il Ducato » libertà di stampa italia http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » libertà di stampa italia http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Se le opinioni sovrastano i fatti: le vie del potere che uniscono Italia e Ungheria http://ifg.uniurb.it/2015/04/16/ducato-online/se-le-opinioni-sovrastano-i-fatti-le-vie-del-potere-che-uniscono-italia-e-ungheria/70787/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/16/ducato-online/se-le-opinioni-sovrastano-i-fatti-le-vie-del-potere-che-uniscono-italia-e-ungheria/70787/#comments Thu, 16 Apr 2015 17:46:32 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70787 Marco Bracconi, giornalista Repubblica.it

Marco Bracconi, giornalista Repubblica.it

PERUGIA – Italia e Ungheria così diverse ma così uguali. In entrambi i Paesi dilaga il giornalismo di opinione a discapito del racconto dei fatti. Così la libertà di stampa si comprime sotto i colpi del potere.

Di questo si è parlato al Festival del giornalismo di Perugia durante gli incontri dedicati al rapporto tra giornalismo e potere in Ungheria e Italia. Due realtà certo difficili da raffrontare: il governo di Budapest assomiglia più alla dittatura di una maggioranza parlamentare che a un Paese democratico. Lo dimostrano i continui richiami dell’Unione Europea per lesione dei diritti fondamentali e in particolare per la contrazione della libertà di stampa. La legge che disciplina l’informazione nel Paese è molto restrittiva e impone un ampio controllo dello Stato sui media. Un esempio su tutti: in caso di violazione di uno dei 175 articoli di cui è composta i giornalisti rischiano fino a 89.000 euro di multa.

I problemi italiani. Nel nostro Paese, dove la legge non è altrettanto severa, le questioni sono altre: “La libertà di espressione ha più condizionamenti”, spiega Marco Bracconi, giornalista di Repubblica.it e curatore del blog Politica pop, intervenuto durante la conferenza Leadership, nuovi media e opinione pubblica.

“Uno è dovuto agli interessi economici ed editoriali che influenzano il modo di svolgere la professione, l’altro è dato dalla semplificazione e dall’astrazione dei concetti che ci rende meno liberi di comprendere i fatti. Un deficit che diventa quasi più grave della pressione del potere”. Un giornalismo appiattito sullo scontro politico, che si occupa dei leader e non dei programmi che vengono portati avanti. L’Italia oggi si trova al 73° posto nella classifica sulla libertà di stampa di Reporter senza frontiere mentre l’Ungheria al 65°. Scettico sulle modalità con cui vengono stilate le classifiche, Bracconi non ha dubbi: “Piuttosto che in Ungheria, rimango volentieri dove sono”.

Gergo Saling

Gergo Saling, direttore di Direkt36

La ‘dittatura’ ungherese. Non usa mezzi termini per descrivere la situazione nel suo Paese Gergo Saling, direttore di Direkt36, centro non-profit per la sperimentazione del giornalismo investigativo in Ungheria: “Gli ungheresi odiano i giornalisti – dice durante l’incontro Covering the supermajority – e penso abbiano le loro buone ragioni: la stampa non si occupa dei problemi delle persone e mischia le opinioni con i fatti”.

La situazione è peggiorata a partire dal 2010, quando Viktor Orban, leader del partito dell’Unione civica ungherese, di centro-destra, è salito al governo con una maggioranza schiacciante. “I media mainstream si sono arresi – dice Saling – diventando l’eco del potere. Ogni opposizione è stata prontamente silenziata”. Ne è un esempio il caso che ha coinvolto Saling in prima persona. Fino a giugno 2014 è stato direttore di Origo.hu, il principale sito ungherese d’informazione, curando molti progetti investigativi. Tra questi l’inchiesta sui rimborsi per le spese di viaggio di Janos Lazar, capo di gabinetto del primo ministro e suo probabile successore al governo. Due settimane dopo Saling ha lasciato la redazione a causa delle forti pressioni politiche.

L’esperienza indipendente. “A quel punto – continua Saling – ho deciso di mettermi in proprio è creare Direkt36. Per avviare il progetto ci siamo affidati principalmente alla Rete. In quattro mesi abbiamo raccolto più di 30.000 euro attraverso il crowdfunding. In questo modo abbiamo sviluppato molte nuove inchieste, continuando a mettere in evidenza la corruzione e il conflitto d’interesse degli uomini al potere”. Saling cita il caso dell’inchiesta sui fondi pubblici per le imprese di Istvàn Tiborcz, marito della figlia di Orban: “Sono già arrivate le prime intimidazioni, ma presto usciremo con nuove rivelazioni sul caso. La nostra forza sta anche nella comunità che ci supporta”.

In pochi mesi, infatti, il progetto di Saling ha avuto risultati eccezionali, riavvicinando i lettori all’informazione. “Per fare giornalismo seriamente bisogna tornare ai fatti e usare i dati, che, grazie alle norme sulla trasparenza, diventeranno sempre più accessibili”, sottolinea Saling. Il direttore poi commenta la situazione italiana: “Non conosco bene i media italiani ma da quello che ho potuto capire credo che il problema sia la preponderanza del giornalismo d’opinione”.

