il Ducato » francia http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » francia http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Ritrarre il Rinascimento, venti studenti francesi disegnano la città http://ifg.uniurb.it/2015/04/28/ducato-online/ritrarre-il-rinascimento-venti-studenti-francesi-disegnano-la-citta/72685/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/28/ducato-online/ritrarre-il-rinascimento-venti-studenti-francesi-disegnano-la-citta/72685/#comments Tue, 28 Apr 2015 07:20:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72685 FOTOGALLERIA Blocco degli schizzi e matita tra le mani, un gruppo di studenti francesi disegnano Urbino da ogni angolo del centro. Sono i ragazzi della Paris-Belleville, scuola superiore di architettura, in vacanza studio per una settimana. La 'loro' Urbino sarà in mostra a Parigi]]> studente_francese_27apr15URBINO – In via Cesare Battisti un ragazzo tiene in mano un blocco degli schizzi e una matita. Alza lo sguardo dal foglio e gli occhi passano a studiare piazza della Repubblica. Ogni particolare sarà prezioso per i suoi bozzetti. E se ci si guarda attorno, passeggiando per le vie del centro, se ne notano tanti altri, come lui. Chi in piedi chi seduto, concentrati nel disegnare i palazzi rinascimentali di Urbino.

Sono i venti ragazzi della Paris-Belleville, scuola superiore francese di architettura, in vacanza studio per una settimana. Il loro scopo è quello di sperimentare, di rappresentare su carta le architetture della città, a matita o a colori. Si preparano per una mostra a Parigi e il soggetto dell’esposizione sarà proprio Urbino.

I futuri architetti hanno tutti tra i 20 e i 25 anni e sono seguiti da quattro docenti della scuola che li affiancano mentre i palazzi della città prendono forma sui loro fogli. Per loro il rinascimento non è qualcosa di nuovo. “Non ero mai stato a Urbino prima, ma è un luogo famoso – racconta lo studente Tristan Guibert, 21 anni, in testa un cappello borsalino bianco – l’abbiamo studiata a scuola, durante il corso di Storia dell’architettura. Tutti conosciamo i grandi personaggi del Rinascimento, come Raffaello e Piero della Francesca”. Mentre è a Urbino, a Tristan vengono in mente i paesaggi rinascimentali, con sullo sfondo colline e montagne irregolari.

Gli studenti, iscritti alla scuola di Parigi ma provenienti da tutta la Francia, sono arrivati sabato 25 aprile, ma uno di loro era già stato in città. “Ho visitato Urbino la scorsa estate, durante un viaggio in Italia con la mia famiglia – dice il ventenne Rolin Come – passeggiavo per il centro di notte e in giro c’era molta gente vestita con costumi medievali (probabilmente, si trattava della Festa del Duca, ndr). Era perfetto! E’ stato come andare indietro nel tempo, o come vivere in un film”. Anche lo stile degli edifici in centro fa rivivere le atmosfere del lontano passato: “Mi piace ogni palazzo, soprattutto perché tutti sono costruiti con lo stesso materiale, in mattoni”.

Nel corso dei giorni i compiti da fare cambiano. Lunedì mattina la consegna è quella di lavorare a degli schizzi a matita. Vengono raffigurati gli angoli di via Raffaello, piazza della Repubblica e via Vittorio Veneto. Si tratta di disegni dal vero e la scelta è tra rappresentare l’intero edificio o solo un dettaglio di esso. Dopo un primo abbozzo, gli insegnanti di disegno passano e consigliano agli studenti come migliorare il lavoro. Lo scopo è di analizzare le relazioni architettoniche tra queste tre aree della città.

Celine Mesnard nel suo blocco di fogli ha tratteggi del Duomo di Urbino. E’ seduta in un lato della Piazza e ricrea su carta il loggiato della Chiesa di San Francesco. “Qui ci sono begli edifici – dice – L’architettura è molto bella, è tutto ben disposto. La Fortezza, poi, è fantastica”.

studentessa_francese_27apr15“Qui è incredibile – spiega Clemence Snyman, 20 anni – riesci a sentire la storia che questo posto racconta”. Per prendere le misure, gli studenti si regolano a distanza con le loro matite: allungano il braccio verso il monumento e osservano, tenendo conto della distanza tra la punta del legnetto e la punta del pollice. “In questo luogo c’è una bella armonia – prosegue Clemence – tutte le facciate sono notevoli. I palazzi hanno volumi molto grandi e finestre piccole; è il classico stile italiano. Sono molto felice di essere qui”.

Secondo Rolin Come, “Urbino è una città a misura d’uomo. Mi piacciono le sue vie, così strette”. L’effetto di passare dai grandi viali parigini alle viuzze urbinati deve essersi fatto sentire. “Verreste mai a vivere qui?”, chiediamo. “Non credo – risponde Rolin – le metropoli hanno parecchia energia”, di giorno come di notte. “Potrei trasferirmi qui giusto per qualche mese – afferma Tristan Guibert – noi veniamo da Parigi”.

