il Ducato » radio http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » radio http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Al festival della cultura si accendono le radio: pubbliche e private http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/al-festival-della-cultura-si-accendono-le-radio-pubbliche-e-private/72227/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/al-festival-della-cultura-si-accendono-le-radio-pubbliche-e-private/72227/#comments Sat, 25 Apr 2015 21:18:24 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72227 Festival giornalismo culturale 2015

“Dov’è la cultura oggi? La Radio”, conferenza della 3a edizione del festival del giornalismo culturale

FANO – In radio la cultura si fa. Di questo sono convinti tutti i partecipanti al terzo panel del Festival del Giornalismo Culturale di Urbino e Fano “Dov’è la cultura oggi? La Radio”. Molte voci però sono del servizio pubblico, e la sostenibilità del sistema è presto divenuto tema di dibattito. Ma riconosciuti gli indubbi meriti del mezzo – un medium antico ma moderno, leggero capace di arrivare ovunque anche dove le immagini non possono – rappresenta anche una cartina di tornasole della libertà di espressione di un paese.

‘In onda’ abbiamo Andrea Borgnino, Radio Rai, Daria Corrias, Rai Radio3 (intervistata dal Ducato), Pietro Del Soldà, Rai Radio3, Marina Lalovic, giornalista, Federica Manzitti, Radio Città Futura, Enrico Menduni, Università di Roma Tre, Lorenzo Pavolini, Rai Radio3, Igiaba Scego, scrittrice e Simone Spetia, Radio 24 (intervistato dal Ducato). A coordinare Giorgio Zanchini, giornalista Rai conduce Radio anch’io.

Crisi delle radio pubbliche.  In molti paesi europei il sistema della radio pubblica è in crisi. Ne parla Andrea Borgnino, Radio Rai, raccontando in particolare il caso di Radio France: 28 giorni di sciopero. Dopo quattro settimane la protesta si è estesa all’80% dell’organico. Radio France non ha dato notizie per quasi un mese, ha trasmesso solo musica 24 ore su 24, non ha ceduto neanche alle elezioni dei dipartimenti e alla caduta dell’aereo della Germanwings. Il governo ha dovuto cedere. Per Borgnino un modello di radio esclusivamente finanziato dallo stato (Radio France trasmette solo mezz’ora di pubblicità al giorno e di tipo istituzionale) non è più sostenibile. Un aumento degli spazi pubblicitari come è stato ipotizzato, per molti non è la soluzione anzi potrebbe causare la fine del mercato. Situazioni simili in Spagna, Portogallo e non resta fuori neppure l’Italia. La radio pubblica è in crisi. “Un modello di questo tipo – conclude Borgnino – è sostenibile solo in Inghilterra, dove se denunci chi non paga il canone paghi la metà”.

Elementi positivi però ci sono: “La radio è l’unico medium dove la vendita pubblicitaria è cresciuta: del 5% in Italia, addirittura del 7,2% in Inghilterra – continua Borgnini – gli investimenti positivi oggi riguardano solo la radio: in tv i prezzi sono in picchiata, così come per la carta stampata. Per i siti di informazione la situazione non è diversa. Questo giocattolo antico continua a piacere al pubblico”.

A fare “contestazione morbida” è Simone Spetia, giornalista di Radio24, che cita la professoressa di Oxford Mariana Mazzuccato: “Solo lo Stato può mettere in campo capitali pazienti perché vengano fatte innovazioni” al posto delle aziende: il dibattito rimane aperto. Ma dalla sua Spetia dice che anche le radio private, come Radio24, possono fare cultura. Lui stesso nel 2011 è stato protagonista di Gazzettino del Risorgimento, trasmissione creata per i 150 anni di Unità d’Italia. La storia da Garibaldi alla Breccia di Porta Pia versione giornale radio. Un programma possibile anche perché oggi sono cambiati i mezzi di riproduzione: il materiale non è stato raccolto da quattro ricercatori chiusi in biblioteca, ma dagli archivi di Google Plus. “Ormai si fanno servizi con gli smartphone – continua Spetia – in Rai si muovono in tre per fare qualsiasi cosa”.

A difendere la produzione pubblica ci pensa in primis Giorgio Zanchini, e gli altri interessati senza però negare le difficoltà

Mentre Pavolini si sfoga accusando la Siae, organo tutto italiano, di fagocitare molti contributi che andrebbero spesi per altro.

A metà strada tra pubblico e privato c’è Radio Città Futura rappresentata da Federica Manzitti. Una radio che non è pubblica ma prende anche finanziamenti dallo stato. “Vogliamo fare cultura in modo che non sia solo una chiacchierata telefonica che non restituisce fisicità e pensiero”, dice Manzitti, che parla con orgoglio di una stazione che ha sposato a pieno le potenzialità di linguaggi diversi da quello radiofonico: ha un canale digitale terrestre, YouTube e sito che riproducono le puntate anche in video, Twitter e Instagram poi sfruttano lo scritto e le immagini.

