Tue, 26 Mar 2013 12:02:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=40237 crowdsourcing offre ai reporter nuovi strumenti per verificare e raccogliere le notizie. Tra nuovi software e app, molti dei quali legati ai social network e ai telefoni, il futuro dei media prende sempre nuove forme]]>

il crowdsourcing consente di attingere alla folla come fonte

Crowdsourcing: un neologismo composto tipicamente all’inglese, una crasi delle parole crowd (folla) e outsourcing (esternalizzazione di una parte delle proprie attività). Ed è, come dice la fusione dei due significati, la tendenza a utilizzare i contributi  di una folla per raggiungere uno scopo. E’ una tecnica aziendale, grafica, architettonica, e dal 2013 anche musicale. Ma anche una nuova frontiera del giornalismo, capace di scardinare la tradizionale comunicazione top-down (dall’alto in basso) per passare a un sistema bottom-up (dal basso in alto).

Un giornalismo dal basso, insomma, dove le fonti sorgono e crescono senza la consapevolezza di esserlo, nei social network e nelle piccole realtà locali.

Il 27 febbraio il dj Avicii lanciava “X You”, il primo brano al mondo che ha unito le note di 4.000 musicisti sparsi in 140 paesi. Lo stesso giorno, Italia2013 concludeva il suo esperimento. E’ stata l’unica, e anche la prima, redazione italiana a seguire l’intera campagna elettorale attraverso l’aggregazione di notizie raccolte dai social media. Twitter, Facebook, Instagram e Youtube sono l’eterogeneo flusso di informazioni e testimonianze che, dal 25 gennaio fino a fine febbraio, il team di Italia2013 ha passato al setaccio.

Perché la vera sfida del quinto potere non è più l’accettazione dei contributi esterni dalla redazione ma piuttosto la capacità di integrarlo con quello tradizionale. Una redazione che con un’attività continua di content curation (controllo del materiale raccolto) costruiva storie, dibattiti, gallery e video in modo che i lettori potessero avere un quadro completo di ogni candidato al Parlamento: questo il progetto avviato da Marco Pratellesi e Riccardo Luna, i due pigmalioni del sito e delle tre app corrispondenti.

Italia2013: la prima redazione online che ha raccolto post dai social media per stare al passo con la campagna elettorale

Come è stato possibile? Grazie a Seejay, il primo gestionale per il crowdsourcing dedicato alle redazioni online. Seejay  è uno strumento ideato dalla società romana Maior Labs per intrecciare in modo nuovo i fili del giornalismo, e soprattutto per semplificare il lavoro di quelle testate che accettano contributi dal giornalismo partecipativo. Non più valanghe di mail da spulciare all’alba, ma piuttosto canali tematici in cui ricevere notizie catalogate e georeferenziate: ecco la formula di questo Saas (software as a service) nato a ottobre 2012, al momento in fase beta privata ma che punta al passaggio in beta pubblica entro aprile 2013.

Gli strumenti a disposizione del giornalismo crowdsourcing sono sempre di più. Uno di questi è salito agli onori della cronaca perché, usato insieme ai social network, ha permesso di verificare una notizia diffusa dalla tv. In Pennsylvania, nella Contea di Montgomery, il 4 gennaio 2012 Andy Stettler, direttore di Main line media news, venne a sapere che il centro commerciale King of prussia era stato evacuato a causa di una bomba. Iniziando a twittare con un suo follower che si  trovava proprio lì scoprì che solo una parte del centro commerciale era stata evacuata, a differenza di quanto comunicato da alcune stazioni televisive.

E per farlo non ha usato solo Twitter ma un’altra applicazione che ha dimostrato così la sua funzione ‘giornalistica': Banjo, nato per Apple e Android nel 2010 e sbarcato in Italia solo a dicembre 2012. Banjo è in grado di aggregare e geolocalizzare i post provenienti da tutti i social network a cui siamo iscritti, in modo da ordinare gli utenti in base al luogo in cui si trovano.

