il Ducato » Germania http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Germania http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Giornalisti olandesi a spasso per la provincia: “Visitatela tutto l’anno” http://ifg.uniurb.it/2013/06/03/ducato-online/giornalisti-olandesi-a-spasso-per-la-provincia-visitatela-tutto-lanno/49518/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/03/ducato-online/giornalisti-olandesi-a-spasso-per-la-provincia-visitatela-tutto-lanno/49518/#comments Mon, 03 Jun 2013 12:55:07 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49518 URBINO – Scoprire il Montefeltro e la costa anche in bassa stagione. Il messaggio è rivolto ai turisti olandesi e tedeschi e sarà diffuso in 64.000 copie. I giornalisti olandesi della rivista “Italie” sono venuti a raccontare la provincia di Pesaro e Urbino ai propri lettori al volante di un’auto d’epoca.

Urbino, Acqualagna, Sassocorvaro, la gola del Furlo sono solo alcune delle mete che saranno raccontate nel lungo reportage – sei o sette pagine – che apparirà sull’edizione di settembre della rivista.

L’iniziativa è del tour operator Marche Holiday che ha accompagnato i colleghi stranieri nei luoghi più suggestivi della provincia proprio per far trapelare il messaggio che, come dice la general manager del gruppo Laura Sabbatini, “la provincia di Pesaro e Urbino, le colline del Montefeltro e la costa sono luoghi che vale la pena di visitare durante tutto il corso dell’anno”.

Insomma un invito alle famiglie dei Paesi Bassi e della Germania a imitare i giornalisti di “Italie”, magari noleggiando un’auto d’epoca per scorrazzare tra le colline del Montefeltro, passando di borgo in borgo, fuori dai “canonici” mesi di luglio e agosto.

E pazienza se queste settimane di primavera sono più piovose del solito. Gli olandesi, comunque, non se ne accorgerebbero.

 

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Laurea magistrale italo-tedesca che dà doppio titolo: al via dal prossimo anno http://ifg.uniurb.it/2013/05/15/ducato-online/laurea-magistrale-italo-tedesca-che-da-doppio-titolo-al-via-dal-prossimo-anno/47330/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/15/ducato-online/laurea-magistrale-italo-tedesca-che-da-doppio-titolo-al-via-dal-prossimo-anno/47330/#comments Wed, 15 May 2013 13:20:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=47330 URBINO – Per la prima volta l’Università ‘Carlo Bo’ dà la possibilità agli studenti di Lingue e Letterature Straniere di vedersi riconosciuto, allo stesso tempo, un doppio titolo di laurea magistrale, italiano e tedesco.

A partire dal prossimo anno accademico verrà infatti attivato un nuovo curriculum ‘Interkulturelle Personalentwicklung und Kommunikationsmanagement’, il cui piano di studio è simile a quello di ‘Comunicazione interculturale d’impresa’. Il curriculum, per il quale però sono disponibili solo cinque posti, farà parte del corso di laurea magistrale in ‘Lingue per la didattica, l’editoria, l’impresa’. La novità è che il percorso è stato pensato in collaborazione con l’Università ‘Friedrich Schiller’ di Jena, in Germania. Gli studenti trascorreranno il primo anno a Jena e il secondo a Urbino. Al termine dei due anni e dopo il superamento di tutti gli esami, entrambe le Università rilasceranno agli allievi un titolo di Laurea.

“Si tratta di un’importante occasione per rendere ancora più internazionale l’offerta didattica della nostra Università – ha detto il professor Claus Ehrhardt, coordinatore del progetto – ma soprattutto offre agli studenti la possibilità di crearsi sbocchi professionali più concreti e spendibili sia qui che all’estero”.

La selezione dei cinque studenti avverrà a settembre tramite colloquio. Requisiti fondamentali sono un ottimo livello di tedesco e la conoscenza di base dei problemi di comunicazione interculturale. L’Istituto di Jena è infatti uno dei più validi centri europei di studio e ricerca sulla comunicazione interculturale d’impresa.

“All’inizio del prossimo anno accademico – ha anticipato il professor Ehrhardt – un collega di Jena verrà qua a Urbino e terrà un seminario di orientamento per spiegare gli obiettivi e il funzionamento del corso”.

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Italia: il paese dei giornalisti invisibili http://ifg.uniurb.it/2012/01/27/ducato-online/italia-il-paese-dei-giornalisti-invisibili/17001/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/27/ducato-online/italia-il-paese-dei-giornalisti-invisibili/17001/#comments Fri, 27 Jan 2012 16:55:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=17001 In Italia c’è una divisione che si può quasi toccare tra il giornalismo delle tessere e il giornalismo reale. Sulla carta siamo il Paese con più giornalisti di tutta Europa. Sono 110 mila, tra pubblicisti e professionisti, gli iscritti all’Ordine. Ma questo numero è, appunto, soltanto sulla carta.

