il Ducato » pubblicità http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » pubblicità http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it “Futuri creativi”: la pubblicità in un convegno a Pesaro il 9 e 10 maggio http://ifg.uniurb.it/2013/05/08/ducato-notizie-informazione/futuri-creativi-la-pubblicita-in-un-convegno-a-pesaro-il-9-e-10-maggio/46199/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/08/ducato-notizie-informazione/futuri-creativi-la-pubblicita-in-un-convegno-a-pesaro-il-9-e-10-maggio/46199/#comments Wed, 08 May 2013 15:35:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46199 [continua a leggere]]]> URBINO – Le nuove forme di pubblicità si devono oggi confrontare con i mercati dei paesi emergenti e i nuovi metodi di comunicazione introdotti dalle nuove piattaforme digitali, spiegano gli organizzatori di un convegno sul futuro della pubblicità, intitolato “Futuri creativi” e organizzato a Pesaro dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione e discipline umanistiche dell’Uniurb per il 9 e 10 maggio.

Il 9 maggio a Palazzo Ciacchi, in viale Cattaneo, parleranno importanti professionisti del mondo della comunicazione tra i quali Paolo Iabichino, direttore esecutivo e creativo di OgilvyOne e lo scrittore e pubblicitario Pasquale Barbella. Il giorno dopo a Villa Marina, in Viale Trieste, si parlerà degli stessi temi, ma dal punto di visto accademico.

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Roidi (Metro): “La free press non è in crisi, soffriamo calo pubblicità” http://ifg.uniurb.it/2013/04/10/ducato-online/roidi-metro-il-modello-free-press-non-e-in-crisi-soffriamo-calo-pubblicita/41711/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/10/ducato-online/roidi-metro-il-modello-free-press-non-e-in-crisi-soffriamo-calo-pubblicita/41711/#comments Wed, 10 Apr 2013 00:35:25 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=41711 È la pubblicità, bellezza: se la free press è in crisi, infatti, la colpa è tutta della mancanza di pubblicità. Questo spiega Giampaolo Roidi, direttore di Metro, uno dei tre quotidiani a distribuzione gratuita ancora esistenti in Italia, insieme a Leggo e DNews.

“La crisi è congiunturale e la free press ne soffre più della stampa tradizionale perché non ha altro mezzo al di fuori della pubblicità per finanziarsi”. Non è, dunque, il mezzo – il quotidiano gratuito – di per sé in crisi, ma tutto il sistema editoriale che si basa sulle inserzioni pubblicitarie, che ora scarseggiano. Che si tratti di free press o di quotidiani tradizionali non c’è differenza.

Il problema è sia nazionale che locale. Non ci sono più inserzionisti disposti a finanziare la free press, non solo a tiratura nazionale, ma anche e soprattutto nelle edizioni locali. Lo dimostra la scelta obbligata di Metro, che ha dovuto chiudere le due sedi in Sardegna (a Cagliari e Sassari) per mancanza di fondi, che fino a pochi mesi fa venivano assicurati dalla pubblicità locale.

L’ovvia conseguenza è un calo nel numero assoluto di lettori a livello nazionale. I dati Audipress parlano chiaro: nel terzo quadrimestre del 2012, Metro ha perso 68 mila lettori, un calo del 4,6%. Ma anche gli altri due quotidiani gratuiti hanno visto ridursi il numero di lettori: 72 mila in meno per Leggo (-5,1%) e 26 mila per DNews (-12,9%).

Il trend viene confermato anche dai dati europei pubblicati di recente da Newspaperinnovatio.com: la diffusione è crollata del 9% in un anno, passando dai 17,4 milioni di copie nel 2011 ai 15,8 del 2012. Cala anche il numero di testate: da 82 a 74. I paesi più colpiti dalla  “crisi di copie” sono  la Spagna (per la chiusura di Què!), l’Olanda (De Pers), l’Italia (City) e la Danimarca (Urban).

Eppure Roidi non vede una crisi della free press: “Non sono i lettori a mancare, la diffusione diminuisce solo perché non è possibile stampare un maggior numero di copie per la mancanza dei fondi derivanti dalla pubblicità”. In sostanza, secondo il direttore di Metro, “se la diffusione della free press fosse più ampia, aumenterebbero i lettori, non c’è crisi di lettori”.

