il Ducato » internet e web http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » internet e web http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Ong 2.0: corsi di formazione online per finanziare il giornale http://ifg.uniurb.it/2013/05/18/ducato-online/ong-2-0-un-programma-di-formazione-online-per-salvare-i-giornali/47292/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/18/ducato-online/ong-2-0-un-programma-di-formazione-online-per-salvare-i-giornali/47292/#comments Sat, 18 May 2013 00:55:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=47292

Uno dei corsi organizzati da Volontari per lo Sviluppo

Come fronteggiare la crisi che ormai da tempo si abbatte sull’editoria? Un metodo originale e innovativo è quello suggerito dalla rivista “Volontari per lo Sviluppo” di Torino, attiva da anni nell’informazione sociale e la cooperazione internazionale.

Nata nel 1983 per diffondere un’ampia informazione sul mondo delle Ong, la testata piemontese (che dal settembre 2012 è ormai disponibile soltanto su internet) ha affiancato ai tradizionali canali del finanziamento giornalistico (vendite e introiti pubblicitari) un nuovo modello di business: la formazione online, a distanza e a pagamento, sulle diverse opportunità fornite dal web per migliorare l’attività degli enti no-profit.

“Ci siamo dovuti adeguare all’attuale situazione economica – afferma la direttrice Silvia Pochettino - e insieme alle nuove pratiche di giornalismo partecipativo e condivisione delle notizie attraverso i social network, abbiamo pensato di avviare un progetto formativo denominato Ong 2.0 e destinato agli operatori di organizzazioni non governative per migliorare il loro lavoro”. “In questo modo – prosegue la Pochettino – riusciamo a conciliare la sensibilizzazione sul mondo del volontariato, con l’esigenza di reperire nuove risorse economiche”.

Corsi e seminari destinati agli utenti sono tenuti da esperti delle nuove tecnologie multimediali e riguardano diverse materie quali “Internet per i progetti di cooperazione allo sviluppo”, “pillole di web no profit”e “il futuro del lavoro in rete”. A fine 2012 si potevano contare 11 attività didattiche online promosse da “Volontari per lo Sviluppo”, per un totale di 360 partecipanti.

Numeri che hanno spinto il portale informativo a proseguire in questa direzione, riproponendo la stessa formula anche per il 2013. Maggior attenzione rispetto al passato, è stata comunque dedicata alle specifiche esigenze dei fruitori di “Ong 2.0”. Le indicazioni dei loro campi di interesse sono infatti alla base del nuovo programma di formazione via web.

Ad ampliare e incentivare le pratiche di e-learning quale possibile soluzione ai problemi della stampa mondiale potrebbero contribuire le nuove direttive dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Dal 2014, infatti, prenderà il via un programma di formazione permanente per professioni e pubblicisti, che troverebbero in corsi e seminari on-line una preziosa risorsa per reperire crediti formativi.

In questo senso “Volontari per lo Sviluppo” ha già avviato una collaborazione con il sindacato unitario dei giornalisti piemontesi (Associazione Stampa subalpina) finalizzato all’interscambio di conoscenze per l’affermazione di un giornalismo più qualificato e dalle maggiori risorse, che sembrano essere le principali direttive della comunicazione del futuro.

Sullo stesso argomento:

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De Gregorio sul ‘caso Boldrini': “Si parla di censura ma mai di violenza” http://ifg.uniurb.it/2013/05/04/ducato-online/de-gregorio-sul-caso-boldrini-si-parla-di-censura-ma-mai-di-violenza/45431/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/04/ducato-online/de-gregorio-sul-caso-boldrini-si-parla-di-censura-ma-mai-di-violenza/45431/#comments Sat, 04 May 2013 19:29:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45431 VIDEO]]> URBINO – Cosa può raccontare il Paese meglio di un caso concreto? L’incontro conclusivo del festival del giornalismo culturale  si è concentrato intorno a quello che lei stessa ha definito “Il caso Boldrini”. Concita De Gregorio, giornalista di Repubblica ed ex direttrice de L’Unità, inizialmente invitata per discutere del suo libro “ Io vi maledico”, ha fornito la sua lettura su un tema di attualità scottante, che chiama in causa il ruolo dei media e la loro funzione civile. In un paese dove la violenza di genere è all’ordine del giorno, in tutte le sue forme, dare delle regole al comportamento sul web è da considerarsi censura?

VideoConcita De Gregorio: “Giornalista deve parlare alla testa e al cuore della gente” 

Il moderatore Marino Sinibaldi, giornalista di Radio3Rai introduce l’argomento della violenza  : “Come si raccontano nel paese le aggressioni e le minacce subite dalle donne?”. Concita De Gregorio si è subito soffermata sugli attacchi subìti via web dal Presidente della Camera.

 “Il caso Boldrini, che sarà studiato nelle scuole di giornalismo nei prossimi anni, pone due temi cruciali: la violenza sessista e la sua perpetrazione su internet”. Laura Boldrini ha detto di sentirsi minacciata da quando è stata eletta Presidente della Camera. Ma dal 12 aprile quando, in visita alla sinagoga di Roma, ha espresso la sua soddisfazione per l’applicazione della legge Mancini (che condanna duramente gli insulti razzisti), le minacce nei suoi confronti si sono aggravate e sono aumentate, nel numero e nella pesantezza.

“Le violenze verbali contro le donne assumono un lessico specifico, a prescindere che si tratti di personaggi pubblici. Laura ieri ha mostrato quattro risme di fogli contenti insulti: migliaia di persone contro una sola. È  la prima volta  che le minacce su internet nei confronti di una donna, di un Presidente della Camera raggiungono una tale dimensione”. 8537 persone hanno agito attivamente per minacciare e insultare Laura Boldrini.

La giornalista di Repubblica incalza: “Ma come si fa a denunciare tutte queste persone? Il caso è mediatico, perché novemila individui sono una piccola comunità e perché ci si continua a chiedere: bisogna parlarne o no? Laura Boldrini ha deciso di  rendere pubblico il caso perché mi ha detto: c’è bisogno di sdoganare il lessico”.

“Ma come controllare questo aspetto nel web senza censura? Che ruolo hanno avuto i media nel presentare il caso? Purtroppo il tema della violenza di genere è passato totalmente sotto silenzio e i più hanno gridato contro la censura del web. Ma, come mi ha detto Laura, è necessario affrontare il problema per formulare strumenti adeguati e combatterlo”.

