il Ducato » libertà di stampa http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » libertà di stampa http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Reporter senza frontiere: l’Italia scala la classifica della libertà di stampa http://ifg.uniurb.it/2014/02/12/ducato-online/reporter-senza-frontiere-litalia-scala-la-classifica-della-liberta-di-stampa/57053/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/12/ducato-online/reporter-senza-frontiere-litalia-scala-la-classifica-della-liberta-di-stampa/57053/#comments Wed, 12 Feb 2014 08:37:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57053 rsfL’Italia sale nella classifica dei paesi che tutelano la libertà di stampa. A dirlo è il rapporto “World press forum index 2014″ di “Reporter senza frontiere”. Una ‘scalata’ di nove posizioni rispetto all’anno precedente che la porta a ‘conquistare’ il 49esimo posto, a soli tre passi dagli Stati Uniti, considerati “un modello” nella tutela della libertà di stampa. Ma i riflessi del caso Snowden fanno perdere agli Usa 13 posizioni in un solo anno. In vetta alla classifica la Finlandia, per il quarto anno consecutivo, mentre fanalino di coda, al 180° posto, si posiziona l’Eritrea.

Stabili dal 2013 al top della graduatoria, Paesi Bassi e Norvegia. Le ultime tre posizioni sono, invece, occupate da Turkmenistan, Corea del Nord e Eritrea: “Sono tre paesi in cui la libertà di stampa è inestistente – si legge sul rapporto – continuano ad essere buchi neri dell’informazione e luoghi pericolosissimi per i giornalisti”. New entry rispetto al 2013 il Belize, che conquista la 29esima posizione. Diffamazione, gestione sleale delle frequenze delle trasmissioni e problemi con l’attuazione del Freedom of Information Act, rischiano di minacciare la libertà di stampa ma il paese si posiziona abbastanza alto in classifica. Chi scende e chi sale. In alcune parti del mondo, nemici della libertà di stampa come censura, violenza contro i giornalisti e misure legislative per zittirli stanno diminuendo. Ma se la ‘rimonta’ di alcuni paesi fa ben sperare, molto più preoccupante è la discesa di altri. In America, gli Stati Uniti perdono 13 posizioni, a causa di “un’interpretazione eccessivamente ampia ed abusiva delle esigenze della sicurezza nazionale”. La fuga di notizie e le rivelazioni del caso Snowden e lo sforzo messo in atto nel paese per rintracciare gli autori degli ‘scoop’, avrebbero penalizzato la libertà di stampa. Anche le operazioni si sorveglianza messe in atto dal governo minacciano la privacy e non tutelano le fonti del giornalista.

Buone notizie, invece, da Panama, Repubblica Dominicana, Bolivia e Ecuador che guadagnano fino a 25 posizioni dimostrando l’importanza sempre maggiore del mezzo stampa. Cambiamenti ci sono stati in zone come il Sud Africa, salito di 11 posizioni, in cui, nel 2013, il presidente ha rifiutato di firmare una legge che minacciava di ‘compromettere’ il giornalismo investigativo; anche la Georgia, grazie al cambiamento del governo tramite libere elezioni, ha recuperato il terreno perso negli anni precedenti. A scendere sono il Guatemala che piomba al 125esimo posto, dopo l’incremento degli attacchi fisici contro giornalisti, e il Paraguay, che arriva al 105esimo a causa della censura. Misure contro la libertà di stampa sono state adottate in Africa: in Burundi, il Senato ha approvato una legge che restringe la libertà dei giornalisti mentre in Kenya, alla fine del 2013, una legge ha istituito un tribunale speciale per giudicare i contenuti audio-video. Vietnam, Uzbekistan e Arabia Saudita, agli ultimi posti, continuano a tenere sotto controllo la stampa, tramite la censura dei media digitali. Modelli in declino. La libertà di stampa è ‘contagiosa’? Il rapporto evidenzia come la situazione dell’informazione di un determinato Paese abbia un impatto anche su quelli confinanti, in positivo e in negativo. E chi dovrebbe fare da modello spesso non è in grado di farlo. L’Europa, ad esempio, è ‘dispersa’ nella classifica e non riesce a far allineare tutti i suoi Paesi sullo stesso livello di libertà di stampa. Grecia e Ungheria perdono 14 e 7 posizioni e si collocano molto più in basso di Germania e Francia. Questo, nel caso dei giornalisti greci, è dovuto ai continui attacchi da parte di Alba dorata, il partito di estrema destra. E non solo: “Il primo ministro Antonis Samaras sembra aver tagliato anche la democrazia, per risparmiare soldi”, si legge sul rapporto. Nonostante le aspirazioni regionali, Paesi come Russia o la Turchia si riconfermano vere e proprie gabbie per la libertà di stampa. La Cina continua a censurare e ad imprigionare giornalisti e blogger dissidenti e ad esercitare la sua influenza, in questo senso, anche su Hong Kong e Taiwan. La libertà di stampa nelle zone di guerra. “Il rapporto 2014 sottolinea la correlazione negativa tra libertà di informazione e conflitti. In un ambiente instabile, i media diventano obiettivi strategici per gruppi che mirano a controllare il potere”, si legge sul report. La Siria, stabile al 177 posto, è un esempio dal marzo 2011: “Non esiste alcun luogo in cui la libertà di informazione e i suoi attori siano più in pericolo”, afferma Reporter senza Frontiere. Anche l’Egitto, al 159esimo posto, ha visto un escalation di violenze contro i giornalisti per portare i media sotto il controllo dei Fratelli Musulmani. Un’ondata di arresti che ha investito non sono i blogger e reporter egiziani ma anche i loro collegi turchi, palestinesi e siriani.

