il Ducato » gruppi editoriali http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » gruppi editoriali http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Giornalismo in crisi: tutti i numeri. In tre anni -3722 contratti di lavoro http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/giornalismo-in-crisi-tutti-i-numeri-in-tre-anni-3722-contratti-di-lavoro/51298/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/giornalismo-in-crisi-tutti-i-numeri-in-tre-anni-3722-contratti-di-lavoro/51298/#comments Thu, 13 Jun 2013 16:12:23 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51298 Cinque anni di crisi. Contratti di solidarietà in aumento del 193%. Centinaia di migliaia di copie di quotidiani perse. Investimenti pubblicitari che regrediscono ai livelli di ventidue anni fa. Albert Camus definì il giornalismo “il mestiere più bello del mondo”, ma probabilmente con i dati alla mano oggi avrebbe cambiato idea.

In Italia c’è una città grande come Ancona registrata negli albi dell’Ordine dei Giornalisti: è la città di quelli che hanno seguito Camus e armati di telecamere, pc, tablet e le intramontabili carta e penna, hanno deciso di cimentarsi con il giornalismo. I professionisti, ovvero i giornalisti che per legge devono vivere ‘esclusivamente di giornalismo’, sono 27.958. Di questi 7.646 hanno messo penna e calamaio da parte e sono andati in pensione, mentre 17.364 lavorano e versano regolarmente i contributi. Dato che la matematica non è un’opinione, rimangono 3.000 persone in cerca di un editore.

-3,8% I contratti di lavoro giornalistico persi nel 2012
-3722 Rapporti di lavoro giornalistico persi dal 2010 a oggi
-292 Licenziamenti, prepensionamenti e contratti non rinnovati nei quotidiani italiani nel 2012
+193% La crescita dei contratti di solidarietà nelle testate italiane nel 2012
+28,3% La crescita dei giornalisti in cassa integrazione
253 Prepensionamenti nel 2012

Stando ai dati dell’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) i pensionamenti sono aumentati del 4,3% rispetto al 2011, mentre è sceso del 3% il numero dei giornalisti con un contratto.

I dati più allarmanti riguardano la spesa che l’istituto di previdenza ha sostenuto per ammortizzatori sociali come disoccupazione, cassa integrazione e contratti di solidarietà. Con un +43,23% ovvero 7 milioni in più rispetto al 2011, l’Inpgi ha visto crescere la spesa per i trattamenti di disoccupazione del 9,02% rispetto all’anno precedente. La disoccupazione percepita dai giornalisti a causa di licenziamento è aumentata del 35%, e del 9,7% sono aumentati i trattamenti per disoccupazione in seguito a dimissioni.

Significativo è l’aumento del 193% dei contratti di solidarietà, ovvero quegli accordi stipulati tra l’azienda e i sindacati che prevedono meno ore di lavoro (e stipendi ridotti) per favorire le nuove assunzioni, senza ricorrere ai licenziamenti. Sono aumentate rispetto al 2011 anche le spese per la cassa integrazione, che costano all’Inpgi circa 3,6 milioni di euro. Tra i fortunati che sono riusciti a vivere grazie alla propria professione, 6.101 lavorano nel settore dei quotidiani (-1856 rispetto al 2008), 2872 nei periodici (nel 2008 erano 4000) e 935 lavorano nelle agenzie stampa (contro i 1316 del 2006). Non sono invece disponibili i dati scorporati di radio, tv e giornali online.

I numeri della diffusione dei quotidiani non sono più felici, anzi si tratta proprio di quelli più critici. Nella media generale la Fieg (Federazione italiana editori giornali) parla di un calo delle vendite pari al 6% nell’ultimo anno e al 22% dal 2007 a ora. Tradotto in carta, guardando i dati di Prima online, significa che La Repubblica e il Corriere della Sera, da sempre tra i più venduti nelle edicole, hanno perso insieme 463.948 copie. In particolare La Repubblica ha subito un calo di vendite del 42%, mentre il Corriere si ferma a -37%Il Fatto Quotidiano alla nascita vendeva 69.229 copie, oggi 54.035. Libero e Il Giornale hanno perso rispettivamente il 31% e il 43% delle copie.

