il Ducato » mafia http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » mafia http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Network di giornalisti di inchiesta svela gli affari della mafia che investe in Africa http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/network-di-giornalisti-di-inchiesta-svela-gli-affari-della-mafia-che-investe-in-africa/71097/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/network-di-giornalisti-di-inchiesta-svela-gli-affari-della-mafia-che-investe-in-africa/71097/#comments Sun, 19 Apr 2015 11:04:22 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71097 Screenshot-2015-04-19-11.58PERUGIA – La linea della palma, la penetrazione della mafia nel territorio italiano – diceva Sciascia – si va spostando poco a poco ma di continuo verso il nord Italia. Ma quella linea si è spostata anche verso sud, ha attraversato il deserto del Sahara ed è arrivata fino in Sudafrica. Lo ha messo in luce un’inchiesta internazionale, condotta da un network di giornalisti investigativi, seguendo le tracce di diamanti e soldi che lascia muovendo i suoi affari verso l’Africa, e che ha portato a scoprire un giro di denaro, terre e uomini nascosto ma non per questo trascurabile.

L’idea non nasce a Palermo o a Tunisi, ma in un pomeriggio a Londra. Un gruppo di freelance italiani, membri dell’International reporting project Italy e specialisti del giornalismo investigativo, partendo da due righe di un rapporto della Direzione nazionale antimafia sulla criminalità in Tunisia cominciano a cercare casi d’infiltrazione mafiosa nel continente. Le autorità italiane stimano un giro d’affari per 26 miliardi di dollari ma per il gruppo di giornalisti quella cifra non è che la “superficie del potere economico della mafia in Africa”.

Insieme a Stefano Gurciullo, direttore di quattrogatti.info, provano a capire quanto la mafia incassi dai mercati illeciti. Si concentrano su due piste, una in Kenya e l’altra in Sudafrica ma l’indagine interessa 13 paesi. L’inchiesta si chiama “Mafia in Africa”. La pista sudafricana li porta sulle tracce di Vito Palazzolo, il cassiere della mafia originario di Terrasini, implicato in una varietà di affari notevole, e del meccanismo con cui ricicla capitali.

I dati da elaborare sono molti e l’inchiesta finirà con l’impegnare dieci giornalisti investigativi da sei diversi Paesi, un data journalist e un data scientist, tre editori e altre figure per controllare qualità e precisione del lavoro svolto. Ad affiancare l’Irpi c’è l’African network of centers for investigative reporting. Il network africano fornirà le prime fonti sul posto da cui partire per il lavoro d’inchiesta. “Per noi il fatto che ci siano una serie di partner transnazionali con cui potersi scambiare informazioni e notizie è fondamentale. Senza non potremmo fare il lavoro che facciamo”, spiega Cecilia Anesi di Irpi.

Il team si divide in due squadre, una segue la pista delle infiltrazioni in Kenya ma i contatti trovati in prima persona sul posto, senza una mediazione locale, li hanno portati su un binario morto. In Sud Africa l’accesso ai documenti si è rivelato più semplice che in Kenya.

Accedere a documenti di indagine e avere a che fare con la burocrazia per esempio in Sudafrica non è facile per un giornalista straniero. Lo stesso si può dire per l’Italia. La collaborazione tra le varie realtà del network permette di superare questo tipo di ostacoli: “Quando un giornalista straniero ha bisogno di alcuni documenti da una procura italiana – spiega Cecilia – noi gli facciamo da intermediari. Immaginate quanto possa essere difficile per chi non parla la lingua ottenere qualcosa qui”.

Per questo ad Irpi sono particolarmente fieri di essere i primi in Italia a proporre un modello di giornalismo investigativo che prende a esempio quello anglosassone. Collaborazione con altre testate, verifica scrupolosa delle fonti, lasciare a chiunque sia coinvolto nell’inchiesta la possibilità di esprimere il suo punto di vista.

Accumulati i dati bisogna però passarli al setaccio, lasciare indietro le scorie e verificare l’attendibilità di quel che s’intende pubblicare. Editor e direttori fanno un lavoro di controllo per evitare i rischi di denuncia che sempre accompagnano questo tipo di lavoro. Lavorare in un network dà un vantaggio: i controlli sono maggiori e le informazioni sono valutate da esperti di più settori. Avvocati, informatici e altre figure.