Ma alla fine di tutto, sarà la ‘piccola’ Urbino ad arrivare nella capitale francese. Dopo gli schizzi dal vero, i 20 studenti di architettura stanno lavorando a qualcosa di più elaborato, usando anche i colori. E i risultati saranno oggetto di una futura mostra, alla Paris-Belleville.

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Ducato Tv n. 7 – 26 marzo 2014 http://ifg.uniurb.it/2014/03/29/ducatotv/ducato-tv-n-7-26-marzo-2014/60417/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/29/ducatotv/ducato-tv-n-7-26-marzo-2014/60417/#comments Sat, 29 Mar 2014 08:40:33 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=60417 [continua a leggere]]]> URBINO – Ecco il nuovo magazine del Ducato Tv. In questo numero parleremo, prima di tutto, della Francia: le elezioni amministrative d’oltralpe hanno visto la vittoria dell’ultradestra. Commenteremo i risultati insieme a professori e studenti francesi che abitano a Urbino. Poi ascolteremo le storie di drammi e speranze dei 40 migranti nigeriani che sono stati accolti ad Acqualagna. Sul tema del lavoro Barbara e Glauco, una coppia di Pesaro con due figli, ci racconteranno come cercano di sopravvivere senza stipendio. Entreremo anche nei sotterranei dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, aperti per la prima volta al pubblico in occasione delle Giornate di Privamera del Fondo ambiente italiano. Infine il mestro del documentario Franco Piavoli ci racconterà i segreti del cinema indipendente, mentre Marcello Tiboni, proprietario di un’antica stamperia, ci spiegherà i suoi progetti coraggiosi con gli studenti delle Accademie d’arte.

Magazine curato da Diana Orefice.
Conduce Valeria Strambi.

In redazione: Giuseppina Avola, Federico Capezza, Tommaso Cherici, Stefano Ciardi, Silvia Colangeli, Francesco Creazzo, Virginia Della Sala, Monica Generali, Marta Manzo, Francesco Morrone, Chiara Nardinocchi, Marisa Labanca, Silvia Pasqualotto, Giovanni Ruggiero, Teodora Stefanelli.

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Imprenditori a Nantes per studiare, altri due giorni per partecipare http://ifg.uniurb.it/2014/02/11/ducato-notizie-informazione/imprenditori-a-nantes-per-studiare-altri-due-giorni-per-partecipare/56505/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/11/ducato-notizie-informazione/imprenditori-a-nantes-per-studiare-altri-due-giorni-per-partecipare/56505/#comments Tue, 11 Feb 2014 15:20:46 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=56505 [continua a leggere]]]> L'elefante, scultura simbolo dell'Ile de Nantes

L’elefante, scultura simbolo dell’Ile de Nantes

URBINO – Due giorni a Nantes, in Francia, per studiare come da un cantiere navale dismesso si possa ricavare, grazie alla cultura, uno spazio espositivo tra i più visitati del paese transalpino. È questa l’opportunità che, per il 7 e l’8 marzo prossimi, il Distretto culturale evoluto del Montefeltro offre a 10 imprenditori dell’Urbinate.

Ma fino a due settimane fa le adesioni erano poche: la scadenza del bando è stata quindi prorogata fino al 13 febbraio. Restano quindi appena due giorni agli operatori interessati al progetto per assicurarsi l’opportunità di imparare dalla “Samoa”,  la società che ha acquisito l’isoletta in mezzo alla Loira, un tempo occupata da un cantiere navale, e a installarvi in pochi anni il “Quartier de la creation”, un quartiere dedicato alla cultura come attività di riqualificazione di un territorio.

Oggi l’isola sulla Loira pullula di attività: l’università e la Nuova Scuola di Architettura e molti istituti di formazione come la Scuola di Belle Arti, di scienze delle comunicazioni, la scuola di Design e la scuola dei mestieri di stampa si stanno trasferendo nel quartiere, attrarranno oltre 4000 studenti. Dal punto di vista occupazionale sono stati creati più di 5.600 posti di lavoro nelle industrie culturali e creative del quartiere, con un incremento del 200% dal 1982. Come se non bastasse, l’Ile de Nantes è diventata la settima attrazione turistica più visitata della Francia.

Per informazioni sul viaggio studio si può andare sul sito del Distretto culturale evoluto e seguire la procedura indicata.

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Un viaggio a Nantes per dieci imprenditori del Montefeltro http://ifg.uniurb.it/2014/01/21/ducato-online/un-viaggio-a-nantes-per-dieci-imprenditori-del-montefeltro/55063/ http://ifg.uniurb.it/2014/01/21/ducato-online/un-viaggio-a-nantes-per-dieci-imprenditori-del-montefeltro/55063/#comments Tue, 21 Jan 2014 16:58:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=55063 NantesURBINO – Un viaggio-studio a Nantes per dare la possibilità a dieci imprese del Montefeltro di scoprire una città che è diventata un nuovo centro culturale del nord della Francia. Il viaggio è organizzato dal Distretto culturale evoluto Urbino e il Montefeltro e si svolgerà tra il 5 e il 7 marzo (volo da Milano Malpensa), e non il 6-7 marzo come annunciato precedentemente nel bando. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di iniziare una collaborazione tra le imprese locali e quelle francesi. Verranno organizzate attività di networking durante le quali gli imprenditori del Montefeltro si potranno confrontare con quelli francesi.