Marino Sinibaldi, moderatore dell’incontro, ha posto una seconda domanda. “É un paese rissoso questo?”

“Ci manca la categoria della controversia- ha proseguito l’ex direttrice de l’Unità- È un paese d’indiani e cowboy , ognuno difende con violenza le proprie posizioni. Abbiamo completamente perso la capacità di ascolto: è come se ognuno avesse l’esigenza di uno spettatore, non di un interlocutore. Così finisce il dialogo ed esistono i soliloqui. I talk show mostrano perfettamente queste dinamiche.”

Nella sua veste di giornalista e partecipante, Concita de Gregorio ha illustratole regole dell’arena televisiva, dove “Chi ha ragione ammutolisce di fronte ad aggressivi gladiatori. Dalla mancanza di dialogo nasce il germe che ha corroso il nostro sistema, in cui lo scollamento tra classe politica e cittadinanza, mai ascoltata, tocca i massimi livelli. Inneggiare alla democrazia diretta significa il fallimento di quella rappresentativa”.

Sullo stesso argomento:

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“Più Adsl e riforma della Rai”: le proposte per i media dei partiti http://ifg.uniurb.it/2013/02/18/ducato-online/piu-adsl-per-tutti-e-riforma-della-rai-le-proposte-per-i-media-dei-partiti/35030/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/18/ducato-online/piu-adsl-per-tutti-e-riforma-della-rai-le-proposte-per-i-media-dei-partiti/35030/#comments Mon, 18 Feb 2013 10:34:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=35030 Il libero accesso alla rete internet, la libertà d’informare e di essere informati, il pluralismo nei media radio-televisivi: questi argomenti, collegati fra loro da un filo rosso che è l’articolo 21 della Costituzione italiana, sono e saranno determinanti per il futuro dell’Italia. Nella campagna elettorale 2013, però, questi argomenti sono rimasti un po’ in disparte, soppiantati da temi altrettanto importanti come tasse, lavoro e pensioni.

Articolo 21 della Costituzione
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Il nostro paese si trova al 57° posto, su 179 paesi, nella classifica della libertà d’informazione stilata da Reporter senza Frontiere, dietro a Niger, Botswana e Moldavia e una ricerca dell’Unione Europea ha svelato come l’Italia sia al terzultimo posto nella percentuale di popolazione che si connette a internet almeno una volta a settimana. La copertura della banda larga su rete fissa è ancora un miraggio e solo il 51% degli italiani usa il web regolarmente, mentre la media dei cittadini europei è del 68%.

Per queste ragioni, e per questi numeri, è necessario compiere una riforma nella prossima legislatura. L’abbattimento dell’oligopolio Rai-Mediaset e l’accesso universale alla banda larga sono i temi favoriti nei vari programmi dei partiti. Vediamo più nel dettaglio le proposte, con il Movimento 5 Stelle che è quello che più degli altri mette questi temi al centro del programma.

Adsl, la linea che mette tutti d’accordo
L’assenza o la non adeguatezza delle centraline Adsl e la banda larga che non raggiunge standard adeguati in molti territori impedisce a tantissimi cittadini l’accesso ad internet. Per questa ragione tutti gli schieramenti, dal Pdl, che promuove la diffusione della banda larga e larghissima, fino al Movimento 5 stelle, che più di ogni altro mette al centro del programma questi temi, sono d’accordo col garantire una copertura di rete più adeguata per l’Italia.

Il dibattito sulla Rai
Pd, Sel e Rivoluzione Civile sono d’accordo col dire che ci vorrebbe una legge sul conflitto di interessi nel campo della comunicazione per superare la legge Gasparri, mentre il Movimento 5 stelle vorrebbe smantellare del tutto la rete pubblica, mantenendo un solo canale pubblico.

Se poi il Pdl, all’interno del programma, non fa riferimenti specifici ad alcun piano inerente audiovisivo, il movimento di Oscar Giannino, Fare per fermare il declino, propone di privatizzare tutte le imprese pubbliche, quindi anche la Rai, e inserire nella Costituzione “il principio della concorrenza come metodo di funzionamento del sistema economico, contro privilegi e monopoli d’ogni sorta”.

I costi del rinnovamento
E’ giusto sottolineare come alcune di queste proposte siano a costo zero, o abbiano costi contenuti, mentre altre richiedono ingenti investimenti. Non è chiaro dai vari programmi, illustrati qui sotto nelle loro parti relative all’informazione, dove i partiti intendano trovare i fondi per finanziare i progetti. Tra le proposte più ‘costose’ ci sono ovviamente quelle che promettono di coprire tutto il paese con la banda larga o la fibra ottica.
ECCO TUTTI I PUNTI PRESENTI NEI PROGRAMMI ELETTORALI
Movimento 5 stelle

  • Dare la cittadinanza digitale per nascita, e l’accesso alla rete gratuito per ogni cittadino italiano
  • Eliminare i contributi pubblici per il finanziamento delle testate giornalistiche
  • Nessun canale televisivo con copertura nazionale può essere posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato; l’azionariato deve essere diffuso con proprietà massima del 10%
  • Le frequenze televisive vanno assegnate attraverso un’asta pubblica ogni cinque anni
  • Abolire la legge del governo D’Alema che richiede un contributo dell’uno per cento sui ricavi agli assegnatari di frequenze televisive
  • Nessun quotidiano con copertura nazionale può essere posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato. Vendita ad azionariato diffuso, con proprietà massima del 10%
  • Abolire l’Ordine dei giornalisti
  • Depenalizzare la querela per diffamazione e riconoscere al querelato lo stesso importo richiesto in caso di non luogo a procedere
  • Vendita ad azionariato diffuso, con proprietà massima del 10%, di due canali televisivi pubblici
  • Un solo canale televisivo pubblico, senza pubblicità, informativo e culturale, indipendente dai partiti
  • Abolire la legge Gasparri
  • Copertura completa dell’ADSL a livello di territorio nazionale
  • Introdurre dei ripetitori Wimax (tecnologie di trasmissioni senza fili,  che consente l’accesso a rete di telecomunicazioni a banda larga) per l’accesso mobile e diffuso alla Rete
Rivoluzione Civile
  • Rompere gli oligopoli nel sistema della comunicazione, varando la legge sul conflitto di interessi e una legge antitrust.
  • Ribadire la centralità del servizio pubblico radiotelevisivo, eliminando l’ingerenza dei partiti, e garantendo una gestione democratica e partecipata della Rai. Le assunzioni devono essere per concorso pubblico sia nelle reti che nelle testate
  • Libero accesso a Internet, che deve essere gratuito per le giovani generazioni e la banda larga va diffusa in tutto il Paese.