Una volta svolto un fact-cheking completo bisogna fare un passaggio ulteriore prima di pubblicare. Calcolare i rischi che un lavoro può portare a sé e alla propria redazione. “Per ogni storia che si sta seguendo va fatta una valutazione a priori del rischio e dei soggetti a cui potresti pestare i piedi”. A partire da questa valutazione si stabiliscono anche le misure a cui attenersi per rendere il proprio lavoro sicuro per sé e per le proprie fonti. E le precauzioni da adottare per rendere i propri dati e informazioni impenetrabili attraverso la crittografia. “Chi tratta di mafia – continua Cecilia Anesi – sa bene che per quanto sia un’organizzazione potente non si correrà il rischio di venire intercettati per mano sua. Invece in Sudafrica è molto più facile. Chiunque infatti può noleggiare una security farm con la quale può intercettarti”.

Inchieste di questo tipo richiedono impegno e mesi di lavoro. Per questo Irpi sul suo sito dichiara di finanziarsi in modo alternativo “proponendo progetti a charities, cioè a enti benefici, e a primarie fondazioni internazionali, europee o americane, che hanno a cuore il futuro del giornalismo investigativo e nei loro statuti prevedano di sostenerlo”.

Per ogni inchiesta si parte da zero. Non c’è una regola fissa e ogni lavoro richiede una chiave da proporre al pubblico. Scrivendo per un network internazionale bisogna far sì che le storie siano interessanti per il pubblico americano come per quello tedesco, che hanno sensibilità diverse. “Noi siamo giornalisti come gli altri, dobbiamo vendere le nostre storie –dice Lorenzo Bagnoli, altro membro di Irpi- e renderle interessanti e comprensibili per tutti è la nostra sfida. Sulla mafia in Africa siamo appena all’inizio”.

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Mafiamaps, in arrivo (anche per i reporter) un’enciclopedia geografica sulla criminalità http://ifg.uniurb.it/2015/04/09/ducato-online/mafiamaps-in-arrivo-anche-per-i-reporter-unenciclopedia-geografica-sulla-criminalita/70157/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/09/ducato-online/mafiamaps-in-arrivo-anche-per-i-reporter-unenciclopedia-geografica-sulla-criminalita/70157/#comments Thu, 09 Apr 2015 11:07:19 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70157

l’anteprima grafica di Mafiamaps

URBINO – E’ la prima enciclopedia geografica multimediale sul fenomeno mafioso in Italia. Si chiama Mafiamaps ed è un’app per smartphone e tablet legata al sito WikiMafia che mostrerà dove operano le organizzazioni mafiose, quello che fanno e dove investono, dove sono avvenuti gli episodi di intimidazione, gli omicidi e le stragi e dove sono i beni confiscati e sequestrati. Le fonti: inchieste giudiziarie concluse e in corso, dati raccolti dalle associazioni antimafia e aggiornamenti costanti. L’app sarà disponibile a metà luglio.

Marker colorati indicheranno i fenomeni mafiosi sulle aree geografiche visibili sull’app: Cosa Nostra è in viola, azzurro per la Camorra, la ‘ndrangheta in blu, verde per la Sacra Corona Unita e giallo per le mafie estere. Mafiamaps mostrerà anche l’impegno di chi contrasta la mafia: sarà possibile visualizzare dove sono e cosa fanno le associazioni in un determinato territorio e si potrà accedere regione per regione ad articoli giornalistici che denunciano casi specifici.

colorimafiapiccolo

l’anteprima grafica di Mafiamaps

L’app è stata ideata da Pierpaolo Farina, fondatore di wikimafia.it, l’enciclopedia online nata due anni fa. Per finanziare il progetto, il team ha lanciato una campagna di crowdfunding accompagnata dall’hashtag  #mappiamolitutti. Fino al 23 maggio chiunque potrà partecipare direttamente dal sito.

In poco più di due settimane sono stati raccolti più di 5000 euro, l’obiettivo è 100 mila. Anche se non verrà raggiunto entro la fine della campagna, Mafiamaps partirà comunque con la copertura  delle principali città italiane.

“Quest’app è molto importante”, spiega a Il Ducato Federico Varese, direttore della rivista Global Crime. “Uno dei grandi problemi in Italia è la mancanza di dati accurati. Lo sforzo di raccoglierli e poi presentarli con chiarezza è utilissimo: permette di vedere e capire dove si trova il fenomeno, dove non c’è (ancora) e in che modo si evolve”. Varese, professore di Criminologia e Sociologia all’Università di Oxford, parteciperà venerdì 10 aprile a Milano all’incontro di apertura del ciclo #mappiamolitutti, una serie di eventi a sostegno della campagna di raccolta fondi.

