il Ducato » garante privacy http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » garante privacy http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Ue, diritto all’oblio legge nel 2015. Ma per i giornali qualche eccezione http://ifg.uniurb.it/2013/04/12/ducato-online/ue-diritto-alloblio-legge-nel-2015-ma-per-i-giornali-qualche-eccezione/41370/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/12/ducato-online/ue-diritto-alloblio-legge-nel-2015-ma-per-i-giornali-qualche-eccezione/41370/#comments Fri, 12 Apr 2013 06:20:29 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=41370

Parlamento europeo

Abbiamo il diritto di essere dimenticati. Ma a scordarselo è la legge italiana, almeno per ora. Il cosiddetto diritto all’oblio è al centro del dibattito che in sede europea dovrebbe portare all’adozione di una nuova legge unitaria in materia di privacy. La proposta è sul tavolo delle trattative da circa un anno e dovrebbe essere approvata e poi recepita dagli Stati membri entro il 2015.

Ma cosa significa diritto all’oblio? La possibilità, soprattutto per chi è stato protagonista di vicende  giudiziarie pregiudizievoli, di richiedere la cancellazione dei propri dati, una volta che sia passato un congruo lasso di tempo e non siano più pertinenti. Una piccola rivoluzione ai tempi del web, quando basta una semplice ricerca su Google per ritrovare storie ormai dimenticate e spesso superate.

Un po’ diversa la questione per quanto riguarda gli archivi dei giornali: come si concilia l’oblio con l’attività giornalistica? Su questo punto la Cassazione, il Garante per la privacy e l’Ordine dei giornalisti  (nella Carta di Milano sui detenuti) hanno tracciato qualche ‘linea guida’.

SE RICORDI TI CONDANNO
L’importanza del diritto all’oblio l’hanno imparata a loro spese i colleghi abruzzesi di Primadanoi.it, obbligati non solo a sborsare 17.000 euro, ma anche a rimuovere dal loro portale e dall’archivio del giornale una notizia datata, seppur aggiornata, ritenuta lesiva. Questo vicenda giudiziaria, che ha sollevato non poche polemiche, non suona come una verità immutabile. In altre parole, ogni caso fa storia a sé e ogni volta sarà necessario un bilanciamento tra i diritti in contrasto, quello di cronaca e quelli individuali, tra cui privacy e oblio.

Un problema serissimo, soprattutto se si parla di web: un motore di ricerca potrebbe portare l’utente su pagine vecchie, che non rappresentano una persona per come è oggi, ledendone quindi i diritti. Una distorsione della realtà.

Recente la sentenza della Cassazione in cui sembra che un parziale compromesso sia stato raggiunto: sì al diritto di ottenere l’aggiornamento delle informazioni riportate dal giornale. Questa sorta di rettifica, anche secondo il Garante per la privacy serve per “garantire alle persone il rispetto della propria identità, così come si è evoluta  nel tempo, consentendo al lettore di avere un’informazione attendibile e completa”.

UN FRENO AI MOTORI DI RICERCA
L’Autorità per la privacy ha cercato di modulare lo scontro tra diritto all’oblio e libertà d’espressione: divulgare, ma, trascorso un certo lasso di tempo, impedire la diretta reperibilità delle informazioni mediante l’uso di un comune motore di ricerca. Questa soluzione ‘tecnica’ chiarisce, in parte, il principio della pertinenza: i fatti possono essere riproposti, anche a distanza di tempo, solo se hanno una stretta relazione con nuovi avvenimenti di cronaca e se vi è un interesse pubblico alla loro diffusione.

Usando le parole dell’avvocato Carlo Melzi D’Eril (per la trasparenza: insegna all’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino),  “il diritto all’oblio è l’altra faccia dell’interesse pubblico e dell’essenzialità dell’informazione: quando tale interesse scema e la notizia non è più attuale si ha la possibilità di richiedere la cancellazione dei propri dati personali”. 

LE FUTURE NORME UE E I GIORNALI
Una svolta sul diritto all’oblio è nell’aria. Uno degli aspetti più innovativi della proposta europea (Data Protection regulation) riguarda la possibilità che “i propri dati siano cancellati o trasferiti altrove e non siano più processati laddove non siano più necessari in relazione alle finalità per cui erano stati raccolti”. In altre parole, il solo proprietario dei dati è il cittadino a cui appartengono. Inoltre, per proteggere ulteriormente la privacy delle persone, i gestori dovranno, dopo aver ottenuto un esplicito consenso al trattamento dei dati, tenere sempre aggiornati i loro utenti circa il tipo di informazioni in loro possesso, gli scopi d’uso, il periodo in cui questi verranno conservati e l’eventuale trasferimento a terzi. E se, su richiesta dell’interessato, i dati non verranno cancellati scatterà una multa che potrà arrivare fino a 500.000 euro.

