il Ducato » giornalismo culturale http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » giornalismo culturale http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Cultura e divulgazione: la tv generalista ha perso la sfida http://ifg.uniurb.it/2015/04/26/ducato-online/i-programmi-culturali-sono-quelli-fatti-bene-le-sfide-dei-palinsesti-tv/72238/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/26/ducato-online/i-programmi-culturali-sono-quelli-fatti-bene-le-sfide-dei-palinsesti-tv/72238/#comments Sun, 26 Apr 2015 20:25:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72238 RADIO Pubbliche e private]]> Foto tv 2FANO – La televisione durante gli anni ’50 ha insegnato l’italiano agli italiani, ha unificato il linguaggio di un popolo diviso. Dopo 60 anni ha ancora questo ruolo educativo e culturale? Nella terza giornata del Festival del giornalismo culturale si è parlato anche di questo.

La televisione mantiene un ruolo predominante nella dieta informativa italiana. Questo mezzo, proprio perché è il più fruito, ha il compito d’interrogarsi e di riflettere sul suo modo di fare cultura. Perché la cultura c’è, sul piccolo schermo, ma “in trasmissioni nascoste, curate da pochi canali di nicchia”, ha spiegato Piero Dorfles.

Molto simile l’opinione di Saverio Simonelli, di TV2000, secondo il quale i programmi di storia, arte, letteratura vengono marginalizzati in fasce orarie e in pochi canali specializzati. “Meglio così, visti gli effetti che ha la cultura quando entra nei programmi generalisti: si danno un tono culturale quando non c’entra nulla. La preoccupazione è quella di mostrarsi all’altezza”. Allora, la televisione promuove la cultura? “Come diceva Groucho Marx: “La televisione fa ottimo servizio alla cultura, perché ogni volta che qualcuno la accende io vado nell’altra stanza a leggere un libro”.

Nei canali Rai i telegiornali sono i momenti in cui si registrano il maggior numero di ascolti. Ma le informazioni che riceviamo sono notizie secche, dirette e non approfondite. Karima Moual, giornalista marocchina in Italia dal 1992, ha fatto l’esempio di come i tg parlino dell’immigrazione. “Si parla più dell’altro che con l’altro, c’è stata una progressiva depersonalizzazione. All’inizio erano uomini donne e bambini, poi persone e adesso sono barconi. Sappiamo che queste persone scappano dai loro Paesi di origine, ma chi ci ha mai mostrato le immagini dei Paesi da cui fuggono, quale giornalista ha raccontato le storie degli immigrati che intraprendono il viaggio della speranza, perché vedono l’Italia come un Paese di passaggio e non di destinazione?” Sono queste alcune delle questioni che Moual ha sollevato durante la tavola rotonda.

Seguendo quest’idea di giornalismo, Vittorio di Trapani ha aggiunto che “la televisione deve portarci dove non sappiamo, mostrarci le cose che non avremmo occasione di conoscere altrimenti”. Il cambiamento deve partire dai giovani giornalisti e ha proposto agli studenti delle scuole di giornalismo di analizzare, da qui al prossimo anno, la missione culturale dei programmi visti in tv.

La televisione ha un ampio pubblico, ma la cultura è poco presente e le trasmissioni si danno un tono alto senza approfondire i temi veramente culturali. Axel Fiacco ha portato l’esempio di una trasmissione fatta in occasione della Giornata del libro su Rai3: “Un fallimento. Se prima di quella trasmissione leggevano in pochi, adesso quelle persone che hanno visto la trasmissione non entreranno più nemmeno in una libreria”.

Alla conclusione della tavola rotonda tutti si sono trovati d’accordo con la giornalista di Radio Rai, Anna Longo: “I programmi culturali sono quelli fatti bene”.