Qualche segno positivo è rintracciabile tra i numeri dei settimanali, dove Vanity Fair è riuscita ad aumentare il numero di copie di 32.120 unità. Ma al di là di questa nota positiva, lo storico Oggi ha perso il 49%, Panorama il 45%, l’Espresso il 56%. Perfino Topolino – che è appena arrivato al numero 3000 – se la passa male, con un calo del 59%. In generale la stampa periodica ha registrato una riduzione ininterrotta di ricavi, che nel 2012 è arrivata al 9,5%.

Aggiungiamo anche che, proprio quello appena concluso è il primo anno in cui il segno meno è arrivato anche davanti al numero di chi i giornali li comprava tutte le mattine. Se finora l’aumento dei lettori era servito a compensare l’andamento negativo della diffusione delle vendite, adesso il calo di circa un 15% per i quotidiani e del 9,4% per i periodici rende ancora più difficile immaginare una ripresa, almeno in tempi brevi. Inoltre per la prima volta dal 2003, i fondi derivanti dalla pubblicità sono scesi al di sotto degli 8 miliardi di euro, che in termini reali significa una recessione ai livelli del 1991.  Ciò vale per tutti i mezzi di informazione eccetto internet, dove  gli investimenti sono cresciuti del 147%, anche in virtù dei bassi livelli di partenza e dei prezzi. Per tornare ai numeri: gli utenti unici del Corriere.it sono passati dai 963.605 di tre anni fa ai 1.168.112 dello scorso aprile, quelli di Repubblica.it sono 1.515.242, il 18% in più in un triennio. Numeri che non permettono di compensare, con gli introiti pubblicitari pari a 1,3 miliardi di euro, il crollo dell’advertising sulla carta stampata.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/giornalismo-in-crisi-tutti-i-numeri-in-tre-anni-3722-contratti-di-lavoro/51298/feed/ 0
Crisi Rcs, la sfida dei Cdr per salvare 800 posti di lavoro http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-la-sfida-dei-cdr-per-salvare-800-posti-di-lavoro/38878/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-la-sfida-dei-cdr-per-salvare-800-posti-di-lavoro/38878/#comments Mon, 18 Mar 2013 13:58:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38878 SCHEDA Recoletos, un autogol da 1,1 mld]]>

“Care lettrici e cari lettori, il giornale che state leggendo oggi è in edicola grazie al senso di responsabilità mostrato dai giornalisti del Corriere della Sera in forza degli avvenimenti eccezionali accaduti ieri”
(Comunicato sindacale del Cdr Corriere della Sera)

corriereseraEra l’11 febbraio, nelle redazioni dei quotidiani e dei periodici del gruppo Rcs probabilmente l’atmosfera era tesa. L’amministratore delegato Pietro Scott Jovane, insieme al capo del personale, aveva annunciato al Comitato aziendale europeo (Cae) il piano per lo sviluppo 2013-2015, che prevede anche l’esubero di 800 dipendenti, di cui 600 in Italia (tra questi 200 sono giornalisti), la vendita o la chiusura di 10 periodici e il trasloco del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport dalla storica sede di via Solferino.

L’avvenimento eccezionale, invece, era l’annuncio di Papa Benedetto XVI di voler interrompere il suo pontificato. Interessi contrastanti: da un lato il diritto di protestare per la tutela del proprio posto di lavoro; dall’altro il dovere di comunicare ai fedeli e non di tutto il mondo il perché di quel gesto storico. Ha vinto il senso del dovere e il Corriere della Sera, come le altre redazioni giornalistiche, ha iniziato un periodo di intenso lavoro per raccontare tutte le tappe di quell’evento, raro nella storia, che ha portato all’elezione del nuovo pontefice, Papa Francesco. Non è solo “il senso di responsabilità” della professione giornalistica ma anche e soprattutto la voglia intrinseca del giornalista di far parte della storia, anche quando avrebbe tutto il diritto di spegnere il computer e incrociare le braccia.