A portare lo “sguardo da dentro a fuori” come dice Zanchini, ci pensano due giornaliste multiculturali. Sono Marina Lalovic, serba, nata nell’ex Jugoslavia e trasferitasi in Italia nel 2000. Lei ha vissuto sulla sua pelle il monopolio di Stato, sotto il regime di Tito, nell’informazione e nella vita della gente: “Quando c’è una guerra non ci sono sfumature, la prima cosa che si fa è interrompere le comunicazioni – dice la Lalovic – la radio si poneva come contraddizione in termini: mentre facevamo la guerra l’unica finestra sul mondo erano le radio indipendenti, come b92, che esiste ancora oggi: una radio che in quel momento aveva il valore di un social media”.

I conduttori alzavano solo la cornetta, per dar voce alle persone, “affamate e vogliose di stare insieme”. E anche una Lalovic 16enne contribuiva chiamando e commentando, oggi è convinta di una cosa: “Se in Italia si ascoltasse la radio per un mese e poi per il mese successivo solo la televisione, sembrerebbe di stare in due paesi diversi”.

L’altra voce da fuori è Igiaba Scego scrittrice italosomala, che inizia ricordando il suo paese di origine, dove fino al 1974 le lingue per i documenti scritti erano solo l’italiano e l’arabo. “La radio dava la conoscenza anche quando mancava scolarizzazione”, dice pensando alla nonna analfabeta, “una delle persone più colte mai conosciute”. La Scego sposta il discorso su un problema che oggi non riguarda solo radio, ma tutti i media: “Nonostante l’Italia sia un paese multiculturale non accetta gli autori e le voci di autori stranieri”.

Come i figli di migranti, scrittori in lingua italiana definiti non come letteratura italiana, ma in base al loro paese di provenienza. La Scego cita Tutti stranieri un’esperienza multietnica: per un giorno i programmi di Radio3 li hanno condotti persone di origini non italiane: “Un esempio di cosa può essere la radio mischiando le persone”.

“Non è solo parlare di stranieri – aggiunge la Scego – ma creare una radio meticcia, cosa che in Italia manca”. Il rischio è però che rimanga un episodio isolato, concentrato in una sola giornata, un modo per sconfiggere gli sbagli dei media: come nella narrazione delle tragedie in mare non bastano e non reggono quanto accade. “Nella radio non si vede il colore della pelle. La radio unisce quello che l’immagine divide” conclude Menduni.

Foto di Libero Red Dolce

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Audio documentario: il genere radiofonico che resiste http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/audio-documentario-il-genere-radiofonico-che-resiste/72229/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/audio-documentario-il-genere-radiofonico-che-resiste/72229/#comments Sat, 25 Apr 2015 18:48:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72229 lilli-dentro

Daria Corrias, autrice di Tre soldi e presidente di Audiodoc

FANO – Nei palinsesti della radio pubblica italiana c’è sempre stato uno spazio per i documentari sonori. Almeno fino agli anni Cinquanta, poi a brandelli fino ai primi anni Ottanta. Dopodiché il nulla: sono pressoché spariti dalla programmazione. A raccontarlo al Ducato è Daria Corrias, giornalista e documentarista radiofonica, ospite a Fano per la terza giornata del Festival del giornalismo culturale. Dal 2012 è inoltre presidente di Audiodoc, la prima associazione di autori e autrici indipendenti nata nel 2006.

Gli audio documentari raccontano storie con le voci e le parole, ma soprattutto combinando suoni e frammenti musicali. È un genere d’approfondimento che affronta temi sociali, memorie storiche, cronaca. “Il genere – ci racconta Daria – sparisce completamente dalla radio italiana intorno ai primi anni Duemila, con l’ultima puntata di Centolire, un programma ospite nella mattina di Radio3. Così è stata fondata l’associazione, per permettere all’audio documentario di resistere, per educare gli ascoltatori alla cultura del documentario sonoro che ha tempi e attenzioni diversi proprio perché si sviluppa in un arco narrativo più lungo rispetto a quello di un programma in diretta o di una news”.

