il Ducato » Il Messaggero http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Il Messaggero http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Pochi giornalisti e redazioni: l’informazione a Urbino è dei giovani http://ifg.uniurb.it/2014/03/14/ducato-online/pochi-giornalisti-e-redazioni-linformazione-a-urbino-e-dei-giovani/59229/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/14/ducato-online/pochi-giornalisti-e-redazioni-linformazione-a-urbino-e-dei-giovani/59229/#comments Fri, 14 Mar 2014 12:05:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=59229 radio-urcaURBINO – Nella città ducale mancano la ferrovia e un negozio di elettronica, ma anche le redazioni. I quotidiani nazionali più letti nel territorio, come ad esempio il Messaggero, il Resto del Carlino e il Corriere Adriatico, hanno quasi tutti un solo corrispondente nella città ducale. A fare informazione (o anche solo intrattenimento) in modo continuativo sono soprattutto i giovani, legati o meno al mondo universitario, mentre scarseggiano giornalisti professionisti. È questa l’istantanea della rete informativa di Urbino, che molti giudicano insufficiente al punto da chiedersi se in città manchino abili cronisti o piuttosto non succeda nulla.

Un esempio di redazione in cui i giovani hanno un ruolo fondamentale è quello della testata online dell’università di Urbino Carlo Bo, gestita da alcuni membri dell’ufficio Relazioni con il pubblico dell’ateneo, ma che vanta anche una rosa di redattori composta da docenti e studenti. “Non facciamo cronaca cittadina – spiega Anuska Pambianchi, membro della redazione e giornalista professionista – cerchiamo piuttosto di parlare della città dal nostro punto di vista, partendo dagli spunti e dalle iniziative degli universitari”. Se, ad esempio, una ragazza calabrese studia a Urbino e vuole raccontare tutti i disagi e le difficoltà in cui si imbatte nei viaggi di ritorno a casa, UniurbPost le dà la possibilità di farlo.

Sempre dall’università arrivano i giovani di radio URCa, che il 12 ottobre 2014 festeggerà il suo settimo compleanno. “In questo periodo la nostra web radio è gestita da 15-20 persone – racconta lo station manager Giacomo Penserini – andiamo in onda ogni giorno e abbiamo nove programmi che affrontano temi di ogni tipo”. Da Hair Cream – interamente dedicato alla musica anni ’50 – a La casa dei ricordi, che permette agli ospiti invitati in studio di raccontarsi. “Purtroppo non abbiamo un giornale radio – spiega Penserini – ma vorremmo provare a dare a radio URCa una continuità che negli anni non ha avuto”. La maggior parte dei ragazzi, infatti, lascia Urbino dopo aver terminato gli studi e la redazione si è dovuta continuamente reinventare. Oggi i ragazzi di radio URCa ce la stanno mettendo tutta per riuscirci: “Una volta alla settimana facciamo la rassegna stampa, in cui due psicologi commentano le principali notizie nazionali – sottolinea il manager – allo stesso tempo ci occupiamo soprattutto di temi sociali e abbiamo invitato nei nostri studi le rappresentanti del centro antiviolenza di Pesaro-Urbino”.

Per il resto, l’unica redazione ancorata a Urbino – tra tutte quelle che coprono il territorio provinciale – è quella di Tele2000. Nata nel 1981 e attualmente composta da sei persone, questa piccola tv locale trasmette due telegiornali al giorno (alle 21 e alle 23.30) ed è la sola a occuparsi anche dei piccoli centri attorno alla città ducale, come Mercatello e Lamoli. Più ci si allontana dai confini della provincia, più diventa difficile trovare emittenti che si occupino di Urbino. “La nostra sede è ad Ancona e Urbino è molto scomoda da raggiungere – racconta un giornalista di ÈTv Marche – quindi seguiamo solo avvenimenti particolari o comunque legati alla Regione”.