Per arrivare alla “folla” il giornalista ha a disposizione sempre più app. Quelle nate dalla frenesia della socialità e dell’interazione, che il giornalismo crowdsourcing ha scoperto come utili strumenti.

Tra le app geolocalizzatrici, nel bagaglio (virtuale) di un giornalista potremmo trovare Sonar o Geofeedia. La prima, nata nel 2011, ci dice chi si trova vicino a noi e perché la sua presenza potrebbe essere importante sulla base dei legami individuati nei social network. La seconda, messa sul mercato nel 2012, permette di verificare una notizia in tempi da record, scavando tra i social media attraverso la geolocalizzazione, come Banjo.

Il giornalista ha a disposizione sempre più app per ottenere le testimonianze della folla

Dal 2012 gli avvenimenti sono crowdsourced (testimoniati dalla folla) non solo attraverso l’aggregazione delle parole, ma anche delle immagini. E’ stato più semplice con la nascita di Vyclone, l’applicazione brevettata dal figlio di Sting e che da inizio marzo è anche su Android. Vyclone è in grado di unire e comprimere in un solo video più video realizzati in una stessa occasione da telefoni diversi. La pluralità contemporanea di prospettive entra nel giornalismo per accrescere la veridicità di ogni notizia. Quella stessa pluralità alla base di Rawporter, una app che consente a tutti di realizzare foto e video per poi caricarle in un mercato online dove blog e giornali possono acquistarli. Ecco così che il crowdsourcing si unisce con il citizen journalism e  può rendere freelance chiunque.

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http://ifg.uniurb.it/2013/03/26/ducato-online/il-crowdsourcing-entra-nelle-redazioni-le-novita-del-giornalismo-dal-basso/40237/feed/ 0
Wikipedia, Facebook e Twitter: le (cattive?) abitudini dei giornalisti http://ifg.uniurb.it/2013/03/19/ducato-online/wikipedia-facebook-e-twitter-le-cattive-abitudini-dei-giornalisti/39046/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/19/ducato-online/wikipedia-facebook-e-twitter-le-cattive-abitudini-dei-giornalisti/39046/#comments Tue, 19 Mar 2013 04:12:14 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=39046 Raccolta di notizie e verifica delle fonti: ecco i compiti principali di un giornalista. Guai a parlare di Wikipedia, guai a pensare che i più grandi giornalisti del mondo possano trovare le proprie notizie sui social network.

E se, invece, fossero proprio queste le loro piattaforme preferite? A far scattare il dubbio ci ha pensato “10 yetis”. Non dieci uomini delle nevi ma dieci pr (e un basset hound di nome Hugo) che dal 2005 si divertono a fare ricerche su fenomeni mediatici e sociali.

L’ultimo lavoro di questa giovane agenzia inglese di Public Relations è Likes, Loves and Loathes of Journalists based in UK, France, Germany and America (tradotto liberamente:  Quello che piace e quello che non piace ai giornalisti inglesi, francesi, tedeschi e americani), una ricerca che analizza le abitudini dei giornalisti provenienti dai quattro angoli del mondo. Oltre 2600 professionisti, attivi sulle maggiori testate internazionali, hanno risposto ad un questionario di 11 domande su temi ‘scomodi’ dell’etica giornalistica, come l’uso di Wikipedia, Twitter e Facebook per cercare notizie.

La prima parola “scomoda” è proprio Wikipedia. Dalla ricerca emerge che il 91% dei media nazionali tedeschi e l’82% di quelli inglesi usano sistematicamente Wikipedia per informarsi su un argomento di cui si stanno occupando. “Ogni giornalista che ha ammesso di usare la piattaforma partecipativa ha tuttavia precisato di verificare la correttezza di ogni informazione riportata e di usarla solo per ‘farsi un’idea’ sull’argomento in questione”, si legge nella ricerca.