La radio italiana torna a dare spazio alla sperimentazione sonora nel 2010, quando con Tre soldi – in onda su Radio3 dal lunedì al venerdì alle 19.45 – trasmette documentari di 75 minuti in 5 puntate quotidiane da 15 minuti. Alessia Rapone, giornalista e socia di Audiodoc, parte da un fatto di cronaca, un omicidio, per riflettere sui rapporti fra le persone all’interno di un “contenitore”. Condominium. Come ti rompo le scatole racconta appunto l’alienazione di chi vive allo stesso civico ma non si conosce: il 369 di via Prenestina a Roma. I Ritornanti di Jonathan Zenti racconta invece le storie di ragazzi che se ne sono andati dall’Italia ma che sono destinati a ritornare, almeno per le vacanze di Natale.

“Tre soldi è la riserva indiana del documentario radiofonico – continua Daria – l’approfondimento che offre è oneroso per chi lo produce e impegnativo anche per chi lo ascolta”. Fare audio documentari costa, dunque, ma negli altri paesi le radio danno più spazio a questo genere, ne riconoscono l’importanza culturale e sono ben retribuiti: si arriva a guadagnare fino a 4000 euro, da queste parti solo 800 euro, lordi.

“Vivere di audio documentari è impossibile – conclude Daria – ma non possiamo fare a meno di farli”.

Foto di Libero Dolce

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Spetia: “La radio smetta di parlare a pochi esperti” http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/spetia-la-radio-smetta-di-parlare-a-pochi-esperti/72204/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/spetia-la-radio-smetta-di-parlare-a-pochi-esperti/72204/#comments Sat, 25 Apr 2015 15:59:47 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72204 Simone Spetia

Simone Spetia

FANO – Dare troppe cose per scontate, parlare a un pubblico già esperto comunicando in modo aulico. Secondo Simone Spetia, conduttore del programma di attualità Effetto Giorno su Radio 24, il problema del giornalismo radiofonico è questo. Lo abbiamo sentito, insieme a Enrico Menduni a margine della terza giornata del festival del giornalismo culturale a Fano.

“Sono convinto che noi giornalisti sbagliamo perché pensiamo di parlare a un pubblico già iniziato e conosce quello di cui stiamo parlando. Per la cultura è addirittura più complicato” spiega Spetia. “L’attualità è creare nuovi format che trasmettano delle informazioni e consentano la comprensione di determinati fatti in maniera diversa. Bisogna staccarsi dalla strada aulica perché su quel binario non saremo mai seguiti”.

Secondo Spetia, quindi, il suo segreto per restare in vita è continuare a trovare nuovi modi di fare cultura al di là di quelli tradizionali. Qualcosa che secondo Enrico Menduni, analista e docente di comunicazione radiofonica all’Università di Roma Tre, sta già accadendo: “La radio sembra vecchia ma non lo è”. Negli ultimi anni infatti non ha perso l’occasione di sfruttare al meglio l’uso dei social network. Unico rischio: essere superata dal web proprio come spazio di divulgazione culturale.

Enrico Menduni

Enrico Menduni

“Tutti rischiamo di essere sorpassati – ha detto Menduni – la radio in realtà ha anticipato molto prima di internet le caratteristiche della rete. Si trova molto a suo agio in questa nuova condizione. Questo però non vuol dire dormire sugli allori: la radio deve comunque essere vigile e stare al passo con i cambiamenti per evitare inconvenienti e sorprese”.

Fedele e appassionato di Twitter, Spetia ammette che se c’è una sfida per i giornalisti radio quella è “trovare una chiave per attrarre il pubblico in maniera accattivante e trovare un’esca per portarlo anche a una dimensione più alta, come la cultura”. Per il giornalista di Radio 24 questa innovazione può avvenire anche grazie a uno smartphone. “Sono andato in onda anche grazie a questo strumento rapido e fruibile”.

Foto di Dania Dibitonto

 

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David Riondino: “L’ascoltatore non deve mai sentirsi preso in giro” http://ifg.uniurb.it/2014/04/27/ducato-online/david-riondino-lascoltatore-non-deve-mai-sentirsi-preso-in-giro/62056/ http://ifg.uniurb.it/2014/04/27/ducato-online/david-riondino-lascoltatore-non-deve-mai-sentirsi-preso-in-giro/62056/#comments Sun, 27 Apr 2014 08:19:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=62056 riondinoURBINO – La comunicazione orale e il ruolo dell’intellettuale moderno, la comunicazione come anarchia che si contrappone all’autorità dei media. L’attore, cantautore e autore radiofonico David Riondino ha affrontato soprattutto questi temi al Teatro Sanzio di Urbino in occasione dell’appuntamento “Da Boccaccio a Dottor Djembé” del Festival del giornalismo culturale.

Per spiegarlo Riondino ha imbracciato la chitarra arrangiando una canzone nata ai tempi della trasmissione di Rai Radio3 Dottor Djémbe” che racconta la storia di come Boccaccio rispose a chi lo accusava di occuparsi di temi troppo bassi: “Scrisse che non era lui a dover salire nel Parnaso, ma che erano le Muse a dover scendere per suggerirgli come raccontar delle donne”.

