il Ducato » religioni http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » religioni http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Abdelali, musulmano sindacalista simbolo dell’integrazione a Fermignano http://ifg.uniurb.it/2014/01/27/ducato-online/abdelali-musulmano-sindacalista-simbolo-dellintegrazione-a-fermignano/55671/ http://ifg.uniurb.it/2014/01/27/ducato-online/abdelali-musulmano-sindacalista-simbolo-dellintegrazione-a-fermignano/55671/#comments Mon, 27 Jan 2014 16:37:10 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=55671 moschea fermignanoFERMIGNANO – Abdelali En Nahili è arrivato in Italia nel 1998 quando aveva già più di 30 anni.  Dopo tanti mestieri e tante città, ora è un bell’esempio di integrazione riuscita. Musulmano, proveniente dal Marocco, lavora come sindacalista nella Cisl, organizzazione di storica ispirazione cattolica. Ma allo stesso tempo non ha dimenticato le sue origini e ha sempre lottato per conservare e promuovere la cultura islamica.

Il rispetto reciproco è la chiave, secondo Abdelali, per far convivere l’una accanto all’altra persone di fedi diverse: “Lavoro a fianco di una persona che è molto attiva nella chiesa, ma tra di noi non c’è mai stato alcun attrito”. Abdelali anche in Marocco era abituato a confrontarsi con altre religioni: “Casablanca, Essaouira e tante altre città marocchine ospitano importanti comunità ebraiche. Purtroppo anche nel nostro paese gli ebrei hanno subito deportazioni forzate ed è un peccato che oggi, nel giorno della memoria, si ricordi solo lo sterminio nazista e non le altre sofferenze del popolo ebraico”. Abdelali commenta anche l’operato di Papa Francesco: “Sta cercando di migliorare la Chiesa. Grazie a lui molti cattolici si sono riavvicinati alla religione”.

Il 26 settembre 2009, insieme ad altri quattro soci di fede musulmana, ha dato vita a una società di promozione culturale. Ha un nome lungo, Acidpusf, difficile da ricordare, ma i suoi sforzi per la comunità musulmana locale hanno dato frutti che tutti ricorderanno.

Grazie ai contributi dei 40 soci e di tutti i fedeli della zona, nel 2011 l’associazione ha potuto acquistare una vecchia palestra in via Donizetti e inaugurare un centro culturale. Lì ogni sera si radunano per pregare decine di islamici ma il centro non è nato solo per essere un luogo di culto. “Chiamarla moschea è sbagliato – ci spiega Abdelali – quel luogo dovrebbe essere un centro culturale e quindi ospitare attività non esclusivamente legate alla preghiera”.

Sono tanti i progetti che Abdelali vorrebbe portare avanti: dall’insegnamento della lingua araba ai più piccoli all’organizzazione di attività sportive e serate che facciano conoscere a tutti la cultura islamica. Ma per ora tutti i suoi progetti non vedono sbocchi: “Alcuni all’interno della nostra associazione credono che non abbiamo abbastanza soldi per investire in questo tipo di progetti e quindi il centro è ormai destinato esclusivamente alla preghiera – commenta Abdelali – sarebbe stato importante organizzare incontri tra musulmani e non per favorire l’integrazione e il dialogo”.

Quest’anno a cinque anni dalla sua fondazione l’Acidpusf dovrà rinnovare il suo direttivo. E lo farà attraverso delle elezioni: “Ancora dobbiamo stabilire le regole e le modalità di voto – conclude Abdelali – ma vogliamo che le nostre elezioni avvengano in maniera democratica e trasparente”.

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L’annuncio sui giornali: 100 anni di “Habemus Papam” http://ifg.uniurb.it/2013/03/05/ducato-online/lannuncio-sui-giornali-100-anni-di-habemus-papam/37351/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/05/ducato-online/lannuncio-sui-giornali-100-anni-di-habemus-papam/37351/#comments Tue, 05 Mar 2013 12:34:46 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37351 Da Pio X, il 4 agosto 1903 a Benedetto XVI il 19 aprile 2005. Ecco come i giornali italiani e stranieri hanno dato l’annuncio dell’elezione del Pontefice, nel corso dell’ultimo secolo.