Sinistra Ecologia e Libertà

  • Varare di una seria normativa antitrust che disciplina la materia del conflitto di interessi in tutti campi economici, non solo l’audiovisivo. Nessun operatore economico, pubblico o privato, potrà detenere complessivamente quote superiori al 20% di un trust orizzontale o verticale
  • Introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado lo studio obbligatorio dei linguaggi audiovisivi
  • La Rai deve rimanere pubblica. Va liberata dai partiti, abolendo la Legge Gasparri. La Rai è di proprietà dello Stato e le fonti di nomina del CdA, per un massimo di 5 componenti, sono il Parlamento, le Regioni, gli utenti e i lavoratori della Rai. Il Consiglio di Amministrazione della Rai è caratterizzato da una governance duale, composta da un comitato di gestione e un comitato di controllo;
  • Nell’ottica antitrust, anche la Rai va ridimensionata e orientata alla qualità
  • Introdurre le licenze creative commons e sviluppare gli open data

Partito Democratico

Sul programma si parla in generale della governance pubblica per il cinema e l’audiovisivo che deve “essere orientata ad obiettivi culturali e di interesse collettivo: la formazione e la qualificazione professionale; il sostegno e la promozione della sperimentazione, dell’innovazione dei linguaggi, delle opere prime e seconde e delle opere difficili; la promozione estera; la diffusione del cinema e dell’audiovisivo presso il pubblico; il sostegno alla fruizione e all’ampliamento della domanda; la salvaguardia e la valorizzazione delle sale di prossimità e dei circuiti di qualità”.

Inoltre il Partito Democratico propone di:

  • Sviluppare l’infrastruttura di rete, per muovere verso la copertura totale e accelerare la copertura in fibra ottica.
  • Promuovere l’accesso alla banda larga

Scelta Civica

Il movimento propone sostanzialmente di proseguire il percorso iniziato dal premier Mario Monti, con il progetto Agenda Digitale, che fissa una serie di obiettivi e di azioni da attuare entro il 2020, rafforzando i quattro assi delle connessioni infrastrutturali a banda larga e ultra larga, delle smart communites/smart cites, della introduzione dell’approccio open data. Diffondere il “cloud computing”, servizio che unisce dati provenienti da più istituzioni e l’e-government, rafforzando gli incentivi per l’utlizzo di tecnologie digitali nei processi amministrativi per fornire servizi ai cittadini.

Popolo della Libertà

  • Libero accesso alle reti
  • Portare a compimento la strategia di Open government e Open data
  • Promuovere l’utilizzo del cloud computing nella pubblica amministrazione
  • Diffondere capillarmente la banda larga e larghissima
  • Fatturazione elettronica

Fare per fermare il declino

  • Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali quali ad esempio le telecomunicazioni (inclusi gli assetti proprietari).
  • Privatizzare la Rai, abolire canone e tetto pubblicitario, eliminare il duopolio imperfetto su cui il settore si regge favorendo la concorrenza.
  • Affidare i servizi pubblici, incluso quello radiotelevisivo, tramite una gara fra imprese concorrenti.

 

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Web tv per raggirare la crisi http://ifg.uniurb.it/2012/03/30/ducato-online/web-tv-per-raggirare-la-crisi/30089/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/30/ducato-online/web-tv-per-raggirare-la-crisi/30089/#comments Fri, 30 Mar 2012 09:00:52 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=30089 L'INTERVISTA Bari Tv: "Ora ci serve un Mecenate"]]> URBINO – Un modo nuovo per inserirsi nel mercato del lavoro. Un business innovativo che sta trasformando le micro web tv in vere imprese. Cittadini, videoblogger, videomaker e giornalisti, armati di telecamerina o di un semplice cellulare, raccontano ciò che accade nel loro territorio. Fatti di cronaca, inchieste, reportage o video dell’ultima partita di squadre di calcio e pallavolo.

L’iperlocalismo è la caratteristica principale delle web tv italiane, canali online nati dal basso, in città e in piccoli centri dove sono diventati un mezzo d’informazione a tutti gli effetti. Riescono a informare su ogni evento, ma soprattutto interagiscono con i cittadini, li raggiungono grazie alla rete. E’ il mondo della multipiattaforma. Dimentichiamo spettatori e tv subita passivamente, ora c’è una televisione sul web, personalizzata e partecipata, da vedere sul proprio computer, smartphone o tablet. I contenuti? Condivisi in rete su YouTube, Facebook o Twitter.

Quest’anno le web tv si sono date appuntamento a Bologna, dal 18 al 20 aprile, con il meeting “Punto.it: le Italie digitali fanno il punto”, un evento che riunisce tutte le web tv che informano e creano comunità in rete, che si confronteranno con i principali referenti del giornalismo digitale di oggi.  “Anche i grandi devono capire che il mondo è cambiato – spiega Giampaolo Colletti, esperto di media digitali e fondatore di Altratv.Tv, l’ osservatorio sulle web tv italiane nato nel 2004 – chi non si accorge della fluidità del web e del suo continuo mutare è fuori dai giochi”.

In Italia il nuovo modello di televisione in rete è cresciuto molto. Il settimo rapporto Netizen, realizzato dall’Osservatorio Altra tv, ha contato 590 web tv, con una maggiore densità nel Lazio, dove ce ne sono 102, in Lombardia, in cui arriviamo a 85, in Puglia, che conta 63 antenne e in Emilia Romagna dove 53 web tv dividono i giochi. “Si sono sviluppate a un tasso di crescita notevolissimo – spiega Colletti – se si pensa che il primo documento fotografava una realtà che stava nascendo e si parlava di 36 web tv, ora invece è una realtà che sta trovando uno spazio tutto suo”.