Il viaggio è solo una parte del progetto Informativo pensato dalla Comunità montana che prevede tra le altre cose anche una serie di focus group con i giovani imprenditori locali, convegni e seminari informativi, workshop, la partecipazione alla Fiera del libro di Torino, nonché appunto un viaggio-studio all’estero per consentire ad alcuni imprenditori di confrontarsi con altri territori che già da tempo hanno intrapreso percorsi innovativi basati sulla valorizzazione delle risorse culturali e identitarie. Il progetto è stato approvato e ha ottenuto il finanziamento del GAL Montefeltro Sviluppo per un importo di 200.000 euro.

Per prendere parte al viaggio è sufficiente inviare la propria candidatura all’indirizzo e-mail culturale@cm-urbania.ps.it entro il 31 gennaio. La Comunità montana dell’alto e medio Metauro e i partner valuteranno le candidature e pubblicheranno l’esito sul sito www.urbinoeilmontefeltro.eu. “Non abbiamo ancora ricevuto molte richieste di partecipazione – dichiara Monica Benedetti, referente e coordinatrice del progetto – quindi ci sono ancora posti disponibili”. Nella e-mail dovrà essere indicato un quadro generico della propria attività accompagnato da una lettera motivazionale.

Ma perché è stata scelta Nantes? “È una città importante a livello culturale ed è simile al nostro territorio – dichiara la Benedetti – è un’occasione per ricevere consigli ed esporre le nostre esperienze”.

I costi del viaggio e del soggiorno saranno a carico delle imprese, la Comunità montana dell’Alto e Medio Metauro e i partner (il dipartimento di scienze della comunicazione di Urbino e la Provincia) copriranno solo i costi interni di trasferimento – ad esempio lo spostamento tra l’aeroporto e l’albergo – ed eventuali ingressi a musei.

 

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Giornale radio 15/5/2013 – ore 17.30 http://ifg.uniurb.it/2013/05/15/radio-ducato/giornale-radio-1552013-ore-17-30/47426/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/15/radio-ducato/giornale-radio-1552013-ore-17-30/47426/#comments Wed, 15 May 2013 16:09:54 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=47426 [continua a leggere]]]> Ascolta il GR delle 17.30

a cura di Mario Marcis

In studio Federica Salvati e Teodora Stefanelli

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Raccontare Tolosa da Tunisi: così si uccide il mestiere del reporter http://ifg.uniurb.it/2013/04/19/ducato-online/raccontare-tolosa-da-tunisi-cosi-si-uccide-il-mestiere-del-reporter/42752/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/19/ducato-online/raccontare-tolosa-da-tunisi-cosi-si-uccide-il-mestiere-del-reporter/42752/#comments Fri, 19 Apr 2013 05:00:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=42752 I reporter potrebbero estinguersi ben prima degli orsi bianchi. Questo, perlomeno, è il timore che viene a leggere le notizie in arrivo da Tolosa e da Chicago, dove i giornalisti –  in due casi che hanno fatto scandalo – sono stati sostituiti da redattori in outsourcing.

Economicissimi, silenziosissimi, sfruttatissimi: grazie a database sterminati, al web e a potentissimi aggregatori di notizie, un esercito di giornalisti dei paesi in via di sviluppo è pronto a farsi pagare molto meno dei colleghi sul posto per raccontare realtà lontane anche 15.000 chilometri.

Ma si può scrivere dell’inaugurazione di un ponte nella città francese di Tolosa da Tunisi, o delle dimissioni di un vescovo di Chicago da Manila? Come detto, il caso più recente di questa nuova ‘pratica’ di risparmio editoriale è quello di Actu.fr. Il gruppo editoriale guidato da Cyril Zimmerman si serve di personale tunisino, facendogli fare la cronaca locale di Tolosa, e probabilmente anche delle altre città che la piattaforma copre (Lione, Bordeaux e altre grandi realtà transalpine).

La sede dell’edizione di actu.fr è a Tunisi, come si può leggere sullo stesso sito

A scoprirlo è stata la giornalista d’inchiesta Laure Daussy del giornale @rret sur images. Ha letto le informazioni legali dei siti actu.fr scoprendo che erano appaltati a una società di Tunisi.

I 25 lavoratori tunisini vengono pagati meno di 300 euro al mese per redigere 10-15 articoli al giorno su notizie locali delle città francesi.Non sono giornalisti: sono tutti laureati in materie come economia, lingue, legge, e non si eran mai occupati di stampa prima di iniziare a lavorare per la Hi-Content, filiale della Hi Media  editrice dei siti actu.fr.