Il problema è dunque dove limare i costi nel momento in cui vengono a mancare i soldi. L’unica soluzione, secondo Roidi, è quella di limitare la diffusione per poter risparmiare qualcosa, così come è stato fatto nel caso delle sedi sarde.
A dimostrazione della centralità degli inserzionisti Roidi porta i due casi più lampanti di crisi dovuta alla mancanza di fondi pubblicitari nella free press italiana, quelli di EPolis e City, costretti a chiudere negli ultimi anni.

Cosa riserva il futuro alla free press? La visione di Roidi è moderatamente ottimista: la free press non può morire. È un tipo di giornalismo che può riuscire a intercettare un pubblico trasversale. Va incontro al lettore, non aspetta che sia quest’ultimo ad andare a cercare il giornale. Chiunque, potenzialmente, viene raggiunto dall’informazione. Tutto dipende solo dalla pubblicità. Nel momento in cui il mercato dell’advertising si riprenderà – se e come ciò avverrà è però tutto da vedere – la free press non potrà che giovarne e tornare a essere punto di riferimento per tutti i lettori italiani.

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Frontiere del giornalismo digitale: riviste e quotidiani diventano negozi http://ifg.uniurb.it/2013/03/21/ducato-online/frontiere-del-giornalismo-digitale-riviste-e-quotidiani-diventano-negozi/39576/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/21/ducato-online/frontiere-del-giornalismo-digitale-riviste-e-quotidiani-diventano-negozi/39576/#comments Thu, 21 Mar 2013 14:30:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=39576 Glamour, che potrebbe far aumentare gli introiti integrandoli con quelli provenienti da vendite e pubblicità]]> Trasformare le riviste e i quotidiani online in una sorta di negozio interattivo: questa l’ultima trovata escogitata da editori ed esperti di marketing per restituire nuove speranze e maggiori possibilità di guadagno alle testate web.

I neo proprietari di France Soir, lo storico giornale francese nato nel 1944, hanno deciso di percorrere questo sentiero. Dal 29 marzo verrà lanciata sul mercato la rivista “l’e-mag de ‘France Soir’, inizialmente disponibile solo per iPad, al prezzo di 1,89 euro.

Ma come funzionerà? Mentre Philippe Mendil, presidente di Cards Off, azienda francese che solo cinque mesi fa ha acquistato quello che per anni è stato uno dei quotidiani simbolo di  Francia, si riserva di parlare solo a lancio di prodotto avvenuto, la formula pensata ha lo scopo di far arrivare maggiori introiti senza basarsi esclusivamente sulla pubblicità. I lettori non saranno più dirottati sui siti web dei prodotti sponsorizzati, ma potranno acquistare direttamente sul giornale. L’utente potrà così sbizzarrirsi tra la lettura delle ultime notizie e l’acquisto di oggetti che in qualche modo rievocano i contenuti giornalistici.

L’iniziativa, di cui ha parlato qualche giorno fa anche Lsdi.it e che ha suscitato la curiosità della stampa francese, si basa su un concetto economico innovativo: il lettore comprerà il prodotto pagando direttamente al giornale e sarà quest’ultimo a girare i soldi all’azienda, trattenendo per sé una quota compresa tra il 3 e il 15%.

I rischi etici e deontologici sono evidenti: chi scriverà gli articoli? Ma soprattutto, che tipo di notizie si potranno trovare sulla rivista? Esisterà una vera e propria redazione che sarà coordinata dal giornalista Dominique de Montvalon, nota firma politica ed ex colonna di riferimento della vecchia edizione di France Soir. La rivista si occuperà soprattutto delle “buone notizie” e diversi approfondimenti saranno dedicati a temi poco trattati dai giornali tradizionali.

La redazione dovrebbe rimanere autonoma rispetto alla squadra che si occuperà di costruire questa sorta di vetrina intorno agli articoli, ma viene comunque da chiedersi se non ci sia il rischio che i contenuti possano essere in qualche modo ‘adattati’ ai prodotti che si vogliono vendere. Secondo Pier Luca Santoro, esperto di marketing e comunicazione e collaboratore dell’Osservatorio europeo di giornalismo “in realtà questo avviene già per l’online, con la corsa ai volumi di traffico per monetizzare. I ‘boxini morbosi’, ad esempio, ne sono la più diretta e concreta evidenza”.

Se è davvero questa la nuova frontiera del giornalismo digitale, è difficile immaginare quale tipo di prodotti potranno essere accostati a notizie ben più serie. Lo stesso France Soir ha l’ambizione di ampliare il progetto: già si parla, per fine anno, di far seguire un quotidiano alla rivista, impostato sulla stessa concezione, ma con contenuti diversi. E chissà che, nel giro di poco tempo, ogni quotidiano e ogni notizia sarà affiancata dal proprio prodotto pensato ad hoc e direttamente ‘shoppable’. Secondo Santoro questo è auspicabile, oltre che fattibile: “Invece di profumi, accessori moda o abbigliamento, si proporranno prodotti e servizi in sintonia con il pubblico di riferimento della testata”.