L’INTERVISTA Bari Tv: “Ora ci serve un Mecenate”

Quelle che inizialmente sono nate da un impulso spontaneo, una spinta dal basso dei ‘citizen journalist’ di quartieri, università o condomini (come la ormai famosa Teletorre19, la prima web tv sorta nel 2001 finanziata e realizzata dagli abitanti della palazzina di via Casini 4 ) sono diventate ora web tv professionali, estremamente organizzate e strutturate, con apparecchiature tecniche abbastanza avanzate e portali aggiornati quotidianamente.

La novità vera, quindi, è che in un momento di profonda crisi economica e un mercato lavorativo saturo e riluttante ad assumere giovani giornalisti e figure legate alla comunicazione e all’editoria, l’online potrebbe essere una valida alternativa, una valvola di sfogo.

E’ il caso di Varese news, un giornale online nato nel 1997 che dal 2005 dà vita anche a una web tv, con cui quest’anno ha vinto il premio come miglior format. “A 24 mandavo curriculum ovunque, ho fatto alcuni mesi di stage in testate diverse, finché non mi hanno preso a Varese news – racconta Manuel Sgarella – è qui che ho svolto il praticantato e sono diventato giornalista professionista. Non ho più cercato lavoro altrove e come me tutti i miei colleghi. Varese news ci ha insegnato tantissimo, ci ha dato molte soddisfazioni e uno stipendio fisso con un contratto a tempo indeterminato quando nessuno ci sperava”.

Il bello è che una web tv avviata fa impresa e genera profitto. L’abbattimento dei  costi del digitale ha di sicuro un’influenza positiva. Mettere su una web tv costa relativamente poco, utilizzando la rete si ha il pregio del low cost. Basta un sito internet, il cui spazio si può acquistare per cifre intorno al centinaio d’euro, una telecamera anche amatoriale (o un semplice smartphone) e un programma per il montaggio video, che può essere scaricato da Internet (un esempio è Avidemux). Per la distribuzione dei contenuti, si può usare un sito di video sharing come You Tube e la condivisione sui social network come Facebook e Twitter. E il gioco è fatto.

I mezzi di sostentamento. Secondo il rapporto Netizen 2012, molte web tv si reggono ancora sulle risorse degli ideatori (anche se il dato registra un calo rispetto allo scorso anno) e questo succede soprattutto quando è ancora in una fase embrionale. Ma si fa largo anche un’importante fetta di introiti pubblicitari. E se da una parte diminuiscono i finanziamenti legati alla pubblica amministrazione, che si attestano sul 12%, dall’altra è evidente una più stretta collaborazione, con l’80% delle web tv che intrattengono rapporti di business attraverso la realizzazione di video su commessa. Ci sono molti esempi di web tv diventate i ‘canali ufficiali’ dei Comuni. Su tutte, VallesinaTv.

E poi, man mano che la tv online acquista credito, è possibile darle un maggiore sviluppo, a livello tecnologico e di risorse umane.

Le redazioni. Sono composte da almeno cinque persone, con giornalisti, operatori, montatori e community manager. Inizialmente una web tv si reggeva su un videomaker tutto fare, mentre oggi per le web tv che hanno fatto il salto e che hanno strutturato il tutto su obiettivi specifici si parla di iperspecializzazioni. “Quello che stiamo notando anno dopo anno – racconta Giampaolo Colletti – è che sempre più figure professionali si rivolgono al mondo delle web tv per costruire la loro professione, per fare business”.

Spesso è in una nicchia che si trova la sopravvivenza. E’ il caso di Board tv, una web tv di Trento, nata nel 2009, specializzata nell’action sport: si parla di surf, snowboard, skateboard. Talmente specializzata e verticale da non risentire per niente degli effetti della crisi. Il fatturato annuale è di 100.000 euro. Non ci sono ‘dipendenti’, ma giornalisti e liberi professionisti con una partita iva che emettono una fattura. La maggior parte di loro lavora a tempo pieno con la testata perché “ è riuscita a ritagliarsi uno spazio tutto suo, talmente di nicchia che non ci sono competitor,  nessuno può offrire niente di almeno paragonabile”, sottolinea Marco Sampaoli, publisher dell’azienda.

I premi. Come la televisione tradizionale ha i Telegatti, così le web tv non possono non avere dei Teletopi.  A vincerli sono state le web tv  che più hanno saputo raccontare le esigenze del territorio, come la neonata Bari tv, quelle che hanno denunciato fatti e misfatti come Crossing Tv di Bologna, considerata una vera e propria ‘watchdog del territorio’, quelle con un’idea vincente di business model sostenibile, come la settoriale BoardTv.

 

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Basta con i luoghi comuni, le parole hanno un peso (come le pietre) http://ifg.uniurb.it/2012/03/29/ducato-online/basta-con-i-luoghi-comuni-le-parole-hanno-un-peso-come-le-pietre/30309/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/29/ducato-online/basta-con-i-luoghi-comuni-le-parole-hanno-un-peso-come-le-pietre/30309/#comments Thu, 29 Mar 2012 13:56:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=30309 WEBTALK: #reportersottozero #sfigatimonotoniemammoni / #socialtv ]]> URBINO – ‘Omicidi passionali’, ‘ambienti omosessuali’ e ‘tragedie annunciate': sono solo alcuni degli stereotipi del giornalismo. Su Twitter un gruppo di blogger e scrittrici italiane ha lanciato l’hashtag #parolecomepietre, una campagna anti-luoghi comuni, per sensibilizzare i giornalisti sul peso effettivo delle parole. Ma il dibattito è internazionale: in Gran Bretagna un’associazione di donne ha denunciato l’uso inappropriato del corpo femminile nei periodici inglesi, mentre in Francia il direttore di Rue89 ha inventato un algoritmo che ‘pesca’ gli stereotipi da Google.

E per voi quali sono le peggiori #parolecomepietre? Rispondeteci su Twitter

Clicca qui per vedere il video incorporato.