Riondino ha dato la stessa risposta sostenendo una comunicazione dal basso, non più prerogativa dei sapienti, ma eredità da tramandare ai posteri attraverso i racconti e la poesia. “Ormai l’autorità ce l’hanno i media, è lì che si esercita la coercizione del vero. Invece la comunicazione, diffusa e alla portata di tutti, dà modo al popolo di creare la propria realtà e verità. È un’anarchica forma di fioritura poetica che dà vita all’universo delle persone”.

E la radio si inserisce in questo contesto, poiché è il mezzo di diffusione più immediato e più “semplice” da decifrare per l’ascoltatore con cui si instaura un rapporto di convivialità. “Quello che colpisce della radio è che la credibilità si ottiene attraverso la condivisione e l’affidabilità. In un momento in cui non esistono più certezze e mancano le risposte, la cosa che conta di più è la fiducia dell’ascoltatore che non deve mai sentirsi preso in giro”.

Spesso durante l’incontro viene citato Socrate, riformatore della comunicazione e punto di passaggio dalla verticalità del sapere al dialogo orizzontale. Partendo dal filosofo ateniese e passando attraverso il mito della caverna, si rivendica il dovere dell’intellettuale a uscir fuori e, come Boccaccio, mischiarsi con mondo, conoscerlo. Ma la personalità eclettica di Riondino esce fuori. Interrompe la riflessione e racconta di quando Socrate, durante la battaglia di Potidea, fu colpito da atopia, l’impossibilità di muoversi e la sensazione di spaesamento. “ Quando ho saputo di questo fatto- dice – ho pensato agli alpini”. A quel punto prende la chitarra e intona “il Disguido”, una canzone che narra le disavventure di un gruppo di alpini mandati per sbaglio a Copacabana e morti disidratati perché, nonostante il caldo e gli inviti delle belle donne, si rifiutarono, com’era stato imposto dal loro comandante, di togliersi il cappotto.

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Speciale radio – “La libertà d’informazione attraverso le radio indipendenti” http://ifg.uniurb.it/2014/04/14/radio-ducato/speciale-radio-la-liberta-dinformazione-attraverso-le-radio-indipendenti/61385/ http://ifg.uniurb.it/2014/04/14/radio-ducato/speciale-radio-la-liberta-dinformazione-attraverso-le-radio-indipendenti/61385/#comments Mon, 14 Apr 2014 06:50:31 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=61385 [continua a leggere]]]> URBINO – Da qualche giorno la popolazione russa non può più sintonizzare la radio su Voice of America, l’emittente statunitense nata nel 1942 per contrastare la propaganda di Goebbels. La radio aveva iniziato a trasmettere in russo nel 1947, ma ora la holding statale Russia Today ha deciso di non rinnovarle il contratto: “È una voce dall’aldilà, uno spam noioso” ha commentato Dmitry Kiseliov, anchorman della televisione di stato russa e capo di Russia Today.

Nel nostro speciale abbiamo voluto approfondire il ruolo della radio come espressione della libertà, esigenza di una comunità e forma di controinformazione. Lo abbiamo fatto attraverso la testimonianza di Salvo Vitale, che nel 1977 fondò l’emittente Radio Aut assieme a Peppino Impastato. Le trasmissioni che i due conducevano dalla provincia di Palermo sono state un grande esempio di lotta alla mafia: con coraggio sbeffeggiavano potenti capimafia come Gaetano Badalmenti del comune di Cinisi, che avevano soprannominato “Tano (soprannome di Gaetano, ndr) seduto del comune di Mafiopoli”.

Abbiamo ripercorso la storia delle radio libere, da Radio Alice a quella di Danilo Dolci. E con Andrea Borgnino, autore del saggio Radio Pirata, abbiamo cercato di capire quale sia il futuro di un mezzo fortemente simbolico, ma che oggi deve combattere con la velocità e la vastità di Internet. Abbiamo anche ricordato Adrian Cronauer, un ex aviatore statunitense che, durante la guerra del Vietnam, andava in onda da Saigon con una trasmissione radiofonica: diffondeva notizie che la maggior parte dei mezzi di informazione teneva nascoste.

Fino ad arrivare ai giorni nostri e alla testimonianza di Andrea Fiume, che nel 2011 ha fondato a Bologna Radio Sommersa: assieme ai ragazzi della Sinistra Universitaria ha dato vita a una webradio indipendente.