“Un attacco inaudito e inaccettabile da parte dei vertici di questa azienda (…). Una decisione gravissima che, se applicata fino in fondo, sfregerebbe irrimediabilmente l’identità del Corriere e delle altre testate del gruppo”
(Comunicato sindacale del Cdr Corriere della Sera)

La prossima tappa sarà il Consiglio di amministrazione del 27 marzo in cui, insieme all’assemblea dei soci, verrà delineato l’aspetto finanziario a supporto del piano per lo sviluppo 2013-2015, vale a dire chiarire quanto gli azionisti del patto sindacale saranno disposti a investire nel piano industriale di Jovane. E sembra essere proprio questo l’aspetto più delicato della vicenda Rcs. Il gruppo ha attualmente un indebitamento pari a circa 880 milioni di euro in scadenza tra ottobre e novembre prossimi: che significa otto mesi di tempo per decidere sulla ricostituzione del capitale.

Nel frattempo sta assumendo grande importanza il ruolo svolto all’interno delle redazioni dai rispettivi Comitati di redazione delle divisioni quotidiani e periodici. Dalla settimana scorsa hanno aperto dei tavoli negoziali con i dirigenti e si muovono su due fronti, con richieste in parte differenti, ma con un unico obiettivo: studiare e proporre progetti che favoriscano maggiori ricavi editoriali.

“La crisi del gruppo Rcs – spiega al Ducato Giuseppe Sarcina, membro del Cdr del Corriere della Sera – è una crisi in cui si intrecciano diverse componenti: di mercato, strutturale e finanziaria”. La componente di mercato è la crisi economica che ha portato i ricavi pubblicitari del gruppo, sia del Corriere che della Gazzetta che delle altre testate, in forte diminuzione.

Poi c’è la componente strutturale e cioè la trasformazione tecnologica che spinge i giovani a non leggere più i giornali e a spostarsi su nuove piattaforme: “Da gennaio l’Ads (Accertamento diffusione stampa) ha iniziato a contare anche le nostre copie diffuse sull’iPad ma è chiaro che l’online non dà gli stessi ricavi editoriali della carta, anzi per il momento ne dà zero, perché in Italia ancora nessuno ha sperimentato delle formule tipo il paywall o altri sistemi per far pagare ai lettori le copie digitali”.

Infine c’è la componente finanziaria: “E questo – continua Sarcina – è un problema specifico del gruppo Rcs, subentrato nel 2007 con l’acquisizione del gruppo editoriale spagnolo Recoletos, proprietario del primo quotidiano economico Expansion e il primo quotidiano sportivo Marca». L’intento era quello di creare “insieme a El Mundo, nel quale Rcs era già presente (dal 1999) con una quota, un polo di attività in Spagna che, però, è andato malissimo sia da un punto di vista dei risultati editoriali sia da un punto di vista finanziario”.

SCHEDA Un acquisto (sbagliato) da 1,1 miliardi

Un’operazione rischiosa e poco trasparente effettuata – stando all‘inchiesta che lo stesso Cdr del Corriere ha fatto e pubblicato come comunicato sindacale sul giornale – a prezzi di mercato più alti rispetto ai parametri dell’epoca (l’Rcs ha speso per la Recoletos 1,1 miliardi di euro) e all’ombra di intrecci d’interesse tra compratori e venditori. Uno specchietto per le allodole che “ha trasformando la Rizzoli da impresa sana e senza debiti – nel 2006, prima dell’acquisizione Recoletos, l’Rcs MediaGroup registrava un’utile netto di 219 milioni – a un’impresa molto indebitata (…) che pesa sulla gestione di oggi e ipoteca il futuro del gruppo”.