A cura di Nadia Ferrigo e Maddalena Oculi

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L’addetto stampa dell’ambasciata Usa: “I giornali italiani poco obiettivi” http://ifg.uniurb.it/2012/03/14/ducato-online/laddetto-stampa-dellambasciata-usa-i-giornali-italiani-poco-obiettivi/28552/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/14/ducato-online/laddetto-stampa-dellambasciata-usa-i-giornali-italiani-poco-obiettivi/28552/#comments Wed, 14 Mar 2012 20:46:44 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=28552 URBINO – Nonostante i social network abbiano rivoluzionato la vita nelle ambasciate, i media tradizionali sono rimasti al centro della loro attività. “La prima cosa che faccio quando arrivo in ufficio -rivela Stephen Anderson, 42 anni, addetto stampa dell’ambasciata americana a Roma dal 2005, ospite all’Ifg di Urbino per un incontro con gli allievi – è fare la rassegna stampa per l’ambasciatore”. Il vaglio dei giornali gli ha riservato, soprattutto agli inizi del suo lavoro qui in Italia, alcune sorprese. L’aspetto più complesso per un neoarrivato è “capire che certi giornali hanno una linea editoriale netta, mentre altri un’altra: occorre tentare di individuare qual è il motivo che sta dietro la posizione di quella testata e leggere ogni volta tre o quattro giornali per mettere insieme un collage che permetta di capire bene che cos’è successo”.

Anderson individua una differenza essenziale tra stampa americana e stampa italiana. Una sottigliezza stilistica e culturale: “Mentre in America i giornalisti inseriscono tutti i dettagli della notizia nelle prime tre righe, e in molti casi non occorre leggere altro, i servizi dei giornalisti italiani iniziano girando attorno al problema, magari con belle parole. Ma costringono il lettore a dare una scorsa a tutto il documento”.

Il mezzo di comunicazione che raggiunge il numero di persone maggiori e quindi più interessante ai fini della comunicazione per l’ambasciata, resta la televisione. Ma “la tecnologia cambia e noi dobbiamo cambiare con essa”. Internet, Twitter, Facebook, i blog, i siti dei giornali, sono strumenti essenziali anche per capire il popolo dove l’ambasciata risiede, oltre che per fare comunicazione. Ecco allora che nasce il blog dell’ambasciata americana su La Stampa.itIl Taccuino, dove l’ambasciatore racconta a modo suo le elezioni americane.

Ecco che le ambasciate di tutto il mondo sbarcano su Facebook: dalla più social, quella di Jacarta, indonesia, che conta 474.432 fan, a quella nel nostro paese, l’U.S. Embassy to Italy, con 6.000 like. Ecco che episodi come la morte di Lucio Dalla, la tragedia della Costa Concordia,  l’arrivo di Lady Gaga in Italia per il Gay Pride diventano uno strumento digitale per farsi conoscere meglio e attrarre consensi social.

“Il segretario di Stato Hillary Clinton in un recente discorso – ha ricordato Anderson – raccontava  come 150 anni fa il telegrafo permetteva agli ambasciatori di fare comunicazioni ogni giorno e non più ogni 4 settimane come accadeva in precedenza”. Oggi Twitter sembra lo strumento prediletto. “E’ stato molto importante per la primavera araba e per noi è uno strumento fondamentale”. Con la consapevolezza che i tempi corrono sempre più veloci e lo stesso social network dei cinguettii potrebbe essere presto superato, ad esempio da Pinterest, il neonato social media che aggrega foto e informazioni in base agli interessi personali dell’utente.

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L’approfondimento giornalistico? Il futuro è a pagamento http://ifg.uniurb.it/2012/03/13/ducato-online/l%e2%80%99approfondimento-giornalistico-il-futuro-e-a-pagamento/28403/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/13/ducato-online/l%e2%80%99approfondimento-giornalistico-il-futuro-e-a-pagamento/28403/#comments Tue, 13 Mar 2012 18:17:23 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=28403 URBINO - Siamo disposti a pagare il costo di un caffè per un approfondimento online puntuale, preciso, fatto da professionisti? In un momento di crisi per il mondo dell’informazione di qualità, un gruppo di giornalisti – di testate del calibro di New York Times, Wired, Guardian, Economist, New Yorker – ha scommesso di sì. E offrono i loro servigi a un editore di eccezione: l’internauta.

Non aspettiamoci vecchi redattori in cerca di un’occupazione: i promotori di Matter, questo il nome del progetto, sono dei giovani di 30, massimo 40 anni.

CALIFORNIA – Scienze, tecnologia, economia, ambiente e futuro, sono gli argomenti tra i quali spazieranno gli articoli della start-up pensata in California.  In dieci giorni è riuscita a racimolare oltre 50mila dollari di contributi, indispensabili per iniziare il suo lavoro. La sua campagna di sottoscrizione terminerà il 19 febbraio, ma ha già abbondantemente superato l’obiettivo, in poco più di 38 ore.

ACQUIRENTI – La loro idea è di fare uscire un articolo a settimana. Non un articolo qualunque. “Non una recensione da quattro soldi – dicono nel loro manifesto - un articolo irriverente, o una classica lista di 10 link. Sarà proprio una storia imperdibile” I suoi promotori ne sono convinti: “Molte storie di interesse pubblico non vengono raccontate”. E qualcuno è disposto a pagare per averle.

L’iniziativa risponde a quanto sottolineato dallo State of The News Media 2011. Si tratta di un rapporto annuale, pubblicato negli Stati Uniti dal 2004, che costituisce un appuntamento importante per capire la crisi e l’evoluzione dei giornali. Secondo il Report “c’è ormai consenso sul fatto che la pubblicità online non riuscirà mai a sostenere l’industria delle news. Mentre le vecchie fonti di reddito continuano a declinare, la ricerca di nuovi canali di finanziamento diventa più urgente”.

THE MATTER IS – Il problema è che, mentre aumenta esponenzialmente il pubblico dei giornali online, negli Stati Uniti esattamente come da noi, si fatica a capire come trasformare la lettura online in fatturato.

Da marzo 2011 il New York Times, dopo 14 anni di fatiche in digitale, ha risposto al problema trasformandosi in quotidiano a pagamento. Arthur Sulzberger, editore del quotidiano, intervistato da Hubert Burda ha dichiarato la sua convinzione: “Il futuro digitale del quotidiano è a pagamento”. Attualmente sul sito si può approfittare di un’offerta: quattro settimane di quotidiano per iPhone, iPad o pc, allo stesso prezzo che propongono in casa Matter per un solo servizio: 99 centesimi.