Sette sociologi lavoreranno a tempo pieno per aggiornare i contenuti di Mafiamaps. Sarà uno strumento utile a studiosi, giornalisti, blogger, associazioni che si occupano di mafia. “Potranno  visualizzare velocemente tutto quello che c’è da sapere sull’attività della criminalità organizzata in un determinato posto” ha detto a Il Ducato l’ideatore dell’applicazione Pierpaolo Farina “Mafiamaps fornirà un punto di partenza per qualsiasi ricerca o inchiesta”. L’app sarà utile anche ai cittadini: “Una cosa è documentarsi sul problema della mafia, un’altra è sapere se ha operato sotto casa tua o in posti che frequenti e questo avviene spesso: due anni fa in pieno centro a Milano c’era un bar gestito dai Casalesi e frequentato da studenti” ha concluso l’ideatore.

Mafiamaps costerà 0,99 cent all’anno, ma se il crowdfunding avrà successo sarà gratuita.

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Eventi: a Urbino il libro “Nuova Gestione” sulla mafia in Riviera http://ifg.uniurb.it/2015/04/08/ducato-notizie-informazione/eventi-a-urbino-il-libro-nuova-gestione-sulla-mafia-in-riviera/70060/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/08/ducato-notizie-informazione/eventi-a-urbino-il-libro-nuova-gestione-sulla-mafia-in-riviera/70060/#comments Wed, 08 Apr 2015 14:35:33 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70060 [continua a leggere]]]> URBINO – Mafia e criminalità nella costa romagnola. Sono i temi di Nuova Gestione – Usura e prestanome, gli affari della criminatà organizzata in Riviera, il libro del giornalista Matteo Marini (docente all’Ifg di Urbino) che sarà presentato domani, giovedì 9 aprile, alle 18:30 alla libreria Montefeltro, in piazza della Repubblica a Urbino

È un’inchiesta che raccoglie storie esemplari su come la mafia si è inserita nel turismo delle provincie di Rimini e Pesaro-Urbino, attraverso usura, estorsioni e prestanome. Interverranno durante l’evento anche la direttrice dell’Ifg e del dipartimento di Comunicazione dell’Università Carlo Bo, Lella Mazzoli, il giornalista di Sky Tg24, Gianluca Semprini e il direttore dell’Ifg di Urbino, Gianni Rossetti.

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Giovedì proiezione di “Romagna Nostra” documentario su mafie in Riviera http://ifg.uniurb.it/2014/03/17/ducato-notizie-informazione/giovedi-proiezione-di-romagna-nostra-documentario-su-mafie-in-riviera/59390/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/17/ducato-notizie-informazione/giovedi-proiezione-di-romagna-nostra-documentario-su-mafie-in-riviera/59390/#comments Mon, 17 Mar 2014 10:37:02 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=59390 [continua a leggere]]]> URBNO – Il documentario “Romagna nostra: le mafie sbarcano in Riviera”, realizzato dal Gruppo antimafia Pio La Torre di Rimini, sarà proiettato giovedì 20 marzo alle 17 in sala Serpieri. In occasione della visione interverrà Alessandro Bondi, docente di diritto penale dell’Università Carlo Bo. L’evento è organizzato dal Gap (Gruppo antimafia Pio La Torre) di Rimini e dall’associazione Fuorikorso di Urbino.

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Susanna Camusso: “Il lavoro priorità per combattere la mafia anche nelle Marche” http://ifg.uniurb.it/2013/05/26/ducato-online/susanna-camusso-il-lavoro-priorita-per-combattere-la-mafia-anche-nelle-marche/48542/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/26/ducato-online/susanna-camusso-il-lavoro-priorita-per-combattere-la-mafia-anche-nelle-marche/48542/#comments Sun, 26 May 2013 15:27:53 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=48542 ISOLA DEL PIANO – Alla Fattoria della legalità di Isola del Piano, un bene confiscato alla mafia, 150 studenti hanno incontrato Susanna Camusso – segretaria nazionale della Cgil – per parlare di lavoro,  malavita e soprattutto di quei “frutti della legalità” che hanno dato il nome all’ iniziativa.

