il Ducato » piero dorfles http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » piero dorfles http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Cultura e divulgazione: la tv generalista ha perso la sfida http://ifg.uniurb.it/2015/04/26/ducato-online/i-programmi-culturali-sono-quelli-fatti-bene-le-sfide-dei-palinsesti-tv/72238/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/26/ducato-online/i-programmi-culturali-sono-quelli-fatti-bene-le-sfide-dei-palinsesti-tv/72238/#comments Sun, 26 Apr 2015 20:25:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72238 RADIO Pubbliche e private]]> Foto tv 2FANO – La televisione durante gli anni ’50 ha insegnato l’italiano agli italiani, ha unificato il linguaggio di un popolo diviso. Dopo 60 anni ha ancora questo ruolo educativo e culturale? Nella terza giornata del Festival del giornalismo culturale si è parlato anche di questo.

La televisione mantiene un ruolo predominante nella dieta informativa italiana. Questo mezzo, proprio perché è il più fruito, ha il compito d’interrogarsi e di riflettere sul suo modo di fare cultura. Perché la cultura c’è, sul piccolo schermo, ma “in trasmissioni nascoste, curate da pochi canali di nicchia”, ha spiegato Piero Dorfles.

Molto simile l’opinione di Saverio Simonelli, di TV2000, secondo il quale i programmi di storia, arte, letteratura vengono marginalizzati in fasce orarie e in pochi canali specializzati. “Meglio così, visti gli effetti che ha la cultura quando entra nei programmi generalisti: si danno un tono culturale quando non c’entra nulla. La preoccupazione è quella di mostrarsi all’altezza”. Allora, la televisione promuove la cultura? “Come diceva Groucho Marx: “La televisione fa ottimo servizio alla cultura, perché ogni volta che qualcuno la accende io vado nell’altra stanza a leggere un libro”.

Nei canali Rai i telegiornali sono i momenti in cui si registrano il maggior numero di ascolti. Ma le informazioni che riceviamo sono notizie secche, dirette e non approfondite. Karima Moual, giornalista marocchina in Italia dal 1992, ha fatto l’esempio di come i tg parlino dell’immigrazione. “Si parla più dell’altro che con l’altro, c’è stata una progressiva depersonalizzazione. All’inizio erano uomini donne e bambini, poi persone e adesso sono barconi. Sappiamo che queste persone scappano dai loro Paesi di origine, ma chi ci ha mai mostrato le immagini dei Paesi da cui fuggono, quale giornalista ha raccontato le storie degli immigrati che intraprendono il viaggio della speranza, perché vedono l’Italia come un Paese di passaggio e non di destinazione?” Sono queste alcune delle questioni che Moual ha sollevato durante la tavola rotonda.

Seguendo quest’idea di giornalismo, Vittorio di Trapani ha aggiunto che “la televisione deve portarci dove non sappiamo, mostrarci le cose che non avremmo occasione di conoscere altrimenti”. Il cambiamento deve partire dai giovani giornalisti e ha proposto agli studenti delle scuole di giornalismo di analizzare, da qui al prossimo anno, la missione culturale dei programmi visti in tv.

La televisione ha un ampio pubblico, ma la cultura è poco presente e le trasmissioni si danno un tono alto senza approfondire i temi veramente culturali. Axel Fiacco ha portato l’esempio di una trasmissione fatta in occasione della Giornata del libro su Rai3: “Un fallimento. Se prima di quella trasmissione leggevano in pochi, adesso quelle persone che hanno visto la trasmissione non entreranno più nemmeno in una libreria”.

Alla conclusione della tavola rotonda tutti si sono trovati d’accordo con la giornalista di Radio Rai, Anna Longo: “I programmi culturali sono quelli fatti bene”.