A questo punto ciò che il Cdr della sezione quotidiani si aspetta dal prossimo Cda di fine marzo è: un immediato aumento di capitale da parte degli azionisti e nuovi progetti editoriali per incrementare i ricavi dal digitale. Riguardo al primo aspetto ancora Sarcina spiega: “A ottobre sembrava che 400 milioni sarebbero potuti bastare, ma con l’aggravarsi della crisi riteniamo che servano almeno 700-800 milioni. Probabilmente ha ragione chi dice che sarà un aumento di capitale in due riprese, una subito di 400 milioni e una più avanti di 200-250 milioni”.

Ma la ricapitalizzazione da sola non basta. “Il problema fondamentale – continua Sarcina – è quello di trovare progetti per aumentare i ricavi. Se non si rompe l’incantesimo di Internet o del digitale a pagamento si può tagliare tutto quello che si vuole, ma nel giro di due o tre anni ci si ritrova allo stesso punto”.

Il piano industriale dell’ad Jovane prevede di far convergere carta e digitale, passando entro il 2015 a ottenere dalla carta il 75% dei ricavi totali del gruppo e dal digitale il 25% (oggi sono rispettivamente l’86% e il 14%).

Riguardo la questione degli 800 esuberi l’azienda ha escluso che si tratti di licenziamenti, anche se non ha chiarito se pensa a prepensionamenti o ad altro. Aspetto delicato che riflette l’incertezza della situazione politica nazionale, perché gli ammortizzatori sociali, previsti in stato di crisi secondo la legge fondamentale dell’editoria n. 416 del 1981, dal 2009 sono a carico dello Stato che mette a disposizione un Fondo statale per i prepensionamenti dei giornalisti, con un budget di 20 milioni di euro l’anno. Ma al momento la Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana) ha invitato i Cdr delle diverse redazioni a non firmare nessun tipo di accordo, perché pare che i soldi siano finiti.

Di altra natura è la questione cessione periodici. Sono 10 le testate del gruppo Rcs su cui l’amministratore delegato Jovane sta valutando l’ipotesi di vendita o chiusura: A, Brava Casa, Astra, Max, Ok Salute, l’Europeo, Visto, Novella 2000, Yacht & Sail e il polo dell’enigmistica. Anche qui c’è stata, ovviamente, una dura reazione del Cdr della divisione periodici che, definendo antisindacale il comportamento assunto dall’azienda, ha chiesto e ottenuto l’apertura di tavoli negoziali con l’ad Jovane per evitare la vendita.

“La cessione – spiega al Ducato Marco Persico, membro del Cdr Periodici – è antisindacale perché viola gli accordi presi, con l’attivazione dello stato di crisi, tra azienda e Cdr”. Accordi che furono siglati in seguito al fallimentare tentativo di vendita che Rcs mise in atto nel 2010  per otto testate, tra cui quattro (Astra, Max, Ok Salute e Novella 2000) rimesse in discussione anche adesso. All’epoca l’amministratore delegato era Antonello Perricone e fu con lui che la delegazione sindacale siglò gli accordi per l’attivazione dello stato di crisi, in vigore dal 20 gennaio 2012 al 15 febbraio 2014, come impulso ad un piano di riorganizzazione alternativo alle dismissioni.

Negli incontri di questi ultimi giorni, “l’azienda – afferma Persico – ha confermato l’intenzione di verificare la possibilità di vendere le 10 testate, ma si è detta disponibile a esaminare ogni proposta alternativa alla cessione. Noi pensiamo che la fase vada affrontata in un altro modo, senza mettere a rischio il valore di un patrimonio professionale enorme con operazioni di vendita dall’orizzonte discutibile. Parliamo sempre di 10 testate che costituiscono il 18-20% del fatturato dell’azienda e impiegano oltre 100 giornalisti”.

