il Ducato » Reuters http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Reuters http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Benvenuto social media editor, un lavoro pronto per la pensione http://ifg.uniurb.it/2012/02/29/ducato-online/benvenuto-social-media-editor-un-lavoro-pronto-per-la-pensione/27042/ http://ifg.uniurb.it/2012/02/29/ducato-online/benvenuto-social-media-editor-un-lavoro-pronto-per-la-pensione/27042/#comments Wed, 29 Feb 2012 21:53:05 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=27042 LEGGI I SOCIAL MEDIA EDITOR DAL 2009 A OGGI/STORIFY]]>

Anna Masera, social media editor de La Stampa

URBINO – Essere connessi, riconoscere il valore di una notizia e comunicare con i lettori. Questi sono gli ingredienti per essere un social media editor, un giornalista che si occupa e trova le notizie sulle piattaforme social da Twitter a Facebook passando per Tumblr e Pinterest.

In Italia la figura è stata inserita per la prima volta in un quotidiano solo un mese fa. Anna Masera è entrata nella gerenza proprio come social media editor. In ritardo rispetto agli Stati Uniti: qui la figura del giornalista che si occupa di social media è ormai consolidata e i giornalisti più giovani sono già social media editor di se stessi.

I SOCIAL MEDIA EDITOR DAL 2009 A OGGI

La prima è stata Jennifer Preston che nel 2009 venne assunta al New York Times come giornalista inviata nei social media. Secondo Jonathan Landman, vice caporedattore del New York Times il social media editor è:

Colui che passa tutto il suo tempo nel diffondere l’uso dei social media e pubblicare gli articoli nelle piattaforme per sviluppare il giornalismo prodotto dalla testata e consegnarlo ai lettori. In pratica lavora a fianco ai direttori, giornalisti, blogger e a tutte quelle persone che utilizzano i social media per trovare fonti, tenere traccia delle tendenze e break news, nonché raccoglierle. Lei ci aiuta a prendere confidenza con le tecniche, diffondere le migliori pratiche e ci guida nel trovare il modo più efficace di coinvolgere una quota maggiore del pubblico su siti come Twitter, Facebook, Youtube, Flickr, Digg e altri.

Nell’agosto del 2010 la Preston lascia il suo incarico a Liz Heron. Un compito che però lei stessa definisce transitorio e che probabilmente non esisterà più tra cinque anni. “Tra qualche anno, avere il social media editor sarà come avere un consulente sull’uso del telefono”, afferma Jim Long, della Nbc.

Ma la Heron sottolinea quanto la figura del social media editor sia ancora centrale all’interno di una redazione: ‘È importante imparare come usare i social media per il giornalismo: per riportare, interagire con le persone e ridefinire il nostro modo di fare giornalismo’.

COSA SUCCEDE IN ITALIA
Nelle nostre redazioni il social media editor ha fatto la sua comparsa per la prima volta il 6 febbraio 2012 , quando il direttore della Stampa Mario Calabresi inserisce all’interno della gerenza del suo giornale Anna Masera, con il ruolo di social media editor. 51 anni, una laurea in Storia a Yale, un Master in giornalismo nella prestigiosa Columbia University, da più di dieci anni web editor del quotidiano torinese.

“Io sono ‘vecchia’ per questo ruolo, un social media editor tipo è sotto i trent’anni. Io lo sono diventata perché ultimamente avevo dimostrato molta presenza sui social networks, a nome del giornale. Sono apparsa adatta a rappresentarlo – ha detto Anna Masera al Ducato - il direttore mi ha chiesto di portare La Stampa (il giornale e i colleghi) sui social network e di osservare i social network per La Stampa. Bisogna conoscere bene Internet e saper dialogare con gli internauti. E bisogna conoscere bene il proprio giornale ed essere in sintonia con le sue esigenze”.

Anche la Masera, come già detto da Liz Heron, conferma che il suo incarico è solamente temporaneo. Questione di tempo: quando tutti i giornalisti della redazione saranno alfabetizzati all’uso dei social network, saranno autonomi e non occorrerà una figura ad hoc. Intanto quella di Anna Masera è una vita sempre connessa tra computer, Ipad e Iphone.

“Mi alzo e prima ancora di andare in bagno guardo sull’Iphone se ci sono news da twittare, poi passo tutta la giornata connessa, tra Twitter e Facebook e Google plus, fino all’ora di andare a dormire. Nel corso della giornata lavoro al giornale nella redazione web, fianco a fianco con l’ufficio centrale, vado in riunione di redazione, parlo col direttore, i vicedirettori e i caporedattori per scegliere le notizie che abbiamo su cui puntare da rilanciare e per cercare notizie più o meno ‘trending’ da segnalare al giornale”.