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Christian Raimo al Festival di Urbino: i libri non si leggono per moda – VIDEO http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/christian-raimo-al-festival-di-urbino-i-libri-non-si-leggono-per-moda-video/72043/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/christian-raimo-al-festival-di-urbino-i-libri-non-si-leggono-per-moda-video/72043/#comments Fri, 24 Apr 2015 22:11:38 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72043 URBINO – “Le campagne pubblicitarie e di sensibilizzazione non invoglieranno le persone a leggere”. Così Christian Raimo al festival del giornalismo culturale di Urbino. Il cofondatore di minima&moralia consiglia ai ragazzi che vogliono fare cultura sul web di studiare molto ed esercitarsi nella stesura di saggi. Gli abbiamo chiesto cosa pensasse dell’affermazione di Piero Dorfles che aveva sostenuto che non si può fare cultura sul web: “Probabilmente aveva mangiato male!” ha risposto Raimo al Ducato, che ha aggiunto: “Sono certo che se glielo chiedeste di nuovo vi risponderebbe diversamente”.

Intervista di Ilenia Inguì e Giorgio Pinotti

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Luca De Biase: “Pur con tutti i suoi limiti, il web è un medium perfetto per divulgare la cultura” http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/luca-de-biase-pur-con-tutti-i-suoi-limiti-il-web-e-un-medium-perfetto-per-divulgare-la-cultura/72097/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/luca-de-biase-pur-con-tutti-i-suoi-limiti-il-web-e-un-medium-perfetto-per-divulgare-la-cultura/72097/#comments Fri, 24 Apr 2015 21:55:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72097 IMG_6664

Luca De Biase, giornalista Sole 24 Ore e fondatore Nova24

URBINO – Il web non è perfetto. Anzi, deve fare i conti ogni giorno con la scarsità. Di tempo, di attenzione e di capacità di discernimento. Eppure continua ad essere lo strumento migliore per veicolare cultura.

Luca De Biase, firma del Sole 24 Ore e fondatore di Nova24 (che ha guidato dall’ottobre 2005 al giugno 2011 e che ha ripreso a guidare dal luglio 2013), a margine del panel dedicato al ruolo del Web quale veicolo di informazione si è soffermato sulle potenzialità e sui limiti della rete. E sulla rivoluzione irreversibile che ha causato nel rapporto tra editori e pubblico: “Prima dell’Internet, gli editori possedevano lo spazio sul quale si pubblicava e questo era limitato, quindi aveva molto valore. Ora lo spazio è infinito e questa scarsità è scomparsa”. A suo avviso sono tre, tuttavia, le scarsità che persistono. E contano moltissimo: “La scarsità di tempo delle persone; la scarsità di attenzione delle stesse; la scarsità di capacità di riconoscere la rilevanza delle informazioni. L’offerta è diventata sì illimitata, ma deve confrontarsi con queste tre scarsità che sono controllate dal pubblico e non più dagli editori”.

Quali sono le conseguenze di questa rivoluzione copernicana?
“La conseguenza principale è che, per aver successo, quegli editori che prima determinavano i gusti e le abitudini del pubblico adesso lo devono servire: se non vengono adottati dal pubblico, i prodotti degli editori non hanno ragione di esistere. Condizione per l’adozione è che questi prodotti siano al servizio del tempo, che è limitato, dei lettori, della loro capacità di attenzione etc. Queste caratteristiche sono particolarmente complicate da definire perché i consumatori non sanno cosa vogliono. Vogliono novità, innovazione, cose che non sanno e che quindi vogliono sapere”.

Il web è il mezzo giusto per veicolare messaggi culturali?
“Assolutamente sì, la tecnologia fa parte del risultato culturale: “La cultura è tecnologia”, citando Pierre Gourou. Il web è particolarmente efficace da questo punto di vista perché è così malleabile: puoi fare un giornale culturale con la metafora del giornale culturale, ma puoi fare anche un giornale culturale con la metafora del museo, di una biblioteca, di un circolo di amici. O con la metafora del network di scienziati. Offre opportunità infinite”.