“E’ una forma moderna di schiavitù. Ci sottopongono  – hanno raccontato i lavoratori a Laure Daussy – a test di rapidità, dobbiamo scrivere 50 parole al minuto. Non abbiamo contratto e siamo pagati in contanti. Se arriviamo con dieci minuti di ritardo, siamo immediatamente licenziati”.

Dalla società francese guidata dall’inserzionista pubblicitario Zimmerman non è arrivata alcuna risposta all’inchiesta, tranne un tweet della direttrice di produzione Cyrine Boubaker che ha parlato di “insinuazioni irrispettose nei confronti della mia equipe”.

Actu.fr, però non è la prima azienda che tenta questa strada per ingrossare i propri profitti abbassando i costi di produzione.  La lente dei giornalisti internazionali specializzati nel mondo dei media si è accorta della collaborazione tra lo storico giornale Chicago Tribune e Journatic, un’impresa con sede nella stessa città ventosa ma con unità operative sparse in molti paesi del terzo mondo, a causa delle firme false che utilizzavano per coprire il vero autore dell’articolo. 

Il Tribune, in crisi finanziaria come molti giornali cartacei negli Stati Uniti, delegava proprio la cronaca iperlocale di Chicago alla Journatic, che la gestiva dalle Filippine, facendo firmare gli autori – naturalmente sottopagati rispetto ai colleghi a stelle e strisce – con nomi falsi dal suono anglosassone. La vicenda ha dato origine ad un mini-scandalo nel mondo dell’informazione statunitense che ha portato, nel luglio 2012, al “licenziamento” della Journatic da parte del Tribune.

C’è anche chi a questo sistema si è ribellato, violando gli ordini di edizione che imponevano ai lavoratori di “non parlare con nessuno e non rivelare informazioni sulla Journatic sotto nessuna circostanza”. A farlo, e a raccontarlo al Guardian, è stato Ryan Smith, che scriveva cronaca locale di diverse città – da lui molto lontane – dal Missouri centrale.

Un trend globale? Ancora no. Anche perché c’è chi dice “No way!” come Deborah Wilson, fondatrice e insegnante di hyperlocal news alla scuola di giornalismo di Lincoln, una delle più prestigiose del Regno Unito, e reporter per la Bbc. “Per me – ha raccontato al Ducato – il giornalismo locale deve tornare alle origini. L’essenziale, per chi fa questo mestiere, è mantenere il contatto personale con la gente, non penso nemmeno che il giornalismo fatto in outsourcing si possa definire tale. Alcune fasi come quelle di editing e categorizzazione delle notizie possono farsi in remoto ma il raccogliere notizie no. Va contro tutto quello che insegno”. E infatti i reporter tunisini non possono far altro che lavorare sulle agenzie di stampa e sul lavoro degli altri.

E se la crisi morde? Come fanno gli editori a resistere alle seduzione di un guadagno più alto? Secondo Deborah Wilson “bisogna battere l’apatia. La sfida la devono lanciare i lettori, sono loro a dirigere il mercato: se si accontenteranno di un’informazione scadente, allora sopravviverà quella. Se invece saranno disposti a pagare per una qualità maggiore, sarà quella ad affermarsi. Alla fine conta soltanto ciò a cui la gente da un valore”.

Questa è la sfida anche per Bill Grueskin, professore della scuola di giornalismo della Columbia University di New York, giornalista del Wall Street Journal esperto in nuovi media e giornalismo web e premiato col Pulitzer, assieme ai colleghi del Miami Herald, per la copertura dell’uragano Andrew nel 1985. “Il successo –  ci spiega  – di certi modelli di business rispetto ad altri dipende dai lettori, ma anche da chi fa informazione di qualità: sono loro a dovere riaccendere la attenzione degli utenti. Credo che nel futuro il lavoro delocalizzato ci sarà, ma solo per quel tipo di notizie che possono essere trattate ugualmente da Londra o da New York”. Quindi non certo per la cronaca locale.

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Ingegneri giornalisti e droni “cronisti”, il mestiere si trasforma http://ifg.uniurb.it/2013/03/12/ducato-online/ingegneri-giornalisti-e-droni-cronisti-il-mestiere-si-trasforma/37984/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/12/ducato-online/ingegneri-giornalisti-e-droni-cronisti-il-mestiere-si-trasforma/37984/#comments Tue, 12 Mar 2013 22:46:38 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37984 Il lavoro del giornalista? Un continuo evolversi, a partire dalla formazione. Dalle competenze richieste al singolo fino alla tecnologia che si può mettere al servizio del proprio lavoro, sono molti i progetti delle scuole di giornalismo e delle università di tutto il mondo che tentano di fornire un’educazione il più completa possibile alle nuove generazioni di cronisti.