Altre parole ‘scomode’ sono Twitter e Facebook. Il 70% dei media inglesi giudica Twitter un valido alleato nel lavoro quotidiano di ricerca di informazioni. Un dato significativo soprattutto se confrontato con quanto emerso per i media tedeschi: l’80% dei primi non si fiderebbe delle notizie scovate sul social network. I giornalisti statunitensi, invece, sarebbero indifferenti al suo utilizzo come fonte di informazione. Cosa nella realtà abbastanza strana, perché è proprio dagli Stati Uniti che è iniziato l’uso ‘forte’ di Twitter da parte dei politici e i giornalisti Usa sono stati i primi a rendersi conto che il social network era diventato una fonte primaria e diretta di news.

Non sono neutrali, invece, i media italiani: Giuseppe Smorto, direttore di Repubblica.it, intervistato per dare uno sguardo ai media italiani, testimonia come spesso Twitter possa servire per arrivare primi sulle notizie. “Twitter è molto utile – afferma Smorto – perché ti collega al personaggio che segui. Quando si sono sciolti i Rem, un collega che seguiva il gruppo musicale su Twitter colse la cosa al volo e diede subito la notizia che fu pubblicata in tempo reale, prima di tutti gli altri”.

Per quanto riguarda Facebook, invece, il 15% dei giornalisti francesi, tedeschi e americani intervistati ammette di usare il social network soprattutto per cercare informazioni su determinate aziende. Anche se l’organizzazione piuttosto caotica e cronologica delle pagine Facebook non è esattamente l’ideale per chi deve cercarvi notizie. “Roba da far venire il mal di testa a questi giornalisti” commentano ironici i pr autori della ricerca.

La ricerca delle notizie sui social media potrebbe, dunque, rivelarsi confusa. Tutto il contrario del caro vecchio comunicato stampa che, secondo la ricerca, è ancora lo strumento più usato dai giornalisti. Ancora Smorto, a proposito delle fonti dei media italiani, spiega: “In testa, per quanto riguarda i siti online, restano  le agenzie di stampa. Ma anche sul web, come sulla carta, rimangono fondamentali i contatti diretti che i giornalisti hanno con le fonti: strutture, organismi, istituzioni, pubbliche amministrazioni, aziende ecc… Il comunicato stampa (quasi sempre, ormai, sotto forma di e-mail) è ancora utilizzato dalle redazioni italiane ma stanno acquistando importanza le piattaforme social. Oggi, in particolare con lo sviluppo di movimenti politici molto presenti sul web, i social network devono essere costantemente monitorati”.

Nonostante i social media non si piazzino ancora in posizioni molto alte come fonti di informazione, condividere i contenuti degli articoli e ricevere like e commenti sarebbe, secondo la ricerca, una delle più grandi preoccupazioni dei giornalisti al lavoro. Ormai, quasi tutti i giornali online sono dotati di meccanismi che permettono di valutare in tempo reale quanti “mi piace” o “consiglia” o “condividi” ha ricevuto un articolo. Non c’è giornalista che non segua ansiosamente l’andamento dei suoi pezzi da questo punto di vista. E questo, a volte, viene anche prima dell’ansia della “deadline”, e dell’eccessivo carico di lavoro (nel Regno Unito ogni giornalista deve scrivere al giorno più di 7 articoli contro i 3 dei giornalisti americani) e delle pressioni da parte della pubblicità, che bombarda le redazioni.

Lo stress maggiore, comunque, verrebbe proprio dalla necessità di viralizzare la notizia, cioè di farla circolare sempre di più tra i social network. “Nel nostro gruppo di lavoro – conclude Smorto – abbiamo la figura del social media editor, un deskista incaricato di rilanciare continuamente i nostri contenuti su Facebook e Twitter, ma anche sui motori di ricerca. Io credo che questa figura debba essere ben integrata nella redazione, lavorare accanto agli altri e tenerli aggiornati sulla sua attività di ‘viralizzatore’. E’ un compito molto importante. Il nostro obiettivo, in ogni tempo, è raggiungere il maggior numero di lettori.”