In Italia siti simili alla mission di  Matter sono quelli di crowdfounding come Pubblicobene e youcapital.it. Vittorio Pasteris, coordinatore editoriale del progetto youcapital spiega quanto sia difficile in Italia trovare risorse sul web: “Non so se ce la faremo, al momento non abbiamo risorse sufficienti. Ma vogliamo restare sul mercato. E attendere. L’anno che verrà sarà importante per tutti i media tradizionali. Una parte di loro sarà strozzata dal peso della carta. Il modello di fare giornalismo delle grandi redazioni è ormai anacronistico, troppi giornalisti abituati a scrivere un pezzo al giorno.  Prima o poi una parte del sistema crollerà e allora si libereranno spazi che cercheremo di riempire”.

Il metodo crowdfounding è diverso da quello di Matter. Viene proposta un’inchiesta, viene fatta una specie di asta, che deve raggiungere un minimo di finanziamento (di solito 500 euro). Se la cifra viene raggiunta, l’inchiesta viene svolta. Su Matter invece l’utente trova già il prodotto finito e delineato nelle sue linee principali. In quel momento deve solo scegliere se acquistarlo.

“Il costo unitario proposto da Matter – spiega Pasteris – è molto basso ma se riescono a ottenere un traffico notevole potrebbero avere successo. A mio parere il modello del giornalismo investigativo e di approfondimento è un modello che a lungo andare paga. Un giornale come il Fatto Quotidiano in fondo è riuscito a fare qualcosa di molto simile”.

Resta da capire se l’internauta sia disposto a pagare, anche una cifra così irrisoria, per avere un contenuto proposto da un giornalista sconosciuto. Nel nostro Paese, dove l’idea di pagare per un contenuto web non è diffusa,  sembra difficile.

“L’Italia deve fare un percorso più lungo – spiega Pasteris – ma resta il fatto che ci sono molte notizie che non vengono pubblicate per scelte mainstream (ovvero legate al ruolo dei giornali più diffusi, ndr) e per motivi politici. I siti come il nostro e come Matter, se funzionano, possono dare informazione di qualità su temi altri”.

Eppure fare affari sul web deve convenire se Cnn (la notizia è del New York Times) ha deciso di acquistare Mashable, un avviato sito di informazione che fa di tecnologia e social network il suo focus. Il prezzo che Cnn è disposta a pagare? 200 milioni di dollari.

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Twitter sfida gli accademici: così cambia l’informazione culturale http://ifg.uniurb.it/2012/03/12/ducato-online/twitter-sfida-gli-accademici-cosi-cambia-linformazione-culturale/27810/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/12/ducato-online/twitter-sfida-gli-accademici-cosi-cambia-linformazione-culturale/27810/#comments Mon, 12 Mar 2012 02:16:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27810 URBINO – “Un uomo che legge ne vale due”. Così parlava l’editore Valentino Bompiani, lanciando una provocazione e al tempo stesso una sfida. Quella dell’interesse per la cultura, che è prima di tutto vita ed esperienza di crescita. Dal suo tempo le cose sono cambiate parecchio.

QUALI SPAZI PER LA CULTURA?
La nota terza pagina è ormai un vecchio, caro ricordo delle pagine dei quotidiani e sono poche le testate che dedicano ancora un adeguato spazio, su carta, all’informazione culturale. E quando questo c’è, è più facile che a esprimersi siano professori universitari, accademici ed esperti del settore. La carta è uno spazio chiuso, spesso per pochi, costruito in modo definito, non plasmabile. Così, in tanti hanno deciso di intraprendere nuove strade.

VERSO NUOVI LINGUAGGI
Il progetto inaugurato da poco dal Corriere della Sera è pilota in questo senso. Lo portano avanti Serena Danna, redattrice della sezione Cultura, insieme ad Alessia Rastelli. Si chiama ‘Club la Lettura’ e ha già fatto la sua apparizione su carta. E’ un inserto domenicale del Corriere e si occupa di cultura e nuovi linguaggi digitali. Da qualche tempo a questa parte, la redazione ha deciso di portare ‘La Lettura’ anche sul web.

“Quello che volevamo costruire era un ‘luogo’ ideale dove ci fosse compresenza degli attori della comunicazione culturale, ossia di lettori e produttori dell’informazione insieme”, spiega la Danna,  “e ci stiamo rendendo conto che la gente vuole questi spazi. C’è un gran bisogno di cultura e di luoghi di confronto e approfondimento”.

La difficoltà è conciliare le modalità di scrittura per il web con le necessità dell’informazione culturale, che spesso è indagine e approfondimento dei fenomeni e che non ammette la lettura rapida della notizia. “La sfida è saper trovare i linguaggi adeguati: si andrà sempre di più incontro a una ibridazione delle forme. Approfondire vorrà dire anche saper aggiungere i link giusti al pezzo, i rimandi a video o audio di pertinenza, fornire insomma al lettore gli spunti per un ampliamento degli orizzonti. Non per forza scrivere articoli di grande lunghezza”.

Anche Jan Reister, responsabile del progetto web di Nazione Indiana, una delle prime testate culturali online comparse a partire dal 2003 e a cui ha collaborato anche Roberto Saviano, è d’accordo: “Un articolo culturale in rete deve seguire certe regole di base: la segmentazione del testo, la costruzione di agganci visivi come i titoli di paragrafo, o contemplare la presenza di immagini che facilitino l’ancorarsi al pezzo. E oggi credo che spesso la carta stampata tenti di accostarsi a queste modalità, che sono proprie dell’online. Molti articoli che vi si trovano vengono proprio dal web”.

Serena Danna

L’APERTURA VERSO IL BASSO
I visitatori delle riviste culturali online, intanto, crescono e si mostrano interessati a sapere. E a dire la loro. “Ci apriamo molto al commento dei lettori – spiega ancora Reister, che è anche responsabile web di un’altra rivista culturale, Alfabeta 2 – e ne escono conversazioni molto interessanti. Possono anche inviarci dei pezzi e in passato è accaduto che qualcuno entrasse a far parte della redazione, per la qualità dei contenuti espressi”.

Anche il Corriere rispetta questa tendenza. “Su ‘La Lettura’ – dice Serena Danna – ci apriamo alle recensioni dei lettori su libri ed eventi culturali. E’ interessante vedere quanta voglia di partecipazione ci sia, a dispetto di quanto si possa pensare”.

