il Ducato » ricerca http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » ricerca http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Maltolo ‘anti tumore’, i ricercatori urbinati: “Pochi fondi rallentano sperimentazione” http://ifg.uniurb.it/2015/02/25/ducato-online/maltolo-anti-tumore-i-ricercatori-urbinati-pochi-fondi-rallentano-sperimentazione/66273/ http://ifg.uniurb.it/2015/02/25/ducato-online/maltolo-anti-tumore-i-ricercatori-urbinati-pochi-fondi-rallentano-sperimentazione/66273/#comments Wed, 25 Feb 2015 06:00:23 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=66273 LEGGI - Il maltolo per 'suicidare' i tumori]]> I due ricercatori dell'Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli

I due ricercatori dell’Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli

URBINO – Pochi finanziamenti pubblici, nessun aiuto da parte di privati e ancor meno dalle case farmaceutiche. Nonostante le difficoltà, fa passi avanti la ricerca sulla molecola in grado di indurre al ‘suicidio’ le cellule tumorali. I due professori dell’Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli nel 2013 hanno scoperto le proprietà curative del maltolo, la sostanza naturale, contenuta nel malto, nel cocco e nel caffè, potrebbe essere utilizzata per lo sviluppo di una nuova classe di molecole che inibiscono e combattono lo sviluppo dei tumori. “Andiamo a rilento, ma nell’ultimo periodo abbiamo ottenuto risultati molto incoraggianti”.  Le recenti sperimentazioni in laboratorio sulle cavie hanno dato esiti positivi e i due ricercatori sono in attesa del brevetto degli Stati Uniti, dopo aver ottenuto quello europeo.

Quali sono le novità sulla vostra ricerca sul maltolo?
“La ricerca continua ad andare avanti anche se con lentezza a causa della mancanza di soldi. Dobbiamo affidare le nostre aspettative, oltre che alle nostre poche risorse interne, alle collaborazioni e ai contatti esterni che, anche se ci arricchiscono culturalmente, ci limitano nel tempo per arrivare al risultato. Le novità al momento sono che abbiamo iniziato a sperimentare in vivo, cioè sui topolini, l’efficacia di una delle nostre molecole che si è dimostrata capace di ridurre la massa tumorale (sarcoma di Ewing) creata artificialmente. Inoltre, abbiamo avuto risultati molto interessanti per questa classe di molecole di cui però non possiamo parlare al momento in quanto oggetto di una nuova domanda di brevetto”.

Finora avete avuto finanziamenti pubblici o privati?
“Abbiamo ottenuto un finanziamento da parte della Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) – che cogliamo l’occasione di ringraziare – che ci ha permesso di poter pagare in parte un ricercatore precario per mezza annualità nonché qualche esperimento, anche se l’ordine di grandezza per poter svolgere adeguatamente questo tipo di ricerca è purtroppo molto superiore. Non ci siamo mai voluti muovere sul terreno dei finanziamenti privati (fuori dal settore dei farmaci ndr) fondamentalmente per problemi etici. Non vogliamo creare aspettative che potrebbero essere deluse o che la gente possa pensare che lavoriamo per scopi di lucro personale. Noi crediamo che una ricerca di questo genere, per l’impatto che potrebbe avere, debba essere finanziata da istituzioni pubbliche e solo l’idea che i nostri nomi possano essere accostati al lucro ci spaventa”.

Le case farmaceutiche hanno contribuito al finanziamento della ricerca?
“Le case Farmaceutiche, che ovviamente fanno il loro business, al momento non ci hanno mai supportato pur avendo sottoposto alla loro attenzione la nostra progettualità. Siamo però obiettivamente consci che siamo ancora qualche passo indietro per poter essere appetibili agli occhi di chi ragiona anche in termini di sfruttabilità economica del prodotto, oltre che da un punto di vista scientifico. E’ appunto su questo ultimo punto che sono concentrati i nostri sforzi: completare gli studi preclinici e raggiungere il prima possibile quei risultati che, speriamo, potrebbero poi interessare veramente l’industria farmaceutica per il futuro sviluppo del farmaco vero e proprio. Bisogna però considerare anche la possibilità dell’insuccesso, e cioè che questa classe di molecole potrebbe non risultare così efficace e quindi non meritevole di ulteriori investimenti e attenzioni: ma questa è l’essenza della ricerca, nulla è scontato e già scritto. Noi crediamo che la potenzialità espressa finora, e le possibili ricadute, rendano questi composti ancora meritevoli di attenzioni ed approfondimenti scientifici”

Esiste una data approssimativa in cui il farmaco potrà effettivamente entrare in commercio?
“No, senza una sperimentazione preclinica, in modelli animali, non è possibile programmare una fase di ricerca clinica”.