Frutti che sono sia quelli concreti – come le ciliegie offerte a chi è intervenuto ieri sul palco – che nascono dai terreni sottratti in queste zone al mafioso Ruggero Cantoni e che ora vengono gestiti dal Comune e dall’associazione Libera; sia quelli astratti come la vitamina “L” di legalità che la segretaria ha tentato di trasmettere agli studenti con le sue parole.

“L’Italia – ha detto Camusso – è come se fosse sempre un paese doppio. Quello che viene rappresentato dal dibattito formale e poi un paese concreto e materiale che è quello che si trova oggi a Isola del Piano”.

In Italia gli anticorpi contro l’illegalità ci sono, sostiene la sindacalista; ciò che va ricostruito è il legame tra la quotidianità e  rispetto alla legalità. Un legame che, secondo la Camusso, è stata la classe politica a recidere, trasmettendo “troppe volte il messaggio che la lotta all’illegalità non fosse la priorità verso cui muoversi”.

Come dimostrano le misure ancora troppo deboli verso l’evasione fiscale o l’eliminazione del falso in bilancio, mentre secondo la Camusso “dovrebbe essere certo che chi evade finisce nelle patrie prigioni”.

Crisi economica e diritto al lavoro sono alcuni dei temi toccati dalla Camusso che,  rivolgendosi soprattutto agli studenti presenti, ha evidenziato le ripercussioni dei tagli all’ istruzione (10 miliardi di euro in 5 anni) e ha ribadito la  necessità di valorizzare la cultura come chiave per far ripartire l’Italia.

Commentando i dati sull’abbandono delle scuole da parte dei più giovani,  la Camusso si è detta amareggiata: “L’Italia si è fondata per decenni sull’ idea che bisognasse fare qualsiasi cosa purché i ragazzi andassero a scuola. Ora questa cultura si sta invertendo ed è un pericolo mortale per il paese”.

Foto di Lorenza Fernanda Pellegrini

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“Adotta un autore”: Antonio Nicaso spiega la mafia agli studenti http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-notizie-informazione/adotta-un-autore-antonio-nicaso-spiega-la-mafia-agli-studenti/45626/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/06/ducato-notizie-informazione/adotta-un-autore-antonio-nicaso-spiega-la-mafia-agli-studenti/45626/#comments Mon, 06 May 2013 14:40:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45626 [continua a leggere]]]> PESARO – Doppio appuntamento, domani, alle ore 10 e alle 17, alla Biblioteca “Bobbato” di Pesaro (Galleria dei Fonditori) con il giornalista e scrittore Antonio Nicaso, uno dei maggiori esperti di mafia, autore del libro “La mafia spiegata ai ragazzi” ed insegnante di “Storia delle organizzazioni criminali” al Middlebury Colleg, in Vermont (Usa). Gli istituti superiori di Pesaro saranno coinvolti nell’evento che prevede un doppio incontro: gli studenti parteciperanno la mattina e il pomeriggio, suddivisi in due gruppi.

L’appuntamento, che sarà introdotto dalla presidente della “Biblioteca Bobbato” Simonetta Romagna, con la partecipazione degli attori del “Teatro delle Isole”, è rivolto in particolare ai ragazzi e rientra nel Festival “Adotta l’autore”, promosso dalla Provincia di Pesaro e Urbino in collaborazione con vari enti (capofila la Comunità montana dell’Alto e Medio Metauro), con il coordinamento dell’associazione culturale “Le foglie d’oro”. Tutti sono invitati a partecipare.  Info: tel. 0721.371774;

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La carovana di Libera a Isola del Piano: “La mafia è arrivata anche qui” http://ifg.uniurb.it/2013/04/24/ducato-online/la-carovana-di-libera-a-isola-del-piano-la-mafia-e-arrivata-anche-qui/44154/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/24/ducato-online/la-carovana-di-libera-a-isola-del-piano-la-mafia-e-arrivata-anche-qui/44154/#comments Wed, 24 Apr 2013 10:59:10 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=44154 LEGGI ANCHE Operazione Titano: I Casalesi riciclavano soldi a San Marino La legalità per battere la mafia: dibattito a Economia]]> URBINO – Sabato 19 aprile la Carovana Antimafie ha fatto tappa nel piccolo comune di Isola del Piano, in provincia di Pesaro e Urbino. “Se sai contare inizia a camminare” le parole d’ordine, e tante bandiere a testimoniare la sinergia tra enti, amministratori e associazioni locali nel voler parlare anche qui, nelle Marche, di mafia.