Il professor Dorfles ha dichiarato al Ducato di ritenere il web idoneo a veicolare solo informazioni caratterizzate da immediatezza e urgenza. Sul web c’è spazio, insomma, solo per decreti-legge?
“In quel che dice c’è anche del vero, perché il web, nella maggior parte dei momenti in cui è utilizzato, al pc ma soprattutto ormai sullo smartphone, è più un flusso di informazioni che uno stock. Ma sostanzialmente sono in disaccordo, perché anche il web è un deposito di informazioni stabili e di qualità elevatissima. E’ il web a consentirti di andare a leggere i paper scientifici che sono prodotti in modo aperto, che ti consente di andare a cercare contenuti profondi, sofisticatissimi e stabili! E’ il web ad aver consentito a Brewster Kahle di fare archive.org, che è l’archivio di tutte le pagine web che sono state pubblicate. Questo non è flusso, è stock. Il web è un ecosistema. Può darsi che le cose che sono più in evidenza siano quelle del flusso immediato, ma certo nel web esistono delle ricchezze fondamentali”.

Lei è più volte tornato sul tema dell’information overload, del sovraccarico di informazione. A chi spetta di guidarci nel mare magnum delle notizie?
“Ai sistemi che fanno informazione: in parte agli algoritmi, in parte ai content curators, che interpretano i bisogni del pubblico cercando di mettere insieme informazioni che ritengono essenziali. L’algoritmo lo fa sulla base di una logica oggettiva e automatica e quindi prevedibile. Si pensi agli algoritmi di Facebook o Google. I curator, invece, interpretano con il loro apporto culturale quel che può essere interessante per il pubblico. Perché la curation abbia senso deve essere comoda come la selezione dell’algoritmo, come l’automatismo. Ma dovrà essere credibile e sorprendente più dell’automatismo, dovrà provare l’apporto culturale di chi ha operato la selezione”.

Su un piano strettamente finanziario, fino a quando sarà sostenibile un sistema di questo tipo?
“La mia impressione è che presto si renderanno necessarie delle forme di condivisione dello sforzo economico, perché è difficile credere di poter pagare questo lavoro solo tramite pubblicità. Dovranno instaurarsi forme di complicità col pubblico tali che questo sia disposto a pagare per i servizi di informazione di questo tipo”.

Foto di Anna Saccoccio

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Con la cultura si mangia, ma i liceali i giornali non li comprano più http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/con-la-cultura-si-mangia-ma-i-liceali-i-giornali-non-lo-comprano-piu/71914/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/con-la-cultura-si-mangia-ma-i-liceali-i-giornali-non-lo-comprano-piu/71914/#comments Fri, 24 Apr 2015 15:39:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71914 URBINO – Il web è la nuova edicola per i giovani. A dirlo non sono solo i dati, ma anche gli stessi ragazzi con cui abbiamo parlato stamattina al teatro Sanzio. Mentre sul palco, alcuni tra i massimi esponenti del giornalismo culturale davano vita a un dibattito sul ruolo della carta stampata, gli studenti in platea non sapevano nemmeno cosa sia una terza pagina o Internazionale.

Premiazione11 24 aprile

Piero Dorfles premia Martina Russo

La seconda giornata del Festival è stata anche l’occasione per premiare i giornalisti del futuro. La giuria del concorso Con la cultura si mangia?”, presieduta da Piero Dorfles, ha scelto il lavoro di Martina Russo “Con la cultura (e la lettura) si mangia” pubblicato sul mensile Andersen di marzo 2015 per la categoria giornalisti under 35. Per il concorso rivolto agli studenti delle scuole superiori delle Marche ha vinto, invece, il liceo scientifico e musicale “Guglielmo Marconi” di Pesaro.

La premiazione ha seguito il panel dedicato alla carta stampata, durante il quale è stato sottolineato il valore che ha questo media per la pubblicazione di contenuti culturali. La carta stampata può davvero continuare a vestire il ruolo di primo attore nel giornalismo culturale anche tra i giovani? Le nuove generazioni, presenti al Festival, hanno confermato il contrario. Anche i vincitori dei premi di questa edizione.

Premiazione 24 aprileLa prima a dare valore ai contenuti digitali è Martina Russo, giornalista pubblicista ligure. “Mi informo principalmente con il web, soprattutto con i siti delle testate principali online”, ha spiegato ricordando che anche la carta stampata rimane un mezzo importante pur essendo scavalcato da internet. Il suo lavoro è stato concepito per far notare ai lettori che di cultura, dopotutto, si può vivere, “magari si sta a dieta, ma si può comunque mangiare”.