Quanto le molecole ricavate da alimenti sono importanti per la scoperta di nuove cure?
“Le molecole di origine naturale stanno suscitando sempre più interesse, sia come tali che come precursori di molecole sintetiche, come nel nostro caso”.

In rete sta girando da qualche mese un video che parla di “due ricercatori precari” dell’Università di Urbino che hanno scoperto una “fenomenale molecola anti tumore” che spinge al suicidio le cellule malate; nessuno parlerebbe della cura perché le multinazionali e le grandi case farmaceutiche stanno cercando di oscurare il fatto. La situazione è come viene descritta in questo filmato?
“Siamo purtroppo a conoscenza del filmato. Le informazioni contenute in quel video banalizzano concetti e contenuti scientifici e ipotizzano trame e scenari di cui noi non siamo a conoscenza né ne abbiamo mai avuto la percezione. Ci teniamo a sottolineare che quel video è stato introdotto nella rete a nostra totale insaputa e senza mai essere stati contattati dal sedicente giornalista”.

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Appesi al bando Sir: 18 ricercatori della Carlo Bo aspettano risposte http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/appesi-a-un-bando-18-ricercatori-della-carlo-bo-aspettano-risposte/66041/ http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/appesi-a-un-bando-18-ricercatori-della-carlo-bo-aspettano-risposte/66041/#comments Tue, 24 Feb 2015 09:50:59 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=66041 URBINO – Sono 18 i ricercatori e gli assegnisti dell’Università di Urbino vittime delle lungaggine della burocrazia italiana. L’epopea del bando Sir, il programma “Scientific Indipendence young Researchers“, non ha fine: dopo oltre un anno dal lancio non è ancora terminata la prima fase di valutazione dei progetti. L’iniziativa, basata sul modello degli Starting grants europei, finanzierà per un totale di 47 milioni di euro i migliori progetti presentati dai dottorati italiani under 40. Ma la scelta dei vincitori tra i 5250 partecipanti sembra piuttosto lontana.

A pagare le conseguenze dell’inefficienza c’è anche Manolo Farci, al terzo anno di assegno di ricerca in un gruppo di social media analysis di Urbino. “La mia situazione è drammatica: a 36 anni mi trovo con scarsissime possibilità di entrare in università. Il bando Sir è la mia unica salvezza: diversamente o vado all’estero o cambio strada”. Farci, dottorato nel 2010 in Comunicazione e nuove tecnologie alla Iulm di Milano, rischia di non poter partecipare ad un nuovo bando Sir. Di quello del 2015 non si ha traccia, se ne uscisse uno nel 2016 sarebbe forse troppo tardi: una delle condizioni per partecipare è quella di essersi dottorato non più di sei anni prima dell’uscita del bando.

“Secondo quanto scritto le proposte dovevano essere valutate da professori e ricercatori di tutta Europa selezionati dall’European research council (Erc). Ma a luglio hanno fatto sapere che non era possibile: solo a ottobre si sono insediate le commissioni di valutazione composte da italiani” ha raccontato Mario Orefice, 29enne con alle spalle un dottorato in Sociologia della comunicazione e ora assegnista ad Urbino. “C’è stato il classico scaricabarile per i ritardi tra il ministero della Ricerca (Miur) e l’Erc: di fatto abbiamo perso sette mesi solo per questo. Sono piuttosto preoccupato, ora sono al secondo anno di un assegno di ricerca ma a maggio finirà: l’unica possibilità per ora è il bando Sir, ma se non escono i risultati, l’unica sicurezza saranno alcuni mesi senza stipendio” ha continuato l’esperto di comunicazione.

Il popolo dei precari della ricerca però non demorde. Il 12 febbraio un gruppo di 400 giovani ha inviato al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini una lettera per sollevare il caso. Il 19 febbraio, dopo l’ennesima comunicazione sul sito del Miur di un’imminente fine delle valutazioni, è partito un tweetbombing con l’hashtag #albandolaricerca, indirizzato al ministro Giannini e al premier Matteo Renzi. L’unica risposta è stata un nuovo comunicato stampa con la promessa di terminare tutti gli step entro aprile 2015. Intanto il 23 febbraio è arrivata una nuova comunicazione: tra venerdì prossimo e il 2 marzo si riuniranno i Comitati di selezione per terminare la prima fase valutazione. Il primo passo di un cammino che sembra ancora molto lungo.