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Reporter senza frontiere: l’Italia scala la classifica della libertà di stampa http://ifg.uniurb.it/2014/02/12/ducato-online/reporter-senza-frontiere-litalia-scala-la-classifica-della-liberta-di-stampa/57053/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/12/ducato-online/reporter-senza-frontiere-litalia-scala-la-classifica-della-liberta-di-stampa/57053/#comments Wed, 12 Feb 2014 08:37:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57053 rsfL’Italia sale nella classifica dei paesi che tutelano la libertà di stampa. A dirlo è il rapporto “World press forum index 2014″ di “Reporter senza frontiere”. Una ‘scalata’ di nove posizioni rispetto all’anno precedente che la porta a ‘conquistare’ il 49esimo posto, a soli tre passi dagli Stati Uniti, considerati “un modello” nella tutela della libertà di stampa. Ma i riflessi del caso Snowden fanno perdere agli Usa 13 posizioni in un solo anno. In vetta alla classifica la Finlandia, per il quarto anno consecutivo, mentre fanalino di coda, al 180° posto, si posiziona l’Eritrea.

Stabili dal 2013 al top della graduatoria, Paesi Bassi e Norvegia. Le ultime tre posizioni sono, invece, occupate da Turkmenistan, Corea del Nord e Eritrea: “Sono tre paesi in cui la libertà di stampa è inestistente – si legge sul rapporto – continuano ad essere buchi neri dell’informazione e luoghi pericolosissimi per i giornalisti”. New entry rispetto al 2013 il Belize, che conquista la 29esima posizione. Diffamazione, gestione sleale delle frequenze delle trasmissioni e problemi con l’attuazione del Freedom of Information Act, rischiano di minacciare la libertà di stampa ma il paese si posiziona abbastanza alto in classifica. Chi scende e chi sale. In alcune parti del mondo, nemici della libertà di stampa come censura, violenza contro i giornalisti e misure legislative per zittirli stanno diminuendo. Ma se la ‘rimonta’ di alcuni paesi fa ben sperare, molto più preoccupante è la discesa di altri. In America, gli Stati Uniti perdono 13 posizioni, a causa di “un’interpretazione eccessivamente ampia ed abusiva delle esigenze della sicurezza nazionale”. La fuga di notizie e le rivelazioni del caso Snowden e lo sforzo messo in atto nel paese per rintracciare gli autori degli ‘scoop’, avrebbero penalizzato la libertà di stampa. Anche le operazioni si sorveglianza messe in atto dal governo minacciano la privacy e non tutelano le fonti del giornalista.

Buone notizie, invece, da Panama, Repubblica Dominicana, Bolivia e Ecuador che guadagnano fino a 25 posizioni dimostrando l’importanza sempre maggiore del mezzo stampa. Cambiamenti ci sono stati in zone come il Sud Africa, salito di 11 posizioni, in cui, nel 2013, il presidente ha rifiutato di firmare una legge che minacciava di ‘compromettere’ il giornalismo investigativo; anche la Georgia, grazie al cambiamento del governo tramite libere elezioni, ha recuperato il terreno perso negli anni precedenti. A scendere sono il Guatemala che piomba al 125esimo posto, dopo l’incremento degli attacchi fisici contro giornalisti, e il Paraguay, che arriva al 105esimo a causa della censura. Misure contro la libertà di stampa sono state adottate in Africa: in Burundi, il Senato ha approvato una legge che restringe la libertà dei giornalisti mentre in Kenya, alla fine del 2013, una legge ha istituito un tribunale speciale per giudicare i contenuti audio-video. Vietnam, Uzbekistan e Arabia Saudita, agli ultimi posti, continuano a tenere sotto controllo la stampa, tramite la censura dei media digitali. Modelli in declino. La libertà di stampa è ‘contagiosa’? Il rapporto evidenzia come la situazione dell’informazione di un determinato Paese abbia un impatto anche su quelli confinanti, in positivo e in negativo. E chi dovrebbe fare da modello spesso non è in grado di farlo. L’Europa, ad esempio, è ‘dispersa’ nella classifica e non riesce a far allineare tutti i suoi Paesi sullo stesso livello di libertà di stampa. Grecia e Ungheria perdono 14 e 7 posizioni e si collocano molto più in basso di Germania e Francia. Questo, nel caso dei giornalisti greci, è dovuto ai continui attacchi da parte di Alba dorata, il partito di estrema destra. E non solo: “Il primo ministro Antonis Samaras sembra aver tagliato anche la democrazia, per risparmiare soldi”, si legge sul rapporto. Nonostante le aspirazioni regionali, Paesi come Russia o la Turchia si riconfermano vere e proprie gabbie per la libertà di stampa. La Cina continua a censurare e ad imprigionare giornalisti e blogger dissidenti e ad esercitare la sua influenza, in questo senso, anche su Hong Kong e Taiwan. La libertà di stampa nelle zone di guerra. “Il rapporto 2014 sottolinea la correlazione negativa tra libertà di informazione e conflitti. In un ambiente instabile, i media diventano obiettivi strategici per gruppi che mirano a controllare il potere”, si legge sul report. La Siria, stabile al 177 posto, è un esempio dal marzo 2011: “Non esiste alcun luogo in cui la libertà di informazione e i suoi attori siano più in pericolo”, afferma Reporter senza Frontiere. Anche l’Egitto, al 159esimo posto, ha visto un escalation di violenze contro i giornalisti per portare i media sotto il controllo dei Fratelli Musulmani. Un’ondata di arresti che ha investito non sono i blogger e reporter egiziani ma anche i loro collegi turchi, palestinesi e siriani.

L’insorgere della violenza contro i giornalisti, già prima della fine del 2013, ha portato la comunità internazionale a riflettere. Il 26 novembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la sua prima risoluzione per tutelare i giornalisti. “Il giornalismo deve continuare ad evolversi – si legge nella risoluzione – includendo input dai media istituzionali, dagli individui privati, dalle organizzazioni, da tutti coloro che ricevono e diffondono informazioni e idee di ogni tipo, online e offline. La tutela dei giornalisti è il prerequisito essenziale per raggiungere la libertà di espressione, la democrazia, lo sviluppo sociale e la pace”.


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