L’idea della ‘rivista-negozio’ ha già avuto i suoi primi riscontri positivi: altre testate hanno sperimentato o stanno cominciando a investire su questa opportunità. L’obiettivo comune è quello di fidelizzare il lettore offrendogli la possibilità di interagire e mettendogli immediatamente a disposizione un tipo di prodotto che in qualche modo è attinente all’articolo che ha appena letto.

Pionieri in questo senso sono state diverse riviste Europee e Statunitensi. Il Times, ad esempio, nei giorni natalizi ha realizzato un’applicazione che accanto a contenuti editoriali dava la possibilità di far scegliere e acquistare i regali. Stessa idea per il WSJ Select pensato dal Wall Street Journal e per l’Harper’s Bazaar del periodico appartenente al gruppo Hearst.

In Italia la strada è stata aperta dalla rivista Glamour che, con Glamour Personal Shopper, ha creato un’applicazione per smartphone che oltre a dar modo agli utenti di fare shopping, consente loro di restare aggiornati su contenuti curati da un’apposita redazione.

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Dal Pd al McDonald’s, tutti pazzi per il #viralmarketing http://ifg.uniurb.it/2012/04/06/ducato-online/dal-pd-al-mc-donalds-tutti-pazzi-per-il-viralmarketing/30541/ http://ifg.uniurb.it/2012/04/06/ducato-online/dal-pd-al-mc-donalds-tutti-pazzi-per-il-viralmarketing/30541/#comments Fri, 06 Apr 2012 13:30:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=30541 WEBTALK: #reportersottozero / #socialtv
#sfigatimonotoniemammoni / #parolepietre #controinformazione ]]>
URBINO La cosa importante é che sia viral: twittato, condiviso e ricliccato. Normale che le grandi aziende ci abbiano provato: il viral marketing é la pubblicità del domani e a costo zero. Ma su internet é facile imbattersi in fallimenti clamorosi: McDonald’s e Virgin. Anche se a volte sono proprio
le piccole aziende a confezionare dei gioielli: vedere per credere.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

a cura di Nadia Ferrigo e Maddalena Oculi

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Giornalisti: pubblicità troppo invasiva http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/giornalisti-pubblicita-troppo-invasiva/17099/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/giornalisti-pubblicita-troppo-invasiva/17099/#comments Thu, 26 Jan 2012 13:47:11 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=17099 LEGGI Informazione e pubblicità: il limite invisibile

 

 

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Informazione e pubblicità: il limite invisibile http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/informazione-e-pubblicita-il-limite-invisibile/16996/ http://ifg.uniurb.it/2012/01/26/ducato-online/informazione-e-pubblicita-il-limite-invisibile/16996/#comments Thu, 26 Jan 2012 10:31:11 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=16996 GUARDA I RISULTATI DELLA RICERCA]]> URBINO – Il confine tra pubblicità e informazione è sempre meno distinguibile. Per un giornalista su due la pubblicità condiziona la linea editoriale delle testate.

A rilevarlo è il gruppo di lavoro sulla Qualità dell’informazione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e il LaRiCA, laboratorio di ricerca sulla comunicazione avanzata, dell’Università di Urbino che il 27 gennaio presenteranno la ricerca “Informazione e pubblicità: relazioni pericolose” al Circolo della stampa di Milano.

GUARDA I RISULTATI DELLA RICERCA

Per rappresentare i giornalisti italiani di carta stampata, online e testate miste (cartaceo-online) è stato scelto un campione di 101 redattori ai quali è stato sottoposto un questionario via web. Per una campionatura più precisa sono state escluse, in questa fase iniziale, testate televisive e radiofoniche che saranno studiate nelle analisi seguenti.

“L’idea è di capire che cambiamento c’è stato negli ultimi anni sia a livello generazionale, sia a causa dell’ingresso delle redazioni online anche per i quotidiani. Oggi si ha un sistema editoriale diverso con nuovi tipi di necessità rispetto al mercato. Vogliamo capire se ci sia bisogno di ripensare, rivedere le carte dell’ordine, cioè la deontologia, di chiarire quali siano i confini. La ricerca è servita per sondare i nostri giornalisti, per vedere cosa ne pensano”, ha spiegato Giovanni Boccia Artieri, vice direttore del LaRiCA e uno dei responsabili dell’indagine.

