il Ducato » Inpgi http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Inpgi http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Equo compenso: dopo tre mesi dalla Fieg ancora nessun nome http://ifg.uniurb.it/2013/06/03/ducato-online/equo-compenso-dopo-tre-mesi-dalla-fieg-ancora-nessun-nome/49508/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/03/ducato-online/equo-compenso-dopo-tre-mesi-dalla-fieg-ancora-nessun-nome/49508/#comments Mon, 03 Jun 2013 15:47:26 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49508 LEGGI ANCHE Equo compenso: ecco chi decide
La protesta dei precari]]>
URBINO – È ancora al palo la Commissione che ha il compito di stabilire l’equo compenso per i giornalisti freelance e i collaboratori  sprovvisti di un contratto da lavoratore subordinato. Sono passati più di tre mesi dalla prima riunione della commissione, dopo l’approvazione della legge 233/2012 ma la Fieg (federazione italiana editori di giornali) dopo 100 giorni non ha ancora nominato il suo delegato unico.

In vista della riunione che si terrà il 13 giugno, il nuovo sottosegretario all’Editoria del governo, Giovanni Legnini,  ha strigliato il sindacato degli editori con  una dura lettera: fare una scelta subito,  questo il contenuto del messaggio.

Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, ha riportato oggi la notizia su Facebook  (in foto).  “Cento giorni rubati alla vita di migliaia di colleghi”, scrive sul social network.

La commissione è presieduta dal sottosegretario all’editoria Giovanni Legnini ed è composta da Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani), Giovanni Rossi, segretario generale della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana) e dallo stesso Enzo Iacopino. L’unico nome che manca è proprio quello espresso dal sindacato degli editori, quelli cioè che in futuro dovranno rispettare il vincolo imposto di un ‘prezziario’ o comunque di un minimo compenso per la prestazione giornalistica.

Francesco Cipriani, responsabile dell’area lavoro e welfare della Federazione,  contattato a inizio maggio dopo la nomina di Legnini, aveva detto che la riunione per la scelta del delegato sarebbe avvenuta entro pochi giorni. “È come chiedere a Confindustria, Confapi, Confartigianato, quattro, cinque associazioni di designare un unico rappresentante” aveva dichiarato a fine aprile Arcangelo Iannace, responsabile relazioni esterne dell’associazione degli editori.

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Lavoro subordinato e autonomo: le giornaliste crescono del 97% e 300% http://ifg.uniurb.it/2012/03/07/ducato-online/lavoro-subordinato-e-autonomo-le-giornaliste-crescono-del-97-e-300/27723/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/07/ducato-online/lavoro-subordinato-e-autonomo-le-giornaliste-crescono-del-97-e-300/27723/#comments Wed, 07 Mar 2012 17:14:17 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27723 URBINO – Giornalismo sempre più al femminile. In dieci anni le donne sono aumentate del 97% nel lavoro subordinato e di quasi il 300% nel lavoro autonomo.

LEGGI Donne e giornalismo, quei pochi nomi ai vertici
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LAVORO SUBORDINATO – Le giornaliste iscritte all’Inpgi passano da 5.592 nel 2000, a 8.508 nel 2005 a 11.016 nel 2010, 422 in più rispetto all’anno precedente. Di contro gli uomini sono aumentati di quasi il 43% (da 10.874 a 15.536). La crescita rosa è costante e piuttosto equilibrata, ma mentre dieci anni fa le donne erano poco più della metà rispetto al numero degli uomini, nel corso degli anni hanno diminuito lo scarto, fino a rappresentare il 41,5% della categoria.

LAVORO AUTONOMO – I dati mostrano una crescita più repentina tra le iscritte all’Inpgi2 (gestione previdenziale separata per i liberi professionisti). Le 13.444 giornaliste del 2010 sono 1.002 in più rispetto all’anno precedente e ben 10.082 in più rispetto al dieci anni fa. Su un totale di 32.392 unità rappresentano il 42% della professione autonoma. Notevole anche la crescita degli uomini che passano da 6.012 a 18.948.