Nel panorama radiofonico locale, la situazione non cambia molto. Radio Incontro, ad esempio, ha sede a Pesaro e va in onda con quattro notiziari al giorno, ma a Urbino dedica una media di 1-2 servizi alla settimana. “Fisicamente non veniamo quasi mai – spiega la giornalista Tania Stocchi – facciamo tutto telefonicamente. Seguiamo costantemente la pallavolo urbinate e, ultimamente, abbiamo anche dato più spazio alla politica. In occasione delle primarie Pd abbiamo ospitato in studio i quattro candidati”. Nella redazione di radio Città, Urbino arriva ancora di meno: tre giornali radio al giorno per una media di due servizi al mese dedicati alla città del Duca.

I quotidiani, online e non, per le notizie da Urbino tendono ad affidarsi a un solo giornalista, fatta eccezione per PU24.it. Questo giornale, che è solo sul web e che è nato nel settembre 2011, non solo ha un corrispondente per la cronaca e la politica locale, ma anche uno che si occupa esclusivamente della Robur Tiboni, la società sportiva che allena la squadra di pallavolo femminile urbinate. “Siamo gli unici a dare la cronaca dei risultati del volley e a fare gallery fotografiche delle partite in tempo reale”, sottolinea il direttore Gianluca Murgia.

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Edizione straordinaria: sono scomparse le notizie dalle prime pagine dei quotidiani http://ifg.uniurb.it/2014/02/19/ducato-online/edizione-straordinaria-sono-scomparse-le-notizie-dalle-prime-pagine-dei-quotidiani/57300/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/19/ducato-online/edizione-straordinaria-sono-scomparse-le-notizie-dalle-prime-pagine-dei-quotidiani/57300/#comments Wed, 19 Feb 2014 10:23:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57300 Analisi, commenti, approfondimenti, inchieste, opinioni politiche, previsioni economiche: se si apre un quotidiano nazionale (ma anche internazionale) si trova tutto questo (e anche di più). Ma le hard news, le notizie vere, quelle che una volta gli “strilloni” divulgavano agli angoli delle strade e facevano correre i cittadini a comprare il giornale, dove sono finite? Dall’altra parte dell’oceano atlantico la scomparsa delle notizie dalle prime pagine dei quotidiani è una questione molto dibattuta.

Proprio qualche settimana fa la public editor del New York Times,  Maragaret Sullivan, su segnalazione dei lettori, aveva “scoperto” che tra i sette titoli principali del suo giornale solo uno si poteva considerare hard news e aveva polemizzato col suo stesso giornale.

Ma esiste in Italia un problema di questo tipo? “I ritmi dell’informazione non sono più compatibili con la carta stampata – spiega Paolo Mancini docente di Sociologia della Comunicazione all’università di Perugia – già nel 2006 Travaglio aveva scritto un libro intitolato La scomparsa dei fatti. In Italia i giornali, ma anche i telegiornali, sono abituati a dare spazio alle dichiarazioni, si raccontano opinioni non fatti. I giornali sono costretti a fornire commenti e analisi perché le notizie le danno altre fonti”.

Noi abbiamo deciso di fare la stessa verifica fatta dalla Sullivan su 6 quotidiani italiani in tre giorni scelti in modo casuale:

Le analisi e gli approfondimenti hanno più del 50% dello spazio in prima pagina e le notizie sono difficili da isolare. Accanto al racconto della notizia infatti c’è sempre qualcos’altro e le cose si fanno ancora più chiare se si analizzano le prime pagine dopo un evento politico rilevante, come il vertice tra Renzi e Letta del 12 febbraio e il probabile avvicendamento tra i due alla guida del governo.

Ecco alcuni titoli:

– Pacco di coalizione (Marco Travaglio editoriale)
IL FATTO QUOTIDIANO

– La partita di Matteo (analisi di Claudio Tito)
LA REPUBBLICA

– Lo scontro fra due velocità (analisi di Mario Calabresi)
LA STAMPA

– Giochi pericolosi (analisi di Ernesto Galli della Loggia)
CORRIERE DELLA SERA

– Il retroscena: la notte del leader, conta da evitare ma stacco la spina
IL MESSAGGERO

– Enrico e Matteo, divorzio con sgambetti
IL MESSAGGERO

– Il grande imbalsamatore (cucù di Veneziani su Renzi)
IL GIORNALE

– Attento Matteo fare flop è facile (di Vittorio Feltri)
IL GIORNALE

Sono tutti esempi di notizia-analisi: la notizia c’è, ma si dà per scontato che il lettore già la sappia perché la televisione, la radio, i siti di informazione o i social network l’hanno già data prima. Così si passa direttamente allo step successivo, quello dell’approfondimento. Stessa cosa succede ai giornali il giorno successivo, quando le indiscrezioni sulla staffetta Renzi-Letta sono diventate una realtà.