Premiazione3 24 aprile

Gledis Bllano e Leonardo Mensitieri sono i liceali portavoce delle due classi vincitrici del concorso per i più giovani. I due studenti hanno fatto emergere con decisione le caratteristiche del mondo in cui vivono, una realtà completamente digitale. I ragazzi si sono avvicinati al mondo giornalistico dando vita a un telegiornale della scuola.

Questi ragazzi, pur interessati al mondo del giornalismo, non sono però raggiunti dall’informazione culturale. Conoscono a malapena il significato di “terza pagina”, ignorano testate come InternazionalePagina99, la Lettura del Corriere della Sera o il Domenicale del Sole24ore. Ciò non significa che i ragazzi non si informino: semplicemente lo fanno in modo diverso. Su Facebook e sui siti delle testate online. “Io mi informo soprattutto su Facebook, con le pagine che seguo o quelle correlate suggerite”, ha confessato Gledis. Anche Leonardo ricerca le informazioni online: “Raramente uso l’enciclopedia cartacea, mentre solitamente mi affido a Facebook, Google e Wikipedia”.

Foto di Jacopo Salvadori
Servizio di Daniela Larocca e Nicola Petricca

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Urbino, al via giovedì il Festival del giornalismo culturale http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-notizie-informazione/urbino-al-via-giovedi-il-festival-del-giornalismo-culturale/71333/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-notizie-informazione/urbino-al-via-giovedi-il-festival-del-giornalismo-culturale/71333/#comments Tue, 21 Apr 2015 14:27:06 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71333 [continua a leggere]]]> URBINO, 21 Apr – Giovedì 23 aprile avrà inizio a Urbino la terza edizione del Festival del giornalismo culturale. Ad aprire le danze sarà la presentazione del libro del giornalista e scrittore Stefano Bartezzaghi M. Una Metronovela, in programma alle 15:30 nel cortile antistante la Montefeltro Libri (Collegio Raffaello). Sempre nella prima giornata sarà presentata la ricerca dell’Osservatorio News-Italia su informazione e serialità, a cura dei direttori del festival Lella Mazzoli e Giorgio Zanchini.

Il festival durerà quattro giorni – dal 23 al 27 aprile – e si svolgerà tra Urbino, che ospiterà gli eventi di giovedì e venerdì, e Fano, dove si chiuderà domenica mattina. Tema di questa edizione è “promuovere la cultura conviene”. Partendo dal presupposto che la rivoluzione digitale sta ridefinendo il campo culturale e che il ruolo dell’intermediario nella trasmissione della cultura, pur conservando forse la sua centralità, sta cambiando, gli ospiti dibatteranno su dove si trovi la cultura oggi e su chi e in che modo si occupi della sua trasmissione e promozione.

Prenderanno parte al festival numerosi giornalisti, scrittori, critici e accademici. Tra gli altri, interverranno l’assessore alla Cultura del Comune di Urbino Vittorio Sgarbi e il giornalista e critico letterario Piero Dorfles, che terrà la lectio di apertura della kermesse “Cultura divergente”.

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Al via il terzo Festival del Giornalismo Culturale, Dorfles: “Senza cultura non si fa informazione corretta” http://ifg.uniurb.it/2015/04/04/ducato-online/il-festival-di-urbino-e-limportanza-del-giornalismo-culturale-un-programma-ricchissimo-per-la-terza-edizione/69513/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/04/ducato-online/il-festival-di-urbino-e-limportanza-del-giornalismo-culturale-un-programma-ricchissimo-per-la-terza-edizione/69513/#comments Sat, 04 Apr 2015 09:43:06 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=69513 LEGGI  Il programma completo]]> Piero Dorfles

Piero Dorfles

URBINO – La terza edizione del Festival del Giornalismo Culturale, curata dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione e Discipline Umanistiche dell’Università di Urbino Carlo Bo, durerà quattro giorni: inizierà a Urbino giovedì  23 aprile e si sposterà a Fano dal sabato. Se la prima edizione è stata una panoramica generale dell’informazione culturale in Italia e  la seconda ruotava intorno al binomio crisi economica e informazione culturale, quella di quest’anno intende sviluppare  tre nuove tematiche: come la rivoluzione digitale sta ridefinendo il campo culturale,  la correlazione tra cultura e benessere e la centralità della figura di intermediario culturale.