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Donne giornaliste, i numeri lievitano ma pochi nomi rosa ai vertici http://ifg.uniurb.it/2012/03/07/ducato-online/donne-giornaliste-i-numeri-lievitano-ma-pochi-nomi-rosa-ai-vertici/27477/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/07/ducato-online/donne-giornaliste-i-numeri-lievitano-ma-pochi-nomi-rosa-ai-vertici/27477/#comments Wed, 07 Mar 2012 13:54:32 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27477 LEGGI Lucia Visca (Fnsi): "Chiediamo parità"]]>

Norma Rangeri, direttore del Manifesto

URBINO – Donne e giornalismo. Il binomio funziona alla base della professione, ma i vertici le testate rimangono al maschile. Se da un lato le donne giornaliste aumentano di anno in anno, dall’altro faticano a conquistare i ruoli di responsabilità, hanno salari più bassi e carriere molto spesso congelate.

QUOTE ROSA – In Germania una mobilitazione a favore delle quote rosa si sta attivando tra le giornaliste tedesche. Pochi giorni fa, 250 tra editori, direttori di testate ed emittenti televisive hanno ricevuto una lettera, firmata da 350 reporter e conduttrici, con la richiesta di garantire alle donne il 30% delle posizioni di responsabilità nel mondo dell’informazione.

L’auspicio è di raggiungere il traguardo in cinque anni, ma l’impresa sembra piuttosto difficile visto che oggi solo il 2% dei direttori sono donne tra gli oltre 360 quotidiani e settimanali.

L’Italia, invece, punta al 50% di poltrone importanti sia all’interno delle aziende, sia negli organi di rappresentanza. Una battaglia che la Commissione Pari Opportunità della Federazione nazionale della stampa italiana sta combattendo dal 2009.

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I DATI DEL 2010 – Le donne giornaliste con contratto di lavoro subordinato iscritte all’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) sono il 37,72%, ossia 11.016 su un totale di 26.552. Il numero è raddoppiato in termini assoluti rispetto a dieci anni fa, quando erano 5.592 e rappresentavano il 33,93% della professione.

Nel lavoro autonomo i numeri sono lievitati di più. Le donne iscritte all’Inpgi2 (Gestione previdenziale separata per i liberi professionisti) sono 13.444, il 42% del totale, il 6% in più rispetto al 2000 quando erano appena 3.362.

Sedia rosa nella direzione di quasi il 21% delle testate: 104 su 501.  
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CARTA, RADIO E TV - Osservando i dati colpisce il netto squilibrio tra i direttori uomini e donne: 10 i quotidiani guidati da donne a fronte di ben 124 diretti da uomini. Comunque il trend è positivo: nel 2008 le sedie femminili erano 5, l’anno dopo 8. Alla vicedirezione troviamo 9 donne nel 2010, cinque in più rispetto al 2009.

Le caporedattrici sono 80, numero esiguo rispetto ai 445 uomini. Diminuiscono le direzioni femminili dei periodici, dalle 82 del 2008 alle 67 di due anni dopo, stabili a 30 unità le vicedirettrici.

La Rai rimane un’azienda al maschile, almeno nelle posizioni che contano: se nel 2008 erano 3 i direttori donna su 19, due anni dopo ne è rimasta solo una su 12; sempre 3 i vicedirettori che, però, sono diminuiti da 42 a 36.

Il grosso dei numeri femminili sta nei redattori ordinari, che sono 480 contro 418 uomini. Restano maschili i ruoli del corrispondente (solo una donna a fronte di 10 uomini) e dell’inviato (25 donne e 60 uomini). Tra 43 emittenti radio e tv private, erano 8 le donne direttore, una in più rispetto al 2008. Aumentano da 3 a 7 i vicedirettori in rosa.

Nulla si muove nelle agenzie di stampa: cinque erano nel 2008 e cinque sono rimaste su 18 testate. Raddoppiate le giornaliste nel Consiglio generale dell’Inpgi che sono passate da sette a 19 per la Gestione principale. Scendono da quattro a due invece le elette nella Gestione Separata.