– Dentro la crisi: 4 approfondimenti ( Matteo ai suoi “no ai brindisi qui si rischia” L’esecutivo che spaccò il centrodestraVecchi alleati e nuovi patti per la svolta– Domenica già possibile l’incarico)
CORRIERE DELLA SERA

– Renzi si nomina premier (Il Pd licenzia Letta che si dimette. Nasce il governo del segretario. La nuova era politica parte col trucco. E riserverà colpi di scena)
IL GIORNALE

– “Ambizione smisurata” ma Renzi quanto dura?
IL FATTO QUOTIDIANO

– La forza di un gesto e le sue incognite (L’analisi di Carlo Fusi)
IL MESSAGGERO

– L’eterna anomalia italiana (di Cesare Marinetti)
LA STAMPA

– L’azzardo dell’acrobata (di Ezio Mauro)
LA REPUBBLICA

Nei quotidiani apertamente schierati come Il Fatto Quotidiano e Il Giornale la ricerca della notizia è una partita persa in partenza, o comunque molto difficile da giocare perché anche quando le notizie ci sono stanno talmente nascoste dietro l’editoriale del direttore, o il pezzo analitico di qualche firma illustre che sono quasi impossibili da vedere. Ma in realtà “tutti i giornali per non morire devono spostarsi sull’approfondimento e l’analisi – spiega il professor Mancini – anche quelli meno schierati come il Corriere della Sera. Poi il lettore sceglie in base ai suoi gusti ma sa già quello che troverà”. Come dire che la notizia sul giornale c’è ma deve essere condita da qualcos’altro che piaccia agli utenti (notizia e analisi della notizia, approfondimento sulla notizia stessa o commento illustre sempre restando nei “pressi” della notizia).

Questa “commistione di genere”, tratto caratteristico del giornalismo italiano, ha radici profonde: “Il modello mediterraneo, ripreso dal giornalismo in Italia, è un tipo di giornalismo indirizzato a pochi educati che fornisce approfondimenti, commenti e interpretazione dei fatti. Non è per tutti, è nato per essere elitario” spiega il professore.

Tornando alla polemica scoppiata di recente tra i lettori del New York Times, viene da chiedersi perché i cittadini americani si siano lamentati mentre in Italia la prassi è accettata e ben digerita. Probabilmente c’è anche il fatto che in Italia non c’è nessuno con cui potersi lamentare e che faccia solamente l’interesse dell’utente perché il “garante del lettore”, la Margaret Sullivan nostrana, non esiste. Ma più importante, il lettore anglosassone è abituato a un tipo di giornalismo freddo e molto più rigido del nostro (la famosa regola delle 5 W, la base del giornalismo anglosassone: who, what, when, where, why). Solo fatti, niente opinioni. Mentre “in Italia il giornalismo è sempre stato giornalismo d’opinione, qui il pubblico è sofisticato e vuole approfondimenti. Basti guardare Repubblica -  conclude Paolo Mancini – è un giornale nato per dare opinioni, non notizie”.

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Pesaro photo festival: tra gli scatti c’è anche Urbino http://ifg.uniurb.it/2013/05/23/ducato-online/pesaro-photo-festival-tra-gli-scatti-ce-anche-urbino/48441/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/23/ducato-online/pesaro-photo-festival-tra-gli-scatti-ce-anche-urbino/48441/#comments Thu, 23 May 2013 15:11:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=48441

Il nevone di Urbino nel febbraio 2012, foto di Leonardo Mattioli

URBINO – C’è anche il nevone di Urbino tra gli scatti dei fotoreporter Luca Toni e Leonardo Mattioli che verranno esposti sabato 25 e domenica 26 maggio a Palazzo Gradari a Pesaro, in occasione della VI edizione del Pesaro photo festival. La doppia mostra è aperta con orario continuato dalle 9.30 alle 19.