LEGGI  Il programma completo

Alla sua terza partecipazione al festival, Piero Dorfles, giornalista, scrittore, conduttore televisivo e radiofonico, aprirà l’evento con una lectio che sarà orientata a chiedersi non tanto come funziona il giornalismo culturale, quanto di cosa si occupa.

Quali saranno le tematiche sviluppate nella sua lectio d’apertura?
“Cercherò di rispondere a un quesito difficilissimo: cosa si intende per giornalismo culturale oggi? Nel mio intervento proverò anche a illustrare come i diversi media intendono la comunicazione culturale. C’è una differenza sostanziale tra il giornalismo d’informazione e quello culturale. Il giornalismo culturale si occupa di fatti che non sono per forza caratterizzati dalla necessità, dall’urgenza e dall’immediatezza delle altre notizie e credo che in questo senso la rete abbia meno capacità di occuparsi di giornalismo culturale”.

L’esempio di Pagina99, noto per produrre contenuti culturali di qualità e costretto a chiudere, non riflette una tendenza secondo cui il giornalismo culturale non riuscirà a sopravvivere sulla carta stampata?
I siti internet e i blog che hanno lo stesso tipo di taglio dei più  grandi supplementi culturali della stampa, come era il sabato di Pagina99, tendono a uscire dallo schema della rete e piuttosto ripetono lo schema della carta stampata. In tal senso si può affermare che può sopravvivere quel modello di giornalismo, ma certo non ha niente a che fare con il mezzo sul quale si scrive. Perché scrivere un articolo di molte colonne o molte cartelle, come spesso avviene sui blog culturali, è esattamente quello che si fa sui giornali. Le due cose non si sostituiscono; si sovrappongono e per certi versi sono identiche. La rete può sostituire la grande stampa solo per l’informazione che richiede velocità, immediatezza e urgenza”.

Secondo lei in Italia c’è bisogno di testate o reti dedicate interamente alla cultura?
“Non ho mai pensato che ciò di cui abbiamo bisogno in Italia sia una rete interamente culturale. Quello di cui abbiamo bisogno realmente sono reti  che abbiamo stimoli culturali all’interno, che siano fatte di persone di cultura e che non occhieggino soltanto alla rincorsa degli ascolti”

Il Festival di Urbino può diventare un evento cardine del giornalismo a livello nazionale?
“Ho qualche dubbio che il giornalismo nazionale abbia come punto cardine la cultura e questo è il motivo per cui è giusto che il Festival di Urbino abbia tutta la rilevanza necessaria. Temo che si debba recuperare qualcosa che nel corso degli ultimi anni si è perso e cioè un’attenzione nazionale sui temi della cultura, che non sono affatto marginali come qualcuno crede, ma sono ben più centrali di molti altri. Senza cultura, infatti, non si fa informazione corretta, non si costruiscono lettori consapevoli di leggere e di decifrare le notizie e soprattutto credo che senza spinte culturali i Paesi tendano a raggiungere un livello di modesto sviluppo.

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Urbino, Festival del giornalismo culturale 2014 – Le immagini http://ifg.uniurb.it/2014/04/27/ducato-online/urbino-festival-del-giornalismo-culturale-2014-le-immagini/62141/ http://ifg.uniurb.it/2014/04/27/ducato-online/urbino-festival-del-giornalismo-culturale-2014-le-immagini/62141/#comments Sun, 27 Apr 2014 13:06:29 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=62141 [continua a leggere]]]> URBINO – I volti dei protagonisti, degli organizzatori e degli ‘uomini macchina’ che hanno dato vita alla seconda edizione del Festival del giornalismo culturale di Urbino. Due giorni di dibattito tra intellettuali, editori e giornalisti per capire in che direzione sta andando quella che una volta si chiamava “terza pagina”. Tra gli interrogativi sul futuro di una professione o un settore che deve ripensare sé stesso, anche spazio per godere della cultura della musica, lirica e popolare, e del cibo