LE GERENZE – Spulciando le struttura delle redazioni dei 10 principali quotidiani italiani (il Corriere della Sera, La Repubblica, il Sole 24 Ore, La Stampa, Il Messaggero, l’Unità, il Manifesto, il Giornale, il Riformista e Libero) spunta solo il nome di Norma Rangeri alla direzione del Manifesto. Dopo l’addio di Concita di Gregorio all’Unità, prima direzione femminine della storia del giornale, è tornato un uomo, Claudio Sardo, ad occupare la sedia. Tra i vicedirettori troviamo Barbara Stefanelli, una dei quattro vice del Corriere della Sera.

Nella categoria dei periodici qualche nome femminile in più. Tra nove settimanali (L’Espresso, Panorama, Internazionale, il Venerdì, Vanity Fair, Tv sorrisi e canzoni, Famiglia cristiana, Gente e Oggi), solo Monica Mosca a Gente occupa la poltrona della direzione.

Daniela Hamaui è direttore editoriale dei periodici della Repubblica dopo aver ricoperto il ruolo di direttore a L’Espresso, dove oggi Loredana Bartoletti coordina l’Ufficio centrale. Rosanna Mani, invece, è condirettore di Tv Sorrisi e Canzoni e Roberta Visco è uno dei due capiredattori del Venerdì.

A Vanity Fair Michela Gattermayer è vicedirettore style e immagine, mentre Ingrid Sischy e Sandra Brant sono International editors. Due vicedirettori donne su quattro all’Internazionale, Elena Boille e Chiara Nielsen.

Un po’ più rosa è il colore della televisione. Due direttori donne: Bianca Berlinguer dal 2009 al Tg3 e Sara Eugenia Varetto dal 2011 a Sky Tg 24. Tra i vicedirettori troviamo Susanna Petruni al Tg1, Ida Colucci al Tg2, Cesara Buonamici al Tg5 e Anna Brogliato a Studio Aperto. Nei posti alti di Rai News solo il nome di Raffaella Soleri come caporedattore.

PERIODICI FEMMINILI – Una piccola isola tutta al femminile è rappresentata dai periodici rivolti al mondo delle donne. Riviste patinate dove la gonna è al comando. Ecco le direttrici dei periodici rosa più famosi: Cristina Lucchini (Amica), Raffaella Carretta (Gioia), Maria Latella (A), Diamante D’Alessio (Io donna), Cristina Guardinelli (D – Donna di Repubblica), Vera Montanari (Grazia), Antonella Antonelli (Marie claire), Valeria Corbetta (Myself), Franca Sozzani (Vogue Italia), Daniela Hamaui (Velvet), Patrizia Avoledo (Donna Moderna), Danda Santini (Elle), Paola Centomo (Glamour).

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“Rappresentanza, carriere e salari: vogliamo il 50% di quote rosa” http://ifg.uniurb.it/2012/03/07/ducato-online/rappresentanza-carriere-e-salari-vogliamo-il-50-di-quote-rosa/27518/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/07/ducato-online/rappresentanza-carriere-e-salari-vogliamo-il-50-di-quote-rosa/27518/#comments Wed, 07 Mar 2012 13:33:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27518 URBINO – “Anche in Italia c’è bisogno di quote rose nei piani alti del giornalismo. Stiamo combattendo per ottenere il 50% di presenza nelle posizioni di responsabilità”. Lo rivendica Lucia Visca, presidente della Commissione Pari opportunità della Fnsi (Federazione nazionale della stampa italiana).

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Di fronte a un mondo dell’informazione dominato dalla presenza degli uomini nei ruoli di comando, le giornaliste chiedono un peso maggiore. “Oggi le donne rappresentano – spiega la Visca – circa la metà della professione, ma ancora non hanno gli stessi stipendi né le stesse possibilità di avanzamento di carriera degli uomini”.

Quali sono le vostre richieste?
“Dal 2009 stiamo portando avanti una vera battaglia per avere una rappresentanza, dei salari e delle prospettive professionali che rispecchino la situazione reale. L’obiettivo è arrivare a conquistare una presenza davvero significativa sia nei vertici delle aziende, sia negli enti di rappresentanza. E’ il primo passo per riuscire a sbloccare gli avanzamenti di carriera e, di conseguenza, raggiungere salari che grazie alla parte variabile siano paragonabili a quelli degli uomini”.