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Spotted University of Urbino: l’amore universitario ai tempi di Facebook http://ifg.uniurb.it/2013/03/14/ducato-online/spotted-university-of-urbino-lamore-universitario-ai-tempi-di-facebook/38290/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/14/ducato-online/spotted-university-of-urbino-lamore-universitario-ai-tempi-di-facebook/38290/#comments Thu, 14 Mar 2013 11:29:30 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38290 URBINO – Un tempo quando ci si prendeva una cotta per una compagna di corso le alternative erano tre: lasciarle un biglietto con tanto di dichiarazione d’amore sul banco, sperando in qualche sua reazione; provare a intercettare qualche amico comune, per arrivare per vie traverse all’oggetto del desiderio; farsi avanti rischiando un due di picche.

Nell’era del 2.0 i sentimenti rimangono ma cambiano i canali. A Urbino – ma anche nel resto del mondo – gli universitari si incontrano sui social network.  Sono più di mille gli utenti della pagina Spotted: University of Urbino, sulla quale è possibile incontrarsi e scambiarsi messaggi d’amore anonimi tra colleghi innamorati.

Ma di cosa si tratta nello specifico? Spotted letteralmente vuol dire “avvistato“. Le pagine Facebook che portano il nome di Spotted University sono seguite di solito seguito dall’indicazione di una specifica università italiana. Mettendo un like sulla pagina, consentono agli utenti del social network di postare in maniera anonima messaggi e dichiarazioni e di entrare in contatto con la persona alla quale si è interessati. Una valida alternativa al bigliettino lasciato sul banco, per conoscere e interagire con i propri colleghi di corso. Sfruttando il distacco che uno schermo di computer consente di mantenere.

Il fenomeno è nato nel 2010 nei college britannici, dai quali si è diffuso progressivamente ai mezzi pubblici e ai locali di tutta Europa. Da qualche mese è arrivato anche in Italia e sono molti gli studenti di atenei e di corsi di laurea della penisola che usano Facebook per comunicare e incontrarsi.

I messaggi dell’infatuazione all’ombra dei torricini sono i più vari, anche i luoghi di incontro sono più o meno sempre gli stessi: la mensa, le biblioteche, le aule dei dipartimenti.

C’è chi scrive sulla bacheca della pagina per esortare ad abbandonare la timidezza e chi rimane deluso per un bidone.

E nel “tempio dell’amore in potenza”, non manca lo spazio per l’ironia e per i commenti acidi.

 

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Urbino, il Comune più social, sua la pagina Facebook più “coinvolgente” http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/urbino-il-comune-piu-social-sua-la-pagina-facebook-piu-coinvolgente-ditalia/38239/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/13/ducato-online/urbino-il-comune-piu-social-sua-la-pagina-facebook-piu-coinvolgente-ditalia/38239/#comments Wed, 13 Mar 2013 17:37:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38239

Uno dei post più condivisi della pagina Facebook del Comune di Urbino.

URBINO – Su Facebook Urbino batte Milano, Roma e Torino.
La pagina Facebook del Comune è la prima in Italia per livello di engagement, ovvero per la capacità di coinvolgimento del pubblico. L’ha rivelato uno studio di Vincenzo Cosenza, blogger di Che Futuro! e esperto di social media, insieme a Giovanni Arata, ricercatore che aveva già steso un rapporto su l’utilizzo di Twitter nel mondo della pubblica amministrazione.