In Francia, per esempio, già da qualche anno ‘spopolano’ i doppi diplomi. Agli studenti di giornalismo, infatti, è offerta la possibilità di ottenere un “double diplome”, che conferisce due titoli: quello di giornalista, appunto, e un’altra laurea non necessariamente connessa.

Capofila della scuola dei “doubles diplomes” è stato il progetto della scuola di Giornalismo Sciences Po, che nel 2008 si è unita alla Columbia University nel tentativo di offrire, di fronte alle mutazioni del giornalismo, “una formazione integrata e complementare”, idonea al mercato globalizzato. In sostanza, gli studenti ottengono una doppia laurea seguendo un corso della durata di due anni, un anno per ogni scuola di giornalismo.

La stessa Columbia University ha aperto poi il centro Dart per il giornalismo e il trauma, dedicato a come affrontare notizie su violenze, conflitti e tragedie. Scopo del corso è incrementare le competenze necessarie per interagire con le vittime di traumi, portando avanti le interviste con compassione e rispetto. Il centro fornisce ai giornalisti di tutto il mondo le risorse necessarie ad affrontare questi temi, avvalendosi di una rete globale interdisciplinare di professionisti di notizie, esperti di salute mentale, educatori e ricercatori.

L’offerta migliore, però, sempre francese, è quella dell’Institut pratique du journalism e della facoltà di Chimie ParisTech. I due istituti propongono infatti una doppia laurea, in giornalismo e ingegneria, per “formare una figura di giornalista in grado di affrontare livelli di informazione sempre più complessi”. Lo scopo è formare non solo giornalisti scientifici, ma tener anche conto di come il mestiere si stia evolvendo: le conoscenze scientifiche che gli studenti acquisiranno durante il percorso di studi potranno essere, così, molto utili alla formazione di giornalista.

Anche oltreoceano il doppio diploma trova audience. La scuola di giornalismo dell’Università dell’Arizona consente infatti ai propri studenti di “raddoppiare le proprie opzioni” con una laurea in giornalismo accoppiata a uno tra cinque diversi programmi: studi latino-americani, studi medio–orientali e nord africani, pubblica amministrazione, suolo, acqua e scienze ambientali, risorse dell’informazione e scienze bibliotecarie.

E la tecnologia? Le ultime frontiere della professione riguardano il drone journalism, l’uso di velivoli droni al servizio del cronista. Due progetti, il Drone Journalism Lab dell’Università del Nebraska e il Drone Journalism Program dell’Università del Missouri, tentano la carta di fornire ai nuovi giornalisti gli strumenti per utilizzare i maneggevoli apparecchi per il proprio lavoro.

Il progetto  del Nebraska è iniziato già a novembre 2011 e fa parte della macroarea di giornalismo digitale e strategie innovative. Il laboratorio è stato creato da Matt Waite - professore e vincitore del premio Pulitzer nel 2009 – che spiega sul sito come, con la rapida evoluzione del mestiere, l’educazione giornalistica debba crescere “insegnando nuove frontiere e strategie narrative, che rimangono i punti principali ed etici del giornalismo”.

In questo laboratorio,  tre studenti – uno prossimo alla laurea, uno più giovane e uno al secondo anno di università –  affiancano Waite nel creare fisicamente creare i droni, sperimentarli e cogliere i problemi etici, legali e di regolamentazione che l’uso di velivoli senza pilota comporta nel fare giornalismo. “Non abbiamo un programma da seguire – spiega Waite – perché nessuno lo ha mai fatto prima. Stiamo cercando di scrivere le regole, o quelle che noi pensiamo dovrebbero essere le basi di come i giornalisti potrebbero usare droni per il giornalismo”.

Negli Stati Uniti, tuttavia, l’uso di questi mezzi per scopi commerciali – e il drone journalism fa parte di questi – è ancora vietato dall’Ente di aviazione federale (FAA). C’è da aspettare il 2015, anno che il Congresso americano ha stabilito come deadline per renderne legale l’uso in questi campi. “Poiché l’utilizzo di droni per il giornalismo è illegale – continua lo studioso – non mi sembrava giusto per insegnare agli studenti di utilizzare abilità che non potevano utilizzare una volta usciti dalla scuola”.

Waite rivela anche che il collegamento con un altro genere di giornalismo, il data journalism, è presto fatto: i droni, infatti, potrebbero essere impiegati per aiutare a raccogliere dati migliori per stimare le dimensioni degli eventi. “I droni – dice – offrono ai giornalisti la possibilità di avere storie che altrimenti potrebbero non ottenere. Sono molto meno costosi di aeromobili con equipaggio. E sono programmabili, in modo da poterli utilizzare per raccogliere dati, video e foto. In sintesi, sono un altro strumento per aiutare i giornalisti a raccogliere maggiori informazioni”.