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Al via il terzo Festival del Giornalismo Culturale, Dorfles: “Senza cultura non si fa informazione corretta” http://ifg.uniurb.it/2015/04/04/ducato-online/il-festival-di-urbino-e-limportanza-del-giornalismo-culturale-un-programma-ricchissimo-per-la-terza-edizione/69513/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/04/ducato-online/il-festival-di-urbino-e-limportanza-del-giornalismo-culturale-un-programma-ricchissimo-per-la-terza-edizione/69513/#comments Sat, 04 Apr 2015 09:43:06 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=69513 LEGGI  Il programma completo]]> Piero Dorfles

Piero Dorfles

URBINO – La terza edizione del Festival del Giornalismo Culturale, curata dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione e Discipline Umanistiche dell’Università di Urbino Carlo Bo, durerà quattro giorni: inizierà a Urbino giovedì  23 aprile e si sposterà a Fano dal sabato. Se la prima edizione è stata una panoramica generale dell’informazione culturale in Italia e  la seconda ruotava intorno al binomio crisi economica e informazione culturale, quella di quest’anno intende sviluppare  tre nuove tematiche: come la rivoluzione digitale sta ridefinendo il campo culturale,  la correlazione tra cultura e benessere e la centralità della figura di intermediario culturale.

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Alla sua terza partecipazione al festival, Piero Dorfles, giornalista, scrittore, conduttore televisivo e radiofonico, aprirà l’evento con una lectio che sarà orientata a chiedersi non tanto come funziona il giornalismo culturale, quanto di cosa si occupa.

Quali saranno le tematiche sviluppate nella sua lectio d’apertura?
“Cercherò di rispondere a un quesito difficilissimo: cosa si intende per giornalismo culturale oggi? Nel mio intervento proverò anche a illustrare come i diversi media intendono la comunicazione culturale. C’è una differenza sostanziale tra il giornalismo d’informazione e quello culturale. Il giornalismo culturale si occupa di fatti che non sono per forza caratterizzati dalla necessità, dall’urgenza e dall’immediatezza delle altre notizie e credo che in questo senso la rete abbia meno capacità di occuparsi di giornalismo culturale”.

L’esempio di Pagina99, noto per produrre contenuti culturali di qualità e costretto a chiudere, non riflette una tendenza secondo cui il giornalismo culturale non riuscirà a sopravvivere sulla carta stampata?
I siti internet e i blog che hanno lo stesso tipo di taglio dei più  grandi supplementi culturali della stampa, come era il sabato di Pagina99, tendono a uscire dallo schema della rete e piuttosto ripetono lo schema della carta stampata. In tal senso si può affermare che può sopravvivere quel modello di giornalismo, ma certo non ha niente a che fare con il mezzo sul quale si scrive. Perché scrivere un articolo di molte colonne o molte cartelle, come spesso avviene sui blog culturali, è esattamente quello che si fa sui giornali. Le due cose non si sostituiscono; si sovrappongono e per certi versi sono identiche. La rete può sostituire la grande stampa solo per l’informazione che richiede velocità, immediatezza e urgenza”.

Secondo lei in Italia c’è bisogno di testate o reti dedicate interamente alla cultura?
“Non ho mai pensato che ciò di cui abbiamo bisogno in Italia sia una rete interamente culturale. Quello di cui abbiamo bisogno realmente sono reti  che abbiamo stimoli culturali all’interno, che siano fatte di persone di cultura e che non occhieggino soltanto alla rincorsa degli ascolti”

Il Festival di Urbino può diventare un evento cardine del giornalismo a livello nazionale?
“Ho qualche dubbio che il giornalismo nazionale abbia come punto cardine la cultura e questo è il motivo per cui è giusto che il Festival di Urbino abbia tutta la rilevanza necessaria. Temo che si debba recuperare qualcosa che nel corso degli ultimi anni si è perso e cioè un’attenzione nazionale sui temi della cultura, che non sono affatto marginali come qualcuno crede, ma sono ben più centrali di molti altri. Senza cultura, infatti, non si fa informazione corretta, non si costruiscono lettori consapevoli di leggere e di decifrare le notizie e soprattutto credo che senza spinte culturali i Paesi tendano a raggiungere un livello di modesto sviluppo.