L’obiettivo dell’evento è quello di far ripercorrere ai visitatori 13 anni di storia della provincia, attraverso un racconto per immagini. Leonardo Mattioli, del Resto del Carlino, esporrà al piano nobile la mostra “Testimone del tempo” e porterà, tra le altre, una foto della nevicata del 2012 a Urbino e una della mostra “Città ideale” che si è tenuta l’anno scorso a palazzo Ducale.

La mostra “La città ideale” a Palazzo Ducale, foto di Leonardo Mattioli

Luca Toni, di Messaggero e Corriere Adriatico, terrà invece l’esposizione dal titolo “2000-2013, un racconto digitale” nel chiostro, e anche lui dedicherà alcuni scatti al nevone ed altri alla laurea ad honoris causa conferita dall’Università di Urbino a Valentino Rossi nel 2005.

L’iniziativa è organizzata dai Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa) di Pesaro e Urbino e dal “Cna comunicazione” (dedicato al mondo dell’immagine e della fotografia) con il contributo della Camera di commercio provinciale.

 

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I centomila volti della Verità, il convegno a Urbino con Morosini e Menichelli http://ifg.uniurb.it/2013/05/08/ducato-online/i-centomila-volti-della-verita-il-convegno-a-urbino-con-morosini-e-menichelli/46110/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/08/ducato-online/i-centomila-volti-della-verita-il-convegno-a-urbino-con-morosini-e-menichelli/46110/#comments Wed, 08 May 2013 07:27:19 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46110 URBINO – “Agnese Borsellino è morta e raggiunge il suo Paolo. Adesso anche lei saprà finalmente la verità”. Questo è il messaggio che qualche giorno fa, subito dopo la morte della moglie del magistrato palermitano ucciso nel luglio del 1992, è rimbalzato in Rete. La ricerca della verità viene perseguita in maniera differente a seconda da chi la cerca. Concorre alla costruzione di una coscienza collettiva ed è più attendibile se fondata su un pluralismo fatto di soggetti con identità molto diverse tra loro.

Per questo il nome dell’incontro di ieri pomeriggio al Rettorato dell’Università di Urbino, “Una nessuna, centomila: le facce della verità. La verità processuale, la verità dei fatti, la Verità”, ricalcando il titolo di una famosa opera di Pirandello, ben esprimeva le multiformi accezioni e i significati che il termine può assumere nella società contemporanea.

Più voci a testimoniare porzioni e visioni attorno al tavolo di discussione: quella di due giornalisti, un magistrato e un ecclesiastico. Legati in vario modo al concetto di verità. Introdotto dai direttori dei dipartimenti che hanno organizzato l’incontro: Paolo Pascucci per il dipartimento di Giurisprudenza e Lella Mazzoli per quello di Scienze della Comunicazione.

A parlare di uno dei grandi desiderata della professione giornalistica Giancarlo Ghirra, segretario dell’Ordine nazionale dei giornalisti e Franco Elisei, direttore de Il Messaggero di Pesaro. “Nella vita ordinaria ci sono tante verità: scomode, su misura – ha spiegato Elisei – interiori, esteriori e sostanziali, per capirci verità dei fatti. Ma al di là della definizione dei diversi tipi di verità mi pare sia corretto porre l’accento del discorso su quella che mi sembra un’esigenza di trasparenza”.

L’ottenimento della verità, infatti, secondo Ghirra è un’aspirazione del giornalista, che muovendosi in condizioni di approssimazione, può avere difficoltà a raggiungerla. Ma secondo entrambi ciò che non deve mai venir meno è la preparazione e la correttezza etica e deontologica: “Non dobbiamo essere burattini nelle mani di un burattinaio – ha aggiunto Elisei – né essere portatori sani di bugie altrui. Neanche la buona fede può essere una giustificazione”.