E a confermare le sue parole interviene anche Roberto Marone, responsabile redazionale di Doppiozero, rivista culturale online nata da un’idea di Marco Belpoliti, scrittore e critico culturale de La Stampa e L’Espresso. L’apertura all’interazione con i lettori rimane una costante anche nel loro caso. “Notiamo che la gente si è stancata del giornalismo iperinformativo che non guarda oltre una certa soglia – dice – e noi cerchiamo di offrire altro. Abbiamo anche promosso iniziative di espressione rivolte al lettore in collaborazione con la stessa Stampa”.

Doppiozero è un’altra delle sfide lanciate in rete per diffondere l’informazione culturale. Una sfida riuscita, e ben organizzata.“Il nome viene da uno dei libri di Marco, e i due zeri sono quelli del nuovo millennio – dice Marone – E’ lui che ha messo in piedi tutta la squadra, e oggi sono sei i soci fondatori. Ci sono collaboratori esterni e un editor che segue i testi. Poi abbiamo i curatori delle varie sezioni. Facciamo approfondimento, non lanciamo semplici notizie. E’ quello che cerca l’utente”.

TWITTER SCARDINA LE GERARCHIE
Ed è un utente che desidera trovare certi contenuti in rete, che altrove non trova. E che stimola i professionisti dell’informazione a lavorare in una certa direzione. Come? Usando i social network. Twitter, in particolar modo, è ormai diventato piattaforma di scambio continuo fra giornalisti e lettori. E anche editori.

Se finora il percorso della comunicazione è sempre stato univoco (dall’editore al giornalista, fino al lettore), gli strumenti oggi a disposizione degli informatori culturali consentono di sondare possibilità diverse. “Noi siamo su Twitter da poco più di una settimana – spiega la Danna – e ci rendiamo conto che le potenzialità dello strumento sono immense: i lettori ci danno continui spunti di approfondimento e riflessione, come sulla carta non può avvenire perché l’informazione è precostituita, e spesso aggiorniamo la piattaforma a seconda di quelle che vediamo essere le tendenze della rete”.

Jan Reister

E c’è un altro aspetto di grande rilievo: “Twitter ci offre una opportunità mai considerata prima, quella del rapporto diretto e contemporaneo tra l’editore, il lettore e il giornalista”. Ossia un cambio epocale di prospettiva: se prima l’editore sceglieva da sé cosa pubblicare e l’informatore lo comunicava al pubblico per far sì che questo lo recepisse, oggi il rapporto è stravolto: l’editore è in continuo confronto con il lettore, in tempo reale. E il giornalista assume il ruolo di ponte tra i due mondi, prima distanti.

“Anche noi stiamo cercando di capire dove ci porterà la rivoluzione in corso -continua la Danna – e intanto portiamo avanti iniziative come quella del #Twitter Guest, l’ospite della settimana, un esponente del mondo della cultura che consiglierà ai follower un libro da leggere. E a breve lanceremo anche nuove iniziative”.

PIÙ RETE, PIÙ CULTURA
Twitter è solo uno dei tanti strumenti a disposizione dei professionisti per diffondere l’informazione culturale, e, come spiegano alcuni, porta molti visitatori al sito. “Il 50% ci giunge da lì e il restante 50% dalla ricerca su Google”, spiega Marone.

La caratteristica del tempo odierno, al di là della natura di questo e altri strumenti, è proprio la possibilità più ampia d’accesso all’ informazione, fattore che favorisce l’incremento dei visitatori ai siti culturali. Più alla rete c’è accesso, più si usano i suoi strumenti, più si entra nel circolo dell’informazione e lo si alimenta. “Ecco perché a mio avviso la cultura e il dibattito intorno a essa non moriranno, anzi cresceranno”, dice Reister.

Lettori, dunque, come nuovi attori della comunicazione culturale e principali stimolatori, protagonisti di un processo destinato non a spegnersi, anzi, a crescere.

ERODERE L’AUTORITÀ
E gli attori più tradizionali della comunicazione culturale, specie di quella cartacea, come gli accademici o i critici? Proprio loro potrebbero risentirne sempre di più, con il tempo. Perché proprio il concetto di autorità è destinato ad essere scardinato sul web.

“La rete mette in discussione la posizione di autorità. Quella dell’accademico è erosa”, dice Reister. “Non esiste nelle pagine culturali in rete, che sono oggetti privi di consistenza, di materia. Online è invertito il concetto di autorità: questa sta nelle idee che si propongono, non più nella persona dell’accademico che si esprime”.

Autorità scardinata, inversione dei ruoli, gerarchie abituali che vengono sconfessate, protagonisti dell’informazione che si moltiplicano e che divengono centrali nel processo di scambio culturale. Forse, quindi, è davvero iniziato il tempo dei cambiamenti. Forse è vero che, grazie alla diffusione della rete, i lettori alla ricerca della cultura si moltiplicheranno e daranno un contributo sempre più grande al suo sviluppo sul web.

Forse, allora, se Valentino Bompiani fosse ancora qui, potrebbe allora accettare una piccola rivoluzione della sua massima: un uomo che legge non vale più solo il doppio di sé, ma molto, molto di più.

 

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Quando i media sono il nemico da combattere http://ifg.uniurb.it/2012/03/08/ducato-online/quando-i-media-sono-il-nemico-da-combattere/27636/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/08/ducato-online/quando-i-media-sono-il-nemico-da-combattere/27636/#comments Thu, 08 Mar 2012 11:15:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27636
Il logo di Informare per Resistere, noto sito di informazione alternativa

URBINO – Sistemi economici alternativi, commercio sostenibile, società segrete, persino teorie ufologiche. Sono alcuni dei temi trattati dai cosiddetti siti di controinformazione, un fenomeno che in Rete ha un seguito crescente, anche grazie alla sempre maggiore diffusione dei social network.

Il più celebre sito di controinformazione è sicuramente quello di Beppe Grillo, esploso nel 2005 e divenuto un punto di riferimento imprescindibile per quella parte di popolazione affamata di voci fuori dal coro. Se il sito di Grillo è diventato ormai quasi “istituzionale”, grazie a un elevatissimo numero di contatti e collaborazioni sempre più influenti (pensiamo a personaggi come Marco Travaglio), e ha portato alla nascita del Movimento 5 stelle, tanti sono i siti di controinformazione meno noti e che godono di un certo seguito. Tutti contraddistinti da un’unica certezza: i media sono nelle mani dei grandi gruppi economici e quindi inevitabilmente parziali e poco oggettivi.

