il Ducato » pier luca santoro http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » pier luca santoro http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Content curation, i giornalisti vanno a caccia dell’informazione di qualità http://ifg.uniurb.it/2015/03/11/media-home/content-curation-i-giornalisti-vanno-a-caccia-dellinformazione-di-qualita/67690/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/11/media-home/content-curation-i-giornalisti-vanno-a-caccia-dellinformazione-di-qualita/67690/#comments Wed, 11 Mar 2015 11:53:09 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=67690 Playbook, ora anche in Italia nascono servizi dedicati di content curation. I casi di Good Morning Italia e Slow News, con abbonamenti in crescita e lettori che non si limitano solo a leggere, ma vogliono anche contribuire]]> 8946748278_8fb6f8f667_nURBINO – Selezionare le notizie prese dal mare magnum dell’informazione online e cartacea e fornire una scelta di qualità che possa orientare l’utente a districarsi nell’immensa mole di notizie oggi disponibili. Questa è la “content curation”. Un’attività che, in fondo, è sempre esistita. Ogni giorno, infatti, i giornalisti selezionano le notizie, decidendo cosa merita la prima pagina e cosa invece lasciare fuori.
“La differenza è che oggi la content curation è diventata un prodotto che si vende”, dice Beniamino Pagliaro, uno dei fondatori di Good Morning Italia – un servizio nato due anni fa sul modello di Playbook, la newsletter mattutina del sito di informazione americano Politico – che ogni giorno fornisce entro le 7.30 una selezione con le notizie più importanti della giornata.

Pagliaro ne sottolinea la dimensione artigianale: “Selezionare è un lavoro estremamente giornalistico – spiega – manuale, certosino. Occorre avere una preparazione culturale solida e la capacità di leggere e interpretare le notizie per poterle poi scegliere e offrire”.
Il lavoro che c’è dietro a ogni edizione di Good Morning Italia, che si legge in 5 minuti – il tempo di prendere la metro prima di andare a lavoro – è di almeno quattro o cinque ore al giorno: “Nel corso della giornata – racconta Pagliaro – i nostri redattori individuano quali sono gli argomenti interessanti da mettere nell’edizione del mattino seguente. Good Morning Italia non è una newsletter, né una rassegna stampa: è un nuovo media, è contemporaneo ed è adatto alla vita che le persone fanno nel 2015″.

Nel panorama dei “nuovi media” italiani si è affacciato da poco più di due mesi anche un altro esempio di content curation, dal nome emblematico: Slow Newsovvero l’opposto di “breaking news”. Si tratta di una newsletter che arriva due volte a settimana, il mercoledì e la domenica. Ogni numero contiene una selezione di contenuti online, accompagnata da un abstract che li descrive. “Per noi Slow News è un certo tipo di informazione – dice Alberto Puliafito, uno degli ideatori del sito – un modo di approfondire più a misura d’uomo. La possibilità di fermarsi e di uscire dal flusso infinito che è l’informazione su Internet”.

Entrambi i prodotti, che puntano molto sulla qualità, sono a pagamento. Gli abbonamenti mensili costano 1,99 euro nel caso di Good Morning Italia e due euro per Slow News, mentre scegliendo pacchetti annuali o a vita si risparmia qualcosa in più. “Non siamo ancora in utile – dichiara Pagliaro – ma dato che siamo ancora in fase di start-up, penso sia normale a neanche un anno dal lancio della versione a pagamento”.
Alberto Puliafito è più dubbioso riguardo alla sostenibilità economica di queste attività: “Nel nostro caso, si tratta di un progetto professionale residuale – dice – La nostra redazione, infatti, è composta da cinque giornalisti che hanno tutti un altro lavoro e, al momento, consiste in un documento condiviso in cui carichiamo le nostre idee”. Nonostante questo, gli abbonamenti sono in crescita e gli utenti iniziano a segnalare i loro contenuti: “Nel prossimo numero inseriremo, ad esempio, un articolo bellissimo che ci è stato segnalato da un lettore” aggiunge Puliafito. Un passo nella direzione dell’open journalism, cioè il coinvolgimento dei lettori nella produzione o nella scelta dei contenuti.

“Il processo di content curation passa necessariamente attraverso l’open journalism – spiega Pier Luca Santoro, esperto di marketing e comunicazione e fondatore dell’osservatorio sui media Datamediahub – cioè l’apertura delle redazioni al rapporto con i pubblici di riferimento, che diventano protagonisti del processo di selezione. In Italia, però, questa è una realtà ancora lontana”.