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Il Festival del giornalismo culturale si espande: non solo Urbino, ma anche Fano http://ifg.uniurb.it/2015/03/03/ducato-online/il-festival-del-giornalismo-culturale-si-espande-non-solo-urbino-ma-anche-fano/66989/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/03/ducato-online/il-festival-del-giornalismo-culturale-si-espande-non-solo-urbino-ma-anche-fano/66989/#comments Tue, 03 Mar 2015 10:50:55 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=66989 Da sinistra: la prof. Lella Mazzoli, insieme al sindaco di Fano Massimo Seri e al vice sindaco Stefano Marchegiani

Da sinistra: la prof. Lella Mazzoli, insieme al sindaco di Fano Massimo Seri e al vice sindaco Stefano Marchegiani durante la conferenza stampa

URBINO – Seminari e dibattiti, ma anche musica, cinema e teatro. Il Festival del giornalismo culturale si arricchisce di iniziative e rafforza il rapporto con il territorio. Quest’anno infatti la rassegna non sarà soltanto a Urbino – dove è nato – ma coinvolgerà anche Fano. La terza edizione, che inizierà il 23 aprile e finirà il 26, si occuperà di tre questioni: farà il punto su come la cultura viene raccontata su ciascun mezzo di comunicazione (carta stampata, web, radio e televisione), esplorerà le nuove tecnologie della narrazione e analizzerà i modi più efficaci di fare promozione culturale.

Il festival si espande. “Il coinvolgimento di Fano non è una perdita – spiega Lella Mazzoli, organizzatrice del festival e direttrice del dipartimento di scienze della comunicazione dell’Università di Urbino, durante la conferenza stampa al Palazzo civico di Fano – ma un’opportunità per estendere il festival sul territorio. Vorremmo che durasse più dei 4 giorni previsti, prevedendo una serie di eventi sul territorio durante l’anno e già per questa edizione estenderemo gli appuntamenti sul giornalismo culturale sia prima che dopo la manifestazione”. Il 6 marzo è infatti in programma la presentazione di Istruzioni per rendersi felici, l’ultimo libro di Armando Massarenti, responsabile del supplemento culturale Domenica de Il Sole 24 Ore, presso la biblioteca San Giovanni di Pesaro.

Prima del festival ci sarà anche un appuntamento – durante il quale si parlerà di Dante, Divina Commedia e filosofia – in collaborazione con la Columbia University di New York, mentre dopo il 26 aprile è in programma un incontro con Vincenzo Trione, curatore del padiglione Italia della Biennale di Venezia del 2015.

Le conseguenze della rivoluzione digitale. “Nella prima edizione – spiega Giorgio Zanchini, organizzatore del festival e giornalista di Radio Rai – abbiamo indagato sulla salute del giornalismo culturale, mentre nella scorsa ci siamo chiesti ‘con la cultura si mangia?’. Quest’anno invece vogliamo concentrarci sulla rivoluzione digitale, che ha modificato a 360 gradi le nostre vite e ha anche introdotto delle novità nel giornalismo culturale. Le nostre domande saranno: dov’è la cultura? E in quale medium la troviamo?”.

Al festival è stata invitata la città di Matera, capitale europea della cultura 2019.

Servizio di Andrea Perini, Anna Saccoccio, Jacopo Salvadori, Antonella Scarcella, Valentina Ruggiu, Rita Rapisardi, Martina Nasso

