il Ducato » fornace volponi http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » fornace volponi http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Scale mobili e funicolari, l’architetto: “Basterebbe volerli progettare” http://ifg.uniurb.it/2014/03/25/ducato-online/scale-mobili-e-funicolari-larchitetto-basterebbe-volerli-progettare/60259/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/25/ducato-online/scale-mobili-e-funicolari-larchitetto-basterebbe-volerli-progettare/60259/#comments Tue, 25 Mar 2014 14:44:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=60259 de carloURBINO – “A Urbino ci voleva Giancarlo De Carlo ancora vivo, ha lasciato un’eredità straordinaria a cui basterebbe attingere. Per realizzare degli impianti di risalita basterebbe solo avere il coraggio di progettarli”. Parola di Augusto Mazzini, architetto, grafico e urbanista, che interviene nel dibattito aperto da un sondaggio del Ducato sull’ipotesi di realizzare impianti di risalita in città.  Secondo la maggioranza degli intervistati scale mobili, ascensori gratuiti o funicolari faciliterebbero l’accesso al centro storico, per questo i cittadini si sono detti largamente favorevoli alla costruzione di strutture di questo tipo.

L’idea di realizzare una funicolare per raggiungere il centro storico non è nuova, anzi. L’opera era stata prevista già da Giancarlo De Carlo nel suo piano regolatore. Mazzini, nato a Siena nel 1939, ha collaborato con De Carlo, conosce la città ducale e ritiene che la costruzione di uno o più impianti di risalita sarebbe sicuramente fattibile: “Urbino è una città molto simile a Siena – spiega – ha un centro storico posizionato in alto e a cui si accede da più direzioni. Bisogna avere il coraggio di progettare percorsi che si vedano, non interrati, che convivano con la storia e le bellezze della città”.

De Carlo non è stato l’unico a proporre la realizzazione di impianti di risalita a Urbino. Ad averci pensato è stato anche Michele Felici, ex direttore dell’ufficio Tecnico del Comune. Il suo “Progetto 2020″ prevedeva anche la costruzione di una funicolare a due vagoni che partisse dall’ex Fornace Volponi e arrivasse in via Santa Chiara. Tutto il progetto – come è scritto nelle prime righe del testo – era stato messo a punto “ponendo particolare attenzione alla popolazione più giovane che può dare dinamicità e impulso alle attività economiche”. Il progetto della funicolare messo a punto da Felici risale a tre anni fa: “I lavori poi sono stati sospesi – spiega l’ex dirigente – perché la ditta a cui furono affidati è fallita e perché nel punto di arrivo è stata ritrovata una casa romana”.

Lavori interrotti e trascurati, ma che per il Comune non hanno mai avuto come obiettivo la creazione di una funicolare: “Avevamo avviato i lavori per gli impianti di drenaggio di quel versante del centro storico – spiegano dal Comune – e pensato di creare una galleria tenendo conto della possibilità di un futuro impianto di risalita, lasciando dunque lo spazio adeguato”.

Mentre a Urbino scale mobili e funicolari sono ancora delle chimere, molte altre città italiane hanno fatto passi da gigante. “Il miglior esempio in questo senso è sicuramente Perugia – ricorda Mazzini – dove non solo ci sono quattro impianti di scale mobili e due ascensori, ma anche il minimetrò che è un ottimo esempio di architettura ben integrata”. E anche se l’architetto senese critica i tre impianti della sua città – “ci sono errori strutturali e in alcuni sono già comparse le prime infiltrazioni” – almeno la mobilità e l’accesso al centro storico sono garantiti. Lo stesso vale per Spoleto, Arezzo, Orvieto e tanti altri borghi sparsi nel territorio italiano.