Content curation è sinonimo di contemporaneità, ma anche di futuro: “La selezione c’è sempre stata e continuerà a esserci – riflette Pagliaro – e oggi è esaltata dalle potenzialità degli strumenti digitali di cui disponiamo per la produzione e la fruizione”. Per Santoro la content curation sarà uno dei principali compiti del giornalismo nei prossimi anni: “Il lavoro di chi fa informazione è quello di mettersi al centro della rete – spiega – attingendo naturalmente alle fonti tradizionali, ma anche interpretando il flusso di contributi e stimoli che arrivano dalle persone e dai social. Lo potrebbe fare anche un algoritmo, ma il content curator ci mette ciò che chiamo il tocco umano: preparazione e professionalità”.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2015/03/11/media-home/content-curation-i-giornalisti-vanno-a-caccia-dellinformazione-di-qualita/67690/feed/ 0
Santoro al posto della Masera:è lui il nuovo social media editor http://ifg.uniurb.it/2014/01/13/ducato-online/la-stampa-sceglie-santoro-il-nuovo-social-media-editor-e-un-non-giornalista/54278/ http://ifg.uniurb.it/2014/01/13/ducato-online/la-stampa-sceglie-santoro-il-nuovo-social-media-editor-e-un-non-giornalista/54278/#comments Mon, 13 Jan 2014 16:25:36 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=54278 Nella redazione del giornale a Torino

Santoro nella redazione della Stampa (foto Marco Bardazzi)

TORINO – Il primo social media editor non giornalista è italiano e lavora a La Stampa. Pier Luca Santoro, blogger ed esperto di marketing, ha preso il posto di Anna Masera, da poco nominata responsabile della comunicazione alla Camera dei Deputati. Santoro è noto sul web per il blog “Il Giornalaio”, nel quale ospita analisi e riflessioni sul mondo dei media con l’occhio attento ai numeri. Esperto di marketing, ha lavorato per grandi aziende come Star, Bonomelli e Galbani, ecollabora anche con l’European journalism Observatory, il centro studi no profit dell’Università Svizzera Italiana.

L’annuncio è stato dato dal direttore Mario Calabresi in un articolo intitolato: “Porte aperte agli innovatori della Rete”.

La Stampa è stato il primo quotidiano italiano ad avvalersi di una figura dedicata ai social sin dal gennaio del 2012. Il direttore Mario Calabresi aveva scelto una persona della redazione che conoscesse le dinamiche interne del quotidiano torinese. Una giornalista che facesse da ponte tra chi le notizie le scrive e chi le recepisce e le condivide sui social network. L’idea era di avviare una graduale integrazione tra le due realtà puntando ad avere una redazione di giornalisti “social media editor di se stessi”, un meccanismo già naturale per i redattori più giovani. Ora il quotidiano torinese è andato oltre, scegliendo un esterno alla redazione e per di più un esperto di marketing.

Negli Stati Uniti il Social Media Editor è una presenza consolidata nelle redazioni da molti anni. Nel 2009 il New York Times aveva scelto la giornalista Jennifer Preston, alla quale è subentrata la collega Liz Heron. Lo scorso anno il suo titolo è cambiato in “editor of emerging media”. Al Wall Street Journal lo Sme Neil Mann è diventato “multimedia innovations editor”. Il giornalista Anthony De Rosa ha lasciato il comando dei social della Reuters per diventare editor in chief della startup Circa. Davanti a questi eventi l’ex sme dell’Huffington Post statunitense, oggi a BuzzFeed, Rob Fisherman, si è aggiunto alla schiera di chi vede il ruolo del social media editor destinato a sparire, vista la crescente integrazione dell’uso dei social nell’attività giornalistica di ogni redattore. Lo aveva già annunciato Liz Heron nel 2011 quando scriveva sul suo blog che il suo lavoro “è destinato a sparire nel giro di cinque anni”.

Che non sia sparito il social media editor è evidente. Che sia un po’ cambiato il ruolo lo è altrettanto. La scelta de La Stampa dice chiaramente che non ci si può concentrare sui soli contenuti, ma è indispensabile conoscere le dinamiche delle relazioni nelle community social e saperne sfruttare le potenzialità.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2014/01/13/ducato-online/la-stampa-sceglie-santoro-il-nuovo-social-media-editor-e-un-non-giornalista/54278/feed/ 0
Frontiere del giornalismo digitale: riviste e quotidiani diventano negozi http://ifg.uniurb.it/2013/03/21/ducato-online/frontiere-del-giornalismo-digitale-riviste-e-quotidiani-diventano-negozi/39576/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/21/ducato-online/frontiere-del-giornalismo-digitale-riviste-e-quotidiani-diventano-negozi/39576/#comments Thu, 21 Mar 2013 14:30:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=39576 Glamour, che potrebbe far aumentare gli introiti integrandoli con quelli provenienti da vendite e pubblicità]]> Trasformare le riviste e i quotidiani online in una sorta di negozio interattivo: questa l’ultima trovata escogitata da editori ed esperti di marketing per restituire nuove speranze e maggiori possibilità di guadagno alle testate web.