Qui, dove sorge la Fattoria della Legalità, villa e terreni che fino al 2004 appartenevano al boss Ruggero Cantoni e oggi gestiti dal comune. Dal 2011 ospita i campi di volontariato di Libera e a breve sarà affidato a una cooperativa sociale, per diventare un agriturismo di alta qualità, dove al centro sia la persona e non il guadagno. In prima linea, a rendere possibile tutto questo, il sindaco di Isola del Piano, Giuseppe Paolini, che ci ha guidate in quelle stanze e in quei luoghi rinati sotto il segno della speranza e della legalità.

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Legalità: bene comune contro la mafia. Incontro all’università di Urbino http://ifg.uniurb.it/2013/04/24/ducato-online/legalita-bene-comune-contro-la-mafia-incontro-alluniversita-di-urbino/44449/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/24/ducato-online/legalita-bene-comune-contro-la-mafia-incontro-alluniversita-di-urbino/44449/#comments Wed, 24 Apr 2013 00:44:36 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=44449 URBINO – C’erano tutti ieri: studenti, professori, religiosi, forze dell’ordine ma anche persone comuni. In molti hanno voluto essere presenti alla conferenza organizzata dalla Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana), tenutasi nell’aula magna della facoltà di economia, per sostenere la lotta contro le mafie.

Alla conferenza, intitolata “Collègati alla legalità”, ospiti e relatori Salvatore Martinez (presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo) e Renato Cortese (capo della squadra mobile di Roma). Presenti all’incontro anche Walter Fava (comandante dei carabinieri di Urbino), Andrea Massimo Zeloni (dirigente del commissariato di polizia di Urbino), Claudio Ovarelli (comandante dei Vigili del fuoco di Urbino) e Francesco Mancini (comandante della Guardia di finanza di Fano).

La moderatrice Flavia Modica (membro della presidenza nazionale della Fuci) ha aperto la conferenza mostrando un video in cui si interrogavano i giovani di Urbino su che cosa fosse la mafia: “La mafia è omertà”, “la mafia è un cancro”, “la mafia è il male più grande della società”, le risposte più sentite dagli studenti. La proiezione è terminata con le immagini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Il dibattito vero e proprio è iniziato con l’intervento di Salvatore Martinez: “Bisogna distinguere la legalità dal diritto e dalla giustizia. Sono tre cose diverse. E il sistema mafioso rappresenta l’assenza di tutte e tre. L’unico modo per combatterla è educare i bambini e rieducare gli adulti. Il bene comune è il contrario della mafia, che è un sistema che si fa forza sul deficit culturale della gente”.

Martinez è anche presidente della fondazione Istituto di promozione umana monsignor Fancesco Di Vincenzo che ha dato vita al “polo di eccellenza della solidarietà e della promozione umana Mario e Luigi Sturzo”, un’opera sociale per la redenzione dei carcerati  e delle loro famiglie.  “Gli ex carcerati – ha spiegato Martinez – non hanno tutele sociali. Nessun imprenditore, nonostante le agevolazioni statali e le capacità della singola persona, è disposto ad assumere un ex-carcerato. Per questo le mafie attecchiscono di più. Le mafie pagano bene e subito. A volte si diventa mafiosi per necessità”.

Renato Cortese ha espresso la necessità di uno Stato presente che garantisca la legalità: “Dove c’è carenza di Stato la mafia attecchisce. Lo Stato deve recuperare la fiducia della gente. Quando ho iniziato nel 1992 a Palermo le persone erano disorientate e spaventate perché avevano iniziato a capire la pericolosità di Cosa Nostra. Da allora abbiamo fatto passi da gigante arrestando tanti latitanti tra cui l’introvabile Bernardo Provenzano nel 2006. Quel giorno c’erano centinaia di persone ad applaudire: dal silenzio derivato dalla paura delle stragi alla fiducia nello Stato. Questa per noi è la più grande vittoria”.

Cortese ha parlato dei due fattori fondamentali che alimentano le mafie: il consenso sociale e la cosiddetta zona grigia, ossia quel limbo in cui i professionisti non propriamente mafiosi forniscono il loro aiuto alle organizzazioni. “Il Café de Paris a Roma era intestato a un barbiere di Sinopoli, prestanome della famiglia Alvaro, una delle più attive nella malavita calabrese. Questo vuol dire che le mafie prosperano anche fuori dai confini del loro territorio grazie all’aiuto di questi insospettabili”.

