il Ducato » Pino Rea http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Pino Rea http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it “Internet nuoce al giornalismo ragionato” cancellata la domanda dal quiz dell’Ordine http://ifg.uniurb.it/2014/02/26/ducato-online/internet-nuoce-al-giornalismo-ragionato-cancellata-la-domanda-dal-quiz-dellordine/57803/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/26/ducato-online/internet-nuoce-al-giornalismo-ragionato-cancellata-la-domanda-dal-quiz-dellordine/57803/#comments Wed, 26 Feb 2014 09:49:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57803 URBINO – Il giornalismo “ragionato” contro la “cultura di Internet”. La singolar tenzone vista dal podio dell’Ordine nazionale dei giornalisti sembrava avere un esito netto, cioè che “Il giornalismo ragionato e d’approfondimento della carta stampata rischia di essere indebolito dal primato della cultura di internet”. Un assunto, una sentenza, che non poteva passare inosservata per molto. E infatti il giornalista Pino Rea  ha subito denunciato quel quesito (il numero 9), parte di un test del primo corso online da dieci crediti organizzato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti. Dopo 24 ore di indignazione scatenate dal suo post e da quello di Marco Pratellesi su L’Espresso, la domanda è stata rimossa dai test.

Deontologia

Dentologia2

Il fatto era stato segnalato il 24 febbraio da Rea, che peraltro è anche un membro del Consiglio nazionale dell’Ordine e membro del gruppo “Liberiamo l’informazione“, sul sito Lsdi di cui è responsabile: “Mi riesce difficile – scrive Rea nel suo articolo –  immaginare di far parte di un organismo retto da qualcuno che non solo la pensa in quel modo ma ritiene quel giudizio un fatto assodato, un assioma ”deontologico”, tanto da farlo inserire (o permettere che esso venga inserito) fra i principi del corso online di deontologia”.

Il giorno seguente il Comitato tecnico scientifico dell’Ordine  (che ha in mano tutta l’organizzazione della formazione permanente dei giornalisti ed è incaricata di approvare i test), ha deciso di eliminare la domanda ‘incriminata': “ È innegabile – si legge nel comunicato diffuso dal Cts – che, per sua natura, Internet sia più ‘reattivo‘ rispetto alla carta stampata che ha invece tempi più dilatati. È altresì innegabile che gli sviluppi dell’informazione sembrano portare nella direzione ‘suggerita’ in qualche modo dalla domanda: se vorrà sopravvivere, la carta stampata dovrà approfondire i temi che Internet sarà in grado di sviluppare in tempo reale. La domanda però si presta evidentemente a interpretazioni differenti rispetto allo spirito degli estensori del testo. Per questo motivo, il Cts ha proposto al Cdg (il centro di documentazione giornalistica che ha redatto il quiz  n.d.r.) di sostituirla con un’altra domanda e di controllare che nei test già effettuati la risposta non sia stata determinante ai fini del passaggio alla lezione successiva”.

Pentito o no dell’errore, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, non sembra aver particolarmente apprezzato la segnalazione del giornalista Pino Rea e ha dichiarato al Ducato: “Ringrazio Pino per la segnalazione, ma trovo che questa sua uscita pubblica sia pura demagogia accattona”.  Mentre il gesto è stato apprezzato da Marco Pratellesi nel suo mediablog su L’Espresso: “Non so chi abbia realizzato il corso per l’Ordine. Possiamo convenire che il giornalismo non sia una scienza esatta, ancorché abbia regole codificate in almeno duecento anni di professione. Però francamente, sono sbalordito e non riesco a capire, come l’ottimo Pino Rea”.

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Informazione e pubblicità: il limite invisibile http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/informazione-e-pubblicita-il-limite-invisibile/16996/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/informazione-e-pubblicita-il-limite-invisibile/16996/#comments Thu, 26 Jan 2012 10:31:11 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=16996 GUARDA I RISULTATI DELLA RICERCA]]> URBINO – Il confine tra pubblicità e informazione è sempre meno distinguibile. Per un giornalista su due la pubblicità condiziona la linea editoriale delle testate.

A rilevarlo è il gruppo di lavoro sulla Qualità dell’informazione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e il LaRiCA, laboratorio di ricerca sulla comunicazione avanzata, dell’Università di Urbino che il 27 gennaio presenteranno la ricerca “Informazione e pubblicità: relazioni pericolose” al Circolo della stampa di Milano.

GUARDA I RISULTATI DELLA RICERCA

Per rappresentare i giornalisti italiani di carta stampata, online e testate miste (cartaceo-online) è stato scelto un campione di 101 redattori ai quali è stato sottoposto un questionario via web. Per una campionatura più precisa sono state escluse, in questa fase iniziale, testate televisive e radiofoniche che saranno studiate nelle analisi seguenti.