L’insorgere della violenza contro i giornalisti, già prima della fine del 2013, ha portato la comunità internazionale a riflettere. Il 26 novembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la sua prima risoluzione per tutelare i giornalisti. “Il giornalismo deve continuare ad evolversi – si legge nella risoluzione – includendo input dai media istituzionali, dagli individui privati, dalle organizzazioni, da tutti coloro che ricevono e diffondono informazioni e idee di ogni tipo, online e offline. La tutela dei giornalisti è il prerequisito essenziale per raggiungere la libertà di espressione, la democrazia, lo sviluppo sociale e la pace”.


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Usa, la politica affossa per legge un corso di giornalismo d’inchiesta http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/wisconsin-la-politica-affossa-per-legge-un-corso-di-giornalismo-dinchiesta/51106/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/wisconsin-la-politica-affossa-per-legge-un-corso-di-giornalismo-dinchiesta/51106/#comments Thu, 13 Jun 2013 10:22:14 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51106

Università del Wisconsin

La politica spesso attacca la stampa libera, ‘colpevole’ secondo loro di mettere il naso dove non dovrebbe. Frequenti le querele e le intimidazioni, a volte anche fondate. Ma negli Stati Uniti, i senatori dello Stato del Wisconsin hanno fatto un passo ulteriore: hanno colpito con una norma di legge addirittura l’esistenza stessa di un Centro per il giornalismo investigativo, vietandone la collaborazione con l’università.

È successo all’università del Wisconsin che qualche anno fa per permettere agli studenti di entrare in contatto diretto con la professione avevano creato una convenzione con il Centro di giornalismo investigativo della città, un luogo in cui gli alunni avrebbero imparato a usare le armi della professione. Alla felice collaborazione però si è opposto ora il Senato: con un emendamento al bilancio ha imposto all’Ateneo di interrompere i rapporti con il centro.

Il centro era diventato l’anello di congiunzione tra i libri polverosi su cui gli aspiranti giornalisti imparano le regole teoriche e il ritmo frenetico della vita del reporter. Qui gli studenti, vestendo i panni dei giornalisti, cercavano notizie, raccoglievano testimonianze e raccontavano fatti. Fino al 5 giugno: “ I repubblicani- spiega Deborah Blum, insegnante della scuola di giornalismo dell’Università - hanno introdotto nel budget di Stato un emendamento in cui impongono all’Università di non ospitare il centro investigativo nelle sue aule e vieta a tutti gli impiegati di lavorare con loro”.

Il decreto, proposto da un senatore repubblicano, è stato approvato dal Joint Finance Commitee (una sorta di commissione bicamerale economica) è formata da 12 repubblicani e 3 democratici. “I repubblicani dimostrano di non amare il giornalismo investigativo- continua Deborah Blum – non solo hanno votato a favore del decreto ma non ci hanno informati prima di votarlo e, una volta approvato, non hanno voluto giustificare la decisione”.