La verifica puntuale dei fatti è imprescindibile per lo svolgimento della professione giornalistica, tesa a fornire un servizio al cittadino che solo se informato può essere libero. Muoversi eticamente nel mondo del giornalismo, però, può presentare qualche difficoltà secondo il segretario dell’Ordine, soprattutto in un paese che si posiziona al cinquantasettesimo posto per libertà di stampa. “Il giornalismo italiano è malato – ha detto Ghirra – perché nel nostro Paese non esiste il cosiddetto editore puro. Ci sono troppi conflitti di interesse che condizionano la stampa. E’ difficile per il giornalista far cadere questi vincoli. Per questo per me è importante lottare anche contro leggi come la legge bavaglio: non per dare un potere corporativo alla categoria dei giornalisti ma per fare in modo che svolgano un servizio corretto nei confronti dei cittadini”.

L’accertamento dei fatti e l’avvicinarsi quanto più possibile alla verità richiede una preparazione che forme di giornalismo dal basso, come il citizen journalism, non possiedono. “Il giornalista seleziona, filtra, divide notizie calunniose da notizie reali – ha affermato Ghirra – esercita una professione eticamente difficile. Per questo una legge adesso ci impone una formazione permanente”.

Il giudice Piergiorgio Morosini

La responsabilità e la tragicità della ricerca di una verità che può sacrificare vite individuali o collettive è emersa anche dal discorso del giudice Piergiorgio Morosini che ha evidenziato la fragilità della verità giudiziaria. “Crediamo sul serio, come pensava Cesare Beccaria, – ha detto Morosini – che il giudice sia un imparziale e indifferente ricercatore del vero? Non è così. Il giudice in quanto uomo è un individuo sottoposto a condizionamenti di vario tipo e la verità giudiziaria è una verità particolarmente probabilistica oltre che molto limitata. Basti pensare che emerge dalla valutazione non di fatti ma di fonti di prova”.

Ogni giudice porta dentro di sé, secondo Morosini, un bagaglio di ideologie che permeano i suoi pensieri. E quandanche queste ideologie restassero fuori da lui, rientrerebbero in aula sotto forma di leggi o opinioni. “Il fine di un processo non è soltanto l’ottenimento della verità, l’incriminazione dei responsabili, la difesa della società – ha continuato il giudice – ma contano anche la dignità e la civiltà dello strumento utilizzato per ottenere la verità. Quest’ultima si costruisce con una serie di indizi che convergono verso un risultato. Per questo può essere così labile”.

“L’estate scorsa è stato il periodo in cui si è più parlato delle intercettazioni di Napolitano e Mancino – ha spiegato Morosini – rivendicando trasparenza. Ma come se ne è parlato? In termini di gossip. A nessuno importava veramente scoprire cosa è successo nella stagione delle stragi e questo è un problema, perché molto spesso nel nostro Paese si sviluppano due processi paralleli di cui uno sui mezzi di comunicazione. Tutto questo con l’aggiunta delle pressioni di vari poteri ostacola l’accertamento dei fatti: basti pensare che il processo sulla strage di via D’Amelio per anni si è mosso su verità giudiziarie parziali o su depistaggi”.

Monsignor Menichelli, Giancarlo Ghirra e Franco Elisei

Una voce fuori dal coro del “relativismo” della verità – o quantomeno della sua eterogeneità – è stata quella dell’arcivescovo di Ancona, monsignor Edoardo Menichelli, che ha sottolineato come la società contemporanea sia approdata a conclusioni poco rallegranti che si basano sul presupposto che la verità in fondo non esista. “Si tratta di una situazione esistenziale – ha detto Monsignor Menichelli – inzuppata in una solitudine incredibile, che crea una diffusa incomunicabilità. E’ l’epoca del relativismo assoluto, del ‘per tutto c’è un’altra verità’. Invece bisognerebbe per prima trovare la verità dentro noi stessi, avere il coraggio di dirsi la verità, ovvero che siamo infinitamente piccoli”.

Un percorso esistenziale, quello promosso dall’arcivescovo di Ancona, che si muove sui binari della sapienza e della libertà. Binari sui quali passerebbe anche il coraggio di scavare dentro di sé. “Sant’Agostino – ha aggiunto Monsignor Menichelli – diceva che non cerca se non chi è cosciente della propria povertà . Oggi siamo dentro una tortura della non verità, perché di verità ce ne sono centomila. E questo succede perché abbiamo tolto il punto di riferimento, abbiamo messo in soffitta  la sorgente della verità e con questa anche la nostra identità”.