 

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Rassegna stampa – 18/03/2014 http://ifg.uniurb.it/2014/03/18/radio-ducato/rassegna-stampa-18032014/59593/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/18/radio-ducato/rassegna-stampa-18032014/59593/#comments Tue, 18 Mar 2014 09:14:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=59593 [continua a leggere]]]> Ascolta la rassegna stampa del 18 marzo 2014

In studio Stefano Ciardi

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Pochi giornalisti e redazioni: l’informazione a Urbino è dei giovani http://ifg.uniurb.it/2014/03/14/ducato-online/pochi-giornalisti-e-redazioni-linformazione-a-urbino-e-dei-giovani/59229/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/14/ducato-online/pochi-giornalisti-e-redazioni-linformazione-a-urbino-e-dei-giovani/59229/#comments Fri, 14 Mar 2014 12:05:00 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=59229 radio-urcaURBINO – Nella città ducale mancano la ferrovia e un negozio di elettronica, ma anche le redazioni. I quotidiani nazionali più letti nel territorio, come ad esempio il Messaggero, il Resto del Carlino e il Corriere Adriatico, hanno quasi tutti un solo corrispondente nella città ducale. A fare informazione (o anche solo intrattenimento) in modo continuativo sono soprattutto i giovani, legati o meno al mondo universitario, mentre scarseggiano giornalisti professionisti. È questa l’istantanea della rete informativa di Urbino, che molti giudicano insufficiente al punto da chiedersi se in città manchino abili cronisti o piuttosto non succeda nulla.

Un esempio di redazione in cui i giovani hanno un ruolo fondamentale è quello della testata online dell’università di Urbino Carlo Bo, gestita da alcuni membri dell’ufficio Relazioni con il pubblico dell’ateneo, ma che vanta anche una rosa di redattori composta da docenti e studenti. “Non facciamo cronaca cittadina – spiega Anuska Pambianchi, membro della redazione e giornalista professionista – cerchiamo piuttosto di parlare della città dal nostro punto di vista, partendo dagli spunti e dalle iniziative degli universitari”. Se, ad esempio, una ragazza calabrese studia a Urbino e vuole raccontare tutti i disagi e le difficoltà in cui si imbatte nei viaggi di ritorno a casa, UniurbPost le dà la possibilità di farlo.

Sempre dall’università arrivano i giovani di radio URCa, che il 12 ottobre 2014 festeggerà il suo settimo compleanno. “In questo periodo la nostra web radio è gestita da 15-20 persone – racconta lo station manager Giacomo Penserini – andiamo in onda ogni giorno e abbiamo nove programmi che affrontano temi di ogni tipo”. Da Hair Cream – interamente dedicato alla musica anni ’50 – a La casa dei ricordi, che permette agli ospiti invitati in studio di raccontarsi. “Purtroppo non abbiamo un giornale radio – spiega Penserini – ma vorremmo provare a dare a radio URCa una continuità che negli anni non ha avuto”. La maggior parte dei ragazzi, infatti, lascia Urbino dopo aver terminato gli studi e la redazione si è dovuta continuamente reinventare. Oggi i ragazzi di radio URCa ce la stanno mettendo tutta per riuscirci: “Una volta alla settimana facciamo la rassegna stampa, in cui due psicologi commentano le principali notizie nazionali – sottolinea il manager – allo stesso tempo ci occupiamo soprattutto di temi sociali e abbiamo invitato nei nostri studi le rappresentanti del centro antiviolenza di Pesaro-Urbino”.

Per il resto, l’unica redazione ancorata a Urbino – tra tutte quelle che coprono il territorio provinciale – è quella di Tele2000. Nata nel 1981 e attualmente composta da sei persone, questa piccola tv locale trasmette due telegiornali al giorno (alle 21 e alle 23.30) ed è la sola a occuparsi anche dei piccoli centri attorno alla città ducale, come Mercatello e Lamoli. Più ci si allontana dai confini della provincia, più diventa difficile trovare emittenti che si occupino di Urbino. “La nostra sede è ad Ancona e Urbino è molto scomoda da raggiungere – racconta un giornalista di ÈTv Marche – quindi seguiamo solo avvenimenti particolari o comunque legati alla Regione”.

Nel panorama radiofonico locale, la situazione non cambia molto. Radio Incontro, ad esempio, ha sede a Pesaro e va in onda con quattro notiziari al giorno, ma a Urbino dedica una media di 1-2 servizi alla settimana. “Fisicamente non veniamo quasi mai – spiega la giornalista Tania Stocchi – facciamo tutto telefonicamente. Seguiamo costantemente la pallavolo urbinate e, ultimamente, abbiamo anche dato più spazio alla politica. In occasione delle primarie Pd abbiamo ospitato in studio i quattro candidati”. Nella redazione di radio Città, Urbino arriva ancora di meno: tre giornali radio al giorno per una media di due servizi al mese dedicati alla città del Duca.