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La sfida del giornalismo culturale: una cattedrale medievale che vuole essere moderna http://ifg.uniurb.it/2014/04/26/ducato-online/la-sfida-del-giornalismo-culturale-una-cattedrale-medievale-che-vuole-essere-moderna/61958/ http://ifg.uniurb.it/2014/04/26/ducato-online/la-sfida-del-giornalismo-culturale-una-cattedrale-medievale-che-vuole-essere-moderna/61958/#comments Sat, 26 Apr 2014 13:55:37 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=61958 DSC_2400URBINO – “Spesso le pagine culturali in un giornale sono viste come antiche cattedrali medievali in una città del 2000. Molti vorrebbero abbatterle e costruire al loro posto centri commerciali e grattaceli, ma per un profondo senso della cultura che è in ognuno di noi vengono tutelate e lasciate al loro posto”. Luigi Mascheroni, giornalista de Il Giornale, inquadra con questa metafora la situazione del giornalismo culturale: come un bene da difendere e, secondo molti, appartenente a un’altra epoca storica.

Ma un articolo di giornale non può restare una cattedrale e come tutti i giornalismi non può prescindere dal rapporto con il mercato, con il pubblico e quindi con la società. La questione è stata affrontata nel corso di una tavola rotonda al Salone Raffaello del Legato Albani di Urbino, moderata da Piero Dorfles e animata dagli interventi di Luigi Mascheroni, Anna Longo, giornalista di Radio Rai, Raffaella De Santis, giornalista di Repubblica, e Giovanni Boccia Artieri, insegnante presso il Dipartimento di Scienze delle comunicazioni della “Carlo Bo”.

La sfida attuale è quella di continuare a essere un filtro culturale, senza relegarsi a prodotto esclusivamente di nicchia. “Il giornalista si trova davanti a un ambiente amatoriale, quello dei dei social e dei blog, molto più vasto rispetto al passato – spiega Boccia Artieri – chi scrive di cultura deve essere capace di integrarsi in questo tipo di flussi, dove si “posiziona” la maggior parte dei lettori”. Il proliferare delle fonti di informazioni e dei media, riserva quindi al giornalista un ruolo ben preciso: “Di fronte alla miriade di stimoli provenienti dai blog, dai giornali, dall’informazione mainstream e dalle nicchie – commenta Raffaella De Santis – il giornalista culturale deve fare da guida al lettore, cercare di non disorientarlo, fornirgli una visione prospettica”.

E se il lettore trova noiose le pagine culturali? “Spesso è colpa nostra – è il parere di Piero Dorfles che precisa – dobbiamo riuscire a rendere sensibili certe tematiche che i più ritengono non adatte al pubblico”. Il mercato non deve essere visto dal giornalista culturale come un antagonista ma come una realtà con cui deve inevitabilmente fare i conti: “E’ sbagliato continuare a pensare che il giornalismo culturale faccia parte di una nicchia al di fuori del mercato”.

Sulla popolarità delle notizie culturali interviene anche Anna Longo: “Di un bene culturale come Pompei, parliamo soprattutto quando avviene un crollo e non per esempio quando vengono aperte al pubblico tre domus. Dobbiamo tener conto che il pubblico si interessa maggiormente quando una notizia culturale lo riguarda, quando trovano un nesso con la sua vita, il sua lavoro, la sua quotidianità”.

“Il giornalismo culturale, se fatto con passione, onestà e sincerità può frenare il declino del paese – conclude Piero Dorfles – deve però cercare di rivolgersi a un pubblico sempre più ampio”.