GIORNALISTI FANTASMA. Nel 2010 solo in 58 mila hanno versato i contributi obbligatori: in altre parole solo la metà dei giornalisti italiani ha lavorato regolarmente nel corso dell’anno (questa cifra include sia chi è assunto in redazione e paga i contributi all’Inpgi, sia i precari, i co.co.co e tutti gli altri collaboratori che sono iscritti alla gestione separata dell’Inpgi, l’Inpgi 2).

Gli altri? Delle tre l’una: o non sanno che l’iscrizione alla previdenza è obbligatoria, o sono evasori contributivi oppure hanno cambiato mestiere. “Vista la natura dell’industria dei media in Italia è probabile che nella grande maggioranza dei casi si tratti di quest’ultima ipotesi”, spiega Guido Besana, componente della giunta esecutiva della Fnsi, il sindacato unico dei giornalisti. Sono giornalisti trasparenti per il mercato del lavoro: giornalisti fantasma.

LA SITUAZIONE IN EUROPA. Se andiamo a guardare la situazione in Europa viene da pensare che Besana abbia ragione: nel nostro Paese non c’è spazio per tutti. In Italia c’è un giornalista ogni 545 abitanti. In Inghilterra, secondo le stime più recenti, sono 40 mila (cioè un giornalista ogni 1.645 abitanti).

Situazione simile in Francia dove la circolazione di quotidiani e altri media è in linea con quella del Regno Unito e la popolazione è la stessa: ci sono appena 37.400 giornalisti (un giornalista ogni 1.737 abitanti).

Cifre paragonabili a quelle tedesche: la Germania, con circa venti milioni di abitanti in più rispetto a Francia e Regno Unito, ha 48 mila giornalisti a tempo pieno (ai quali però vanno aggiunti circa 25 mila freelance: in tutto un giornalista ogni 1.176 abitanti).

TROPPI GIORNALISTI IN UN PICCOLO MERCATO. Non bastano questi dati per dire che in Italia ci sono troppi giornalisti. Una statistica ancora più indicativa è il rapporto tra giornalisti e copie di giornali vendute giornalmente.

Poca sorpresa: l’Italia è in fondo a questa classifica. Secondo una ricerca Ocse del 2010 in Germania ogni 100 mila copie di quotidiani o periodici ci sono 75 giornalisti di carta stampata. In Francia per vendere lo stesso numero di copie ne bastano 72. In Italia ne occorrono ben 127.

Guido Besana, delegato della Giunta esecutiva della Fnsi

Sono numeri che sarebbero giustificati se gli italiani fossero un popolo affamato di notizie. Ma non è così: anche nella classifica di diffusione dei periodici l’Italia è il fanalino di coda. In Germania ogni mille abitanti si vendono 244 giornali al giorno, in Francia 117. Nell’Italia delle penne solo 88.

LA MOLTIPLICAZIONE DELLE TESSERE. I giornalisti in Italia sono due volte il numero che il mercato dei media può assorbire. Metà di loro sono degli invisibili: giornalisti soltanto perché conservano ancora la tessera. Ma non c’è una spiegazione che metta tutti d’accordo sul perché siamo arrivati a questa situazione.

Secondo Besana la causa potrebbe essere il funzionamento dell’Ordine dei giornalisti. Non è detto, dice il sindacalista, che gli Ordini regionali abbiano interesse a usare lo strumento di cui sono dotati per sfoltire quegli iscritti che, per un motivo per l’altro, non esercitano più la professione: la revisione degli elenchi.

“Dico una cattiveria – premette il sindacalista – per un Ordine regionale avere tanti iscritti vuol dire avere tante quote. Se non svolgo attività giornalistica, per l’Ordine non sono un costo, ma una quota che arriva”.

Non solo: “Avere tanti iscritti significa avere maggior peso nel Consiglio nazionale dell’Ordine (Cnog)”. Il Consiglio è eletto su base proporzionale: più iscritti ha un Ordine regionale, più consiglieri può mandare al Cnog. “Ci sono stati Ordini regionali – continua Besana – che hanno pensato che fosse importante fare il massimo numero di iscritti”.

Enzo Iacopino, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti

IACOPINO: LA COLPA È DELLA LEGGE. Non è d’accordo Enzo Iacopino, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine. “Questa è demagogia parolaia – ha dichiarato – di chi, soprattutto nel sindacato, è abituato a dare giudizi senza conoscere i fatti. Quelli che fanno questi discorsi nel sindacato dovrebbero occuparsi del perché i ragazzi vengono sfruttati all’interno dei giornali nell’indifferenza dei Cdr e a volte con il loro silenzio e la loro complicità”.

Il problema secondo Iacopino è tutto nella legge che istituisce l’Ordine. “È una legge antica che prevede una procedura per diventare giornalisti. L’Ordine non ha discrezionalità quando qualcuno rispetta i parametri per ottenere l’iscrizione”.

E sulle revisioni: “Possono esserci ritardi in alcuni casi. Certe realtà, come Lazio e Lombardia, possono essere più severe di altre, ma che il problema degli iscritti sia legato a questo è falso”.