I quotidiani, online e non, per le notizie da Urbino tendono ad affidarsi a un solo giornalista, fatta eccezione per PU24.it. Questo giornale, che è solo sul web e che è nato nel settembre 2011, non solo ha un corrispondente per la cronaca e la politica locale, ma anche uno che si occupa esclusivamente della Robur Tiboni, la società sportiva che allena la squadra di pallavolo femminile urbinate. “Siamo gli unici a dare la cronaca dei risultati del volley e a fare gallery fotografiche delle partite in tempo reale”, sottolinea il direttore Gianluca Murgia.

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Da pazienti psichiatrici a cronisti: “Caro Saviano, niente pregiudizi” http://ifg.uniurb.it/2014/03/03/media-home/da-pazienti-psichiatrici-a-cronisti-caro-saviano-niente-pregiudizi/58063/ http://ifg.uniurb.it/2014/03/03/media-home/da-pazienti-psichiatrici-a-cronisti-caro-saviano-niente-pregiudizi/58063/#comments Mon, 03 Mar 2014 10:14:49 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=58063 “Caro Roberto Saviano, siamo solidali con il tuo dolore (e noi di dolore ce ne intendiamo!) e anche con la tua paura nell’iniziare a prendere psicofarmaci, ci siamo passati. (…) Ma le parole sono pesanti e tu lo sai meglio di noi”. Non è una semplice lettera quella che la redazione di Psicoradio ha inviato a Saviano dopo l’intervista rilasciata dal giornalista a El Pais la scorsa settimana. E’ un vero e proprio appello contro i pregiudizi che spesso compaiono quando si parla di disagio mentale. A scrivere a Saviano sono 13 pazienti del Dipartimento di salute mentale di Bologna. Hanno deciso di prendere in mano carta e penna proprio perché, mella loro doppia veste di pazienti psichiatrici e giornalisti per la trasmissione di Popolare Network, sanno quanto è importante utilizzare i termini giusti. E lo sanno bene, visto che per molti loro stessi sono solo dei “matti”, dei “malati”.

Per questo le dichiarazioni di Saviano non potevano lasciarli indifferenti: “A volte mi domando se finirò in un ospedale psichiatrico”, ha affermato il giornalista sul quotidiano spagnolo. “Già adesso ho bisogno di psicofarmaci per tirare avanti e non era mai accaduto prima. Non ne faccio abuso, ma a volte ne ho necessità. E questa cosa non mi piace per nulla”.

La reazione di Psicoradio è stata netta: “Non vogliamo – scrivono – più sentir parlare di ospedali psichiatrici, che per fortuna sono stati chiusi, almeno in Italia! E’ proprio chi prende gli psicofarmaci che corre meno il rischio di essere ricoverato. Non bisogna coltivare la paura e i pregiudizi e non bisogna associare psicofarmaci e manicomio”. I giornali hanno ripreso l’intervista di Saviano con titoli come “Confessione shock di Saviano” oppure “È una non-vita, uso psicofarmaci”. “Cosa c’è di così scioccante nel prendere psicofarmaci?” domandano i redattori di psicoradio, che attendono una risposta da Saviano.

Antonio (nome di fantasia) gli psicofarmaci li ha presi e li prenderà forse per sempre. Prima di diventare un redattore di Psicoradio faceva il manager. Poi ha perso il lavoro, la moglie lo ha lasciato e ha interrotto i contatti con il figlio. E’ crollato. Ma dal fondo è riuscito a risalire: ad aiutarlo sono state le terapie ma anche il lavoro svolto a Psicoradio. Oggi è stato assunto in una biblioteca, ha trovato una nuova compagna con cui dividere la vita e ha recuperato il rapporto con suo figlio.

“La nostra radio è nata nel 2006 in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna”, spiega Cristina Lasagni, responsabile del progetto e professoressa all’ Università della Svizzera italiana, “è’ come una scuola di giornalismo, li prepariamo al mondo del lavoro a tutti gli effetti”. In questi ultimi anni Psicoradio ha realizzato più di 220 trasmissioni nazionali e 20 programmi per diverse testate, molti di questi in diretta. Tre giorni a settimana i redattori vanno in onda su Popolare network e su Radio città del Capo. E’ l’unica radio in Europa realizzata da pazienti psichiatrici ad avere una diffusione nazionale. La redazione si trova nella sede dell’ex manicomio Roncati a Bologna.

“I nostri collaboratori, che hanno dai 22 ai 57 anni, montano, fanno interviste, creano un programma radiofonico di approfondimento con l’aiuto di 4 giornalisti. Ogni due anni abbiamo un ricambio. I redattori prendono anche una borsa lavoro. Alcuni di loro non avevano mai avuto esperienze lavorative, altri facevano lavori prestigiosi che hanno dovuto interrompere a causa della malattia”, continua Lasagni.