Tagliare le spese in eccesso: questa sarebbe la motivazione inserita nel provvedimento ma dall’Università ribattono che il centro è un’azienda finanziata con soldi privati e non dipende economicamente dall’Università. “Non ci sono reali ragioni economiche – spiega la Blum – l’Università metteva a disposizione del centro solo qualche aula ma in compenso riceveva un grande apporto in termini di formazione professionale per i nostri allievi”.

Allora perché il Senato si è preoccupato di entrare nel merito dei rapporti tra centro e Università? La risposta, secondo l’insegnante americana, va cercata in una querelle nata tra un senatore repubblicano e i giornalisti del centro. “Un rappresentante repubblicano del comitato- spiega la professoressa Blum- era protagonista di una delle storie trattate da uno dei reporter del centro. Probabilmente non è un caso che proprio lui abbia favorito l’approvazione del decreto.”

Reazioni al provvedimento e alle modalità con cui è stata presa la decisione non sono mancate anche tra le fila dei Repubblicani. Dale Schultz, esponente di vecchia data del partito e noto per le sue posizioni moderate, ha giudicato “estrema” la decisione presa dal comitato. Schultz, commentando le 10 ore di negoziazioni segrete che hanno preceduto la votazione in aula, ha usato parole dure nei confronti dei repubblicani protagonisti della vicenda paragonandoli a Vladimir Putin e Hugo Chavez.

A prescindere dai dissidi interni al partito, ciò che rimane della vicenda è la fine di una collaborazione non solo utile alla formazione degli studenti universitari ma importante per la qualità del giornalismo americano dei prossimi anni. “Che il legislatore decida cosa si possa o non si possa insegnare è una violazione della libertà accademica ma è anche una perdita per lo Stato del Wisconsin- conclude con amarezza Deborah Blum- la Costituzione americana stabilisce la libertà non solo di insegnare ma anche di esprimere le proprie idee. Quel decreto è un’infrazione diretta della nostra libertà e ai principi costituzionali”.

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Il parlamento Ue: “Libertà di stampa e pluralismo, ecco le linee guida” http://ifg.uniurb.it/2013/05/30/ducato-online/il-parlamento-ue-liberta-di-stampa-e-pluralismo-ecco-i-principi-da-seguire/49352/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/30/ducato-online/il-parlamento-ue-liberta-di-stampa-e-pluralismo-ecco-i-principi-da-seguire/49352/#comments Thu, 30 May 2013 21:15:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49352

Il parlamento di Strasburgo

Il Parlamento europeo lo scorso 21 maggio ha approvato una risoluzione che stabilisce le norme per la libertà dei mezzi d’informazione in tutta l’Unione. Un passo importante che impone ai 27 Stati membri regole precise per garantire il diritto d’informare e di essere informati.

Pur non avendo le risoluzioni del Parlamento, si tratta di una presa di posizione importante di principi e linee guida che potrà guidare l’approvazione di regolamenti e direttive nei prossimi anni.

Il testo parte dall’assunto che il pluralismo e il giornalismo indipendente sono i cardini su cui si regge una democrazia: per questo “gli Stati membri devono rispettare, garantire, proteggere e promuovere il diritto fondamentale alla libertà d’espressione e d’informazione”. Un diritto che va tutelato dalle interferenze dei poteri forti e da qualsiasi forma di censura o limitazione. Inoltre, si sottolinea che nessuna decisione politica può limitare l’accesso ai media o condizionarne l’informazione.

La libertà dei media si difende, innanzitutto, vigilando sulla nomina dei dirigenti e dei consigli d’amministrazione del servizio pubblico e privato. “La Commissione europea deve assicurare che gli Stati garantiscano al loro interno la corretta attuazione della Carta dei diritti fondamentali”, che impone l’indipendenza e la neutralità di tutti i media. Un obiettivo ancora lontano. Nella classifica mondiale della liberta di stampa 2013, l’Italia è al 57° posto, la Grecia al 84°, la Francia al 37°, la Spagna al 36°, l’Inghilterra è al 29° e la Germania al 17°.