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Urbino, Piero Dorfles presenta il suo libro: “La lettura trasforma un elemento scritto in un universo di fantasia” http://ifg.uniurb.it/2014/04/24/ducato-online/urbino-piero-dorfles-presenta-il-suo-libro-la-lettura-trasforma-un-elemento-scritto-in-un-universo-di-fantasia/61840/ http://ifg.uniurb.it/2014/04/24/ducato-online/urbino-piero-dorfles-presenta-il-suo-libro-la-lettura-trasforma-un-elemento-scritto-in-un-universo-di-fantasia/61840/#comments Thu, 24 Apr 2014 20:29:10 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=61840 I cento libri che rendono più ricca la nostra vita. Opere che sono entrate nell'immaginario collettivo "e che è bene leggere. Perché una nazione che legge poco è una nazione senza fantasia". L'evento ha aperto il festival del giornalismo culturale]]> URBINO – “La lettura è il più raffinato e formidabile esercizio di astrazione che gli uomini possono fare: trasformare un elemento scritto in un intero universo di fantasia”. Piero Dorfles, giornalista e critico letterario, non potrebbe farne a meno e lo ha spiegato durante la presentazione del suo ultimo lavoro, I cento libri che rendono più ricca la nostra vita, alla libreria Montefeltro. Evento che ha aperto il Festival di giornalismo culturale di Urbino, organizzato e diretto dalla professoressa Lella Mazzoli e dal giornalista Rai Giorgio Zanchini.

Dorfles ama la lettura e i romanzi, e ha scelto di selezionarne alcuni, quelli che definisce “un patrimonio comune ineludibile”, per farne un libro. Sono cento e uno, per la precisione. E quell’uno in coda è un racconto: La metamorfosi di Kafka. Sono opere “che è bene aver letto perché sono entrate a far parte dell’immaginario letterario collettivo – scrive Dorfles nella prefazione – quei libri che potete sentir citare in un discorso, in un saggio, in una chiacchiera da bar”.

Nel suo saggio l’autore fa riferimento a titoli e autori importanti come Márquez, Svevo, Dickens, Conrad, Roth, Tolstoj. Una lista di nomi prestigiosi e generalmente apprezzati. Il lettore abituale però, come ha sottolineato il professor Giovanni Bogliolo, ex rettore dell’università “Carlo Bo”, leggendo questo elenco “è portato a cercare più le assenze che le presenze. Si lamenta che certi libri che ama o che ha amato non ci siano”. Dorfles ha poi precisato: “Con estremo dolore ho dovuto ‘togliere’. Non ho citato libri che amo, come Senilità di Italo Svevo. Ho invece incluso alcuni romanzi che non amo perché li considero imperdibili, utili”.


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La Rai e il modello Bbc: cultura, canone pagato da (quasi) tutti e niente pubblicità http://ifg.uniurb.it/2014/03/19/ducato-online/la-rai-e-il-modello-bbc-cultura-canone-pagato-da-quasi-tutti-e-niente-pubblicita/59865/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/19/ducato-online/la-rai-e-il-modello-bbc-cultura-canone-pagato-da-quasi-tutti-e-niente-pubblicita/59865/#comments Wed, 19 Mar 2014 16:27:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=59865 rai_cavalloInformazione culturale di qualità, ascolti e canone. Pagato da tutti (o quasi). Non è un’utopia, ma il modello Bbc. E magari una possibilità di crescita per il servizio pubblico italiano, la Rai, all’alba della scadenza della concessione statale fissata nel 2016. Quando forse sarà scritta una nuova convenzione. Secondo molti osservatori, la rivoluzione della Rai sarebbe possibile prendendo come riferimento il servizio pubblico inglese, in cui la pubblicità è vietata e che viene finanziato dai contribuenti britannici. Una televisione che si basa su cultura, informazione, documentari e approfondimenti: un’ampia offerta che non trasmette programmi spazzatura, ma che allo stesso tempo attrae milioni di telespettatori. Il modello inglese ha infatti  il sostengo del pubblico: il 70% dei cittadini britannici si dichiara soddisfatto di pagare la tassa sul televisore, mentre l’evasione è la più bassa d’Europa (4%). Fino a qui tutto bene, se non fosse che la Bbc è in rosso e molto probabilmente manderà in onda solo su internet il suo terzo canale per risparmiare 100 milioni di sterline all’anno.