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Università, studenti Isia potranno frequentare lezioni a Milano e Urbino http://ifg.uniurb.it/2014/02/26/ducato-notizie-informazione/studenti-isia-a-lezione-alluniversita-potranno-frequentare-lezioni-a-milano-e-urbino/57920/ http://ifg.uniurb.it/2014/02/26/ducato-notizie-informazione/studenti-isia-a-lezione-alluniversita-potranno-frequentare-lezioni-a-milano-e-urbino/57920/#comments Wed, 26 Feb 2014 12:09:17 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=57920 [continua a leggere]]]> URBINO – L’Isia di Urbino ha stipulato una convenzione con l’università Carlo Bo e l‘Università degli studi di Milano che permetterà agli studenti dell’istituto urbinate di frequentare i corsi dei due atenei e accumulare crediti formativi, utili per il proprio percorso di studio. In particolare potranno essere organizzate conferenze, dibattiti, seminari in sinergia con le due istituzioni universitarie e gli studenti potranno partecipare a studi su progetti specifici e programmi di ricerca, anche internazionale.

Le convenzioni sono estese anche a docenti, ricercatori, laureati e personale tecnico.Questi, oltre ai corsi, potranno usufruire di strutture, attrezzature e accedere alle specifiche banche dati, archivi, biblioteche dei diversi poli.

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Viva gli spin-off dell’ateneo ma nessuno sa che cosa sono http://ifg.uniurb.it/2013/06/12/ducato-online/viva-gli-spin-off-dellateneo-ma-nessuno-sa-che-cosa-sono/50716/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/12/ducato-online/viva-gli-spin-off-dellateneo-ma-nessuno-sa-che-cosa-sono/50716/#comments Wed, 12 Jun 2013 17:20:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=50716 Nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro: giovani studenti, ricercatori, ma anche precari in balìa di un Paese che offre sempre meno prospettive. È il quadro di un’Italia piegata da una crisi che sembra non avere fine.

LEGGI A Urbino lo spin-off nasce nel bosco

In mancanza di una risposta risolutiva uno spiraglio di fiducia può arrivare da idee innovative che aprano nuovi spazi. Gli spin-off, partenariati tra università e imprese, possono rappresentare un’opportunità per applicare la ricerca accademica al mondo del lavoro.

Da un sondaggio effettuato su un campione di 106 persone con età e titolo di studio differenti, abbiamo testato il livello di conoscenza di queste forme di cooperazione.

Nonostante gli spin-off siano una delle poche realtà che sfruttano le idee e i progetti maturati nei laboratori universitari mettendoli al servizio delle imprese, in pochi sanno di cosa si tratta. Solo il 25% degli intervistati dichiara di conoscerli con certezza, mentre un significativo 32% ne ha sentito parlare, ma ha le idee confuse. La stragrande maggioranza non ha idea di cosa siano e un buon 9% non sa nemmeno che esistono.

Solo due persone affermano di aver preso parte a uno spin-off, ma ritengono che questa esperienza non abbia portato nessun vantaggio. Se una buona percentuale è incuriosita da questa possibilità, il restante 32% è totalmente disinteressata.

Alla domanda cruciale sulle prospettive lavorative che riservano gli spin-off, prevale una fiducia inaspettata rispetto alle risposte precedenti: quasi la metà del campione li ritiene una delle poche opportunità per entrare in contatto con il mondo delle imprese. Emerge allo stesso tempo un forte sentimento di diffidenza, complice il periodo di difficoltà vissuto dalle nuove generazioni. Sono sempre di più gli scoraggiati che rinunciano a cercare lavoro o anche solo a informarsi sulle nuove strade possibili.

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Generazione dei senza lavoro: a Urbino lo spin-off nasce nel bosco http://ifg.uniurb.it/2013/06/12/ducato-online/generazione-dei-senza-lavoroa-urbino-lo-spin-off-nasce-nel-bosco/50215/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/12/ducato-online/generazione-dei-senza-lavoroa-urbino-lo-spin-off-nasce-nel-bosco/50215/#comments Wed, 12 Jun 2013 14:03:59 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=50215 [continua a leggere]]]>

Campus scientifico Enrico Mattei

La strada rossa a Urbino la conoscono tutti. Salendo da piazza Mercatale in direzione dei collegi universitari, a un certo punto, sulla sinistra, si affaccia un cartello dalla scritta minacciosa che più che indicare sembra avvertire. Dopo pochi metri l’asfalto inizia a sciuparsi e la strada si fonde con il bosco trasformandosi in sentiero. All’estremità opposta si trova Fermignano, che diventa irraggiungibile nei lunghi e freddi inverni urbinati e che resta un miraggio quando la neve inghiotte la terra. In realtà sono in molti quelli che si avventurano lungo la strada rossa: c’è chi lo fa per evitare il traffico, chi per godersi qualche chilometro di silenzio e chi perché in mezzo a quella meraviglia della natura ci lavora o studia.