Altro punto fondamentale è la creazione di un sistema europeo basato sull’equilibrio tra mezzi d’informazione privati e pubblici, tema molto importante in Italia. Quest’ultimi “sono strettamente legati alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società” e per questo vanno protetti e tutelati anche attraverso l’assegnazione di fondi: “Bisogna assicurare ai media del servizio pubblico finanziamenti adeguati”, che gli permettano di essere indipendente dal mondo politico ed economico.

Altro punto che tocca da vicino l’Italia è quello in cui il Parlamento parla di corretta concorrenza tra tutti i mezzi d’informazione, che viene troppo spesso minata da conflitti d’interesse “risultanti dalla sovrapposizione di cariche politiche”. E’ necessario, inoltre, impedire la concentrazione della proprietà e l’abuso di posizione dominante.

La libertà di stampa non riguarda solo i mezzi tradizionali, ma anche “i social media e le altre forme di nuovi media”. Tutti devono poter accedere senza ostacoli all’informazione in Rete che deve essere trasparente e neutrale. Ogni Stato deve favorire in ogni modo l’alfabetizzazione digitale dei suoi cittadini.

Una parte importante della risoluzione è, infine, dedicata ai giornalisti che rischiano la loro vita per svolgere con onestà e passione questo mestiere: “Devono essere protetti da pressioni, intimidazioni, molestie, minacce e violenze”. L’Unione Europea “invita, inoltre, gli Stati membri a depenalizzare il reato di diffamazione”. In Italia, l’articolo 595 del codice penale, prevede per il giornalista che diffama la reclusione per un massimo di tre anni.

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“Meydan”, una web tv della gente contro il regime dell’Azerbaijan http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-online/meydan-la-web-tv-di-emin-milli-contro-il-regime-dellazerbaigian/45725/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-online/meydan-la-web-tv-di-emin-milli-contro-il-regime-dellazerbaigian/45725/#comments Mon, 06 May 2013 17:43:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45725

Emin Milli, fondatore di Meydan tv

Meydan” in lingua azera vuol dire piazza. Quella piazza che è stata troppo spesso soffocata dal regime del presidente Ilham Aliyev, ma che non ha mai smesso di respirare con i suoi polmoni digitali.  L’ultimo tassello di questo mosaico è la web tv ideata dal giornalista, blogger e scrittore Emin Milli, un azero di 33 anni imprigionato nel 2009, probabilmente a causa di un video satirico sulla presidenza di Aliyev.

Dopo 16 mesi di carcere, Milli ha costruito il suo progetto dall’Europa, dando vita alla prima emittente che sul web diffonderà critiche e attacchi al regime. Il flusso di contenuti sarà trasmesso da Berlino sul sito Meydan tv, per poi passare su un canale satellitare da metà maggio.

Milli potrà contare su uno staff di uomini e donne collegati dal filo rosso della dissidenza e dalla sete di democrazia, da declinare soprattutto come interazione collettiva e possibilità di espressione offerta a tutti. I loro nomi? Zuzu, Caroline, Jamal Ali, Qurban, Araz, Habib e Fardi.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Chiunque, come spiegato da Habib nel video di presentazione della Meydan tv, può comunicare dinanzi a una telecamera o decidere di realizzare un servizio su qualsiasi argomento. Il tutto sarà poi valutato dalla “redazione” diretta da Milli sulla base di un solo criterio: un livello qualitativo adatto alla messa in onda. Un principio vago e indefinito, questo, che potrebbe rivelarsi il tallone d’Achille del progetto, ma che per il momento si erge a speranza di libertà per molti azeri.

L’Azerbaijan, secondo l’ultima stima dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, offre una garanzia delle libertà civili nettamente peggiore a quella di dieci anni fa. Si tratta di un paese in cui è vietato manifestare e dove il bavaglio all’opposizione è legittimato dalle istituzioni; per averlo violato in nome della libertà d’espressione, nove giornalisti sono in prigione dal 2012.

Ayan, 14enne azera sostenitrice di Meydan tv

Tra gli azeri emigrati, molti sono fieri di contribuire alla realizzazione della Meydan tv. Una di loro è Ayan, 14 anni, residente a Magonza e con 20 euro da donare al progetto. Perché quello che Milli e la sua squadra hanno voluto precisare è il marchio di autosufficienza della neonata piattaforma.