Il segreto di questo successo sembrano essere le foto: sono questi i post più apprezzati, continuamente aggiornati, che offrono paesaggi particolari e suggestivi. I torricini sono arrivati a essere condivisi quasi 600 volte nell’arco di poche ore. Magari sono usate come biglietto di auguri per Pasqua o per Natale, oppure come richiamo al ricordo di una vacanza o a un soggiorno di studio. Ci sono poi i video, per i quali il Comune ha un account Youtube dedicato, in particolare quelli che mettono in luce gli aspetti più curiosi della città. Quindi non tanto la cronaca, quanto i misteri e la storia: uno dei più gettonati è stato quello dedicato a Ottaviano Ubaldini alla corte di Federico da Montefeltro. In terza posizione per popolarità ci sono le notizie pratiche utili alla vita quotidiana, ad esempio le recenti comunicazioni sull’attivazione della Ztl. I dati forniti dall’ufficio stampa del Comune di Urbino, che cura la pagina, ci dicono che dei quasi 9.000 “mi piace” attuali una media di ben 3.000 segue costantemente gli aggiornamenti e che per alcuni post il numero aumenta fino a superare quello dei fan ufficiali. Ciò rivela una notevole attenzione verso la città marchigiana generata dalla combinazione di più fattori.

I contatti unici che arrivano direttamente da Urbino, cioè le persone che hanno visitato la pagina almeno una volta in un dato periodo – nel nostro caso si riferisce alla settimana dal 3 al 9 marzo – sono oltre 4000. “Abbiamo cercato di mescolare l’aspetto più turistico a quello di pubblica utilità – ci dice Gabriele Cavalera, responsabile dell’ufficio stampa del Comune e curatore della pagina Facebook Città di Urbino – di tenere la pagina sempre viva, aggiornata e in grado di sostenere una conversazione continua con i fan. Sicuramente più immediata del sito istituzionale, da Facebook ci arrivano anche i messaggi dei cittadini, le loro domande, perché è sentito come uno strumento più familiare e informale”.

Molti studenti  utilizzano quotidianamente la pagina per tenersi informati sulle attività scolastiche e molti cittadini per avere le informazioni aggiornate sulle attività della pubblica amministrazione. Ma c’è di più. Da Pesaro sono arrivati circa 3.000 contatti, nello stesso periodo, da Roma più di 2.000, da Milano 1500 e da Bologna 1.000. Questi sono con ogni probabilità attribuibili alla natura universitaria della città che la rende interessante anche al di là dei confini regionali, creando anche un legame che va al di là della fine del corso di studi.

Dando un’occhiata oltre i confini nazionali si scopre che, accanto ai 40.000 contatti unici da tutta Italia, Urbino suscita interesse anche in Grecia, più di 1500 contatti unici, e negli Stati Uniti, circa 1300. I primi sono riconducibili alla realtà della comunità greca che si è instaurata nella città. I clic dagli Usa sono probabilmente eredità dell’Urbino press award, manifestazione che si svolge ogni anno a giugno e premia giornalisti americani che si sono distinti per la “capacità di raccontare il mondo che cambia”.

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“Così ti racconto una rivoluzione”: guida social alle proteste tunisine http://ifg.uniurb.it/2013/02/12/ducato-online/ti-racconto-una-rivoluzione-guida-social-alle-proteste-tunisine/33822/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/12/ducato-online/ti-racconto-una-rivoluzione-guida-social-alle-proteste-tunisine/33822/#comments Tue, 12 Feb 2013 03:39:57 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=33822 E’ la mattina del 6 febbraio 2013, il leader dell’opposizione tunisino, Chokri Belaid, è stato appena assassinato e davanti alla sua casa si riunisce la rabbia dei suoi sostenitori. Il video di Radio Shems Fm viene rimbalzato su Twitter e fa il giro del mondo.