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Per i testimoni di Geova “votare è scelta personale”, nessun divieto http://ifg.uniurb.it/2013/03/05/ducato-online/per-i-testimoni-di-geova-votare-e-scelta-personale-nessun-divieto/37261/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/05/ducato-online/per-i-testimoni-di-geova-votare-e-scelta-personale-nessun-divieto/37261/#comments Tue, 05 Mar 2013 10:53:15 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37261 LEGGI Testimoni di Geova protestano per crocifisso nell'aula del voto ]]>

La Sala Del Regno Di Fermignano

URBINO – Quella di andare o no a votare per le elezioni è solo una questione di coscienza per i testimoni di Geova. Non esiste nessun comandamento che lo vieti perché “i testimoni  decidono personalmente quali comportamenti assumere nelle varie situazioni della vita, voto compreso”. Queste le parole di Lorenzo Torcoletti, addetto stampa della circoscrizione di Urbino: una comunità che nel territorio che va dalla città ducale fino a Fano raccoglie più di mille fedeli.

Abbiamo intervistato Torcoletti per avere un quadro chiaro sul comportamento che un testimone di Geova deve avere in merito alle elezioni politiche. Una notizia pubblicata la settimana scorsa sul sito del Ducato aveva infatti acceso un dibattito sulla questione. Durante le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio una famiglia, presentatasi come aderente al culto di Geova ed entrata al seggio per votare, si era lamentata per la presenza di un crocifisso nell’aula del voto. Molti hanno ritenuto infondata la notizia, sottolineando come nessun testimone di Geova vada alle urne, in quanto incompatibile con la propria fede. Alcuni hanno interpretato l’articolo come un tentativo di diffamazione dell’intera congregazione religiosa.

Nelle parole di Torcoletti c’è invece una ferma volontà di stemperare i toni della polemica che ha preso vita sulla nostra pagina web: “Siamo politicamente neutrali e rispettiamo l’indipendenza dello stato laico. Sono i singoli testimoni di Geova che personalmente traggono dalle scritture indicazioni su come comportarsi. Non siamo interessati ad appurare se l’episodio descritto sia vero o no né se i protagonisti siano davvero dei testimoni. A differenza di alcuni commenti apparsi sul sito, da parte nostra non c’è nessuna intenzione di polemizzare”.

Le ‘linee guida’ del comportamento dei Testimoni di Geova erano state ampiamente illustrate in una rubrica del 1 novembre 1999 apparsa sulla Torre di Guardia, la rivista quindicinale edita dalla congregazione religiosa. Sulla rubrica “Cosa pensano i Testimoni di Geova delle votazioni?” si legge: “In quanto a dare personalmente il voto a un candidato alle elezioni, ciascun testimone di Geova decide in base alla propria coscienza addestrata secondo la Bibbia e a come intende la responsabilità che ha verso Dio e verso lo Stato (…) La decisione se recarsi o meno alle urne è lasciata a ciascun Testimone”.

“Ciascuno è libero di fare le proprie scelte in questo campo – prosegue Torcoletti – noi non facciamo propaganda astensionistica. Crediamo che ognuno sia libero di votare indipendentemente dalla propria fede”.

Torcoletti ci spiega infine la posizione della congregazione in merito al crocifisso, senza entrare però nella polemica: “Noi crediamo che Gesù non sia morto su una croce ma su un palo. Inoltre il simbolo di morte di Gesù non è per noi un simbolo di adorazione”.

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Cardinali social: così i papabili cinguettano su Twitter http://ifg.uniurb.it/2013/03/05/ducato-online/cardinali-social-cosi-i-papabili-cinguettano-su-twitter/37152/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/05/ducato-online/cardinali-social-cosi-i-papabili-cinguettano-su-twitter/37152/#comments Tue, 05 Mar 2013 09:06:11 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37152

Una foto twittata dal suo profilo dal cardinale Odilo Scherer

Del conclave non possono dire nulla ma a twittare su tutto il resto non riescono proprio a rinunciare. Così la pattuglia (ridotta) dei cardinali cinguettanti che tra poco eleggerà il nuovo papa continua imperterrita a comunicare in 140 caratteri. E tra i più attivi ci sono proprio alcuni dei candidati più quotati per la successione a Benedetto XVI, il pontefice che per primo è sbarcato su Twitter.