Entrambi gli ospiti si sono soffermati sul rapporto tra la mafia e la religione. “Non uccidere, non rubare e non commettere reati – ha sipegato Martinez – non sono solo moniti legali per i credenti ma sono vere e proprie necessità spirituali. Per questo attraverso la religione si combatte l’illegalità più facilmente”. “Nelle feste di paese quando si porta  il santo – ha raccontato Cortese – è obbligatorio passare sotto casa del boss: questo è inaccettabile. Bisogna isolare questi soggetti e distinguere bene la mafia dalla pratica religiosa”.

 

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La nuova mafia: l’ombra di una mano invisibile dalle Alpi a Lampedusa http://ifg.uniurb.it/2013/04/12/ducato-online/la-nuova-mafia-lombra-di-una-mano-invisibile-dalle-alpi-a-lampedusa/42506/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/12/ducato-online/la-nuova-mafia-lombra-di-una-mano-invisibile-dalle-alpi-a-lampedusa/42506/#comments Fri, 12 Apr 2013 20:52:28 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=42506 L'INCONTRO "Crisi e usura, così le mafie uccidono l'economia legale" / Camorra, in manette due urbinati]]>

Da sinistra, Giacomo di Girolamo, Alessandro Bondi e David Oddone

URBINO – Parlare di mafia in Italia oggi può voler dire tutto e niente. Per buona parte del pubblico la mafia esiste ma solo ogni tanto, quando esce fuori dai telegiornali per un fatto di sangue, quando qualche giornalista ne parla o quando viene usato come strumento di confronto politico.

Ma la mafia è qualcosa di più e si riconosce soprattutto dalle storie della porta accanto, come un ‘Compro oro‘ spuntato dal nulla usato come ‘lavatrice’ dei soldi sporchi.

Capire bene cosa è e dove sta la mafia è l’unico modo per comprendere la complessità del sitema e proprio su questo tema Giacomo Di Girolamo e David Oddone hanno parlato ieri all’incontro nella facoltà di Giurisprudenza  Il silenzio è omertà. Giornalisti nel mirino delle mafie moderne, introdotti e moderati dal professore di Diritto penale all’università “Carlo Bo” Alessandro Bondi.

Due giornalisti: uno del sud, Di Girolamo, autore del libro Matteo Messina Denaro. L’invisibile e direttore di Marsala.it, l’altro del nord, Oddone, coautore del libro Mafie a san Marino e vittima di atti intimidatori e minacce di morte. Due storie diverse ma le stesse opinioni su un sistema mafia che sta cambiando e che si è radicato nella società dalle Alpi a Lampedusa, senza esclusioni.

Ma allora che cos’è la mafia? Nel 2010 Di Girolamo spiegava nel suo libro la storia di Matteo Messina Denaro, il super latitante e ultimo boss di Cosa nostra, una mafia terribile, spietata e profondamente legata al territorio. Questa stessa mafia oggi è oramai ridotta al minimo, non ci sarà più un capo come lui né gli stessi “scagnozzi” a seguirlo:  “La mafia ha cambiato volto, non è più un berretto e una lupara sotto la giacca, non è più legata a un determinato accento – sostiene Di Girolamo – si è evoluta passando da Cosa nostra a “Cosa Grigia”.

Proprio con questo titolo, il secondo libro del giornalista siciliano descrive come il vecchio impianto dei Messina Denaro sia ancora presente ma oramai obsoleto e superato e quindi relegato in un angolo, come un parente lontano invitato per etichetta a un matrimonio ma seduto nell’angolo, vicino al bagno. La sposa è la  nuova mafia della cosiddetta ‘area grigia‘, quella dei professionisti, degli  imprenditori e degli uomini delle istituzioni che concorrono da fuori con la criminalità organizzata creando un sistema parallelo molto più potente e capillare.

“La nuova mafia non uccide, vive per settori e si basa sulle competenze. Non guadagna soldi compiendo atti illegali come lo spaccio di droga ma gioca con la legalità, che è un concetto flessibile simile alla plastilina. Fa tutto alla luce del sole commettendo reati meno rumorosi, ad esempio la frode nelle pubbliche forniture“.