Gli ingredienti per essere un bravo social media editor sono la conoscenza ottima dell’inglese e altre lingue. Ma non bisogna soltanto avere confidenza con tutte le piattaforme social. E’ necessario il fiuto e la preparazione giornalistica. “Si legge e filtra un sacco di roba: si valuta, si verifica incrociando le fonti e contattandole direttamente”. Un lavoro che assomiglia a un esperimento almeno in Italia. “E’ una scomessa, ce la giochiamo e se andrà male potremo dire che ci avremo provato per davvero”.

Il quotidiano di Torino prosegue il suo cammino verso l’innovazione. E’ la stessa Masera ad anticipare al Ducato quali saranno i prossimi passi verso un’integrazione di tutte le piattaforme: “Noi stiamo per passare al sistema editoriale ‘Methode’, che ci aiuterà a integrare tutto, carta, web e social apps, speriamo entro l’estate”. Una piattaforma già in uso al Wall Street Journal Washington Post. Method  si basa su punti di flusso di lavoro, composte da massimo quattro persone, che possono lavorare su una storia contemporaneamente in diverse edizioni.

ALL’ESTERO Anche Eric Carvin, dell’Associated Press, in un’intervista ha spiegato la sua vita da social media editor: “Quando ho iniziato a farmi coinvolgere dai social media, qualcuno mi ha dato un buon consiglio: ‘Anche se usi gran parte di questi strumenti per lavorare, condividi anche qualcosa che riguarda la tua vita’. Io non condivido tutto, ma solo alcune cose personali. Condividere qualcosa umanizza. È importante dimostrare che sei una persona reale dietro l’account. Probabilmente ci sono persone là fuori che vogliono condividere ogni dettaglio della loro vita”.

Anthony De Rosa

Carvin non è l’unico social media editor in circolazione ovviamente: Anthony De Rosa lavora alla Reuters. “Oltre a gestire le piattaforme sociali – spiega al Ducato online – sto anche contribuendo a formare i nostri giornalisti utilizzano i social media per trovare contatti, fonti e altre informazioni che appaiono sui social network. La mia giornata tipo? Mi sveglio, controllo Twitter, i nostri network, le notizie e tutto ciò mi porta in un milione di direzioni. Cerco di concentrarmi su quello che penso avrà il maggior impatto a livello globale e provo a mettere in evidenza le piccole storie locali che contano. Si tratta di istinti editoriali”.

Per Gary Kemble, social media editor dell’australiana AbcNews, si tratta di “un ruolo variegato. Coordino le attività di social media di ABC News. Mi occupo di organizzare corsi di formazione, contribuisco a elaborare politiche e linee guida per l’uso sociale dei media, lavorando su strategie di social media per i diversi programmi, progetti pilota (come la nostro la copertura speciale per anniversario dell’11 settembre), e sto lavorando anche su altri

Gary Kemble

progetti”.

“Per esempio – continua Kemble – abbiamo appena avuto una storia politica importante qui, con il nostro primo ministro messo in discussione per la leadership del partito laburista, così, la maggior parte del mio tempo è stato speso curando l’attività di social media intorno a tale evento anche guardando le tendenze social media. Negli ultimi 12 mesi si è pensato molto a inserire la figura nelle redazioni. Abc è stato uno dei primi, se non il primo, dei media australiani”.

Stan Hannoun

E oltralpe Stan Hannoun, responsabile social media Nouvel Observateur, racconta ancora al Ducato: “Io sono a metà strada tra la redazione e il marketing. Devo ascoltare i giornalisti, capire le loro richieste in modo da trascriverle al meglio sui social network. Il mio lavoro è quello di promuovere il Nouvel Observateur evidenziando e valorizzando gli articoli del sito web sui social network. Si tratta di stabilire una vera e propria comunità attorno al giornale. Il mio lavoro è quello di interagire con gli utenti per creare una vera e propria affinità con loro. Da un punto di vista del marketing, devo anche fare in modo di aumentare il numero di visite del sito provenienti dal social network. Per i live utilizziamo uno strumento chiamato Scribble Live di aggregare account Twitter e metterli insieme in un articolo pagina. Tweet sono pubblicati in diretta sulla pagina di questo articolo. Questo permette agli utenti che non dispongono di Twitter per seguire ciò che viene detto sul social network”.

 

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Stranieri in patria: cronisti italiani in redazioni non italiane http://ifg.uniurb.it/2009/03/25/ducato-online/stranieri-in-patria-cronisti-italiani-in-redazioni-non-italiane/679/ http://ifg.uniurb.it/2009/03/25/ducato-online/stranieri-in-patria-cronisti-italiani-in-redazioni-non-italiane/679/#comments Wed, 25 Mar 2009 10:19:02 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=679 Parlano almeno due lingue, hanno meno di 35 anni e sono quasi tutti titolari di un contratto a tempo indeterminato. Sono le “bestie rare” del giornalismo italiano, in tutto una cinquantina. Unico particolare: non lavorano per le testate italiane, ma per le grandi agenzie di stampa internazionali che operano nel nostro Paese.