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Moscati: “Come Jep Gambardella, il giornalismo culturale è immobile, scollegato dalla realtà” http://ifg.uniurb.it/2014/04/26/ducato-online/moscati-come-jep-gambardella-il-giornalismo-culturale-e-immobile-scollegato-dalla-realta/62012/ http://ifg.uniurb.it/2014/04/26/ducato-online/moscati-come-jep-gambardella-il-giornalismo-culturale-e-immobile-scollegato-dalla-realta/62012/#comments Sat, 26 Apr 2014 17:16:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=62012 La dolce vita al protagonista de La grande bellezza: sono le metafore che il regista Italo Moscati usa per tracciare il suo ritratto di un giornalismo che in sessant'anni è rimasto legato alle commemorazioni di un passato che non ha saputo elaborare
Dorfles: "Bisogna stare sul mercato"]]>
Italo-Moscati2URBINO – È l’immagine di un Paese e di un giornalismo immobile, retrogrado, legato a un passato che non ha saputo elaborare quella disegnata da Italo Moscati. Nella lectio tenuta al teatro Sanzio, che ha aperto la sessione pomeridiana della seconda giornata del Festival del giornalismo culturale, il regista, autore e critico cinematografico ha tracciato un percorso che, dal cinema all’informazione, mette in risalto il manierismo della cultura italiana e il senso del “nuovismo” che fa perdere tempo. Una provocazione intuibile già dal titolo di quello che lui stesso ha definito un racconto e non una lectio: “Coccodrilli e sfere di cristallo. Il giornalismo culturale affascinato dalle commemorazioni e dal nuovismo anche senza futuro.

“I coccodrilli mi sono venuti in mente – spiega Moscati – pensando al 25 aprile. Quando Bologna fu liberata dall’occupazione nazista. Io ero lì, ero piccolissimo. Ho il ricordo di una città che non aveva luce elettrica, dove le case erano illuminate con le candele. Quando ci annunciarono l’arrivo delle truppe polacche ci affacciammo alle finestre e vedemmo una grande festa. La gente era in piazza, sotto i portici, esultava, erano tutti felici. Quella stessa mattina però rimasi impressionato dal fatto che nel nostro paese la morte avesse più importanza della vita: mentre la gente festeggiava la Liberazione, in radio venivano lette delle targhe funebri dei caduti in guerra”.

Moscati ha scelto un ricordo d’infanzia per affermare l’idea che oggi come ieri “la nostra stampa d’informazione culturale vive di suggestioni che vengono dal passato, che indugia sui caduti, sui lutti e sulle cose funebri”. E per esprimere questo senso di immobilismo dell’informazione culturale ha messo a confronto due grandi film che in modi diversi hanno raccontato la figura del giornalista italiano: La dolce vita di Federico Fellini e La grande bellezza di Paolo Sorrentino. “Cosa è cambiato da Marcello Rubini, giornalista che sembra quasi un Fabrizio Corona dei nostri tempi, a Jep Gambardella, l’uomo con l’identità fissata negli anni ’60 che non riesce a vivere nella contemporaneità?”, ha chiesto al pubblico Italo Moscati, rispondendo che “non è cambiato nulla, l’Italia immobile è ben espressa dal grandissimo senso di vuoto della Roma di Sorrentino”.

A questa immagine Italo Moscati ha voluto che la platea associasse una frase che Indro Montanelli pronunciò durante una sua intervista e che per lui è stata illuminante. “Montanelli disse di non ‘desolidarizzare con la propria generazione’, allora io mi sono chiesto quanti giornalisti, negli anni intercorsi tra Marcello Rubini e Jep Gambardella, hanno avuto il coraggio di farlo e portare avanti le proprie idee? Forse una frattura – afferma Moscati – c’è stata negli anni di piombo, gli anni in cui il giornalismo ha dovuto necessariamente staccarsi dalla letteratura e sporcarsi le mani con la cronaca, perché era la gente che lo chiedeva”.

La letteratura, che per Marcello Rubini era l’obiettivo della sua carriera, diventa in Jep Gambardella un fallimento espresso nell’insuccesso dell’unico libro pubblicato in gioventù. “Questa è la metafora di come la società italiana abbia iniziato a pretendere una necessità di verità che il giornalismo non ha potuto ignorare – ha detto Moscati – non solo abbandonando la letteratura, ma anche desolidarizzando con la propria generazione”.