“Non vogliamo dipendere da nessuno, non vogliamo che qualcuno ci etichetti come servi di una certa propaganda ideologica”, sottolinea Habib nel video di presentazione, che su youtube ha avuto quasi 18.000 visualizzazioni. Milli ricorda che anche “solo uno o cinque euro sono un grande aiuto”, come piccoli finanziamenti di questo centro di protesta in cui ogni azero “possa sentirsi responsabile del proprio destino”, afferma Qurban.

Un sentimento di responsabilità che sicuramente anima la partecipazione di Zuru, azera arrivata a Berlino dalla Norvegia per frequentare uno stage di musica elettronica e che, inaspettatamente, in Germania è tornata ad accarezzare una delle sue debolezze, “un qualcosa di molto intimo”, come quell’Azerbaijan lasciato da bambina.

Dall’Azerbaijan verso la Scandinavia se ne sono andati in molti, e dalle punte più a nord dell’Europa i sostegni alla Meydan tv arrivano già da qualche mese, come le 4800 corone svedesi (575 euro) donate dagli azeri che vivono a Linkoping, oppure la torta preparata da Tamara in occasione della presentazione del progetto nella cittadina svedese di Goteborg .

La Meydan tv è una cassa di risonanza, una voce di protesta che vuole scuotere non solo la realtà azera, ma anche tutta la comunità internazionale. È un progetto di crowdsourcing, come già altri se ne sono visti nel mondo della dissidenza: ad esempio, nel 2010, Natalia Sindeeva fondava in Russia la tv Dozhd, l’unico canale che ha mostrato le piazze ribelli e aperto le dirette delle manifestazioni contro Putin. Natalia ed Emin hanno avuto lo stesso coraggio, ma in tre anni le sorti del giornalismo sono cambiate. Il crowdsourcing era un bozzolo oggi diventato maturo, un bozzolo che oggi affatica e facilita allo stesso tempo la ricerca della verità.

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Gran Bretagna, dopo il Tabloidgate nasce un’autorità indipendente per la stampa http://ifg.uniurb.it/2013/03/19/ducato-online/gran-bretagna-dopo-il-tabloidgate-nasce-unautorita-indipendente-per-la-stampa/39291/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/19/ducato-online/gran-bretagna-dopo-il-tabloidgate-nasce-unautorita-indipendente-per-la-stampa/39291/#comments Tue, 19 Mar 2013 17:27:21 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=39291

David Cameron, primo ministro britannico

Tempi duri per i giornalisti britannici: una storica formula auspicava che la stampa facesse da cane da guardia del potere, ma ieri nel Regno Unito i partiti hanno trovato un accordo per ‘sguinzagliare’ un nuovo cane da guardia, un watchdog che controlli o quanto meno addomestichi lo sciacallaggio di certo giornalismo scandalistico.

Una libertà, quella di stampa, che spesso era diventata una scusa, una giustificazione con cui alcuni grandi editori si sentivano autorizzati a pubblicare scoop di qualsiasi natura e a qualunque prezzo. Lo dimostra la lunga inchiesta pubblica sull’etica, la cultura e le pratiche dei media voluta dal primo ministro britannico David Cameron, e condotta dal giudice lord Brian Leveson, dopo lo scandalo del giornale appartenente al colosso di Rupert Murdoch, il News of the World, colpevole di aver pubblicato intercettazioni, spiato vip e cittadini comuni e violato la loro privacy. Secondo il rapporto Leveson si rendeva necessaria la creazione di un organo di supervisione indipendente, che sostituisse la debole ‘Press Complaints Commission’, poco efficace perché interamente composta da giornalisti ed editori.

A quattro mesi dalla pubblicazione del rapporto e dopo lunghi tira e molla politici, i parlamentari inglesi festeggiano il raggiungimento di un accordo. A regolamentare i media non sarà più la vecchia Commissione e neppure l’Ofcom suggerito da Leveson e da molti ritenuto sotto il controllo diretto del governo. Il nuovo strumento, stabilito tramite un regio decreto legge “royal charter”, consisterà in un’autorità indipendente con compiti effettivi: dalla sanzione fino a un milione di sterline (ovvero circa 1,5 milioni di euro) per chi viola il codice deontologico alla facoltà di imporre, e non più solamente suggerire, scuse adeguate da parte delle testate che sbagliano.