Qualcosa è cambiato in questi anni?
“Sì, la situazione si sta muovendo, ma molto, troppo lentamente. I risultati più soddisfacenti li abbiamo avuti sul piano della democrazia interna e dei rapporti con i colleghi maschi. Pochi sono gli effetti concreti, ci vorrà un intero ricambio generazionale prima di arrivare al 50% nei posti che contano. Si parla di ancora almeno dieci anni”.

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Quali sono le difficoltà più grandi?
“Sarà più difficile ottenere risultati negli organi di rappresentanza che all’interno delle testate. Se nelle aziende la scalata è necessariamente connessa alla nostra presenza sempre più numerosa, nelle rappresentanze deve cambiare completamente la mentalità. Spesso infatti sono le donne stesse a tirare il freno, perché sono restie a candidarsi o a votare altre donne. In troppe sono rassegnate a un mondo al maschile”.

Ci sono state novità nelle ultime elezioni dell’Inpgi?
“Abbiamo avuto un buon successo sul piano delle candidature: quasi tutte le liste presentate avevano la metà di nomi femminili e questo è un bel cambiamento rispetto al passato. Purtroppo la presenza nelle liste non ha portato neanche stavolta a confermare la stessa quota tra le persone elette”.

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Giornalisti italiani “vecchi e poveri” i dati dello studio di Lsdi http://ifg.uniurb.it/2012/01/15/ducato-online/media-ducato-online/non-ce-solo-la-casta-giornalisti-italiani-vecchi-e-poveri-lo-studio-lsdi/15836/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/15/ducato-online/media-ducato-online/non-ce-solo-la-casta-giornalisti-italiani-vecchi-e-poveri-lo-studio-lsdi/15836/#comments Sun, 15 Jan 2012 21:07:56 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=15836 Il giornalismo è vecchio, povero e maschio nelle posizioni più fortunate. Questo è il quadro poco rassicurante uscito dal report di Pino Rea, giornalista impegnato nell’esperienza di Lsdi, un sito di metagiornalismo: notizie per difendere la Libertà di Stampa e il Diritto all’Informazione (da questo la sigla).

La ricerca fotografa una situazione poco confortante: circa la metà degli iscritti all’Ordine è inattivo (49,6%) e tra quelli che riescono a collezionare contributi c’è un divario enorme tra chi esercita la professione come autonomo (freelance, co.co.co e co.co.pro) e chi è subordinato e quindi lavora con un contratto di quelli alla vecchia maniera, poche sigle, due possibilità: tempo determinato o indeterminato.

PANORAMICA GENERALE. I dati si riferiscono al 2010, anno in cui gli iscritti all’Ordine dei giornalisti superano quota 110.000. In Francia la popolazione giornalistica è un terzo (37.415). Di questi 110.000 la maggior parte sono pubblicisti (70,7%), solo l’1,9% praticanti e il restante 27,4% professionisti. I praticanti subiscono rispetto al 2009 un impressionante calo del 31%, mentre professionisti e pubblicisti crescono di pari passo: +3,3% per i primi, +2,1% per i secondi. Per assottigliare la naturale differenza che sempre si produce tra la realtà e la sua rappresentazione, è però più utile fare qualche conto sulla base dei giornalisti attivi, e non di tutti gli iscritti, tenendo in considerazione il ruolo giocato da autonomi e subordinati. La maggior parte dei giornalisti che svolge la professione in maniera effettivamente visibile è professionista e subordinata, seguono i pubblicisti autonomi e quelli subordinati, mentre la percentuale di professionisti che sceglie di non essere inquadrata da un contratto è veramente poca:

REDDITO: Il paragone con i cugini d’oltralpe aiuta anche a capire il progressivo impoverimento della categoria italiana. In Francia per ottenere la carte de presse bisogna percepire almeno la metà del salario minimo (lo Smic, che quest’anno è di 1073€ al mese). Se dovessimo avere una regola simile in Italia sono 16.000 quelli che non ce la farebbero. Infatti 6 giornalisti su 10 percepiscono un reddito inferiore ai 5.000 euro lordi annui. Ad avere redditi così bassi sono il 62% degli autonomi (che sono il 55% dei giornalisti attivi). I subordinati se la passano meglio: scende la percentuale di chi è nella fascia più bassa di reddito e il 66,6% denuncia più di 30.000 € annui. Ad aumentare, solo numericamente, sono però gli autonomi: +7,7% contro il 3,85% dei subordinati. Questa congiuntura porta all’impoverimento della professione. Secondo Pino Rea, l’aumento degli autonomi è un ovvio segnale della crisi: “Gli editori preferiscono non assumere e affidarsi a qualcuno di esterno. E’ necessario scardinare questo sistema” ed uno dei metodi che suggerisce è quello dell’equo canone che porterebbe a disincentivare l’uso di freelance: “Bisogna portare l’editore a ritenere conveniente assumere un giornalista”. E a chi in una situazione tale avrebbe paura dell’effetto boomerang (se il giornalista costa di più non verrà pagato di più, verrà semplicemente non pagato) Rea dà una semplice risposta, le sovvenzioni pubbliche “perché il mercato è un parametro giusto per le testate commerciali, ma l’informazione intesa come servizio pubblico ha bisogno di sovvenzioni”.

DONNE: Boom di presenze femminili, ma solo tra le giornaliste autonome, a confermare che nel giornalismo la cravatta è ancora più apprezzata della gonna. Le autonome crescono del 190% rispetto al 2002, mentre tra i subordinati la percentuale è nettamente inferiore: solo il 6% in 10 anni, dal 27% nel 2000 al 33% nel 2010. Il confronto con il 2009 ci fa ben sperare in entrambi i casi, ma non troppo: siamo infatti in presenza di un incremento, ma lievissimo: dal 42.1% al 42.4% nel caso delle autonome, dal 38.7% al 39% in quello delle subordinate.

PENNE VECCHIE: Rimanendo all’interno delle categorie deboli, passiamo dal gentil sesso a chi non è proprio più giovanissimo per affrontare l’ultimo dato poco incoraggiante: il progressivo invecchiamento della professione. Il 25% dei giornalisti autonomi ha più di 50 anni ed è un dato destinato a crescere visto il blocco del turn over: dalle redazioni si esce, ma non si entra e così il bianco è destinato a diventare il colore dominante. Le cose non cambiano molto se si passa a considerare gli autonomi, dove gli over cinquanta rappresentano il 16,7% con una crescita relativa soprattutto agli ultrasessantenni che conquistano un punto percentuale in più rispetto all’anno prima attestandosi al 7,4%.

Una volta finita la battaglia quotidiana con i colleghi non tutti possono godersi il meritato relax: i dati sulle pensioni raccontano di 15.000 persone percepiscono meno di 500€ lordi all’anno.

Lo studio completo si può trovare sul sito di Lsdi.







 

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La crisi dei mutui tocca anche i giornalisti http://ifg.uniurb.it/2010/03/02/ducato-online/la-crisi-dei-mutui-immobiliari-tocca-anche-i-giornalisti/687/ http://ifg.uniurb.it/2010/03/02/ducato-online/la-crisi-dei-mutui-immobiliari-tocca-anche-i-giornalisti/687/#comments Tue, 02 Mar 2010 10:36:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=687 Se sulla crisi dell’editoria si è detto molto, poco si sa della crisi dei giornalisti. Persone, e non grandi gruppi editoriali, che non ce la fanno a pagare le rate del mutuo e chiedono la possibilità di interrompere il pagamento per 12 mesi. Per i giornalisti che avevano stipulato un mutuo con l’istituto di previdenza di categoria, l’Inpgi, la possibilità di chiedere un “congelamento” per un anno era stata concessa già a maggio scorso a chi era stato messo in cassa integrazione o si era ritrovato senza contratto. Il 25 febbraio, aderendo al cosiddetto “Piano Famiglie”, l’opportunità è stata estesa anche ai giornalisti messi in mobilità o con un contratto di solidarietà.