Ma per il regista gli anni ’70 hanno comportato anche un’altra svolta del giornalismo in generale e di quello culturale in senso stretto: “Il nostro è un paese malato – ha detto – che giudica le cose non per la loro attualità, ma dalle interpretazioni preventive degli eventi. Tutto quello che viviamo ora lo viviamo perché c’è stato un manierismo giornalistico inqualificabile. Scalfari quando lanciò le pagine culturali de La Repubblica parlò di ‘una zona tranquilla dove si potesse fare cultura’, una zona neutra tra la politica e lo sport. Ma che cosa significa fare cultura se ci limitiamo alle recensioni dei libri e dei film? La cultura, più di ogni altra cosa, deve essere collegata all’attualità”.

Italo Moscati, che oltre a essere autore e regista è prima di tutto un giornalista, ha chiuso il suo racconto definendo festival e convegni sulla cultura una copertura che spesso mette davanti alla tragicità dell’informazione culturale italiana: “I giornali non danno nessuna soluzione, ratificano il principio di una democrazia che non sa più dove andare. Non siamo un paese alfabetizzato, siamo spettatori che non si fanno coinvolgere da nulla se non dai talk show. E io che ho cominciato come giornalista ho l’orgoglio di un giornalista che pensa che l’alfabetizzazione debba iniziare prima di tutto da se stesso”.

 

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Il Ducato – Inserto speciale: giornalismo culturale http://ifg.uniurb.it/2013/05/10/ducato/il-ducato-n-6-speciale-giornalismo-culturale/46489/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/10/ducato/il-ducato-n-6-speciale-giornalismo-culturale/46489/#comments Fri, 10 May 2013 14:05:28 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46489 [continua a leggere]]]> URBINO – Questa settimana in edicola con il Ducato, lo speciale dedicato al giornalismo culturale. All’interno delle quattro pagine potrete leggere le interviste a: Luca Sofri, @Iddio, Salvatore Veca


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Concita De Gregorio: “Giornalista deve parlare alla testa e al cuore della gente” http://ifg.uniurb.it/2013/05/05/ducato-online/concita-de-gregorio-giornalista-deve-parlare-alla-testa-e-al-cuore-della-gente/45503/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/05/ducato-online/concita-de-gregorio-giornalista-deve-parlare-alla-testa-e-al-cuore-della-gente/45503/#comments Sun, 05 May 2013 09:13:06 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45503 [continua a leggere]]]> URBINO – Si è concluso con l’intervento della giornalista di Repubblica Concita De Gregorio la prima edizione del Festival del giornalismo culturale di Urbino. Nell’intervista rilasciata al Ducato, la scrittrice racconta il ruolo del giornalista, che deve essere competente. E come l’informazione debba esaminare la realtà con occhio critico e restituire al pubblico una storia semplice e comprensibile a tutti, a prescindere dal mezzo.

Per quanto riguarda il web: “E’ uno strumento, non si può fare campagna contro uno strumento, sarebbe come fare una campagna contro un forno. Nessuna censura quindi ma la necessità di un controllo non deve essere un tabù”. Dietro quest’affermazione c’è quello che lei chiama ‘il caso Boldrini nel quale il presidente della Camera è stata soggetto di minacce e insulti violenti tramite i social network.


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Giocare con serietà: la nuova sfida degli inserti culturali http://ifg.uniurb.it/2013/05/04/ducato-online/giocare-con-serieta-la-nuova-sfida-degli-inserti-culturali/45290/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/04/ducato-online/giocare-con-serieta-la-nuova-sfida-degli-inserti-culturali/45290/#comments Sat, 04 May 2013 13:27:19 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45290 VIDEO]]>

“La vivace stagione degli inserti culturali”

URBINO – Pomodori, cotolette cotte male ma firmate Dolce e Gabbana, water dell’aeroporto di Amburgo con una mosca disegnata al loro interno: sembrano notizie utili per riempire i vuoti dei menabò, mentre sono pezzi delle nuove frontiere del giornalismo. Gli inserti culturali, cui oggi è stata dedicata una delle sei conferenze al Legato Albani, devono essere “autorevoli, ma anche giocosi – ha sottolineato Armando Massarenti, de IlSole24Ore – perché la cultura è continuazione del gioco”, capacità di coniugare i saperi con la ludicità.