ECCO LA BOZZA DI ROYAL CHARTER

Ecco i punti chiave:

• Il royal charter è un decreto reale, ovvero un atto che – per forza e resistenza alle modifiche – può essere considerato come una legge costituzionale italiana. Non potrà essere modificato dai ministri ed emendamenti potranno esserci solo se in entrambe le Camere del Parlamento si raggiungeranno i due terzi della maggioranza;
• Il nuovo strumento sarà completamente indipendente e la stampa non potrà più porre il veto su chi si siederà al tavolo di lavoro. Non saranno più gli editori a giudicare su se stessi. I regolatori saranno scelti per la maggior parte da persone che non fanno parte del mondo della stampa insieme a una persona esperta di giornalismo e una che rappresenta gli editori;
• Se necessario, potrà imporre le scuse da parte della testata che ha violato il codice. Prima c’era soltanto un invito a scusarsi, ora sarà un’intimazione
• Queste misure si applicheranno a quotidiani, riviste e siti web che si occupano di notizie. Coloro che rifiutano di seguire la nuova regolamentazione, se coinvolti in processi, dovranno pagare ammende esemplari. Questo è un incoraggiamento ad aderire e a sottoscrivere il nuovo organo.

Abbiamo vinto noi”: questo il grido trionfalistico che ciascun leader dei tre maggiori partiti britannici si è affrettato a mettere agli atti all’indomani dell’incontro tenutosi alla Camera dei Deputati. Tanto i conservatori di David Cameron, quanto i laburisti guidati da Ed Miliband e i liberal-democratici di Nick Clegg, ritengono di aver ottenuto quello che volevano, senza cedere terreno all’avversario. C’è da chiedersi se, in questo caso, più che di vittoria collettiva sia più opportuno parlare di fiacco parimerito o di compromesso. Di fatto è difficile stabilire chi abbia vinto più degli altri, quel che è certo è che ognuno ha dovuto fare delle rinunce e delle concessioni.

Quello a cui hanno assistito ieri milioni di persone sintonizzate sul sito del Guardian, che ha trattato in live blogging ogni singola dichiarazione e commento, è stato un botta e risposta tra parlamentari disposti a rivedere e smussare le proprie posizioni pur di trovare un punto d’incontro comune in materia di regolamentazione del mondo della stampa.

Soddisfatta la reazione di Cameron: “Ho sempre voluto due cose, che si costituisse un forte strumento in grado di salvaguardare le vittime, e questo lo abbiamo ottenuto, e che venisse garantita la difesa della libertà di stampa, e anche questo è riuscito”. Altrettanto positive, ma più attente ai diritti lesi delle persone, le parole del leader dei laburisti Ed Miliband: “Lord Leveson aveva richiesto un regolatore efficace, oggi questo è stato raggiunto. E’ stato possibile solo grazie alle vittime che hanno avuto il coraggio di parlare. Io non voglio più vivere in un Paese in cui la stampa è libera di trattare le persone così come sono state trattate”. Il liberal-democratico Clegg ha invece ringraziato Cameron e Miliband, perché è solo grazie alla cooperazione di tutti che è stato possibile superare le rigidità delle reciproche posizioni.

Questa ventata di ottimismo ha però trovato la ferma disapprovazione di Kirsty Hughes, amministratore delegato dell’Index on Censorship. “L’indice è assolutamente contrario alla costituzione di questo strumento – ha affermato – il coinvolgimento dei politici mina il diritto della stampa ad essere indipendente. Viene violato non solo il principio fondamentale di libertà, ma anche i fondamenti della democrazia”.

La reazione da parte del mondo dei media è stata controversa: alla cauta accoglienza mostrata da testate come The Guardian, The Independent e The Financial Times si sono contrapposte aspre critiche da parte del Daily Mail, Sun e Telegraph. Alan Rusbridger, editore del Guardian, apprezza il fatto che i tre partiti maggiori siano riusciti a dialogare e a trovare un buon punto d’incontro. Conserva tuttavia “forti riserve sul risarcimento esemplare anche se, l’esser riusciti a trovare, dopo anni di dibattito, un regolatore indipendente sia dalla stampa che dalla politica, è un segnale importante e un miglioramento non da poco rispetto al passato”.