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Urbino abbandonata: un tour nei luoghi dimenticati della città ducale / FOTO http://ifg.uniurb.it/2014/02/06/ducato-online/urbino-abbandonata-un-tour-nei-luoghi-dimenticati-della-citta-ducale-foto/56646/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/06/ducato-online/urbino-abbandonata-un-tour-nei-luoghi-dimenticati-della-citta-ducale-foto/56646/#comments Thu, 06 Feb 2014 11:29:49 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=56646 FOTOGALLERIA La storica Fornace Volponi, la Data, l'ex Megas e l'area archeologica del teatro romano sono solo alcuni dei luoghi abbandonati nel territorio di Urbino. Spazi e strutture lasciate all'incuria. Custodite da lamiere e impalcalcature: segno di restauri iniziati e mai terminati]]> URBINO – Incuria, degrado, trascuratezza. In qualunque modo vogliate chiamare l’abbandono, a Urbino non mancano le testimonianze di come l’opera dell’uomo, nuova o antica che sia, possa finire nel dimenticatoio per decenni, lasciando una cicatrice sul volto della città. Un fenomeno incarnato, ad esempio, dalla Fornace Volponi, patrimonio di architettura industriale e legata a doppio filo con la storia di Urbino. All’epoca della rivoluzione industriale, la fornace era uno dei maggiori produttori di laterizi della provincia: passata a inizio Novecento nelle mani della famiglia Volponi (la stessa del poeta e senatore Paolo), la fabbrica ha chiuso i battenti nel 1971, trasformandosi con il passare degli anni nel rudere attuale.

Diversa la storia della Data: prima antiche scuderie dei Montefeltro, poi restauro incompiuto dell’architetto Giancarlo De Carlo. Al giorno d’oggi, la Data ospita periodicamente esposizioni artistiche, ma buona parte dell’edificio è rimasto allo stato di cantiere, accumulando col tempo rifiuti e ruggine.

Il centro di Urbino è un dedalo di vicoli tutti da scoprire: in uno di questi, via San Domenico, si trovano due gioielli nascosti. Il primo è l‘area archeologica del teatro romano, coperta da una tettoia di lamiera da decenni, al punto che alcuni urbinati di mezza età si ricordano che le lamiere erano lì già durante la loro infanzia. Il secondo è l’Oratorio di San Gaetano, al cui interno si trova un affresco di Ottaviano Nelli risalente al secondo decennio del Quindicesimo secolo: un’opera protetta da sbarre.

A volte capita che l’abbandono coabiti affianco a luoghi vivi: è il caso di Palazzo Veterani, sede della Facoltà di Lettere (ora Dipartimento Discum): parte dell’edificio è inagibile da diversi anni e le finestre integre dell’ala tutt’ora utilizzata sono affiancate da quelle frantumate dell’ala dimenticata.

A poca distanza, in via Santa Chiara, c’è un palazzo residenziale abbandonato da tempo: si trova tra la Fondazione Bo, gioiello di architettura, e l’ex tribunale, altro rudere adesso in fase di recupero. L’edificio fa parte di quel versante di Urbino che per anni ha conosciuto solo l’oblio: l’ex convento di Santa Chiara, fortunatamente, è stato restaurato, mentre quello di San Girolamo, lì a fianco, attende ancora la prima tranche di lavori.

Ma il rischio di abbandono lo corrono anche i numerosi negozi chiusi in centro negli ultimi mesi, o i bagni pubblici vicino alla statua di Raffaello, non eleganti ma necessari, o il distributore di benzina del Sasso, chiuso sei anni fa e rimasto ancora lì in attesa della bonifica del sottosuolo.

Proprio il Sasso è la piccola capitale urbinate dell’incompleto. In cima alla collina si trova un’area artigianale che sarebbe potuta decollare, se non fosse stata costruita nel pieno della crisi economica. La struttura portante è ultimata, ma solo due attività hanno aperto i battenti: il resto del capannone è solo uno scheletro.

Curiosa la sorte dell’ex Megas, un cantiere che non è mai stato ultimato. Nel 2002, la Megas (azienda pubblica per la distribuzione del gas) accese un mutuo per la nuova sede al Sasso. Costo: 4 milioni e 441.000 euro.  I lavori vennero però fermati da una serie di pasticci tecnici e bisticci politici che, accompagnati all’ingresso di Megas in Marche Multiservizi e di quest’ultima nel consorzio Hera, hanno portato alla chiusura del cantiere nel 2007. Da allora, solo cemento e ruggine.

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La fornace Volponi: storia e destino di un edificio perduto http://ifg.uniurb.it/2012/03/10/ducato-online/la-fornace-volponi-storia-e-destino-di-un-edificio-perduto/27999/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/10/ducato-online/la-fornace-volponi-storia-e-destino-di-un-edificio-perduto/27999/#comments Sat, 10 Mar 2012 14:28:21 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27999

Il crollo della fornace Volponi

URBINO – E’ crollata silenziosamente sotto il peso della neve. E nessuno se n’è accorto per giorni. Eppure si trova nella vallata sottostante la città ducale, proprio sulla strada statale Bocca Trabaria: difficile non accorgersene.  Della ex- fornace Volponi, un edificio di 1400 mq un tempo fiore all’occhiello dell’industria di laterizi nell’area pesarese, resta solo lo scheletro di una parte del tetto e l’imponente ciminiera che la caratterizza.