Tanti gli argomenti che trattano durante le loro trasmissioni: dalla musica all’ arte, dalla cultura alla cronaca. E non manca mai il loro punto di vista. “L’assunto di base è che l’intelligenza, la sensibilità e i talenti sono nascosti ma non annullati dal disturbo mentale e possono essere risvegliati attivando alcune capacità specifiche”, si legge sul sito della radio. “Non tutto è come sembra. Psicoradio non è solo una radio”, scrivono i ragazzi. “Con il solo fatto di esistere come redazione giornalistica e di fare programmi che vanno regolarmente in onda, sfatiamo l’idea che una persona con disturbi psichici sia per questo un incapace o non sia in grado di produrre nulla di interessante”.

Cristina Lasagni afferma: “Il nostro obiettivo è quello di inserire e reintegrare nel mondo del lavoro persone che erano state espulse. E’ difficile comunicare la complessità e il loro è un mondo pieno di sfaccettature. L’importante alla fine è trovare un modo per uscire dall’isolamento e offrire ai radioascoltatori una prospettiva inaspettata da cui guardare il mondo”. Esattamente come ha saputo fare Carlo (nome di fantasia) che in 21 anni d’età ha cambiato 19 famiglie affidatarie. In radio è riuscito ad esprimere tutta la sua voglia di comunicare. “La sofferenza  – conclude Lasagni – da fuori non si vede, si vedono solo le reazioni che a volte spaventano. In radio si riescono a superare tutte le paure”.

Psicoradio ha lanciato anche un concorso: “Né matti, né pazzi”. I partecipanti sono invitati a trovare parole “semplici e non offensive” con cui definire le persone che soffrono di un disturbo psichico. Molte le proposte arrivate fino ad ora : da “gli incostanti” a “particolarmente abili”, fino a “diversamente sensibili” e a “probabili effetti collaterali di affetti sconnessi”.
Loro, i 13 redattori di Psicoradio, si definiscono semplicemente “cronisti della mente”.

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Radio Urca torna in piazza, la diretta per festeggiare il rilancio http://ifg.uniurb.it/2013/05/16/ducato-online/radio-urca-torna-in-piazza-la-diretta-per-festeggiare-il-rilancio/47537/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/16/ducato-online/radio-urca-torna-in-piazza-la-diretta-per-festeggiare-il-rilancio/47537/#comments Thu, 16 May 2013 14:20:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=47537 LEGGI La voce giovane di Urbino]]> URBINO – “Siamo orgogliosissimi di essere di nuovo qui”, dice il neo station manager, Lorenzo Cannavina, alla piazza che si sta riempiendo. E’ appena iniziata la festa di Radio Urca.

La prima diretta dal centro di Urbino ci fu nel 2008, il secondo anno dalla fondazione della webradio universitaria. Ma fu anche l’ultima. La crisi e l’abbandono da parte dei fondatori si erano portati via tutto: dall’entusiasmo dei primi tempi a uno studio fisso nel quale registrare. Oggi, invece, qualcosa sta cambiando. Da circa un anno è iniziato il rilancio della radio: i programmi sono in aumento, il team di universitari al lavoro è passato in pochi mesi da 10 a 24 componenti.

I ragazzi dello staff indossano magliette azzurre con il nome della radio e si aggirano tra la folla distribuendo volantini. Il rischio pioggia ha impedito ai ballerini di break dance di esibirsi nello spettacolo previsto per il pomeriggio ma Lorenzo non ha dubbi: “Anche se abbiamo uno stand attaccato con lo scotch, il temporale non ci fermerà”. La pioggia non arriva e i programmi prendono il via.

Si parte con “Guantanamera”, la trasmissione di Marianna, che ogni sabato pomeriggio intrattiene gli ascoltatori occupandosi di studenti e università. “Radio Urca è tornata ad essere voce universitaria – dice appena prende il microfono – ma è la voce di tutti voi. Se volete venire a fare radio non c’è nessun problema. Non dovete avere una voce particolare, né una dizione perfetta. Io, per esempio – dice sorridendo – sono pugliese”. Inizia a lanciare brani musicali insieme ad alcune domande che invitano i passanti a intervenire. “Com’è stato il vostro primo giovedì sera a Urbino?”, chiede Marianna. Qualcuno si ferma a guardare lo stand di ragazzi, incuriosito ma ancora troppo timido per intervenire.