Tra i 115 cardinali che eleggeranno il nuovo Papa, 17 hanno un account Twitter. Pochi in numero assoluto, molti se si considera che l’uso dei social network in Vaticano è relativamente recente e che l’età media degli elettori del nuovo pontefice, circa 70 anni, non è certo bassa. Per questo stupisce la capacità di utilizzare i social network mostrata da alcuni cardinali, papabili compresi.

Un caso emblematico è quello dell’arcivescovo di San Paolo Odilo Scherer (@DomOdiloScherer). Il brasiliano, uno tra i candidati più quotati per l’elezione al soglio pontificio, impressiona per la quantità di tweet e per la padronanza del mezzo. Foto, retweet, risposte ai follower e preghiere: non manca nulla tra i post di Scherer.

Ma non è da meno uno dei suoi principali rivali, il ghanese Peter Turkson (@TurksonCardinal) , la cui candidatura ha perso quota per una discutibile intervista in cui affianca omosessualità e pedofili. Il possibile “Papa nero” ha attivato il 28 febbraio un suo profilo Twitter, mostrando da subito un’ottima confidenza con la piattaforma. Finora il cardinale ha cinguettato quasi tutti i giorni e ha dimostrato anche una certa abilità di utilizzare hashtag e foto.

Altri papabili hanno fatto una scelta diversa. Il filippino Luis Antonio Tagle (@AntonioTagle) non twitta nulla da agosto e ha comunque prodotto un numero molto basso di post dal momento dell’attivazione del suo profilo.

Twitter è molto utilizzato anche da cardinali che non vengono, almeno per il momento, considerati tra i possibili eletti. Primi fra tutti gli americani. Molto attivo è il cardinale  di Los Angeles Roger Mahony (@CardinalMahony), che proprio tramite Twitter ha annunciato la sua decisione di partecipare al Conclave nonostante l’appello alla rinuncia fatto da un gruppo di fedeli alla luce dello scandalo pedofilia che ha coinvolto alcuni preti della sua diocesi.

La pagina del profilo twitter del cardinal Timothy Dolan

Ancora più efficace è l’uso di Twitter da parte dell’arcivescovo di New York Timothy Dolan (@CardinalDolan), che non perde occasione per “lanciare” sul social network le sue interviste e le sue apparizioni pubbliche. E i numeri gli danno ragione: Dolan, infatti, è tra gli elettori papali quello con più follower (quasi 90mila).

Molto attivo, fino a qualche mese fa, era anche Donald Wuerl (@CardinalWuerl), arcivescovo di Washington. Il profilo non veniva gestito direttamente da lui, ma lui stesso approvava quasi tutti i post pubblicati. Il profilo risulta però inattivo dal mese di novembre. Dimostrazione della confidenza che i cardinali americani hanno con i media viene anche dal briefing che nel pomeriggio hanno tenuto con la stampa, come fatto notare da Gian Guido Vecchi (@gvecchi), vaticanista del Corriere della Sera, sempre via Twitter.

Spiccano per la loro capacità di utilizzare al meglio Twitter anche i nomi di altri cardinali, come l’italiano Gianfranco Ravasi (che pubblica molte foto, oltre a vari post), lo spagnolo Lluís Martínez Sistach, il sudafricano Wilfrid Napier (pronto a rispondere a tutti i tweet in cui viene citato), il colombiano Rubén Salazar Gómez (che non manca di linkare video di youtube nei suoi cinguettii), lo spagnolo Carlos Amigo Vallejo (ma si tratta sempre di retweet, mai di un intervento scritto di propria mano) e del ceco Dominik Duka (che alcune volte allega ai suoi post file audio).