C’è chi giura fosse già crollata tutta da tempo. I Vigili del Fuoco, chiamati per certificare il cedimento, hanno risposto che era in quello stato già da una settimana. Per il Comune di Urbino, invece, è stata una sorpresa: non sapevano nemmeno fosse crollata. “E’ un rudere già da molti anni” spiegano dall’ufficio Urbanistica del municipio e “appartiene a privati, quindi non possiamo intervenire”.

Nonostante sia al centro di un progetto di riqualificazione dell’area che prevede, tra gli altri, l’inclusione di parti della fornace in un complesso commerciale e la costruzione di un impianto di risalita che parta proprio dal terreno antistante la struttura fino al convento di Santa Chiara, la fornace è stata lasciata nel più completo degrado per anni. E continua a cadere.

LA STORIA. La struttura, costruita attorno alla metà del 1800, visse un periodo glorioso. All’epoca, in piena rivoluzione industriale, questa fabbrica di laterizi rappresentava il punto di partenza di qualsiasi nuova costruzione o ristrutturazione nel Montefeltro. Nel 1908 venne acquisita dai fratelli Volponi. Il figlio di uno dei due proprietari si chiamava Paolo, classe 1924, e passò la sua adolescenza in questa fabbrica: ne assorbì le ideologie anarchica e repubblicana che trovavano spazio tra i lavoratori del settore industriale dell’epoca. Crescendo, divenne prima partigiano, poi poeta, e infine senatore della Repubblica.

Nessuno se ne ricorda, ma la fornace ha fornito i mattoni per la costruzione del Collegio del Colle, iniziata nel 1965: mattoni che, come ha raccontato lo stesso architetto Giancarlo de Carlo in un’intervista apparsa sul volume ‘Costruire in laterizio’, “sono impermeabili al passaggio dell’acqua. Si potrebbe dire che venivano prodotti come il pane, impastati, lasciati al sole ad asciugare, poi cotti e infine messi all’aria”. Un prodotto di ottima qualità che aveva pochi pari nel Montefeltro, come spiega lo studio sulla fornace condotto da Ramona Quattrini e Paolo Clini, docenti di ingegneria civile presso l’Università Politecnica delle Marche.

I PROGETTI. Con la chiusura della fabbrica, nel 1971, per l’edificio è cominciato un lento degrado. Di proprietà di una società, per trent’anni nella fornace si sono susseguiti crolli su crolli. Poi l’idea del Comune di Urbino di riqualificare l’intero versante sud-est della città ponendo fine all’eterna questione della carenza di parcheggi: commissionato allo studio di architetti ‘Spada e associati’ nel 2000 il progetto, frutto della mente di Giancarlo de Carlo, prevedeva “il recupero, a usi culturali, dell’antica fornace e la realizzazione di un’area di interscambio con parcheggi in sotterraneo e un sistema di scale mobili che conduce in Centro Storico”. L’area, di circa 60.000 mq, era sottoposta a vincolo paesaggistico.

Ma del progetto non se n’è fatto più nulla. Nel 2008, invece, il Comune cambia rotta, e inserisce la fornace Volponi semi-crollata in un più ampio progetto, che vede la struttura (o meglio, quel che ne resta) inglobata in un polo commerciale, la costruzione di un ampio parcheggio e una funivia che colleghi la ex-fornace al convento di Santa Chiara. Peccato che, nonostante il progetto attuativo sia stato approvato (come anche la convenzione con i proprietari), non ci siano i fondi per la funicolare. E nell’attesa di un finanziamento, pezzo dopo pezzo se ne va un’importante testimonianza di archeologia industriale e un punto di riferimento per tutti gli urbinati.

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Il Ducato 5 – 9 marzo 2012 http://ifg.uniurb.it/2012/03/09/ducato/il-ducato-5-9-marzo-2012/28020/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/09/ducato/il-ducato-5-9-marzo-2012/28020/#comments Fri, 09 Mar 2012 15:10:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=28020 Sfoglia il quindicinale della Scuola di Giornalismo di Urbino

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