Il problema principale da affrontare, allora, rimane la privacy: un acceso dibattito si è aperto su come un drone possa invadere la sfera privata delle persone. Molti si trovano d’accordo sull’adozione di un codice etico per evitare un uso scorretto del mezzo. Sul punto, indicazioni precise arrivano da Matthew Schroyer, fondatore della “Professional Society of Drone Journalists”, che sostiene la necessità di “stabilire degli standard che rispettino il diritto alla privacy e alla sicurezza pubblica, pur consentendo ai giornalisti di svolgere le funzioni di quarto potere”.

E nel prossimo futuro cosa ci sarà? Matt Waite non ha dubbi. “Facile – dice – i Google’s Project Glass.  Video in prima persona e realtà aumentata possono davvero incidere su lavoro dei giornalisti e sul modo di raccontare storie”.

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Italia: il paese dei giornalisti invisibili http://ifg.uniurb.it/2012/01/27/ducato-online/italia-il-paese-dei-giornalisti-invisibili/17001/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/27/ducato-online/italia-il-paese-dei-giornalisti-invisibili/17001/#comments Fri, 27 Jan 2012 16:55:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=17001 In Italia c’è una divisione che si può quasi toccare tra il giornalismo delle tessere e il giornalismo reale. Sulla carta siamo il Paese con più giornalisti di tutta Europa. Sono 110 mila, tra pubblicisti e professionisti, gli iscritti all’Ordine. Ma questo numero è, appunto, soltanto sulla carta.

GIORNALISTI FANTASMA. Nel 2010 solo in 58 mila hanno versato i contributi obbligatori: in altre parole solo la metà dei giornalisti italiani ha lavorato regolarmente nel corso dell’anno (questa cifra include sia chi è assunto in redazione e paga i contributi all’Inpgi, sia i precari, i co.co.co e tutti gli altri collaboratori che sono iscritti alla gestione separata dell’Inpgi, l’Inpgi 2).

Gli altri? Delle tre l’una: o non sanno che l’iscrizione alla previdenza è obbligatoria, o sono evasori contributivi oppure hanno cambiato mestiere. “Vista la natura dell’industria dei media in Italia è probabile che nella grande maggioranza dei casi si tratti di quest’ultima ipotesi”, spiega Guido Besana, componente della giunta esecutiva della Fnsi, il sindacato unico dei giornalisti. Sono giornalisti trasparenti per il mercato del lavoro: giornalisti fantasma.

LA SITUAZIONE IN EUROPA. Se andiamo a guardare la situazione in Europa viene da pensare che Besana abbia ragione: nel nostro Paese non c’è spazio per tutti. In Italia c’è un giornalista ogni 545 abitanti. In Inghilterra, secondo le stime più recenti, sono 40 mila (cioè un giornalista ogni 1.645 abitanti).

Situazione simile in Francia dove la circolazione di quotidiani e altri media è in linea con quella del Regno Unito e la popolazione è la stessa: ci sono appena 37.400 giornalisti (un giornalista ogni 1.737 abitanti).

Cifre paragonabili a quelle tedesche: la Germania, con circa venti milioni di abitanti in più rispetto a Francia e Regno Unito, ha 48 mila giornalisti a tempo pieno (ai quali però vanno aggiunti circa 25 mila freelance: in tutto un giornalista ogni 1.176 abitanti).

TROPPI GIORNALISTI IN UN PICCOLO MERCATO. Non bastano questi dati per dire che in Italia ci sono troppi giornalisti. Una statistica ancora più indicativa è il rapporto tra giornalisti e copie di giornali vendute giornalmente.

Poca sorpresa: l’Italia è in fondo a questa classifica. Secondo una ricerca Ocse del 2010 in Germania ogni 100 mila copie di quotidiani o periodici ci sono 75 giornalisti di carta stampata. In Francia per vendere lo stesso numero di copie ne bastano 72. In Italia ne occorrono ben 127.

Guido Besana, delegato della Giunta esecutiva della Fnsi

Sono numeri che sarebbero giustificati se gli italiani fossero un popolo affamato di notizie. Ma non è così: anche nella classifica di diffusione dei periodici l’Italia è il fanalino di coda. In Germania ogni mille abitanti si vendono 244 giornali al giorno, in Francia 117. Nell’Italia delle penne solo 88.

LA MOLTIPLICAZIONE DELLE TESSERE. I giornalisti in Italia sono due volte il numero che il mercato dei media può assorbire. Metà di loro sono degli invisibili: giornalisti soltanto perché conservano ancora la tessera. Ma non c’è una spiegazione che metta tutti d’accordo sul perché siamo arrivati a questa situazione.

Secondo Besana la causa potrebbe essere il funzionamento dell’Ordine dei giornalisti. Non è detto, dice il sindacalista, che gli Ordini regionali abbiano interesse a usare lo strumento di cui sono dotati per sfoltire quegli iscritti che, per un motivo per l’altro, non esercitano più la professione: la revisione degli elenchi.

“Dico una cattiveria – premette il sindacalista – per un Ordine regionale avere tanti iscritti vuol dire avere tante quote. Se non svolgo attività giornalistica, per l’Ordine non sono un costo, ma una quota che arriva”.