“Tutto ciò che sapete è falso”. Una lista abbastanza completa dei siti di controinformazione italiani la danno i siti “Affariitaliani.it” e “Newapocalypse”. La chiave di tutto è puntare su quei temi che sono considerati “censurati” dalle principali testate e radio/tv. Come donchisciotte, Censurati.it, Misteri d’Italia sono solo alcuni degli eloquenti nomi dei siti più celebri, nei quali vanno forte temi come economia e energie alternative, ma anche argomenti più oscuri, e che quasi sconfinano in leggende metropolitane, come il signoraggio e le società segrete.

Emblematica la presentazione di “Disinformazione.it”, sito da quasi 30.000 contatti al giorno:

Il sito nasce nel 1998 con lo scopo di proporre notizie, articoli e pubblicazioni che non ricevono risalto dai media (totalmente controllati dall’establishment economico-finanziaria), il tutto per far meglio comprendere la realtà degli accadimenti. Siamo totalmente indipendenti, apartitici, apolitici e soprattutto non collegati ad alcuna religione.

Tra i controinformatori celebri ci sono Jacopo Fo, Paolo Barnard e Eugenio Benetazzo, mentre Daniele Luttazzi ha recentemente abbandonato il suo blog per spostarsi su Twitter. Un sito molto popolare su Facebook è Informare per resistere, che ogni giorno condivide decine di articoli riportati su testate importanti come su blog meno conosciuti.

Per i contestatori delle multinazionali e gli amanti dei nomi sibillini c’è Kill a Multi, che non si occupa esattamente di promozione per McDonald e dintorni. Incentrato sulla denuncia di soprusi, storture e ingiustizie dell’economia mondiale è Altreconomia, che si propone di dare ampio spazio ai temi del commercio equo e solidale, dell’ambiente, della finanza etica e della cooperazione internazionale.

Liberainformazione invece è un osservatorio sulla legalità e le mafie. Un sito di controinformazione in ambito religioso è quello dell’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti), mentre è celebre per le sue teorie economiche alternative ma anche per l’irrefrenabile polemicità dei suoi gestori Signoraggio.com.

Parola di ‘complottista’. “Questo tipo di informazione non è molto diffusa, ma è molto importante”, spiega Paolo Franceschetti, avvocato che gestisce un blog da 3000 contatti al giorno. “I siti come il mio informano su ciò che i media ufficiali non dicono, come l’emissione di moneta da parte delle banche centrali, che essendo private prestano agli Stati denaro che deve essere restituito con gli interessi”.

“La moneta – continua Franceschetti – che è la cosa su cui si basa la vita di tutti, è nella mani di banche private e non dello Stato. Questa è una cosa banale, ma su questo tema, presente su tutti i siti di controinformazione, non c’è una riga sui giornali normali. Sul mio blog mi occupo in particolare di stragismo e delitti, di tutte le stragi che hanno avuto un progetto preciso sul Paese e delitti che hanno dietro una matrice di stampo massonico”.

Franceschetti non è tenero con i media cosiddetti “mainstream”: “L’informazione è lo strumento più importante controllare la popolazione, infatti è la cosa principale che ci negano. Lo Stato controlla i cittadini tramite false informazioni: è un arma potentissima di cui dobbiamo riappropriarci per poter scegliere liberamente il nostro bene, altrimenti sceglieremo cose che ci danneggiano”.

Occhio alla bufala. Se la Rete è il campo di battaglia prediletto dai controinformatori, è anche il luogo in cui si sono in passato diffuse in modo virale informazioni rivelatesi clamorosamente false.

Un noto cacciatore di bufale in Rete è Paolo Attivissimo, giornalista informatico che sul suo blog si occupa di smontare le leggende metropolitane fiorite sul web. “Ci sono tre tipi di bufale di lunga durata in Rete – spiega il blogger – quelle che fanno leva sulle paure a basso costo, come quelle relative a sostanze chimiche nei prodotti, quelle legate a campagne per suscitare facile altruismo, come quelle per aiutare bambini malati, e quelle che fanno leva su grandi paure, come per le persone diverse da noi. E’ rimasto famoso a questo proposito il caso dei ‘Bonsai Kitten‘: si diceva esistesse un sito che vendeva gattini allevati in bottiglia. Il caso fu ripreso anche da Repubblica, prima di essere smascherato come bufala”.

E ora com’è messo il termometro della controinformazione?  “Ora vanno di moda le paure legate a catastrofi – spiega Attivissimo – c’è interesse per terremoti, tsunami, scie bianche nei cieli come progetto per contaminare la popolazione. C’è chi parla di progetti in Alaska per regolare il clima. Sono modi per dare risposte semplici a problemi complessi, perché è più facile, ad esempio, dare la colpa agli americani di ciò che succede piuttosto che studiare argomenti difficili. Poi ci sono i grandi complotti: ad esempio l’idea che le grandi case farmaceutiche cospirano per nascondere i rimedi a malattie come il cancro, o che le case produttrici di cellulari sappiano che i telefonini sono pericolosissimi, ma non vogliono renderlo noto. La controinformazione è come una formalizzazione delle nostre paure”.

Un mare infido? Come muoversi allora in questo campo senza essere costantemente esposti al rischio cantonate? Stefano Alletti, fondatore di Informare per resistere, sito da 40mila contatti al giorno, da Parigi dove risiede, ci dice la sua. “Internet ha già i suoi antivirus per questo. Se scrivi una bufala in Rete qualche utente te lo segnalerà: anche a noi è capitato a volte di pubblicare cose non vere, ma poco dopo ci sono arrivate decine di commenti e segnalazioni. In più periodicamente ci sono dibattiti accesi su ciò che può sembrare una bufala e non lo è, e viceversa”.

Ma per Alletti, la controinformazione rimane un tesoro da tutelare: “I media in generale sono tutti in mano agli stessi gruppi, che hanno conflitti di interesse allucinanti. L’informazione è sempre molto filtrata, se non addirittura bugiarda. La controinformazione è l’unica soluzione, l’unico barlume di luce nel contesto dell’informazione italiana ed estera”.

Trovare la verità, come al solito, alla fine è compito del singolo.

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