Ma se la Bbc fatica ad andare avanti senza pubblicità, la Rai non è messa meglio: viale Mazzini stima che circa 5 milioni di famiglie, il 26%, evadano il canone causando al servizio pubblico un mancato gettito di circa 560 milioni di euro. “Anche se tutti pagassero la tassa sul televisore – dice il giornalista Loris Mazzetti – non ci sarebbero comunque abbastanza fondi per fare andare avanti la Rai così com’è adesso”. La pubblicità, infatti, garantisce 700 milioni all’anno ai quattordici canali del servizio pubblico. Difficile farne a meno. Ma essere dipendenti dal mercato ha spinto la Rai a cercare il consenso del pubblico generalista. Per Renato Parascandolo, ex direttore di Rai Educational, a causa dell’incalzare delle televisioni commerciali “i programmi culturali del servizio pubblico hanno subìto una progressiva marginalizzazione che si è tentato di arginare esasperando l’aspetto della divulgazione a buon mercato”. Qualche anno fa Micromega, La rivista diretta da Paolo Flores d’Arcais, si è scagliata contro  Voyager, il format che la Rai inserisce nella sezione ‘Programmi di promozione culturale”. In un articolo del 1 ottobre del 2009, Chiara Ceci e Stefano Moriggi, prendendo spunto da un saggio edito da Rizzoli del filosofo Harry Frankfurt, esprimevano “l’amarezza di vedere una televisione di Stato ridotta a divulgare stronzate in prima serata”.

Secondo molti, però, la situazione odierna della Rai non è solo dovuta alle richieste del pubblico. Per il giornalista Piero Dorfles “quello radiotelevisivo, come tutti i prodotti, non si basa solo sulla domanda, ma anche sull’offerta: se esiste una forte offerta in una certa direzione, spesso il pubblico l’accetta e modifica i propri desideri”. E continua: “Per fare un esempio, se sugli scaffali del supermercato non c’è la crema di marroni, è difficile che i clienti la chiedano. Ma se il supermercato offre molte creme di marroni è probabile che qualcuno inizi a comprarle e magari a consumarle tutti i giorni. Questa considerazione deve però tener conto del fatto che nel nostro Paese solo il 5% della popolazione legge abitualmente, quindi il prodotto culturale è difficile da smerciare”.

Come sostiene lo scrittore e giornalista Corrado Augias, infatti, “la cultura non è una necessità basilare per l’uomo. Serve un modo, una scintilla che faccia interessare le persone alla cultura. E non è facile”. A riuscire nell’impresa sono stati alcuni dei programmi  più visti della storia di Rai, come la Divina Commedia letta da Roberto Benigni o ‘Vieni via con me’. Il programma, condotto da Fabio Fazio e Roberto Saviano, è riuscito a catalizzare l’attenzione di oltre 9 milioni di spettatori sfruttando le caratteristiche del teatro per fare informazione. “Per offrire programmi di qualità che piacciano al pubblico basta lasciar fare la televisione ai professionisti del settore” dice ancora Mazzetti. E avverte: ”Se a decidere quali programmi possono andare in onda sono i politici non ci può essere una rivoluzione del servizio pubblico”.

Anche per Giorgio Simonelli, docente di storia della televisione all’Università cattolica di Milano, il problema è come i programmi vengono fatti. “Il servizio pubblico non ha bisogno dell’Isola dei Famosi: quella è tv fatta male. Però i programmi di divulgazione non bastano, bisogna offrire anche  informazione e fiction di qualità”. Sulla vendita delle reti Simonelli pensa che un solo canale Rai finanziato dal canone significherebbe “la marginalizzazione del  servizio pubblico, che non sarebbe più in grado di fare un offerta culturale degna”. La pubblicità però porta soldi e non è il male assoluto.“I programmi vanno ideati con i criteri di qualità – continua Simonelli – la pubblicità va collocata dopo e in modo che non stravolga il prodotto. Quello che è sbagliato è creare enormi contenitori di consigli per gli acquisti”.

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