Sulla necessità di una revisione delle carte deontologiche circa la metà dei giornalisti ha espresso un’opinione favorevole. Anche se, entrando nel merito delle norme, il 63% degli intervistati sostiene che non vanno riguardati tanto i principi contenuti nelle Carte quanto la loro effettiva applicazione.

A questo riguardo la proposta che alcuni redattori hanno suggerito è stata proprio quella di rendere più aspre le sanzioni anche con l’introduzione di pene pecuniarie.

Dall’analisi è emerso anche quanto l’opinione sul legame tra giornalismo e promozione differisca in base all’età dell’intervistato. I dati infatti evidenziano che mentre i più critici e attenti al problema sono i redattori tra i 30 e i 54 anni, i più anziani e i più giovani hanno un atteggiamento molto disincantato sul rapporto pubblicità/informazione. “Sembra che i due estremi generazionali – ha detto Boccia Artieri - abbiano un atteggiamento meno severo, dicono che in realtà le norme ci sono, vengono rispettate e la gente è più matura di quanto pensiamo”.

Inoltre un’opinione diffusa tra i giornalisti è soprattutto relativa alla necessità di rendere ben visibile la differenza tra promozione e pezzo informativo. Sono circa 79 i redattori che ritengono necessari interventi anche grafici per separare l’articolo dallo spazio pubblicitario mentre più della metà ha affermato che informazione e pubblicità troppo spesso utilizzano lo stesso linguaggio.

Se nella realtà concreta il 50% dei giornalisti ritiene che la pubblicità influenzi la linea editoriale del giornale, per la maggioranza resta chiaro, a livello teorico, l’obbligo di non fornire informazioni, consigli o giudizi in favore di inserzionisti, casa editrice, o gruppo politico o sociale.

“In linea generale l’indagine ha fatto già affiorare spunti interessanti – ha dichiarato Giovanni Boccia Artieri – è  emerso un modo diverso di pensare e di fare giornalismo rispetto alla pubblicità. È interessante soprattutto l’opinione diffusa nelle testate online. Per chi lavora sulla rete il pubblico è ritenuto in grado di distinguere meglio la separazione tra informazione e pubblicità, mentre i redattori del cartaceo sostengano che i loro utenti abbiano maggiori difficoltà. La preoccupazione dei giornalisti che viene sottolineata è: le regole esistono, sono chiare, però i lettori faticano a distinguerle”.

L’obiettivo dello studio è, in ogni caso, quello di incentivare il dibattito sul rapporto informazione/pubblicità tra giornalisti e promotori della comunicazione e del marketing con la richiesta di proposte. Sono previste infatti analisi ancora più approfondite, anche attraverso focus group sulle tematiche più interessanti che emergeranno sia durante l’incontro a Milano, sia nelle ricerche che ne seguiranno.

L’ingresso di nuovi mezzi di comunicazione nel sistema editoriale ha portato a nuove forme di giornalismo e la ricerca ha cercato di capire se sia necessario modificare o introdurre nuove norme deontologiche per regolare la produzione di informazione.

Pino Rea, coordinatore del gruppo di lavoro del consiglio dell’Odg, ha infatti affermato: “La ricerca continuerà anche nell’ emittenza radio-televisiva, che per ora avevamo tenuto da parte perché i parametri sono di natura diversa”.



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Ovo in dieci numeri http://ifg.uniurb.it/2011/12/15/ducato-online/ovo-in-dieci-numeri/14450/ http://ifg.uniurb.it/2011/12/15/ducato-online/ovo-in-dieci-numeri/14450/#comments Thu, 15 Dec 2011 12:50:42 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=14450 [continua a leggere]]]> Ovo è una videoenciclopedia online creata nel 2010 che associa a ogni voce un breve filmato in stile documentario. Le aziende possono sposorizzare le clip di Ovo. Garante della qualità dei contenuti è la Treccani che li approva in via definitiva

LEGGI Ovo apre ai commenti e va in tv


1200
i video clip in archivio

9000
i videoclip programmate

3 minuti
durata dei videoclip

10
giorni di lavoro per ogni video

2012
anno in cui sarà raggiunto il punto di pareggio

6
i collaboratori interni

30
i collaboratori esterni

15.000 euro
costo della sponsorizzazione di un video

66%
ricavi dalle sponsorizzazioni aziendali

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La recessione e i media: crolla la pubblicità http://ifg.uniurb.it/2009/01/16/ducato-online/la-recessione-e-i-media-crolla-la-pubblicita/949/ http://ifg.uniurb.it/2009/01/16/ducato-online/la-recessione-e-i-media-crolla-la-pubblicita/949/#comments Fri, 16 Jan 2009 14:22:55 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=949 La crisi non guarda in faccia nessuno, neanche la pubblicità. Secondo le analisi di quotidiani come Milano Finanza, il Sole 24 Ore e il Financial Times, la recessione economica costringerà le imprese di tutto il mondo a spendere complessivamente di meno per farsi pubblicità. Risultato: le aziende editoriali dovranno tirare la cinghia.