A rompere il ghiaccio ci pensa Andrea, una new entry nello staff, che con le sue imitazioni di Beppe Grillo e Andrea Camilleri attira gli sguardi anche dei più scettici. Si occupa di scherzi telefonici la trasmissione che conduce insieme a Susy: l’hanno chiamata proprio “#31#” ed è nata da pochi giorni.

Nuovo è anche il programma che segue: “Don’t you know” di Filippo Montanari e Alessandro Alessandrini. Studiano Scienze della comunicazione e Giurisprudenza ma nel tempo libero si dedicano a Radio Urca, dove hanno fondato un “telegiornale studentesco alternativo”. “Ci definiamo una redazione pseudogiornalistica – afferma Alessandro – carpiamo dal web le notizie che ci sembrano più interessanti e le aggiustiamo, adattandole alla diretta radiofonica”. Così raccontano alla piazza di quel paesino dell’Alaska in cui i cittadini nel 1997 hanno eletto come loro sindaco un gatto di nome Stubbs ma parlano anche della Cina e della Corea, di quanto in quei paesi siano difficili le comunicazioni con il resto del mondo. Curiosità e approfondimenti, dunque: è questo il mix al quale aspira il loro programma. Anche se, come dice Alessandro, “il progetto futuro è crescere, dar vita ad una redazione che possa portare avanti un vero e proprio giornale radio”. E di progetti futuri Radio Urca ne ha tanti.

Dopo “Hair cream”, il nuovo programma di Francesco Joke Landi dedicato alla cultura musicale dagli anni ’50 ai tempi moderni, è la volta di “Ruoccole e Cicatielli”, la trasmissione più anziana della rotazione. E’ proprio questa ad annunciare la vera novità di Radio Urca: quest’estate la radio avrà una postazione a Fano, a Skydive, nella sede di un team di paracadutisti. “Come fanno tutte le grandi radio in estate, anche Radio Urca si trasferisce al mare, in un ambiente diverso, più solare, entusiasmante. E’ una cosa nuova che ci darà forza”: ne è convinto Jampo, il paracadutista che farà da speaker. “Fare la radio è sempre stato il mio sogno nel cassetto, ma ho quarant’anni e da tempo non ci pensavo più – afferma Jampo – poi sono entrato nel team di Radio Urca e posso dire di aver realizzato il mio desiderio”. Il suo programma è un misto di musica e nostalgia: si chiama “La casa dei ricordi” e, durante la trasmissione, ognuno potrà chiedere di ascoltare un brano legato a un suo ricordo.

Mentre lo staff continua a trasmettere la sua energia alla piazza, c’è qualcuno che dalla folla si stacca e va verso lo stand. Prima un’anziana urla di abbassare il volume e fugge via con le mani sulle orecchie, come a coprire quel frastuono per lei “insopportabile”. Poi un signore si fa avanti con il suo bastone, lamentandosi per una frase detta dai ragazzi (“questa sera spacchiamo il Bunker”) e dice di parlare a nome di “tutta Urbino”. Ma non basta questo a scalfire i ragazzi di Radio Urca: dopo un momento di smarrimento, riprendono con i loro programmi.

Tra la musica, c’è anche chi accenna un balletto, incurante delle critiche appena ricevute. “Vogliamo dimostrare che Radio Urca è ormai diventata una realtà – afferma Lorenzo Cannavina – vogliamo far sapere a tutti che c’è e ci sarà ancora per molto”. Anche se fissato con lo scotch lo stand di Radio Urca questa volta non volerà via.

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Giornata mondiale della radio: il medium che resiste http://ifg.uniurb.it/2013/02/13/ducato-online/giornata-mondiale-della-radio-il-media-che-resiste/34777/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/13/ducato-online/giornata-mondiale-della-radio-il-media-che-resiste/34777/#comments Wed, 13 Feb 2013 17:31:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=34777 [continua a leggere]]]> Se Guglielmo Marconi fosse vivo, oggi, di sicuro, avrebbe festeggiato. Il 13 febbraio è, infatti, la giornata mondiale della Radio. Indetta dall’Onu e dall’Unesco per celebrare e valorizzare il mezzo radiofonico. La radio “libera la mente” come canta Eugenio Finardi e sa, meglio di ogni altro, informare ed intrattenere al tempo stesso. A più di cent’anni dalla sua invenzione ha saputo adattarsi all’evoluzione della tecnologia e  lotta per resistere alla crisi che investe tutto il settore dell’editoria. Le radio locali sono le più colpite dal calo dei contributi pubblicitari, principale causa delle difficoltà del mondo dell’informazione.

L’intervista di Silvia Pasqualotto a Fabrizio Berrini, segretario generale dell’Aeranti, l’associazione che rappresenta le piccole emittenti, per discutere di crisi, concorrenza con le web radio e scenari futuri.


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