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Una, nessuna, centomila verità. Tavola rotonda domani al Rettorato http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-notizie-informazione/una-nessuna-centomila-verita-tavola-rotonda-domani-al-rettorato/45713/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-notizie-informazione/una-nessuna-centomila-verita-tavola-rotonda-domani-al-rettorato/45713/#comments Mon, 06 May 2013 14:18:21 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45713 [continua a leggere]]]> URBINO – Una tavola rotonda dal titolo “Una, nessuna, centomila: le facce della verità. La verità processuale, la verità dei fatti e la Verità”: questo è l’evento organizzato dai dipartimenti di Giurisprudenza e da quello di Scienze della Comunicazione dell’Università di Urbino per domani alle 17 nell’Aula Magna del Rettorato.

A discutere delle diverse etichette applicabili al concetto di verità, che sfumano il significato e lo ricompongono in maniera ogni volta nuova, saranno il giudice Piergiorgio Morosini, Giancarlo Ghirra, segretario del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Franco Elisei, direttore de Il Messaggero di Pesaro oltre all’arcivescovo di Ancona, Monsignor Edoardo Menichelli e all’avvocato Gianluca Sposìto.

Apriranno l’incontro insieme al rettore Stefano Pivato i direttori dei due dipartimenti organizzatori, Paolo Pascucci e Lella Mazzoli.

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“Tracciantimafia”, giornalisti minacciati. Secondo incontro l’11 aprile a Giurisprudenza http://ifg.uniurb.it/2013/04/09/ducato-notizie-informazione/tracciantimafia-giornalisti-minacciati-secondo-incontro-l11-aprile-a-giurisprudenza/41854/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/09/ducato-notizie-informazione/tracciantimafia-giornalisti-minacciati-secondo-incontro-l11-aprile-a-giurisprudenza/41854/#comments Tue, 09 Apr 2013 12:41:48 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=41854 [continua a leggere]]]> URBINO – Secondo appuntamento del ciclo di seminari  “TRACCIANTIMAFIA – più forti del silenzio” promossi dall’Università di Urbino. Giovedì 11 aprile alle ore 11.00 la facoltà di Giurisprudenza ospiterà l’incontro “Il silenzio è omertà. Giornalisti nel mirino delle mafie moderne“; ospiti i giornalisti Giacomo Di Girolamo e David Oddone, Alessandro Bondi,  professore di Diritto penale all’università “Carlo Bo”, avrà il ruolo di moderatore.

David Oddone è  coautore del libro “Mafie a san Marino” e ha lavorato con La Voce di Romagna e Il Messaggero. Occupandosi di criminalità, infiltrazioni mafiose e reati finanziari, Oddone è stato vittima di intimidazioni anonime e di una minaccia di morte, soprattutto dopo che i suoi servizi sono stati ripresi dai quotidiani come il Corriere della Sera e il Sole 24Ore, e a seguito della sua partecipazione alle trasmissioni Ballarò ed Exit.  Attualmente è caporedattore della Tribuna Sammarinese.

Ad affiancarlo nel dibattito ci sarà Giacomo Di Girolamo, direttore di Marsala.it e  di radio Rmc101 della provincia di Trapani nonchè collaboratore con la Repubblica, Il Sole 24 Ore e I Siciliani giovani. Nel 2010 ha pubblicato ‘Matteo Messina Denaro. L’invisibile‘.

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Il Messaggero-Corriere Adriatico: prove di…convergenze parallele http://ifg.uniurb.it/2013/02/07/ducato-online/il-messaggero-corriere-adriatico-prove-di-convergenze-parallele/33840/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/07/ducato-online/il-messaggero-corriere-adriatico-prove-di-convergenze-parallele/33840/#comments Thu, 07 Feb 2013 17:28:14 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=33840

Da una settimana chi va in edicola per comprare il Corriere Adriatico, lo storico quotidiano di marchigiano, riceve anche il dorso nazionale del Messaggero. Dal giornalaio come al supermercato: prendi due paghi uno. Per la verità una minima differenza c’è. Il giornale che gli anconetani chiamano affettuosamente “il bugiardò” dal 1 febbraio non costa più cifra tonda (1 euro), ma un euro e 20 centesimi. Per certi aspetti, per chi mastica un po’ le vicende editoriali della nostra regione, la cosa era prevista e prevedibile.