“L’idea è di capire che cambiamento c’è stato negli ultimi anni sia a livello generazionale, sia a causa dell’ingresso delle redazioni online anche per i quotidiani. Oggi si ha un sistema editoriale diverso con nuovi tipi di necessità rispetto al mercato. Vogliamo capire se ci sia bisogno di ripensare, rivedere le carte dell’ordine, cioè la deontologia, di chiarire quali siano i confini. La ricerca è servita per sondare i nostri giornalisti, per vedere cosa ne pensano”, ha spiegato Giovanni Boccia Artieri, vice direttore del LaRiCA e uno dei responsabili dell’indagine.

Sulla necessità di una revisione delle carte deontologiche circa la metà dei giornalisti ha espresso un’opinione favorevole. Anche se, entrando nel merito delle norme, il 63% degli intervistati sostiene che non vanno riguardati tanto i principi contenuti nelle Carte quanto la loro effettiva applicazione.

A questo riguardo la proposta che alcuni redattori hanno suggerito è stata proprio quella di rendere più aspre le sanzioni anche con l’introduzione di pene pecuniarie.

Dall’analisi è emerso anche quanto l’opinione sul legame tra giornalismo e promozione differisca in base all’età dell’intervistato. I dati infatti evidenziano che mentre i più critici e attenti al problema sono i redattori tra i 30 e i 54 anni, i più anziani e i più giovani hanno un atteggiamento molto disincantato sul rapporto pubblicità/informazione. “Sembra che i due estremi generazionali – ha detto Boccia Artieri - abbiano un atteggiamento meno severo, dicono che in realtà le norme ci sono, vengono rispettate e la gente è più matura di quanto pensiamo”.

Inoltre un’opinione diffusa tra i giornalisti è soprattutto relativa alla necessità di rendere ben visibile la differenza tra promozione e pezzo informativo. Sono circa 79 i redattori che ritengono necessari interventi anche grafici per separare l’articolo dallo spazio pubblicitario mentre più della metà ha affermato che informazione e pubblicità troppo spesso utilizzano lo stesso linguaggio.

Se nella realtà concreta il 50% dei giornalisti ritiene che la pubblicità influenzi la linea editoriale del giornale, per la maggioranza resta chiaro, a livello teorico, l’obbligo di non fornire informazioni, consigli o giudizi in favore di inserzionisti, casa editrice, o gruppo politico o sociale.

“In linea generale l’indagine ha fatto già affiorare spunti interessanti – ha dichiarato Giovanni Boccia Artieri – è  emerso un modo diverso di pensare e di fare giornalismo rispetto alla pubblicità. È interessante soprattutto l’opinione diffusa nelle testate online. Per chi lavora sulla rete il pubblico è ritenuto in grado di distinguere meglio la separazione tra informazione e pubblicità, mentre i redattori del cartaceo sostengano che i loro utenti abbiano maggiori difficoltà. La preoccupazione dei giornalisti che viene sottolineata è: le regole esistono, sono chiare, però i lettori faticano a distinguerle”.

L’obiettivo dello studio è, in ogni caso, quello di incentivare il dibattito sul rapporto informazione/pubblicità tra giornalisti e promotori della comunicazione e del marketing con la richiesta di proposte. Sono previste infatti analisi ancora più approfondite, anche attraverso focus group sulle tematiche più interessanti che emergeranno sia durante l’incontro a Milano, sia nelle ricerche che ne seguiranno.

L’ingresso di nuovi mezzi di comunicazione nel sistema editoriale ha portato a nuove forme di giornalismo e la ricerca ha cercato di capire se sia necessario modificare o introdurre nuove norme deontologiche per regolare la produzione di informazione.

Pino Rea, coordinatore del gruppo di lavoro del consiglio dell’Odg, ha infatti affermato: “La ricerca continuerà anche nell’ emittenza radio-televisiva, che per ora avevamo tenuto da parte perché i parametri sono di natura diversa”.



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Giornalisti italiani “vecchi e poveri” i dati dello studio di Lsdi http://ifg.uniurb.it/2012/01/15/ducato-online/media-ducato-online/non-ce-solo-la-casta-giornalisti-italiani-vecchi-e-poveri-lo-studio-lsdi/15836/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/15/ducato-online/media-ducato-online/non-ce-solo-la-casta-giornalisti-italiani-vecchi-e-poveri-lo-studio-lsdi/15836/#comments Sun, 15 Jan 2012 21:07:56 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=15836 Il giornalismo è vecchio, povero e maschio nelle posizioni più fortunate. Questo è il quadro poco rassicurante uscito dal report di Pino Rea, giornalista impegnato nell’esperienza di Lsdi, un sito di metagiornalismo: notizie per difendere la Libertà di Stampa e il Diritto all’Informazione (da questo la sigla).