Questa regola generale ha un’eccezione: non sarà possibile richiedere la cancellazione delle notizie presenti all’interno dei database delle testate giornalistiche.  Infatti la rivoluzione dell’oblio potrebbe infliggere soprattutto al web un duro colpo se venisse concessa la possibilità di cancellare, anche a distanza di anni, dagli archivi online, il materiale considerato sconveniente e dannoso per soggetti che sono stati protagonisti in passato di fatti di cronaca.

Ma d’altra parte ci sono anche casi che fanno capire quanto sia importante il diritto all’oblio: molte sono le storie di persone intrappolate nel loro passato digitale. Emblematica quella di Marta Bobo, ginnasta spagnola che paga, ancora oggi, il prezzo per un articolo del Paìs uscito nel 1984 in cui veniva dipinta come un’anoressica (e non era vero). La vicenda è tornata a galla perché il quotidiano spagnolo, come molti altri, ha digitalizzato il suo archivio e tutte le notizie in esso contenuto sono diventate facilmente fruibili attraverso l’uso dei motori di ricerca.

Sulla questione degli archivi digitali dei giornali Viviane Reding, membro della Commissione europea, ha chiarito: “Sono una eccezione, il diritto a essere dimenticati non può significare il diritto a cancellare la storia”. La finalità storicistica può giustificare la conservazione, da parte dei giornali, di notizie ormai prive di interesse pubblico precedentemente raccolte per finalità di cronaca giornalistica.

GOOGLE E LA PRIVACY
I motori di ricerca restano quindi il nemico numero uno perché rendono accessibili, virtualmente, per un periodo di tempo indeterminato, notizie (di cronaca o vicessitudini giudiziarie) che altrimenti sarebbero di difficile reperibilità. A questo proposito, proprio di questi giorni è la notizia della nascita di una task force europea, composta dalle Autorità per la protezione dei dati di Francia, Italia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna, formatasi per verificare che il colosso americano Google  rispetti la disciplina sulla protezione dei dati personali e, in particolare, la conformità dei trattamenti effettuati dalla società di Mountain View ai principi di pertinenza, necessità e non eccedenza dei dati trattati nonché agli obblighi riguardanti l’informativa agli utenti e l’acquisizione del loro consenso.

Le nuove regole privacy adottate da Google consentono, tra l’altro, alla società californiana di incrociare in via generalizzata i dati degli utenti che utilizzano i servizi offerti, tra gli altri, da Gmail a YouTube a Google Maps e questo, sembrerebbe non essere in linea con i requisiti fissati nella Direttiva europea sulla protezione dei dati (95/46/CE).

RICORDARE E DIMENTICARE
“La conoscenza è basata sulla dimenticanza. Il bello della mente umana è che cancella”. Viktor Mayer-Schönberger professore di internet governance dell’Oxford Internet Institute la pensa così: ricostruiamo il nostro passato basandoci sui valori di oggi. La memoria digitale, invece, procede in direzione opposta,“ci ricorda solo i nostri fallimenti passati”. Eliminare dai ricordi alcuni dettagli ci consente di esercitare la nostra capacità di astrazione per “vedere la foresta, non gli alberi”. Ma non sono in pochi quelli che affermano esattamente il contrario. C’è chi difende a spada tratta il flusso senza limiti che la rete offre, sostenendo che l’oblio sia una minaccia alla libertà d’informazione.

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Cos’è il decreto trasparenza e perché non è un Foia / LA SCHEDA http://ifg.uniurb.it/2013/02/20/ducato-online/cose-il-decreto-trasparenza-e-perche-non-e-un-foia-la-scheda/35464/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/20/ducato-online/cose-il-decreto-trasparenza-e-perche-non-e-un-foia-la-scheda/35464/#comments Wed, 20 Feb 2013 17:54:17 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=35464 [continua a leggere]]]>

Mario Monti

Lo scorso 15 febbraio il decreto trasparenza ha passato l’esame del Consiglio dei ministri. Il provvedimento sul riordino della disciplina in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni è stato definito dal governo Monti un Freedom of information act (Foia – Legge sulla libertà d’informazione) italiano. Questa dichiarazione ha scatenato le critiche delle associazioni che si occupano di diritti digitali.  Secondo gli attivisti il provvedimento italiano non sarebbe un Foia perché il diritto d’accesso ai dati delle PA, previsto dal decreto, è limitato a quelli che già dovrebbero essere accessibili per legge. 