Se volessimo fare una classifica dei cardinali più “social”,  basandoci solo sul numero di tweet, lo ‘scudetto’ andrebbe al brasiliano Scherer, seguito da Ravasi (@CardRavasi), Napier (@CardinalNapier), Sistach (@sistachcardenal), Wuerl, Vallejo (@AmigoVallejo), Duka (@dominikduka) e Dolan.

Forse ancora più significativo è il dato sul numero di follower degli elettori del prossimo Papa. L’americano Dolan ha più del doppio di “seguaci” del secondo papabile più seguito, il cardinal Ravasi (88mila contro 42mila). A seguire troviamo Scherer (25mila), Napier e Gomez (quattromila) e Turkson (sempre intorno ai quattromila, ma va ricordato che ha aperto il suo profilo meno di una settimana fa).

L’inizio delle congregazioni in vista del Conclave è stato uno spartiacque per l’uso di Twitter. Bertone, Scherer, Ravasi e Tauran (che si era appena iscritto) non hanno più pubblicato alcun tweet dal 28 febbraio. L’ordine impartito ai cardinali è quello di non twittare informazioni sul Conclave, ma non per tutti questo ha significato abbandonare il proprio profilo e in molti continuano  a raccontare ai propri follower l’andamento di queste giornate.

Infine, un caso particolare da segnalare è quello dell’austriaco Christoph Schönborn (@KardinalWien), che ha deciso di rendere il proprio profilo accessibile solo su autorizzazione, mantenendolo di fatto privato.

Benedetto XVI pubblica il suo primo tweet

L’esempio di Benedetto XVI di utilizzare Twitter per comunicare con i fedeli è stato dunque seguito. E non è un caso che il suo profilo (@Pontifex) non sia stato cancellato: i tweet di Ratzinger sono stati archiviati su un sito del Vaticano, l’account completamente svuotato e rinominato ‘Sede vacante’ in attesa del nuovo Papa che ne prenderà possesso. Perché la comunicazione social non ha intenzione di dare le dimissioni.

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Se il giornale ‘fa’ il Papa: le “interferenze” tra papato e stampa http://ifg.uniurb.it/2013/03/04/ducato-online/se-il-giornale-fa-il-papa-le-interferenze-tra-papato-e-stampa/37035/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/04/ducato-online/se-il-giornale-fa-il-papa-le-interferenze-tra-papato-e-stampa/37035/#comments Mon, 04 Mar 2013 18:43:09 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37035 LE IMMAGINI I papi e l'elezione sui quotidiani]]> Era il 1270, e il conclave di Viterbo andava avanti da ormai tre anni per colpa delle pressioni esterne che i sovrani europei esercitavano sui cardinali incaricati di eleggere il nuovo Papa. I viterbesi, stanchi, chiusero a chiave la sala dell’assise, scoperchiarono il tetto e lasciarono i porporati a digiuno, e questi ultimi spazzarono via così, in pochi giorni, ogni indugio. Il nuovo pontefice era Gregorio X.

I viterbesi hanno sì inventato il conclave (dal latino cum clave, chiuso a chiave), ma non hanno affatto risolto il problema delle pressioni del mondo sull’elezione e la vita papale.

Nell’ultimo secolo le influenze politiche sui cardinali sono state esercitate anche attraverso i media, gli stessi media che hanno raccontato con attenzione sempre crescente e con dettagli sempre maggiori la vita dei pontefici e della Chiesa. Qualche volta, addirittura, le pubblicazioni dei giornali sono state decisive per ‘bruciare’ un candidato al soglio di Pietro.

Gli ultimi 120 anni di storia pontificia, infatti, riservano qualche curiosità, ‘interferenze’ tra due mondi apparentemente inconciliabili: quello di Santa Romana Chiesa e quello della stampa.

Ad esempio, colui che traghettò la chiesa nel ventesimo secolo, Vincenzo Luigi Pecci, eletto nel 1878, secondo gli studi storici di Alberto Melloni fu persino sponsorizzato da un’operazione di “propaganda giornalistica” prima del conclave che lo elesse col nome di Leone XIII. E questo perché la diplomazia europea esercitò una forte pressione sul collegio cardinalizio per indirizzarlo verso una scelta moderata, che avrebbe dovuto stemperare gli atteggiamenti intransigenti che avevano segnato gli ultimi anni del pontificato di Pio IX.