La ricerca fotografa una situazione poco confortante: circa la metà degli iscritti all’Ordine è inattivo (49,6%) e tra quelli che riescono a collezionare contributi c’è un divario enorme tra chi esercita la professione come autonomo (freelance, co.co.co e co.co.pro) e chi è subordinato e quindi lavora con un contratto di quelli alla vecchia maniera, poche sigle, due possibilità: tempo determinato o indeterminato.

PANORAMICA GENERALE. I dati si riferiscono al 2010, anno in cui gli iscritti all’Ordine dei giornalisti superano quota 110.000. In Francia la popolazione giornalistica è un terzo (37.415). Di questi 110.000 la maggior parte sono pubblicisti (70,7%), solo l’1,9% praticanti e il restante 27,4% professionisti. I praticanti subiscono rispetto al 2009 un impressionante calo del 31%, mentre professionisti e pubblicisti crescono di pari passo: +3,3% per i primi, +2,1% per i secondi. Per assottigliare la naturale differenza che sempre si produce tra la realtà e la sua rappresentazione, è però più utile fare qualche conto sulla base dei giornalisti attivi, e non di tutti gli iscritti, tenendo in considerazione il ruolo giocato da autonomi e subordinati. La maggior parte dei giornalisti che svolge la professione in maniera effettivamente visibile è professionista e subordinata, seguono i pubblicisti autonomi e quelli subordinati, mentre la percentuale di professionisti che sceglie di non essere inquadrata da un contratto è veramente poca:

REDDITO: Il paragone con i cugini d’oltralpe aiuta anche a capire il progressivo impoverimento della categoria italiana. In Francia per ottenere la carte de presse bisogna percepire almeno la metà del salario minimo (lo Smic, che quest’anno è di 1073€ al mese). Se dovessimo avere una regola simile in Italia sono 16.000 quelli che non ce la farebbero. Infatti 6 giornalisti su 10 percepiscono un reddito inferiore ai 5.000 euro lordi annui. Ad avere redditi così bassi sono il 62% degli autonomi (che sono il 55% dei giornalisti attivi). I subordinati se la passano meglio: scende la percentuale di chi è nella fascia più bassa di reddito e il 66,6% denuncia più di 30.000 € annui. Ad aumentare, solo numericamente, sono però gli autonomi: +7,7% contro il 3,85% dei subordinati. Questa congiuntura porta all’impoverimento della professione. Secondo Pino Rea, l’aumento degli autonomi è un ovvio segnale della crisi: “Gli editori preferiscono non assumere e affidarsi a qualcuno di esterno. E’ necessario scardinare questo sistema” ed uno dei metodi che suggerisce è quello dell’equo canone che porterebbe a disincentivare l’uso di freelance: “Bisogna portare l’editore a ritenere conveniente assumere un giornalista”. E a chi in una situazione tale avrebbe paura dell’effetto boomerang (se il giornalista costa di più non verrà pagato di più, verrà semplicemente non pagato) Rea dà una semplice risposta, le sovvenzioni pubbliche “perché il mercato è un parametro giusto per le testate commerciali, ma l’informazione intesa come servizio pubblico ha bisogno di sovvenzioni”.

DONNE: Boom di presenze femminili, ma solo tra le giornaliste autonome, a confermare che nel giornalismo la cravatta è ancora più apprezzata della gonna. Le autonome crescono del 190% rispetto al 2002, mentre tra i subordinati la percentuale è nettamente inferiore: solo il 6% in 10 anni, dal 27% nel 2000 al 33% nel 2010. Il confronto con il 2009 ci fa ben sperare in entrambi i casi, ma non troppo: siamo infatti in presenza di un incremento, ma lievissimo: dal 42.1% al 42.4% nel caso delle autonome, dal 38.7% al 39% in quello delle subordinate.

PENNE VECCHIE: Rimanendo all’interno delle categorie deboli, passiamo dal gentil sesso a chi non è proprio più giovanissimo per affrontare l’ultimo dato poco incoraggiante: il progressivo invecchiamento della professione. Il 25% dei giornalisti autonomi ha più di 50 anni ed è un dato destinato a crescere visto il blocco del turn over: dalle redazioni si esce, ma non si entra e così il bianco è destinato a diventare il colore dominante. Le cose non cambiano molto se si passa a considerare gli autonomi, dove gli over cinquanta rappresentano il 16,7% con una crescita relativa soprattutto agli ultrasessantenni che conquistano un punto percentuale in più rispetto all’anno prima attestandosi al 7,4%.

Una volta finita la battaglia quotidiana con i colleghi non tutti possono godersi il meritato relax: i dati sulle pensioni raccontano di 15.000 persone percepiscono meno di 500€ lordi all’anno.

Lo studio completo si può trovare sul sito di Lsdi.







 

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