Ma cos’è un Foia? Il Freedom of Information Act è una legge statunitense sulla libertà di informazione, emanata nel 1966 ma che recentemente ha avuto un nuovo impulso grazie al presidente Obama. Questa legge consente a chiunque di conoscere e valutare l’operato del Governo federale attraverso l’accesso totale o parziale ai dati delle amministrazioni pubbliche. Norme che garantiscono una maggiore trasparenza e che, allo stesso tempo, rinvigoriscono la libertà di stampa.

Il ritardo italiano in materia di trasparenza è attribuito da alcuni addetti ai lavori a una certa reticenza nel divulgare il patrimonio informativo che circola nelle stanze dei bottoni. C’è anche un altro problema: trovare un giusto bilanciamento tra il diritto all’informazione e quello alla riservatezza. A tal proposito Ernesto Belisario, avvocato esperto in diritto amministrativo e delle nuove tecnologie, ricorda, parafrasandolo, il parere espresso nel 2010 dal Garante della privacy canadese risolto proprio alle amministrazioni: “In tema di trasparenza non utilizzate la privacy come scusa”.

LE NOVITÀ DEL DECRETO TRASPARENZA

Il diritto d’accesso civico. Il diritto di accesso civico, sancito dall’articolo 5 del decreto trasparenza, è un istituto che consente di richiedere, senza addurre motivazioni specifiche, documenti che dovrebbero già essere pubblicati per legge. Cosa cambia rispetto al passato? Questo nuovo strumento dovrebbe rendere effettivo il diritto alla conoscenza degli atti.

Verso gli open data. All’articolo 7 del decreto  si legge che i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria devono essere pubblicati in formato aperto. Cosa sono gli open data? Si tratta di dati, organizzati e indicizzati per essere facilmente fruibili, accessibili a tutti. L’unica restrizione al loro riutilizzo è, in alcuni casi, l’obbligo di citazione della fonte.

Informazione e riservatezza. Nel decreto trasparenza sono state introdotte alcune modifiche, su parere del Garante della privacy: viene espressamente esclusa la pubblicazione di dati identificativi delle persone fisiche che beneficiano di sussidi e ausili finanziari, se da questi si possono ricavare informazioni relative allo stato di salute o alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati. Inoltre, su richiesta delle Regioni, verranno pubblicati, tra gli altri, i dati riguardanti: le situazioni patrimoniali di politici, e parenti entro il secondo grado; gli atti dei procedimenti di approvazione dei piani regolatori e delle varianti urbanistiche; quelli, in materia sanitaria, relativi alle nomine dei direttori generali e gli accreditamenti delle strutture cliniche.casi, l’obbligo di citare la fonte.

I PROBLEMI

Il sito Foia.it

Le critiche al Foia del governo. Negli ultimi mesi, in Rete si è sviluppato un movimento per l’adozione di un Freedom of information act nel nostro Paese: con Foia.it giornalisti, professori ed esperti come Giovanni Sartori, Roberto Natale, Pietro Ichino, Guido Scorza, Vittorio Roidi e Raffaele Fiengo si battono proprio per questo (per la trasparenza: alcuni dei nomi qui elencati hanno insegnato alla scuola di giornalismo di Urbino).

Va anche a loro il merito degli elementi innovativi del decreto. Ma alcune perplessità restano: “Il provvedimento – spiega Ernesto Belisario – rappresenta un grande passo avanti in tema di accesso ai dati, ma il decreto appena approvato ha abrogato le precedenti disposizioni e ancora non sappiamo come sia stato inserito all’interno del Testo Unico. Così si crea un un’assenza di trasparenza legalizzata”.

La trasparenza italiana: questione (anche) di soldi. Realizzare un Foia italiano è complesso e ha un suo prezzo. “In Italia il costo della corruzione – afferma Ernesto Belisario – si aggira intorno ai 60 miliardi di euro (Corte dei conti), cioè più di mille euro a cittadino, mentre quello del Foia statunitense è di 5 di soli dollari”. Se anche noi lo adottassimo il ritorno economico sarebbe considerevole e potrebbe convincere molti investitori esteri a puntare sul nostro Paese.

C’è anche un aspetto tecnico-organizzativo che coinvolge il problema della copertura finanziaria del progetto. In Italia, su un totale di 8101 Comuni, 5787 sono sotto i 5000 abitanti. La scarsità di fondi per tecnologia e formazione e un organico ridotto rischiano di diventare degli ostacoli insostenibili per gli enti locali.

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