Le trattative ufficiali tra azienda e Comitati di redazione riprenderanno solo dopo il consiglio di amministrazione del 27 marzo. Giuseppe Sarcina ha confermato la possibilità di uno sciopero qualora le aspettative di una ricapitalizzazione da parte degli azionisti venissero disattese, mentre Marco Persico spera che dai tavoli negoziali di questa settimana si possa arrivare ad una soluzione più equilibrata. Abbiamo anche provato a contattare Pietro Scott Jovane, ma l’azienda in questa fase non rilascia dichiarazioni.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-la-sfida-dei-cdr-per-salvare-800-posti-di-lavoro/38878/feed/ 0
Crisi Rcs, l’acquisto (sbagliato) del gruppo Recoletos http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-lacquisto-sbagliato-del-gruppo-recoletos/38896/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-lacquisto-sbagliato-del-gruppo-recoletos/38896/#comments Mon, 18 Mar 2013 10:34:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=38896 [continua a leggere]]]>

L’acquisto del gruppo editoriale spagnolo Recoletos è la causa della grande crisi che ha investito il gruppo Rcs, almeno secondo le ricostruzioni effettuate dai giornalisti e dal Comitato di redazione del Corriere della seraQuella decisione ha causato l’indebitamento dell’azienda, che oggi ammonta a 880 milioni di euro.

Il Cdr e la redazione del Corriere hanno messo sotto la lente d’ingrandimento quell’acquisto, facendo una vera e propria inchiesta pubblicata poi sul giornale stesso, sotto forma di comunicati sindacale. Un’operazione, si legge, iniziata nel 2006 sotto l’ombra di intrecci di interessi tra azionisti del gruppo Rcs e venditori, una mancata trasparenza che è costata all’azienda una multa di 200mila euro da parte della Consob.

Ma facciamo un passo indietro, sempre seguendo l’analisi del Corriere.  Nel 2006 l’Rcs MediaGroup era una società in attivo con un utile netto pari a 219 milioni di euro e un indebitamento vicino allo zero. Il gruppo editoriale Recoletos invece, presente in Spagna con importanti testate tra cui il primo quotidiano economico Expansiòn e il primo quotidiano sportivo Marca, nel 2006 aveva un patrimonio netto di 35 milioni di euro e debiti per 272 milioni. Controllata dall’inglese Pearson, casa editrice del Financial Times, viene venduta prima alla finanziaria Retos Cartera che ne compra, per 743 milioni di euro, il 79% delle quote. Già in questo primo passaggio di consegne si registra un sovrapprezzo del 19% rispetto al reale valore di mercato del gruppo spagnolo. Un sovrapprezzo che cresce ulteriormente quando entra in gioco il gruppo Rcs che acquista il 100% delle quote di Recoletos per 1,1 miliardi di euro, ma con un perimetro aziendale ridotto perché non entra in possesso della testata free press Què!

L’operazione di acquisizione viene portata a termine nell’aprile del 2007, nonostante due mesi prima la Deutsche Bank ne avesse rilevato i rischi: “Deboli investimenti pubblicitari, aumento dei costi del lavoro e sovrapprezzo nell’operazione di acquisizione e fusione”. E nonostante la disapprovazione dell’allora amministratore delegato Vittorio Colao che si dimise lasciando il posto a Antonello Perricone.

Quello che segue è storia, con due stati di crisi varati nei quattro anni successivi all’acquisizione Recoletos e una grave situazione attuale in cui al forte indebitamento si uniscono le perdite dovute alla diminuzione dei ricavi pubblicitari. Un momento difficile per il gruppo Rcs dove un ruolo fondamentale è giocato dell’attuale amministratore delegato Pietro Scott Jovane, a lui il compito di ottenere un notevole aumento di capitale dai soci azionisti, rinegoziare un debito elevatissimo e fronteggiare la reale crisi industriale.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/03/18/ducato-online/crisi-rcs-lacquisto-sbagliato-del-gruppo-recoletos/38896/feed/ 0