Non solo: “Avere tanti iscritti significa avere maggior peso nel Consiglio nazionale dell’Ordine (Cnog)”. Il Consiglio è eletto su base proporzionale: più iscritti ha un Ordine regionale, più consiglieri può mandare al Cnog. “Ci sono stati Ordini regionali – continua Besana – che hanno pensato che fosse importante fare il massimo numero di iscritti”.

Enzo Iacopino, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti

IACOPINO: LA COLPA È DELLA LEGGE. Non è d’accordo Enzo Iacopino, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine. “Questa è demagogia parolaia – ha dichiarato – di chi, soprattutto nel sindacato, è abituato a dare giudizi senza conoscere i fatti. Quelli che fanno questi discorsi nel sindacato dovrebbero occuparsi del perché i ragazzi vengono sfruttati all’interno dei giornali nell’indifferenza dei Cdr e a volte con il loro silenzio e la loro complicità”.

Il problema secondo Iacopino è tutto nella legge che istituisce l’Ordine. “È una legge antica che prevede una procedura per diventare giornalisti. L’Ordine non ha discrezionalità quando qualcuno rispetta i parametri per ottenere l’iscrizione”.

E sulle revisioni: “Possono esserci ritardi in alcuni casi. Certe realtà, come Lazio e Lombardia, possono essere più severe di altre, ma che il problema degli iscritti sia legato a questo è falso”.

Il margine nel quale si possono fare queste revisioni, poi, è ridotto. Dice il presidente: “Dopo quindici anni di iscrizione all’elenco dei pubblicisti non è possibile essere cancellati. Fino a che questa norma è nella legge noi la dobbiamo rispettare”.

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Gli stereotipi nella stampa europea http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/gli-stereotipi-nella-stampa-europea/17069/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/gli-stereotipi-nella-stampa-europea/17069/#comments Thu, 26 Jan 2012 13:57:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=17069 [continua a leggere]]]> In Svezia la nazionalità del reo non può essere indicata, in Francia bisogna specificare se è residente o no, in Gran Bretagna i media sono accusati di essere sessisti. Il problema degli stereotipi e luoghi comuni nella stampa non riguarda solamente l’Italia ma anche altri Paesi.

FRANCIA. “Se l’origine etnica è rilevante per la notizia – spiega Yann Guégan di Rue89 – deve essere inserita, altrimenti no. Qui in Francia La Provence è nota come la testata che ne fa un uso improprio”.

Claire Poinsignon di Arte France invece cerca di minimizzare: “La stampa riflette i cliché razzisti e sessisti che ci sono nella società. Fortunatamente c’è una certa stampa e certi giornalisti che attenuano o combattono gli stereotipi esistenti”.

Nei Paesi dell’Unione Europea, non essendoci un ordine dei giornalisti, prevalgono le carte interne alle redazioni. Come sostiene Poinsignon: “Qui siamo più favorevoli alla responsabilità individuale, piuttosto che adottare carte deontologiche per un buon comportamento da parte dei media”. Che come abbiamo visto,  in Italia vengono poco applicate.

Anche Guégan spiega che non ci sono carte deontologiche generali ma “sono presenti solo in alcune organizzazioni e soprattutto sul trattamento dei fatti di cronaca”.

Sono per lo più le testate economiche ad adottare carte interne come La Tribune o inerenti al trattamento di notizie di fatti di cronaca, come quella del quotidiano Ouest France. Il  quotidiano di Rennes raccomanda ai propri giornalisti di non definire il reo secondo “la professione, la comunità etnica e religiosa” e “non utilizzare termini peggiorativi, e se l’autore di un delitto è straniero, assicurarsene, precisare la sua nazionalità aggiungendo però se risiede o no in Francia”.

GRAN BRETAGNA. In Gran Bretagna sono diverse le redazioni che al loro interno hanno adottato delle carte deontologiche. E’ il caso del Guardian che ha realizzato la Carta etica nel 2003, come pure quella della Bbc .

Come conferma un giornalista del Guardian Ben Quinn, esiste un’autorità, la Press Complaints Commission , finanziata dagli editori inglesi, alla quale ci si può rivolgere per segnalare lamentele su errori e abusi della stampa. A causa della mancanza di sanzioni nello scandalo delle intercettazioni del News of the World, però, ha ricevuto diverse critiche, tra cui anche quella del primo ministro David Cameron. Solo alla fine del 2011 è stato siglato un Editors’code of practice .

Nei giorni scorsi un gruppo di rappresentanti di associazioni di donne ascoltata della Commissione Leveson, sorta dopo lo scandalo delle intercettazioni con l’obiettivo di monitorare la stampa inglese, ha denunciato l’uso degli stereotipi femminili nei media inglesi. Periodici come il Sun, il Daily Star e il Sunday Sport sono criticati per avere descritto le donne come “un riassunto di parti del corpo erotizzate” mentre dovrebbero “assolutamente condannare stupri e violenze contro le donne e le ragazze”.