Bloomberg, Reuters, Associated Press, lavorano in Italia con personale misto, espatriato e locale. Nel nostro mercato vendono soprattutto informazione finanziaria in lingua inglese, ma la Reuters produce anche informazione generalista in lingua italiana, facendo concorrenza all’Ansa e le altre agenzie nostrane. Alcuni giornalisti vengono proprio da quelle redazioni, ma spesso sono riusciti a ottenere il praticantato e iscriversi all’Ordine come professionisti, solo dopo averle lasciate. Alessandra Migliaccio, 32 anni, è una di queste.

Laureata in Storia alla Sapienza di Roma, ha vissuto fino ai 18 anni negli Stati Uniti e adesso lavora nella redazione milanese di Bloomberg che conta sette italiani su 15. “All’inizio ho lavorato per Milano Finanza – racconta – ma avevo un contratto da borsista a 800 euro al mese. Alla scadenza della borsa mi mandavano a casa per un mese e poi mi riprendevano di nuovo: impossibile in quelle condizioni farsi riconoscere il praticantato”. Poi è venuto il colloquio a Bloomberg e da subito l’assunzione a tempo indeterminato con un contratto americano che le ha permesso, due anni dopo, di farsi riconoscere il praticantato “d’ufficio”.

Come Alessandra, molti dei giornalisti di questa nicchia di mercato del lavoro sono stati reclutati con percorsi contrattuali piuttosto lineari. In genere, se l’azienda pensa di assumere, offre quasi sempre contratti a tempo indeterminato. Le competenze, soprattutto linguistiche e la conoscenza dei mercati finanziari, sembrano essere l’unico elemento determinante per un’assunzione. Non centrale, invece, sembra essere il peso della formazione nelle scuole di giornalismo. A Reuters, ad esempio, su 30 giornalisti – quasi tutti con contratto a tempo indeterminato – sei vengono da una scuola di giornalismo. Di questi, Antonella Cinelli, che ha ottenuto il praticantato frequentando la scuola di Giornalismo della Luiss, spiega che lo stage alla Reuters se l’è trovato da sola.

Diverso il caso di Marta Falconi e Ariel David, due giovani redattori di Associated Press, entrambi di 28 anni e ancora freschi di praticantato. “Mi sono laureato in Scienze della comunicazione alla Sapienza di Roma – racconta Ariel – e ho cominciato ad Ap con uno stage. Poi sono piaciuto e mi hanno fatto un contratto di praticantato”. Da qualche mese ha sostenuto l’esame di Stato per diventare professionista e adesso ha un contratto a tempo indeterminato. “Non ho mai avuto esperienze nel giornalismo italiano, ma non me ne pento perché trovo le regole del giornalismo anglosassone e americano molto più trasparenti”.

Alla Associated Press lavorano tre redattori di news, dieci fotografi e cinque giornalisti televisivi, tutti inquadrati con il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti. Cosa che invece manca a Bloomberg che produce come Ap la sua informazione interamente in inglese e fa contratti americani che possono causare problemi per il riconoscimento del praticantato e sono più facili da sciogliere. “Alcuni giornalisti italiani – racconta ancora Alessandra Migliaccio – hanno rifiutato contratti [di Bloomberg] economicamente molto vantaggiosi, perché non si sentivano abbastanza protetti. Spesso tra gli italiani c’è una concezione del lavoro molto distante rispetto a quella del mondo anglosassone”.

Molto più italiana invece è la “nostra” Reuters, che oltre ad avere quasi tutti giornalisti inquadrati con il contratto di lavoro nazionale, produce informazione interamente in italiano. L’inglese viene usato quasi esclusivamente per comunicare con le altre redazioni sparse per il mondo e per tradurre in italiano le notizie che vengono dall’estero.

Il segmento di mercato italiano più redditizio per Reuters è tuttavia quello dell’informazione finanziaria, dove le maggiori concorrenti sono proprio le americane Bloomberg e Dow Jones. Rispetto a queste ultime però Reuters “è più vicina nel modo di lavorare alle agenzie italiane, con cui a volte si stabiliscono anche rapporti di collaborazione informale – afferma Claudia Belillo, 38 anni, laureata in economia e con un passato professionale nel settore bancario – Bloomberg invece, corre sempre da sola” E gli stipendi? Reuters paga meglio delle italiane? “Non credo – spiega – prima c’erano delle differenze, ma adesso è praticamente la stessa cosa”.

Guida alla rete

Contratto di lavoro giornalistico 2001-2005
Reuters Italia
Associated Press Italia
Bloomberg

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