Il margine nel quale si possono fare queste revisioni, poi, è ridotto. Dice il presidente: “Dopo quindici anni di iscrizione all’elenco dei pubblicisti non è possibile essere cancellati. Fino a che questa norma è nella legge noi la dobbiamo rispettare”.

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Gli stereotipi nella stampa europea http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/gli-stereotipi-nella-stampa-europea/17069/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/gli-stereotipi-nella-stampa-europea/17069/#comments Thu, 26 Jan 2012 13:57:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=17069 [continua a leggere]]]> In Svezia la nazionalità del reo non può essere indicata, in Francia bisogna specificare se è residente o no, in Gran Bretagna i media sono accusati di essere sessisti. Il problema degli stereotipi e luoghi comuni nella stampa non riguarda solamente l’Italia ma anche altri Paesi.

FRANCIA. “Se l’origine etnica è rilevante per la notizia – spiega Yann Guégan di Rue89 – deve essere inserita, altrimenti no. Qui in Francia La Provence è nota come la testata che ne fa un uso improprio”.

Claire Poinsignon di Arte France invece cerca di minimizzare: “La stampa riflette i cliché razzisti e sessisti che ci sono nella società. Fortunatamente c’è una certa stampa e certi giornalisti che attenuano o combattono gli stereotipi esistenti”.

Nei Paesi dell’Unione Europea, non essendoci un ordine dei giornalisti, prevalgono le carte interne alle redazioni. Come sostiene Poinsignon: “Qui siamo più favorevoli alla responsabilità individuale, piuttosto che adottare carte deontologiche per un buon comportamento da parte dei media”. Che come abbiamo visto,  in Italia vengono poco applicate.

Anche Guégan spiega che non ci sono carte deontologiche generali ma “sono presenti solo in alcune organizzazioni e soprattutto sul trattamento dei fatti di cronaca”.

Sono per lo più le testate economiche ad adottare carte interne come La Tribune o inerenti al trattamento di notizie di fatti di cronaca, come quella del quotidiano Ouest France. Il  quotidiano di Rennes raccomanda ai propri giornalisti di non definire il reo secondo “la professione, la comunità etnica e religiosa” e “non utilizzare termini peggiorativi, e se l’autore di un delitto è straniero, assicurarsene, precisare la sua nazionalità aggiungendo però se risiede o no in Francia”.

GRAN BRETAGNA. In Gran Bretagna sono diverse le redazioni che al loro interno hanno adottato delle carte deontologiche. E’ il caso del Guardian che ha realizzato la Carta etica nel 2003, come pure quella della Bbc .

Come conferma un giornalista del Guardian Ben Quinn, esiste un’autorità, la Press Complaints Commission , finanziata dagli editori inglesi, alla quale ci si può rivolgere per segnalare lamentele su errori e abusi della stampa. A causa della mancanza di sanzioni nello scandalo delle intercettazioni del News of the World, però, ha ricevuto diverse critiche, tra cui anche quella del primo ministro David Cameron. Solo alla fine del 2011 è stato siglato un Editors’code of practice .

Nei giorni scorsi un gruppo di rappresentanti di associazioni di donne ascoltata della Commissione Leveson, sorta dopo lo scandalo delle intercettazioni con l’obiettivo di monitorare la stampa inglese, ha denunciato l’uso degli stereotipi femminili nei media inglesi. Periodici come il Sun, il Daily Star e il Sunday Sport sono criticati per avere descritto le donne come “un riassunto di parti del corpo erotizzate” mentre dovrebbero “assolutamente condannare stupri e violenze contro le donne e le ragazze”.

GERMANIA. Il ‘German press council’ ha siglato nel 1973 a Bonn con le associazioni della stampa il ‘Codice della Stampa’.

E’ esplicitato all’articolo 12 che nelle notizie di cronaca nera “non è possibile fare riferimento all’appartenenza religiosa, etnica del sospettato se l’informazione non è strettamente essenziale alla comprensione dei fatti per il lettore. Bisogna ricordare che questi riferimenti possono incitare a pregiudizi contro le minoranze”.

 

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Ascanio Celestini La violenza del linguaggio che porta al genocidio http://ifg.uniurb.it/2011/04/12/ducato-online/la-violenza-del-linguaggio-che-porta-al-genocidio-intervista-ad-ascanio-celestini/7824/ http://ifg.uniurb.it/2011/04/12/ducato-online/la-violenza-del-linguaggio-che-porta-al-genocidio-intervista-ad-ascanio-celestini/7824/#comments Tue, 12 Apr 2011 09:18:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=7824 Il Ducato ha intervistato Ascanio Celestini al termine dello spettacolo “Radio clandestina”, che si è svolto domenica al Palazzo ducale. L’attore ha parlato della strage delle Fosse ardeatine e dell’urgenza di una memoria collettiva come somma di tante memorie particolari, anche se in contraddizione tra loro. In Italia, secondo l’attore, non c’è stata una presa di coscienza collettiva sull’epoca fascista come è invece accaduto in Germania per il nazismo. Mentre la violenza del linguaggio è stata, da sempre, il primo strumento della persecuzione. Dalla Shoah al genocidio del Rwanda.


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