Il pontefice nato a Carpineto Romano, comunque, fu anche il primo successore di Pietro ad essere filmato: le  “immagini stereoptiche” di Leone XIII furono proiettate dopo la sua morte a Saint Louis, negli Stati Uniti, il 21 aprile del 1904. Fu il primo Papa ad essere fotografato per i giornali e ad essere riprodotto sulle cartoline. Il primo Papa mediatico, in un certo senso.

Un caso palese di condizionamento da parte dei media in una elezione papale è quello di Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova. Papabile per 20 anni, si giocò tutto a meno di 24 ore dal conclave, per un’intervista che non sarebbe nemmeno dovuta uscire.

La sua epopea iniziò nel 1958: nel conclave che elesse Giovanni Montini come Paolo VI, il porporato genovese, già pupillo di Pio XII, venne escluso dalla corsa perché considerato troppo giovane, non adatto al papato di transizione che i cardinali stanno cercando. Nel 1963, in un momento delicatissimo per la Chiesa, gli viene preferito il riformatore Angelo Roncalli: quel Giovanni XXIII che indisse il Concilio Vaticano II.

Un concilio che Siri non amò, e questo lo sapevano i cardinali che, a sorpresa, nel primo conclave del 1978 – quello che elesse lo sfortunato Giovanni Paolo I – lo bocciarono nuovamente. In quei giorni L’Espresso dava Giuseppe Siri come sicuro pontefice, mentre Albino Luciani venne definito dal settimanale solo “una riserva”.

Nel conclave di ottobre, però, la strada di Siri verso il trono di Pietro pareva spianata: il cardinale allievo di Pio XII non aveva più ostacoli. Però non aveva fatto i conti con i giornalisti de La Gazzetta del Popolo. La pubblicazione di una sua intervista in cui criticava aspramente il Concilio Vaticano II, venne anticipata nonostante gli accordi che prevedevano venisse pubblicata dopo l’inizio del conclave e invece uscì appena il giorno prima dell’inizio dei lavori nella cappella Sistina

“Non so neppure cosa voglia dire lo sviluppo della collegialità episcopale. Il sinodo non potrà mai diventare istituto deliberativo nella Chiesa perché non è contemplato nella costituzione divina della Chiesa. Potrà al massimo divenire, se il diritto canonico lo ammetterà, un’istituzione ecclesiastica, ma non di diritto divino”.

Praticamente un suicidio politico.

Il quotidiano dell’ala sinistra della Democrazia cristiana, quindi, giocò un ruolo fondamentale nel conclave che elesse il Papa più mediatico della storia: Giovanni Paolo II.

D’altra parte, Karol Wojtyla con il suo lunghissimo papato, entrò nell’era di internet, lasciando al suo successore Joseph Ratzinger l’esordio sui social networl: Benedetto XVI fu il primo papa a twittare.

E il conclave di marzo 2013? E’ stato già turbato, prima di aprirsi, da un passo falso ‘mediatico': il cardinale ghanese Peter Turkson, molto quotato dagli scommettitori nel totopapa, ha paragonato l’omosessualità alla pedofilia durante un’intervista con la Cnn, giocandosi – secondo alcuni – le chance di diventare il primo Papa nero. La Cnn non ha violato nessun accordo, a differenza della Gazzetta del Popolo però: è semplicemente un dato di fatto che l’esposizione mediatica è ormai talmente forte che sarebbe impensabile (ma la storia sorprende sempre) pensare a un Papa che non sia anche un buon comunicatore.

Quelli che inizieranno tra pochi giorni, comunque, saranno senza dubbio dei lavori su cui aleggerà l’ombra del vecchio papa Benedetto XVI e delle sue dimissioni, ma anche i fantasmi dello scandalo vatileaks, della pedofilia e dei guai dello Ior, la banca vaticana.