Winston Churchill, l’immagine di copertina scelta dal “Sun”

Furiosa invece la risposta di altre testate. Il Sun già si era scatenato pubblicando in copertina una foto in bianco e nero del primo ministro Winston Churchill: evocare un esempio di democrazia per scongiurare il pericolo di gettare la Gran Bretagna in una spirale di censura.

All’indomani della decisione presa dai leader politici, i direttori di Daily Mail, Sun e Telegraph minacciano di rifiutare il nuovo piano regolatore. Dichiarano di “volersi rivolgere a una consulenza legale di alto livello prima di accettare a occhi chiusi quello che sembra essere un cappio alla libertà di stampa”. Trevor Kavanagh, editorialista del Sun, sostiene: “Semplicemente noi non vogliamo che i politici abbiano il controllo su cosa debba o non debba uscire sui giornali”.

Libertà violata o meno, il dibattito sulla regolamentazione della stampa non è certo destinato a spegnersi in tempi brevi. Non sono solo i grandi giornali a interrogarsi su cosa cambierà, ma anche le piccole testate sono spaventate da quello che rischia di trasformarsi in uno strumento a doppio taglio: da una parte salvaguardia della professione se esercitata nobilmente, ma anche un possibile limite.

Hayley Samela, giovane giornalista americana che da alcuni anni lavora a Londra, sostiene che la libertà di stampa è uno dei più bei diritti di cui il mondo è in possesso e niente dovrebbe metterla in discussione: “Non sono d’accordo con le regolamentazioni sui media, nessun altro può decidere cosa debba o non debba essere pubblicato. C’è poi il rischio che siano i politici ad assumersi questa prerogativa e in quel caso verrebbero soddisfatti solo i loro interessi”.

“Se l’intento di questa nuova regolamentazione è quello di impedire la violazione della privacy – continua Samela – non credo che ci siano riusciti. Il governo invade la privacy, Internet invade la privacy, Facebook la invade… in più dopo aver disposto questo controllo, cos’altro si spingeranno a fare? Si creerebbe un precedente pericoloso”. Il caso Murdoch è senz’altro un esempio di cattivo giornalismo, ma generalizzare rischia di portare ulteriori danni: “La credibilità stessa agli occhi dei cittadini verrebbe meno se il controllo sull’informazione da parte di strutture esterne si acuisse”.

“Da americana mi rendo conto – conclude Samela – che nel Regno Unito il controllo è già maggiore rispetto agli Stati Uniti, senza che ci sia bisogno di creare altri strumenti. Per esempio, la stampa inglese è già in qualche modo influenzata dalla famiglia reale. Se avessimo una foto di Michelle Obama in bikini i giornali americani la pubblicherebbero immediatamente e Internet impazzirebbe. Qua una foto di Kate è intoccabile, è ‘sotto controllo‘”.

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Studenti in piazza: “Salviamo il Manifesto dal rischio chiusura” http://ifg.uniurb.it/2012/04/18/ducato-online/studenti-in-piazza-salviamo-il-manifesto-dal-rischio-chiusura/31280/ http://ifg.uniurb.it/2012/04/18/ducato-online/studenti-in-piazza-salviamo-il-manifesto-dal-rischio-chiusura/31280/#comments Wed, 18 Apr 2012 17:17:07 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=31280 URBINO – Sit-in degli studenti liceali in piazza della Repubblica per sostenere Il Manifesto, in liquidazione coatta dall’8 febbraio scorso. Il raduno si chiama “Io Manifesto” ed è organizzato dai ragazzi del collettivo Carlo Giuliani, che hanno distribuito copie gratuite del quotidiano e organizzato letture all’aperto.

“Ho cominciato a leggere il Manifesto solo due mesi fa – racconta Luigi, 18 anni, iscritto al liceo artistico di Urbino – ma capisci subito che è un quotidiano che si differenzia molto dagli altri. Si legge perché si ha voglia di leggerlo. E sicuramente lascia il segno”. “E per noi un mezzo d’informazione – aggiunge Giulia, 16 anni, compagna di scuola di Luigi – che non potremmo trovare in altro modo se non grazie a questo giornale. E’ importante salvaguardarlo per questo”.