Il Messaggero (quotidiano romano) e il Corriere Adriatico dal 2004 sono di proprietà dello stesso editore, il Gruppo Caltagirone. Semmai c’era da stupirsi per quanto avveniva in precedenza e cioè che le due testate operassero nello stesso territorio facendosi aperta concorrenza. Non solo, ma fino a ieri l’editore applicava una babele di prezzi legata a scelte commerciali che tentavano di far convivere nella stessa casa due fratelli che per carattere, età, modo di pensare e di ragionare andavano d’accordo solo per far piacere al papà.

Facciamo un esempio: un pendolare senigalliese, affezionato lettore del Corriere Adriatico per avere il suo giornale pagava un euro. Ma pochi chilometri più in là (ad esempio a Marotta, provincia di Pesaro), comprando lo stesso giornale avrebbe avuto, a prezzo invariato, anche il Messaggero nazionale. Lo stesso editore, sempre nella piazza pesarese vendeva il Messaggero con la sua cronaca locale, a 50 centesimi. Stessa storia – per fare un altro esempio – anche per un pendolare di Loreto. Se comprava il Corriere nella sua città pagava un euro, ma se andava nell’edicola dall’altra parte della strada (territorio di Recanati) con la stessa moneta portava a casa il Corriere e il Messaggero nazionale. Nel Maceratese il Messaggero con la sua cronaca locale era venduto a 70 centesimi, 20 in più rispetto a Pesaro, Ancona e Ascoli. Insomma, un guazzabuglio che ai più appariva senza senso.

Ora almeno la situazione è più chiara. Il Messaggero con la sua cronaca locale costa 80 centesimi in tutte le Marche, mentre il Corriere Adriatico, distribuito “a panino” assieme alla parte nazionale del Messaggero, costa ovunque un euro e 20 centesimi. Dopo quasi dieci anni l’editore indica una strada nuova che dovrebbe portare a sinergie per dare un prodotto migliore a costi più bassi. Ma è proprio questa parola (sinergia) che preoccupa le redazioni dei due giornali. Il Corriere Adriatico, con la sua storia pluricentenaria, è un patrimonio di questa regione. Grazie alle ampie pagine di cronaca e a una capillare informazione sportiva ha conquistato la fetta di pubblico più popolare. I suoi lettori difficilmente accetterebbero un cambio di identità che significa anche stile, modo di ragionare, di raccontare i fatti. Sarebbe come sradicare una pianta secolare per trapiantarla altrove. Il passaggio avrebbe certamente delle conseguenze. In questo settore, difficile, complesso e profondamente in crisi, quasi mai 2 + 2 ha come somma 4. In altre parole se i due giornali dovessero unirsi, una buona fetta di lettori potrebbe trasmigrare verso il concorrente storico di entrambi, cioè il Resto del Carlino.

L’editore, per ora, ha dato piena assicurazione alle redazioni e al Sindacato dei giornalisti: non cambia nulla nell’organizzazione e negli organici. Il Messaggero mantiene le sue redazioni e piena garanzia anche per il Corriere che, altro controsenso, conserva anche la sua parte di cronaca nazionale e internazionale. Il Messaggero però ha chiesto lo stato di crisi che porterà inevitabilmente a tagli e sacrifici. Ma – secondo fonti dell’editore – i due fatti (stato di crisi e “panino” nelle Marche) non hanno alcuna attinenza o connessione.

I giornalisti non nascondono le loro riserve e le loro preoccupazioni: “Corriere Adriatico e Il Messaggero – ha detto Franco Elisei, responsabile della redazione di Pesaro del giornale romano – hanno sviluppato un percorso parallelo, autonomo e indipendente. Fra i giornalisti c’è sempre stato rispetto, leali rapporti di colleganza, ma anche sana competizione. Un cronista che ha una notizia in esclusiva non la passa di certo all’altro giornale per il solo fatto di appartenere allo stesso Gruppo editoriale”.