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Una capacità non da giudicare come forzata apertura ad argomenti più bassi a causa delle sempre meno copie vendute, ma piuttosto da leggere al contrario, come spinta positiva contro l’autoreferenzialità che sta uccidendo il giornalismo culturale. Lo ha detto Roberto Danese, docente della Carlo Bo, riprendendo la lectio di Piero Dorfles che ha aperto la giornata di oggi, e lo ha ribadito Christian Raimo, scrittore e professore di storia e filosofia in un liceo romano.

“Parliamo solo tra di noi – ha sottolineato Danese – ghettizzandoci e impedendo un dialogo aperto con la gente”, mentre Raimo ha inserito l’autoreferenzialità tra le quattro malattie tumorali del giornalismo culturale, assieme all’ufficiostampizzazione, alla narrativizzazione e all’anticipazionismo. Questa è la più insensata, perché “un libro, a differenza di molti altri beni di consumo, è anticiclico”. Il confronto improvvisato da Raimo è tra un ipad e il romanzo di Moby Dick: se il valore del primo tra pochi mesi sarà diminuito, quello del secondo è aumentato nei secoli. Far leva su questo aumento di valore deve essere la nuova sfida dei giornalisti dediti alla cultura, in modo da “sfruttare competenze accademiche trasversali come l’analisi dei testi, senza far prevalere l’impressionismo”.

Il senso delle parole di Raimo è il vettore, l’anello di congiunzione tra i quattro interventi di questo incontro dal titolo “La vivace stagione degli inserti culturali”, per ricordare come la stagionalità della cultura sulla carta stampata, e non solo, debba essere piuttosto un continuum in eterna evoluzione. Fare giornalismo culturale è capacità di “resistere all’aria del tempo, migliorandone la qualità”. Lo ha detto Luca Mastrantonio dal Corriere della Sera, ricordando come “lo spazio culturale dovrebbe sempre essere abitato attivamente, affinché le lucciole di cui parlava Pasolini possano tornare tra i giornali”.

Ma come? Ad esempio twittando per raccontare in modo nuovo il naufragio del Titanic, o raccontando in versi episodi vissuti in Siria, come nei reportage di Franco Targhetta. Mai, invece, come nelle interviste di De Benedetti, “freelance de Il Giornale che se le inventava di sana pianta” – ricorda Raimo – e mai come la bufala di Gramellini a “Che tempo che fa”, dopo il danneggiamento del reattore nucleare di Fukushima nel 2011. Un vecchio operaio senza figli ammalatosi dopo essere andato a spegnere il reattore era in realtà il sindaco di un comune giapponese. Due esempi citati da Raimo per sottolineare come avvicinarsi alla ludicità non significhi rinunciare alla serietà e al fact checking troppo spesso assente nel giornalismo culturale.

Un giornalismo che deve imparare a godere dei cambiamenti, “a sfruttare l’informalità, il fatto che siamo tutti culturalmente bulimici e che sappiamo sempre più gestire compiti non finiti”. Tutto questo affinché si esca “da uno spazio tradizionale che rischia di soffocare”, come ha affermato Danese. Questo docente della Carlo Bo sogna classi di studenti che conoscano gli inserti culturali ed edicolanti che la domenica sappiano vendere la Lettura a chi chiede il Corriere della Sera. Uscire dallo zoccolo duro dei lettori tradizionali, aprirsi alle nuove tecnologie non per fare una fallimentare copia del cartaceo, ma come spazio nuovo e interattivo, dire no ai finti dibattiti e mai alle marchette, giocare senza mescolarsi alla stupidità: realizzare tutto questo è la grande aspirazione del giornalismo culturale italiano.