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http://ifg.uniurb.it/2012/04/18/ducato-online/studenti-in-piazza-salviamo-il-manifesto-dal-rischio-chiusura/31280/feed/ 0 Iniziativa dei ragazzi del collettivo Carlo Giuliani contro la chiusura dello storico quotidiano. In piazza della Repubblica l'hanno letto ad alta voce, inginocchiati sotto la pioggia Iniziativa dei ragazzi del collettivo Carlo Giuliani contro la chiusura dello storico quotidiano. In piazza della Repubblica l'hanno letto ad alta voce, inginocchiati sotto la pioggia il Ducato no
Massachusetts, tribunali aperti anche ai citizen-journalist http://ifg.uniurb.it/2012/03/05/ducato-online/massachusetts-tribunali-aperti-anche-ai-citizen-journalist/27352/ http://ifg.uniurb.it/2012/03/05/ducato-online/massachusetts-tribunali-aperti-anche-ai-citizen-journalist/27352/#comments Mon, 05 Mar 2012 15:40:45 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27352

La Corte Suprema dello stato del Massachusetts

URBINO – Il 2 marzo nei tribunali dello stato del Massachusetts i citizen-journalist (quei giornalisti, come i blogger, che non sono legati ad una testata tradizionale) avranno, durante le udienze, gli stessi diritti dei giornalisti ufficiali. Lo ha deciso la Corte Suprema dello stato con la New rule 1:19 On Electronics acces to courts, un emendamento che va a modificare il vecchio regolamento dei tribunali.

La nuova regola è in realtà una riforma di tutto il rapporto tra tribunali e media.  Grazie alla New rule i giornalisti potranno usare laptop e smartphone durante le udienze, trasmettendo le notizie in diretta.

Si tratta di un grosso cambiamento. Ma più ancora del “cosa” potranno fare i giornalisti, è importante il “chi” lo potrà fare: questi nuovi diritti verranno estesi anche ai giornalisti che non appartengono alle testate tradizionali. Per avere accesso alle aule di tribunali con le proprie strumentazioni sarà sufficiente “essere regolarmente impegnati nella diffusione di notizie e pubblicazioni su materie di interesse pubblico”. Questa definizione include blogger, autori di siti internet locali e giornalisti, diremmo all’italiana, non professionisti.

Per poter partecipare come giornalisti ad un udienza sarà sufficiente soddisfare questi requisiti, iscriversi al registro Pubblica informazione della Corte Suprema del Massachusetts oppure ottenere direttamente dal giudice il permesso di assistere all’udienza.

“La nuova norma ha lo scopo di adattare il regolamento ai cambiamenti che ci sono stati in materia di giornalismo e tecnologia da quando il regolamento venne originariamente promulgato”, hanno scritto i giudici della Corte Suprema.  Il nuovo regolamento entrerà in vigore dal primo luglio 2012.

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Libertà di stampa, domani Enzo Marzo presenta lo Statuto dei lettori http://ifg.uniurb.it/2009/12/09/ducato-notizie-informazione/liberta-di-stampa-domani-enzo-marzo-presenta-lo-statuto-dei-lettori/478/ http://ifg.uniurb.it/2009/12/09/ducato-notizie-informazione/liberta-di-stampa-domani-enzo-marzo-presenta-lo-statuto-dei-lettori/478/#comments Wed, 09 Dec 2009 18:00:09 +0000 http://ilducatonotizie.wordpress.com/?p=70 [continua a leggere]]]> h: 19.00

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URBINO – Lo statuto del lettore. Uno strumento per conoscere i diritti di chi è consumatore di notizie e renderlo protagonista attivo nel discorso pubblico sull’informazione. Ne parlerà, domani a Urbino, il giornalista Enzo Marzo in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Le voci del padrone. Saggio di liberalismo applicato alla servitù dei media”. “Come è stata fatta la carta di Treviso per i bambini – ha detto Marzo intervistato da Ducato Notizie –  penso che vada fatto uno statuto dei lettori”.

Secondo Marzo, inoltre, il dibattito sulla libertà di stampa deve entrare nelle scuole di giornalismo ed essere affrontato dai giovani. Per questo, l’esperienza del progetto Einaudi Albertini, promosso a marzo scorso dall’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, “è ottima e da riproporre – ha detto Marzo – sono molto interessato alle opinioni di quelli che saranno i futuri giornalisti che hanno una lettura nuova e diversa anche del ruolo della rete”. (G.T.)

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