I mutui accesi presso l’Inpgi sono attualmente 750. E’ difficile stabilire quanti tra i creditori avessero i requisiti per richiedere la sospensione, certo è che l’hanno chiesta in 14, ma molti pensano che ora altri sfrutteranno la possibilità. La crisi, cioè, sembra colpire anche una categoria generalmente vista come tra le più protette.

“La nostra scelta si è basata sull’osservazione oggettiva dei dati che dicono di un aumento dell’utilizzo degli ammortizzatori – ha spiegato al Ducato Online il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese – Noi abbiamo ritenuto prendere questa iniziativa per aiutare i colleghi in difficoltà a prescindere da quanti ne avrebbero usufruito”.

Paolo Serventi Longhi, segretario della Federazione nazionale della stampa (Fnsi) dal 2001 al 2007 e oggi membro del Consiglio generale dell’Inpgi, tenta un’analisi: “Forse le richieste sono state poche perché quelli che sono usciti dal mondo del lavoro hanno un percorso pensionistico che in qualche modo garantisce un reddito decente. Il clima però è preoccupante”. Tra il 2009 e la fine del 2010 gli esuberi saranno circa 800. Nella maggior parte dei casi sono giornalisti che hanno scelto o sono stati obbligati ad accettare il prepensionamento. In altri casi si parla di giornalisti di 58-60 anni che fino ad oggi hanno avuto stipendi piuttosto alti.

“Secondo me – dice Camporese – il numero di richieste di sospensione sarà maggiore nei prossimi mesi, ma fare previsioni è difficile, anche perché rimane una scelta individuale. Prevedo comunque un aumento. Non credo che arriveremo a un centinaio di posizioni, ma sicuramente aumenteranno soprattutto da parte di colleghi con stipendi non altissimi e che si troveranno in un momento di difficoltà”. D’accordo Giancarlo Tartaglia, direttore della Fnsi: “E’ probabile che questo tipo di domande aumentino nei prossimi mesi, ma non in misura eccezionale. Comunque questa richiesta è stata fatta dalla categoria e come sindacato abbiamo spinto l’istituto a prendere questa iniziativa”.

La richiesta della sospensione delle rate di un mutuo è un segno di malessere della categoria.“Noi siamo i più colpiti – dice Serventi Longhi – Anche perché la crisi dell’editoria non è strettamente legata a quella finanziaria. Già dal 2008 alcune aziende avevano chiesto lo stato di crisi. Situazione che ha riguardato soprattutto la carta stampata. La crisi finanziaria ha solo accentuato quella editoriale”.

Per Tartaglia invece “è difficile dire se la condizione dei giornalisti è migliore o peggiore di quella di altre categorie. Certo, bene non stiamo, ma reggiamo meglio di altri perchè nel corso dei decenni la categoria è riuscita a costruirsi una rete complessiva di garanzie sociali e ammortizzatori”.

La crisi ha colpito un po’ tutti. Stando ai dati dell’Ingpi, coloro che hanno richiesto la sospensione del pagamento del mutuo vanno dai 36 ai 60 anni, con un’età media di 48. I giornalisti più anziani sono quelli usciti dal mondo del lavoro e questo non si trasforma in maggior possibilità d’ingresso per i più giovani. “Io mi auguro che si apra una porta che è rimasta chiusa per più di due anni, ma sono pessimista su questa possibilità. Sul fronte occupazionale, i segnali sono che gli editori aumentano il numero delle collaborazioni, malpagate e sfruttate, e non trasformano questi contratti di collaborazione o a termine in contratti a tempo indeterminato”, dice Serventi Longhi.

Incerte le visioni per il futuro: “Il settore dell’editoria è perennemente in crisi. Come abbiamo risolto gli altri periodi, risolveremo pure questo. Il fondo l’abbiamo toccato, ora stiamo uscendo dal periodo più difficile”, pensa Tartaglia. Più pessimista Serventi Longhi: “Nelle condizioni per richiedere la sospensione del mutuo ci saranno sempre più giornalisti nel futuro. Il sistema si è infilato in una crisi di cui non si vede il fondo”

Guida alla rete:

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