L’ex arcivescovo di Los Angeles Roger Mahoney, per esempio, non doveva nemmeno arrivarci, a Roma: un gruppo di fedeli gli aveva chiesto di astenersi dopo gli le denunce di molestie sessuali subite da alcuni ragazzini per mano dei preti della sua diocesi. Il cardinale di Edimburgo Keith O’Brien, invece, si è dimesso per uno scandalo che lo tocca in prima persona e che è venuto a galla proprio sulle pagine dei giornali britannici. O’Brien avrebbe avuto – per usare le sue stesse parole – “una condotta sessuale al di sotto degli standard richiesti ad un sacerdote”. E si è dimesso il 25 febbraio: meno di 15 giorni prima dell’inizio del conclave.

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Un ‘esercito’ di giornalisti a Roma per il conclave: sono già 3600 http://ifg.uniurb.it/2013/03/04/ducato-online/un-esercito-dei-giornalisti-a-roma-per-il-conclave-sono-gia-3600/37011/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/04/ducato-online/un-esercito-dei-giornalisti-a-roma-per-il-conclave-sono-gia-3600/37011/#comments Mon, 04 Mar 2013 11:51:49 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=37011 La macchina del giornalismo si è messa in moto per seguire in diretta il conclave che eleggerà il successore di Benedetto XVI: un assedio pacifico alle mura vaticane. Finora sono stati accreditati 3.641 giornalisti di 24 lingue, al lavoro per 968 testate e provenienti da 61 nazioni diverse.

Tra i giornalisti, 336 scrivono sulla carta stampata, 2470 operano per la televisione, 231 per la radio, 115 per il web e 156 sono fotografi professionisti. La lista, però, non è completa: la sala stampa del Vaticano si aspetta ancora molte altre richieste di accredito durante la settimana.  A questi si aggiungeranno i 400 giornalisti che hanno l’accredito permanente alla Santa sede. Copriranno l’evento televisioni di 61 stati provenienti da quattro continenti.

Nel 2005, dopo la morte di Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile, l’ufficio stampa del vaticano accreditò 6.710 giornalisti provenienti da 106 Paesi diversi. In quel caso arrivarono 3.435 giornalisti dall’Europa, 1215 dall’America latina, 1080 dal Nord America, 490 dall’Asia, 295 dall’Oceania e 195 dall’Africa.

Padre Ciro Benedettini, numero due della sala stampa vaticana, ha detto che quest’anno la presenza della stampa sudamericana si è rafforzata, ma “l’Africa è ancora un po’ assente”. E ha continuato: “L’Asia è sempre più protagonista: il Vietnam, l’India, tutti questi Paesi che prima non erano presenti ma venivano solo in speciali circostanze adesso stanno cercando una presenza continua qui in sala stampa”.

In prima fila, come detto da padre Benedettini, ci sono i giornalisti sudamericani:  secondo la stampa argentina il nuovo papa sarà proprio Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. Altre indiscrezioni, che vorrebbero un Papa filippino, hanno portato alla mobilitazione di massa della stampa del Sud Est asiatico.

Cresce anche l’interesse da parte della stampa cinese per la presenza di John Tong, primo arcivescovo di Hong Kong ad avere diritto di voto. Tong è uno strenue difensore dei diritti dei cattolici cinesi, ma secondo padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, l’intervento dell’arcivescovo non avrà “un rilievo specifico sui rapporti tra Cina e Chiesa”.

Per richiedere l’accreditamento come giornalista alla sala stampa del Vaticano è necessario compilare il modulo alla pagina dedicata del sito www.vatican.va

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Elezioni, a Canavaccio testimoni di Geova protestano per crocifisso nel seggio http://ifg.uniurb.it/2013/02/25/ducato-notizie-informazione/elezioni-a-canavaccio-testimoni-di-geova-protestano-per-crocifisso-nel-seggio/35878/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/25/ducato-notizie-informazione/elezioni-a-canavaccio-testimoni-di-geova-protestano-per-crocifisso-nel-seggio/35878/#comments Mon, 25 Feb 2013 12:27:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=35878 [continua a leggere]]]> URBINO – Una famiglia di testimoni di Geova, entrata ieri sera verso le 18:30 per votare nella scuola di Canavaccio, frazione di Urbino, ha protestato con il presidente del seggio Marta Farfalloni per la presenza di un crocifisso appeso a una delle pareti dell’aula adibita al voto.