I neo proprietari di France Soir, lo storico giornale francese nato nel 1944, hanno deciso di percorrere questo sentiero. Dal 29 marzo verrà lanciata sul mercato la rivista “l’e-mag de ‘France Soir’, inizialmente disponibile solo per iPad, al prezzo di 1,89 euro.

Ma come funzionerà? Mentre Philippe Mendil, presidente di Cards Off, azienda francese che solo cinque mesi fa ha acquistato quello che per anni è stato uno dei quotidiani simbolo di  Francia, si riserva di parlare solo a lancio di prodotto avvenuto, la formula pensata ha lo scopo di far arrivare maggiori introiti senza basarsi esclusivamente sulla pubblicità. I lettori non saranno più dirottati sui siti web dei prodotti sponsorizzati, ma potranno acquistare direttamente sul giornale. L’utente potrà così sbizzarrirsi tra la lettura delle ultime notizie e l’acquisto di oggetti che in qualche modo rievocano i contenuti giornalistici.

L’iniziativa, di cui ha parlato qualche giorno fa anche Lsdi.it e che ha suscitato la curiosità della stampa francese, si basa su un concetto economico innovativo: il lettore comprerà il prodotto pagando direttamente al giornale e sarà quest’ultimo a girare i soldi all’azienda, trattenendo per sé una quota compresa tra il 3 e il 15%.

I rischi etici e deontologici sono evidenti: chi scriverà gli articoli? Ma soprattutto, che tipo di notizie si potranno trovare sulla rivista? Esisterà una vera e propria redazione che sarà coordinata dal giornalista Dominique de Montvalon, nota firma politica ed ex colonna di riferimento della vecchia edizione di France Soir. La rivista si occuperà soprattutto delle “buone notizie” e diversi approfondimenti saranno dedicati a temi poco trattati dai giornali tradizionali.

La redazione dovrebbe rimanere autonoma rispetto alla squadra che si occuperà di costruire questa sorta di vetrina intorno agli articoli, ma viene comunque da chiedersi se non ci sia il rischio che i contenuti possano essere in qualche modo ‘adattati’ ai prodotti che si vogliono vendere. Secondo Pier Luca Santoro, esperto di marketing e comunicazione e collaboratore dell’Osservatorio europeo di giornalismo “in realtà questo avviene già per l’online, con la corsa ai volumi di traffico per monetizzare. I ‘boxini morbosi’, ad esempio, ne sono la più diretta e concreta evidenza”.

Se è davvero questa la nuova frontiera del giornalismo digitale, è difficile immaginare quale tipo di prodotti potranno essere accostati a notizie ben più serie. Lo stesso France Soir ha l’ambizione di ampliare il progetto: già si parla, per fine anno, di far seguire un quotidiano alla rivista, impostato sulla stessa concezione, ma con contenuti diversi. E chissà che, nel giro di poco tempo, ogni quotidiano e ogni notizia sarà affiancata dal proprio prodotto pensato ad hoc e direttamente ‘shoppable’. Secondo Santoro questo è auspicabile, oltre che fattibile: “Invece di profumi, accessori moda o abbigliamento, si proporranno prodotti e servizi in sintonia con il pubblico di riferimento della testata”.

L’idea della ‘rivista-negozio’ ha già avuto i suoi primi riscontri positivi: altre testate hanno sperimentato o stanno cominciando a investire su questa opportunità. L’obiettivo comune è quello di fidelizzare il lettore offrendogli la possibilità di interagire e mettendogli immediatamente a disposizione un tipo di prodotto che in qualche modo è attinente all’articolo che ha appena letto.

Pionieri in questo senso sono state diverse riviste Europee e Statunitensi. Il Times, ad esempio, nei giorni natalizi ha realizzato un’applicazione che accanto a contenuti editoriali dava la possibilità di far scegliere e acquistare i regali. Stessa idea per il WSJ Select pensato dal Wall Street Journal e per l’Harper’s Bazaar del periodico appartenente al gruppo Hearst.

In Italia la strada è stata aperta dalla rivista Glamour che, con Glamour Personal Shopper, ha creato un’applicazione per smartphone che oltre a dar modo agli utenti di fare shopping, consente loro di restare aggiornati su contenuti curati da un’apposita redazione.

Sullo stesso argomento:

]]>
http://ifg.uniurb.it/2013/03/21/ducato-online/frontiere-del-giornalismo-digitale-riviste-e-quotidiani-diventano-negozi/39576/feed/ 0