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Dalla terz@ pagina al web, orizzonti nuovi per il giornalismo culturale http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/dalla-terz-pagina-al-web-orizzonti-nuovi-per-il-giornalismo-culturale/43351/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/dalla-terz-pagina-al-web-orizzonti-nuovi-per-il-giornalismo-culturale/43351/#comments Tue, 16 Apr 2013 18:08:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=43351

La conferenza di presentazione del Festival del Giornalismo culturale

ANCONA – Presentata anche ad Ancona la prima edizione del Festival del giornalismo culturale che si terrà a Urbino il 3 e 4 Maggio. Scenografia dell’evento saranno i luoghi simbolo dell’arte e della storia della città: le sale di Palazzo Ducale e il Collegio Raffaello faranno da sfondo alla due giorni sui temi dell’informazione culturale, organizzata dal dipartimento di Scienze della comunicazione dell’Università e dalla Scuola di Giornalismo di Urbino.

Rapporto tra informazione mainstream e web, novità nell’informazione culturale e importanza degli inserti: questi i nuclei tematici che come un filo d’Arianna immaginario orienteranno le riflessioni di giornalisti, scrittori e accademici. Titolo dell’edizione è proprio “Dalla terz@ al web”: la chiocciola che sostituisce la lettera dell’alfabeto si carica di un grande valore simbolico per sottolineare il coinvolgimento del giornalismo culturale nella vertiginosa transizione che sta investendo il mondo dei giornali.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

“Il Festival del Giornalismo culturale – spiega Pietro Balducci, responsabile ufficio stampa di Banca Marche, che sponsorizza l’evento – potrebbe creare un indotto economico importante per tutta la regione”.

Secondo Lella Mazzoli, organizzatrice dell’evento e direttrice dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo, è “interessante far partire un’iniziativa del genere proprio da Urbino, culla di cultura e città universitaria da 500 anni”.

La terza pagina, nicchia culturale nata in Italia nel 1901 e scomparsa nel 1956, è ancora oggi alla ricerca di una propria dimensione. Storicamente legato a un pubblico élitario, il giornalismo culturale negli ultimi anni si è aperto a argomenti più fruibili, come i temi enogastronomici che saranno affrontati nella prima giornata di incontri.

Tra gli interventi più attesi, e probabilmente più pungenti, ci sarà “Un j’accuse al giornalismo culturale italiano” del critico letterario Piero Dorfles. Ma il vero cuore dell’edizione sarà il tentativo, nella seconda giornata, di fotografare la situazione dell’informazione culturale italiana. Giornalisti, scrittori, editori, sociologi, una rosa di professionisti provenienti da settori diversi discuterà sul tema, quasi a voler dimostrare che la cultura è il centro intorno a cui si muove un mondo più vasto di cui non fanno parte soltanto gli “addetti ai lavori”.

Alberto Notarbartolo, vicedirettore di Internazionale, fornirà “uno sguardo dell’aquila” sulla situazione del giornalismo culturale all’estero, aiutato da altri tre colleghi di El Mundo, Le Monde, Condè Nast Travel e El Pais. Finito il “viaggio europeo”, ne comincerà un altro tutto italiano attraverso quello che Alessandro Zaccuri ha definito “uno sguardo culturale sull’attualità”. “Noi italiani – afferma Lella Mazzoli – tendiamo a usare la cultura per analizzare il presente”.

A conclusione del festival, Piero Dorfles premierà personalmente il vincitore del concorso sul giornalismo culturale destinato a giovani giornalisti delle scuole e alunni delle scuole superiori. “In un momento di crisi profonda delle attività culturali – spiega Davide Rossi, assessore alla cultura della provincia di Pesaro e Urbino, che patrocina l’evento – il festival potrebbe regalare un momento di slancio alla città e all’intero territorio”.

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