Per di Girolamo è un sistema semplice ed efficace: si organizza un ‘cartello’ di imprese, si vince un appalto pubblico truccato e, non rispettando le regole sulla costruzione, si risparmia nei materiali intascando i soldi arrivati dallo Stato.  “Il sud Italia ha ricevuto negli ultimi anni la più grande fetta dei contributi versati per lo sviluppo, ma l’85% è andato alla criminalità organizzata grazie all’arma principale della Cosa Grigia, la corruzione”.

Di Girolamo lo chiama il ‘sistema dei grandi eventi‘ che è stato “sperimentato per la prima volta nel 2005 a Trapani in occasione dell’ America’s Cup”. Per la gara molti appalti, tra i quali quello sulla realizzazione del porto della città, furono affidati a imprese legate alla mafia: un giro d’affari di 70 milioni di euro.

E dove vanno questi soldi sporchiQui entrano in gioco le regioni del nord Italia, ricche e produttive, ma soprattutto San Marino. Per Oddone, ora caporedattore della Tribuna Sammarinese, “Tutto il nord è una lavatrice. Con i soldi  si costruiscono alberghi o palazzi per ripulirli e se al sud la cosa desterebbe sospetti, al nord passano inosservati, basta pensare a quanti ce ne sono nella costa riminese. San Marino in particolare è il crocevia di tutte le mafie perché vi si possono creare società finanziarie senza che lo Stato italiano lo sappia: ce ne sono 60 in uno stato così piccolo “.

Fino al 2008, sostiene Oddone, parlare di mafia al nord era un tabù, oggi la criminalità non solo si è insediata al nord ma ha messo anche le radici. “Le operazioni di polizia ‘Criminal Minds‘ e ‘Titano‘,  dove molti riminesi e marchigiani erano coinvolti in affari con la mafia, lo dimostrano”.

“Purtroppo non ci sono gli anticorpi per fronteggiarla anche al nord” – osserva il giornalista-  “ma possiamo ancora combatterla con la cultura e la volontà: i veri eroi sono quelli che continuano a fare il proprio lavoro, di qualsiasi tipo, dal giornalista che denuncia al ristoratore che rifiuta il pizzo, con la schiena dritta”.

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Morosini: “Le mafie sempre più forti al Centro-Nord”. Bondi: “Parlarne non è più tabù” http://ifg.uniurb.it/2013/04/11/ducato-online/morosini-le-mafie-sempre-piu-forti-al-centro-nord-bondi-parlarne-non-e-piu-tabu/42356/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/11/ducato-online/morosini-le-mafie-sempre-piu-forti-al-centro-nord-bondi-parlarne-non-e-piu-tabu/42356/#comments Thu, 11 Apr 2013 14:21:37 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=42356 LEGGI Ferrari e villette alla camorra. In manette due urbinati]]>

Il magistrato Piergiorgio Morosini

“Una quindicina di anni fa, chi parlava di infiltrazione mafiosa nelle Marche o in Romagna era considerato un allarmista, un soggetto nocivo per l’industria alberghiera e del divertimento. Oggi c’è maggiore consapevolezza, ma c’è ancora da lavorare”. Il magistrato di Cattolica Piergiorgio Morosini, ex segretario nazionale di Magistratura Democratica e gup del processo di Palermo sulla trattativa Stato-Mafia, fotografa il graduale radicamento delle organizzazioni criminali nella costiera adriatica, un costante processo di consolidamento venuto alla luce grazie a operazioni come “Vulcano” e “Titano”. Quest’ultima ha portato ieri all’arresto, tra gli altri, di basisti autoctoni in Romagna e nelle Marche, accusati di aver fatto affari con la camorra.

Il trampolino di lancio è la Repubblica di San Marino, dove i clan ripuliscono il denaro sporco dietro allo scudo di una minore trasparenza bancaria, ma la fascia che va da Rimini a Pesaro è il terreno ottimale per investire il capitale ripulito. “La copertura sulla provenienza del denaro – spiega Morosini – consente alle organizzazioni di stampo mafioso di consolidare il capitale conseguito illegalmente. Inoltre, le banche sammarinesi hanno rappresentato una sorta di cassaforte dalla quale trarre le risorse per inserirsi nel circuito economico finanziario legale tramite operazioni immobiliari, ma anche acquisendo il controllo di società sportive e, soprattutto sulla riviera, di discoteche e locali notturni”.