In Italia, le stime fornite da Nielsen Media Research monitorano le migliaia di euro spese per inserzioni nei media. In base ai dati riferiti al periodo gennaio-ottobre 2008, gli investimenti netti pubblicitari sono calati dello 0,8% rispetto agli stessi mesi del 2007.

Un mese fa Rcs ha annunciato che, a causa della contrazione dei ricavi pubblicitari, a luglio rivedrà il piano triennale. E’ un segno del cambiamento in corso nell’editoria; nel dettaglio i dati Nielsen destano preoccupazioni e speranze.

Nel 2009 probabilmente sarà la carta stampata a soffrire; le testate disporranno di minori introiti per i tagli dello scorso anno nella pubblicità: cento milioni in meno per i quotidiani a pagamento (-4,9% rispetto al 2007), sessanta per i periodici (-5,6%). Numeri su cui riflettere, considerando che le risorse di un giornale derivano dalle vendite (da anni in calo continuo), dai “collaterali” – dvd, cd, guide turistiche ecc. – allegati e dalla pubblicità. Luigi Einaudi, che amava definire “il giornale come vendita di notizie e avvisi, aveva intuito tutto.

Pochi scossoni invece per la televisione, dove da sempre girano più soldi: qui l’aumento di proventi dalle inserzioni è inferiore a 30 milioni (variazione di 0,7%). Bene la radio, che può contare del 4,4% di investimenti in più.

Meglio ancora il web: internet attira flussi di denaro da doppia cifra: l’aumento è del 18,5%. Molti analisti pensano che la rete sia la salvezza del sistema editoriale; questo medium, ancora giovane, muove però risorse non paragonabili con tv e stampa.

La flessione nel mercato pubblicitario non è un affare solo italiano: secondo il Sole24Ore, negli Stati Uniti colossi come General Motors hanno dimezzato le risorse vincolate nel settore. Le imprese editoriali, al netto degli investimenti pubblicitari, hanno messo in campo strategie diverse per fare i conti con la recessione. Anche perché “il calo delle inserzioni in Nord America e nell’Europa occidentale – si legge in Milano Finanza – sarà compensato dalla continua crescita dei mercati emergenti, come India, Cina e Brasile”.

Negli Usa, il New York Times, sommerso da debiti e con un’ipoteca di 225 milioni di dollari sul grattacielo della sua stessa sede, il 5 gennaio ha venduto una striscia pubblicitaria nel taglio basso della prima pagina alla Cbs: non era mai accaduto dalla sua fondazione nel 1851.

Al contrario, in Italia nei giorni scorsi si è visto un segnale in contrasto con il crollo negli investimenti pubblicitari: la decisione di imprese, come Enel, Telecom e Sisal, di stanziare fondi per acquistare una banda laterale e una striscia con i colori dell’azienda tra la testata e i titoli in prima pagina del Corriere della Sera. Sempre sul Corriere, Audi qualche settimana fa, ha comprato ben 16 pagine interne per ricoprirle di inserzioni.

Segnali positivi ma insufficienti per risollevare la curva degli investimenti.

Resta da capire se le ripercussioni della crisi nel mercato pubblicitario, incideranno sul lavoro dei giornalisti; meno risorse a disposizione potrebbero alterare la fattura del giornale. “Gli editori – osserva Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa – oggi possono parlare in maniera credibile di crisi, che oggettivamente c’è”. Poi la stoccata: “Si tratta comunque di un fenomeno recente. Non giustifica le scelte del passato, quando le aziende editoriali facevano utili. Gli editori hanno preferito distribuirli agli azionisti piuttosto che migliorare la qualità del prodotto giornalistico”.


Guida alla rete:

Nielsen Media Research, Gennaio-Ottobre 2008
Pubblicità in calo: Milano Finanza
Pubblicità in calo: Il Sole 24Ore
Rivoluzione Tv in Francia: La Stampa

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