La Tunisia è di nuovo in rivolta: nel 2011 il regime di Ben Alì era stato sovvertito dalla rabbia popolare delle manifestazioni di piazza. La stabilità del paese è nuovamente a rischio e ancora una volta sono i social network a raccontarcelo. Quella tunisina infatti è una rivolta che si può seguire a distanza come se si fosse sul posto. Basta sapere cosa leggere, scegliere bene i ‘follow’ e quali pagine Facebook tenere d’occhio.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

“Bombes lacrymo a l avenue” (“lacrimogeni in strada”) twitta  alle 5.31 del mattino Lina Ben Mhenni (@benmhennilina) una delle blogger più famose e seguite dopo i fatti del 2011, e forse uno dei personaggi simbolo della Primavera araba.

Una delle foto pubblicate da Lina Ben Mhenni

Tre ore dopo la blogger pubblica sul suo profilo Facebook 67 foto delle strade di Tunisi: la gente è in strada, si intravede il fumo dei lacrimogeni. Il palo di un cartello di divieto di sosta è stato divelto e spaccato, qualcuno sale sui tetti delle macchine ferme nel traffico forse per reclamare giustizia. Nei volti, tutti, si vedono le rughe della rabbia e della preoccupazione. Queste foto fanno il giro del mondo e sono alcune delle prime testimonianze della nuova rabbia.

Da Facebook, da Instagram e da Youtube, le foto e i video pubblicati da Lina Ben Mhenni ci conducono a Tunisi: si vedono striscioni appesi con scritte in arabo e il volto di Belaid; una corona di fiori e una bandiera tunisina forse lasciate fuori dalla casa del leader di opposizione.

Il giorno dopo, alle 13.31 un’altra foto. Un pezzo di cartone con dei fiori attorno e una candela accesa. Sopra c’è scritto: “Je suis de la race des guerriers. Ils peuvent me tuer mais ils ne me feront jamais taire. Je préfere mourir pour mes idées que de lassitude ou de vieillesse” (Io sono della razza guerriera. Loro possono uccidermi ma non mi faranno mai tacere. Preferisco morire per le mie idee ma non mi faranno mai tacere).

La frase è di Lounès Matoub, poeta, cantautore e attivista algerino ucciso nel ’98 da un commando armato di fondamentalisti. Il riferimento è chiaro, anche Chokri Belaid è considerato dalla sua gente un martire.

L’8 febbraio la blogger scrive su Twitter: “Les lacrymogènes au cimetière c est la meilleure” (I lacrimogeni al cimitero sono il massimo). E’ il giorno dei funerali di Belaid e dal tweet sappiamo prima che dei giornali che la polizia sta usando i lacrimogeni contro chi manifesta la sua rabbia.

La foto dei funerali si Chokri Belaid

Sempre dalla pagina Facebook di Lina Ben Melli (pagina che si chiama Tunisian girl) viene pubblicato un album di foto.  C’è traffico perché le strade sono piene di gente. Molti di loro hanno una pettorina bianca, la mezzaluna e la stella rosse sul cuore e la foto del loro compianto leader tra le mani. I volti sono seri, come sempre, ma costringono a una riflessione più profonda, hanno un “perché?”  stampato in fronte.

“L’avenue now” è il titolo di un’immagine sul profilo Instagram della blogger. Viale Bourguiba è fotografato in verticale . Agli alberi squadrati si alternano le colonne di persone. E’ il 9 Febbraio e le proteste non si placano.

Lina Ben Mhenni è molto considerata. Anche l’ anchorman di France 24, François Picard, non appena appresa la notizia dell’uccisione del leader tunisino, chieda proprio a lei: “Wed #F24Debate Who’s to blame for assassination of #Tunisiaopposition leader #Belaid?” (C’è un colpevole per l’assassinio del leader di opposizione tunisino Belaid?)