GERMANIA. Il ‘German press council’ ha siglato nel 1973 a Bonn con le associazioni della stampa il ‘Codice della Stampa’.

E’ esplicitato all’articolo 12 che nelle notizie di cronaca nera “non è possibile fare riferimento all’appartenenza religiosa, etnica del sospettato se l’informazione non è strettamente essenziale alla comprensione dei fatti per il lettore. Bisogna ricordare che questi riferimenti possono incitare a pregiudizi contro le minoranze”.

 

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France-Soir, addio al quotidiano redazione decimata, ora solo online http://ifg.uniurb.it/2011/12/17/ducato-online/addio-france-soir-redazione-decimata/14845/ http://ifg.uniurb.it/2011/12/17/ducato-online/addio-france-soir-redazione-decimata/14845/#comments Sat, 17 Dec 2011 08:32:36 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=14845

La vignetta del gruppo Facebook contro la chiusura del giornale

URBINO – “Va male. Molti dei giornalisti più esperti se ne andranno. Si tratterà di un lavoro di desk con le agenzie di stampa. Ma non sono sicuro della questione…” E se così fosse Brendan Kemmet, giornalista a France Soir, sarebbe fortunato. Perché quasi 90 suoi colleghi saranno, invece, licenziati.

Dopo 67 anni lo storico quotidiano francese nato alla fine della Seconda Guerra mondiale, quello che negli anni Sessanta vendeva un milione di copie, quello che quando annunciò la morte di De Gaulle, nel novembre del 1970, ne vendette due milioni, ha chiuso i battenti. Martedì 13 dicembre è uscita l’ultima copia. A sopravvivere sarà solo l’edizione on line. Forse.

L’annuncio della chiusura era stato dato a ottobre dal proprietario, Alexander Pugachev, figlio di 26 anni del miliardario oligarca russo Viktorovich Pugachev. Un annuncio che prevedeva anche il licenziamento di 89 giornalisti sui 127 che oggi lavorano per il quotidiano. Rimarranno solo circa quaranta persone che si occuperanno del sito.

Le mobilitazioni sono in corso ormai da diverse settimane, alcune delle quali organizzate anche con l’intento di richiamare l’attenzione della gente, come spargere migliaia di pagine di giornale nelle strade di Parigi, dove Pugachev ha delle proprietà, o salire sull’Arco di Trionfo con striscioni di protesta.

I giornali gettati davanti alla sede di France Soir

Anche i sindacati naturalmente si sono attivati. Qualche giorno fa circa un centinaio di sindacalisti ha occupato la redazione sugli Champs Elysees, danneggiando alcuni locali. Iniziativa che è stata condannato da alcuni dipendenti. Ma hanno soprattutto organizzato una tavola rotonda tra i rappresentanti dei lavoratori, l’ex direttrice Christine Vulvert, rappresentanti dell’Unione della stampa nazionale e del ministero della cultura e della comunicazione, dalla quale, però, sono uscite solo alcune proposte ma niente di più.

Salvare il giornale sembra ormai impossibile: da mercoledì i giornalisti vanno in redazione senza poter lavorare, come ci ha raccontato un redattore di France Soir che preferisce mantenere l’anonimato. Stanno lì, in attesa di sapere che ne sarà del loro futuro. Per la maggior parte di loro ci sarà quindi il licenziamento, mentre gli altri rimarranno ad occuparsi del sito internet “ma a condizioni contrattuali peggiori – spiega lo stesso giornalista – chi lavora per un sito ha diritto a meno ferie e a uno stipendio più basso rispetto a chi lavora per un giornale”.

Il clima è teso e la preoccupazione si unisce all’incertezza all’interno della redazione. “Il sito chiuderà nel giro di tre/quattro mesi – è convinto il giornalista al telefono da Parigi – perché non c’è un progetto dietro, non c’è stato un dialogo, non c’è la volontà di rilanciarlo davvero. E poi non ci sono i soldi e la pubblicità non è sufficiente perché il sito possa rimanere in vita a lungo”.

Che il giornale fosse in crisi non c’è dubbio. Da oltre un anno le vendite sono iniziate a calare finchè a giugno si è deciso di diminuire le copie stampate. E si è passati, così, da ottantamila a circa quindicimila. I costi di produzione sono più alti in Francia che negli altri Paesi. Ma c’è anche un altro motivo. “Il problema principale è la direzione. Se un direttore cambia il giornale alle otto di sera in base al tg che ha appena visto, è ovvio che la mattina dopo nessuno lo comprerà perché quelle notizie le ha già sentite”, commenta il giornalista francese.
 

France Soir sembra, quindi, essere destinato a fare la fine del Rocky Mountain News e del Seattle Post-Intelligencer e, da ultimo, del piccolo Humboldt Beacon, quotidiani statunitensi che ormai possono essere letti solo on line. Almeno per ora.


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