Come un tumore, la camorra e gli altri gruppi hanno replicato le proprie cellule nel sistema economico, stravolgendo le regole del gioco: “Più si espandono – osserva Morosini – minore diventa la libertà d’iniziativa degli imprenditori che si comportano correttamente. Le mafie dispongono di talmente tanto denaro e di capacità intimidatoria da poter sbaragliare la concorrenza. In alcuni settori, come quello del divertimento notturno, i gruppi criminali rischiano di diventare monopolisti”.

Ritorsioni e minacce ai titolari di discoteche e club non sono finzione: “Già in passato abbiamo registrato situazioni in cui i titolari ‘indigeni’ venivano prima avvicinati perché avevano problemi di liquidità proponendo loro operazioni di prestito che in verità erano operazioni di usura. Poi, attraverso intimidazioni e danneggiamenti, si costringevano a cedere i locali ai criminali. Questo è un modo violento per inserirsi nel nostro mercato”.

La preda più ambita è però la pubblica amministrazione: “La grande accumulazione di denaro consente di utilizzare fondi neri per operazioni corruttive nei confronti degli amministratori pubblici, per ottenere appalti pubblici o concessioni in termini brevi e magari senza possedere i requisiti. Tutto questo ha una forte incidenza sul nostro sistema economico e sociale, che rischia di perdere i suoi connotati tradizionali di una terra che fondava la propria ricchezza sullo spirito di abnegazione, sul rischio d’impresa in senso nobile”.

Vietato parlare di una mafia in sordina: “A causa della crisi economica – fa notare Morosini – tante piccole e medie imprese hanno dovuto fare i conti con mancanza di liquidità, con un circuito legale del credito che non fa prestiti senza supergaranzie. Molti titolari di attività commerciali finiscono nelle mani di chi presta denaro a tasso d’usura, e spesso si tratta di personaggi legati alle grandi organizzazioni criminali. Chi ha avuto a che fare con certi soggetti ha compreso in tutto e per tutto il volto duro di questi criminali. Operazioni come ‘Vulcano’ hanno messo in luce episodi inquietanti con imprenditori picchiati o minacciati di morte”.

“Per anni le istituzioni sono state miopi – continua il magistrato – adesso stanno fiorendo ovunque osservatori e tavoli per contrastare il fenomeno. Purtroppo, aver sottovalutato per tanto tempo questo pericolo ha fatto sì che i gruppi criminali abbiano potuto rafforzare la propria presenza nel territorio”

Alessandro Bondi

“Gli anticorpi ci sono – racconta Alessandro Bondi, vicesindaco di Cattolica e docente di Diritto Penale dell’Università di Urbino – come amministratore ho collaborato alla nascita di una rete per condividere strumenti, per fare prevenzione ed educazione alla legalità”. Bondi terrà oggi un incontro a Urbino assieme al giornalista di San Marino David Oddone sulle mafie e sulla minaccia per la stampa.

Nel 2005, Bondi e Morosini hanno tenuto una serie di incontri pubblici sulla presenza delle mafie nelle regioni del Centro, scontando una certa ostilità: “Non era bello parlare di criminalità organizzata in Romagna, era un argomento scomodo. Oggi gli occhi sono aperti: la mafia fattura 65 miliardi di euro all’anno e in Emilia Romagna abbiamo registrato 60 sequestri di immobili, mentre 2000 persone pagherebbero il pizzo. Ovviamente, non dico che San Marino sia lo stato brutto e cattivo, ma di sicuro c’è stato un reciproco interesse”.

E le Marche? “Non sono immuni – osserva Bondi – anche se le istituzioni ci sono, la mafia ha preso piede a macchia di leopardo. Bisogna uscire dallo stereotipo del mafioso con l’accento marcato e la coppola: oggi sono personaggi che collaborano con i colletti bianchi e che spesso entrano nelle imprese senza soppiantare il titolare, ma affiancandovisi”.

“Occorre lavorare preparando gli amministratori locali ad affrontare questa realtà – conclude invece Morosini – bisogna educare la società civile diffondendo una cultura antimafia che tenga conto caratteristiche del nostro territorio. La nostra terra non è stata dilaniata dalle bombe mafiose, ma qui si stanno convogliando molti affari di queste organizzazioni. I cittadini devono essere informati capillarmente su questo pericolo”.

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