In un tweet di mercoledì mattina di Nawaat (nawaat.org) – che in arabo significa “il nucleo” ed è il nome di un blog corale tunisino che fu censurato dal 2004 al 2011 e poi riaprì con la caduta di Ben Ali – si legge: “Chokri #Belaid leader of leftists Popular Front shot in front of his home becomes 1st politician killed in post-revolution #Tunisia” (Chokri Belaid leader della fazione più a sinistra del Fronte popolare. Gli hanno sparato davanti a casa sua. E’ il primo politico ucciso nella Tunisia post-rivoluzionaria)

Tutti in piazza i sostenitori di Belaid ritratti nelle foto del blog. Ci sono anche le lacrime di una donna. Un uomo di spalle la consola con una carezza. L’articolo, in francese, riporta le parole della folla: “Dimissioni, dimissioni” gridano assembrati sotto il Ministero dell’interno. Qualcuno canta l’inno nazionale, scrive ancora  Nawaat.

Tutte le foto, bellissime, vengono pubblicate poco dopo dal blog e girate su Twitter. Uomini, donne, giovani, anziani, ma soprattutto gli scontri, le botte, le barricate, i roghi: la polizia picchia alcuni manifestanti, cassonetti e panchine in fiamme, i fumi che si alzano tra i palazzi di Viale Bourguiba, i blindati passeggiano tra le rovine lasciate dai manifestanti.

Rabbia, dolore e repressione. Internet mostra tutto, Nawaat non censura nulla e racconta con le immagini una mattina di febbraio a Tunisi, anche se non una mattina come le altre.

Le persone in piazza sono il simbolo di una Tunisia che reclama il progresso. Belaid ne era quasi un profeta. Ehnnada e il presidente della Tunisia, Rashid al-Ghannushi sono il potere e rappresentano coloro che non sono in piazza, fatta eccezione per i poliziotti, quelli col manganello.

I tweet del blog Boukornine mostrano apertamente qual’è la sua visione degli avvenimenti:

  • Tout le monde est sur l’avenue Bourguiba. Manifestation monstre. La furie de la foule fait trembler le sol sous nos pieds. #ChokriBelaïd” (Tutti sono in Viale Bourguiba. Manifestazione di massa. La furia della folla fa tremare il suolo sotto i nostri piedi);
  • “Ça a dégénéré. On est dans un immeuble. La police s’est déchaînée. Du lacrymo partout” (La situazione è degenerata. Siamo dentro un edificio. La polizia è scatenata. Lacrimogeni dappertutto);
  • “La Tunisie s’endormira orpheline de Chokri Belaïd ce soir en espérant que tout ne soit qu’un mauvais rêve” (La Tunisia si addormenterà orfana di Chokri Belaid stanotte nella speranza che tutto non sia stato altro che un brutto sogno).

Sarah Ben Hamadi commenta, documenta con immagini e soprattutto ritwitta. Il giorno del funerale del leader dell’opposizione pubblica un video. Un uomo afferra una bomboletta e su un telone bianco disegna due grossi baffi neri. Sono i baffi neri di Belaid. Il movimento Zwewla, corrente artistica spontanea di graffittari nata durante la rivoluzione del 2011, torna alla mente. Il video è di quelli che fanno commuovere.

Anche l’aggregatore di notizie e contenuti Sidi Bouzid News (qui la pagina Facebook) racconta la piazza da Twitter. “Brutalité policière à l’avenue H.Bourguiba le 6/02/2013″ (La brutalità della polizia in Avenue Bourguiba del 6/2/2013) scrive diffondendo un video degli scontri.

Sidi Bouzid da anche i numeri delle manifestazioni: “Selon les chiffres officiels du ministère de l’Intérieur, pas moins de 1,4 million de personnes se sont déplacées” (Secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Interno, non meno di 1,4 milioni di persone sono scese in piazza).

Le manifestazioni di protesta continuano, la politica a Tunisi fatica a trovare un accordo e, di pari passo, l’attività informativa sui social network e sui blog di quello che accade, è sempre più nutrita. È solo un esempio di come i social network, soprattutto negli scenari instabili dove il giornalismo professionista sempre più raramente ha dei suoi inviati, diventano una delle fonti primarie dalle quali trarre informazioni.

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