Il padre e le due figlie hanno espresso il loro disappunto di fronte ad un simbolo cattolico in un edificio destinato allo svolgimento di una pratica politica. Ma hanno comunque votato. Nonostante la protesta, che avuto comunque toni moderati, il crocifisso, la cui presenza era ‘sfuggita’ anche agli stessi scrutatori, non è stato rimosso.

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Dimissioni del Papa, gli urbinati: “Ha fatto bene, i politici prendano esempio” http://ifg.uniurb.it/2013/02/11/ducato-online/dimissioni-del-papa-gli-urbinati-ha-fatto-bene-i-politici-prendano-esempio/34346/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/11/ducato-online/dimissioni-del-papa-gli-urbinati-ha-fatto-bene-i-politici-prendano-esempio/34346/#comments Mon, 11 Feb 2013 18:16:45 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=34346 URBINO – Si commuove suor Marcella Lorenzetti alla domanda: “Cosa ne pensa delle dimissioni del Papa?”. Suor Marcella è la ‘madre’ del Collegio Maria Immacolata, per l’accoglienza delle giovani universitarie a Urbino.

Siamo in via Mazzini. Una voce chiama dalla scalinata. La portinaia è una suorina che ci fa strada fino alla stanza della superiora. E’ in riunione, ma ha piacere di rispondere. Cerca di contenere l’emozione: “Esprimiamo profonda ammirazione per il gesto di Benedetto XVI. Gesto umile, di una semplicità disarmante”. La tristezza e l’amarezza nelle sue parole sono evidenti, ma contenute.

La notizia non è ancora circolata dappertutto. Tra gli urbinati in strada molti restano a bocca aperta, senza parole. Alcuni commentano, apprezzando la scelta di Ratzinger. “Ha fatto bene, si è comportato da persona intelligente rendendosi conto che non poteva più farcela”. Qualcun altro la butta sulla polemica: “E’ quello che dovrebbero fare i nostri politici, che hanno la stessa età del Papa. Dovrebbero andarsene via!”. E, infine, c’è chi sdrammatizza: “Morto un Papa se ne fa un altro”.

Qualcuno mette a confronto la sua figura con quella di Giovanni Paolo II, facendo riferimento alle differenze di personalità e di apostolato dei due pontefici. Un paragone azzardato per Tiziana, suora laica delle Apostole della Vita Interiore, che incontriamo per caso girando tra gli uffici della Curia. “Si tratta di due personalità molto diverse, ma non si può dire che una sia stata migliore o più efficace dell’altra. Il nostro Pontefice ha dato le dimissioni dimostrando una mitezza e un’umiltà uniche: riconoscere i propri limiti e agire di conseguenza è la cosa più difficile che un uomo, Papa o semplice cittadino, possa fare. E poi ci sono le ragioni oggettive: l’età, la salute”.

Dello stesso avviso il segretario dell’arcivescovo di Urbino, Mons. Giovanni Tani, che aggiunge la parola ‘profezia’ a quella più ricorrente, ‘umiltà’. E’ un precedente. Sono passati sette secoli da quando Celestino V, il Papa del gran rifiuto, rinunciò al trono di Pietro. E lo stesso gesto, se pur con ragioni differenti, ripetuto oggi, ha certamente un valore simbolico di gran lunga maggiore. E’ lo stesso Benedetto XVI a non lasciare adito a interpretazioni. Nella sua nota ufficiale si legge: “Per governare la barca di San Pietro è necessario il vigore sia del corpo che dell’animo, vigore che negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.

Qualcuno invece, sul fronte della ‘profezia’, si sbilancia, esprimendo note, addirittura, di positività. E’ frate Claudio, francescano della chiesa di piazza delle Erbe, che parla di “rilancio per una nuova stagione di vita della Chiesa, di un momento di passaggio; di una contingenza storica particolare e provvidenziale”. E conclude: ” E’ il momento giusto”.

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