La redazione del Corriere Adriatico, dopo la comunicazione del “panino” su scala regionale, si è riunita in assemblea e, tramite i suoi rappresentanti sindacali, ha chiesto e ottenuto un incontro con i vertici del gruppo che dovrebbe essere fissato a breve. Il quotidiano di Ancona ha appena chiuso uno stato di crisi che ha portato alla riduzione dell’organico di sei unità (tre prepensionamenti, due passaggi al Messaggero e una dimissione spontanea).

“Abbiamo avuto anche la prematura scomparsa del collega Luca Animobono – ci ha detto il Segretario regionale del Sindacato giornalisti, Roberto Mencarini – per cui abbiamo sette redattori in meno. Per il momento non dovremmo avere contraccolpi. La situazione è stabile, ma c’è sempre il timore dietro l’angolo che tra qualche anno si possa tornare attorno a un tavolo a discutere dei bilanci in rosso dopo le attuali scelte dell’editore”.

Di fatto la concorrenza tra i due quotidiani non si è attenuata, considerando anche i prezzi di vendita. Il lettore che vorrà acquistare il Corriere Adriatico dovrà sborsare 1,20 euro, portando a casa anche l’edizione nazionale del Messaggero. Ma la fedeltà dei lettori del quotidiano di Ancona dovrà misurarsi con la convenienza di acquistare il solo Messaggero con l’edizione locale della propria provincia a soli 80 centesimi. Si potrebbero anche comprare, con due euro, entrambi i giornali, con tanto di edizione locale del Messaggero, ma a questo punto si avrebbero due copie del nazionale di dubbia utilità. E in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo sono sempre meno coloro che acquistano stabilmente un quotidiano, figuriamoci due. Anche i 20 centesimi in più, per i lettori del Corriere Adriatico, potrebbero diventare un problema.

La sensazione di molti è che le scelte attuali dell’editore Caltagirone siano solo una fase di passaggio per una sinergia molto più spinta che porterebbe inevitabilmente a chiusure di redazioni e ulteriore ridimensionamento di organici. Con una visione più lungimirante si potrebbe anche ipotizzare una strategia più aggressiva e quindi una espansione territoriale. Il Messaggero garantirebbe un buon fascicolo nazionale, il Corriere Adriatico, potenziato sul territorio, potrebbe specializzarsi nella cronaca locale allargando la sua area di influenza. Lo stesso testata non prende come riferimento le Marche, ma l’Adriatico.

Per ora l’unica preoccupazione dell’editore sembra quella di tagliare i costi. Con lo stato di crisi del Messaggero avrebbe previsto sei prepensionamenti nelle redazioni marchigiane che sono già all’osso. E sono proprio le scelte dell’Azienda, al di là delle astratte assicurazioni, a preoccupare i giornalisti e il Sindacato che li rappresenta.

“L’esperienza – ha detto ancora il Segratario del Sigim, Roberto Mencarini – ci impone di essere diffidenti. Con gli stati crisi il gruppo Caltagirone ha sempre agito solo sulla leva dei costi, tagliando i redattori dipendenti art.1 e quelli più anziani che hanno stipendi più alti. Se allo stato di crisi non seguirà anche un piano di riorganizzazione e sviluppo potremmo avere qualche brutta sorpresa sul destino di alcune redazioni”.

Comitati di redazioni e Sindacato hanno aperto un dialogo e un confronto con l’Azienda. Per ora non sono state prese iniziative sindacali: è un segnale di distensione e di collaborazione, ma con un distinguo critico e un impegno a non abbassare la guardia. C’è preoccupazione e disorientamento anche fra i collaboratori, cioè i tantissimi giornalisti pagati “a pezzo” (sarebbe più giusto dire sottopagati) che sono la vera ossatura dei giornali. Il restyling grafico fatto dal Messaggero nei mesi scorsi ha già portato a una riduzione degli spazi e quindi alle loro opportunità di lavoro. Le scelte attuali non sembrano orientate a invertire la tendenza e – è ormai arcinoto – quando si tratta di tirare la cinghia i primi a doverlo fare sono sempre i più deboli e i meno tutelati.

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