SONDAGGIO Viva gli spin-off, questi sconosciuti

A circa tre chilometri da Urbino, nascosto tra gli alberi e appoggiato sulla collina come un fortino, si trova il futuristico edificio che ospita il Dipartimento di Scienze della terra, della vita e dell’ambiente (DISTeVA). Il campus scientifico Enrico Mattei, ex Sogesta, è allo stesso tempo un luogo di vita, di studio e di lavoro. Una parte della struttura è destinata agli alloggi e alla mensa, l’altra agli uffici dei docenti, alle aule per le lezioni e ai laboratori di analisi.

È tutto perfettamente fuso con il contesto in cui si trova, immense vetrate fanno entrare la natura fin dentro le stanze e le pareti perdono la loro funzione di barriera e divengono un prolungamento di quello che c’è all’esterno. “Questa filosofia di compenetrazione rappresenta un po’ lo spirito con cui l’università deve affrontare il futuro – racconta il professor Riccardo Cuppini, direttore del dipartimento – oggi non basta più racchiudersi nel proprio guscio, è necessario allargare i confini, uscire dalle ristrettezze spaziali e mentali”.

Il campus potrebbe sembrare autosufficiente se visto nel suo isolamento, così come fino a non molti anni fa era considerata l’università. Eppure oggi è impensabile prescindere dal confronto con il mondo vero. La realtà accademica è da sempre un serbatoio di idee, ma il rischio è che queste rimangano tali, siano buone solo in potenza, non trovando poi una loro applicabilità al di fuori.

Allora come fare per liberare l’università da questa autoreferenzialità atavica fin troppo legata agli schemi del passato? Secondo il professor Cuppini la formula dello spin-off rappresenta un’opportunità da cogliere sia per i docenti che già operano nel dipartimento, sia per gli studenti interessati a fare ricerca.

Ma che cos’è uno spin-off?

È una società di capitali che nasce su iniziativa di personalità interne al mondo accademico e che ha come scopo quello di utilizzare i risultati della ricerca a vantaggio delle realtà industriali. Gli spin-off universitari rappresentano un fenomeno relativamente recente in Italia, i primi sono nati all’inizio del 2000, in seguito al decreto legislativo n.297 del 27 luglio 1999. Una delle regioni con il più alto numero di spin-off sono le Marche.

Università marchigiane numero spin-off attivi
Urbino 3
Ancona 33
Camerino 11
Macerata 0
Totale 47

Lo spin-off, e nel caso specifico ‘Ecoman’ (ecological management), è una società di capitali che si propone di collegare gli studi fatti in ambito universitario al mondo del lavoro. In pratica, le professionalità vengono messe al servizio di tutte quelle imprese che hanno bisogno di una consulenza in materia ambientale. “Lo spin-off è una risorsa fondamentale per l’università – sostiene Stefano Pivato, rettore della ‘Carlo Bo’ di Urbino – attraverso la collaborazione con le aziende è possibile creare un futuro lavorativo per le nuove generazioni”.

Ascolta l’audio del rettore Stefano Pivato

Ecoman è stato inaugurato il 10 maggio alla camera di commercio della provincia, ma opera già dal novembre 2012. L’idea è del professor Gaetano Cecchetti, il primo ad aver diretto il dipartimento DISTeVA. Ora in pensione, ma da sempre impegnato in progetti di ricerca, ha deciso di coinvolgere personalità dalle più svariate competenze, dai chimici, agli ecologi, agli avvocati, per costruire un progetto di cooperazione tra università, enti pubblici e privati.

“Le imprese oggi si trovano a far fronte a due ordini di problemi – continua il professor Cuppini – da una parte devono garantire un’adeguata igiene del lavoro per chi opera al loro interno, dall’altra non possono più ignorare l’impatto che la loro produzione ha sull’ambiente. Con lo spin-off l’università può fornire una consulenza a 360 gradi per superare questi ostacoli”. Se le grandi realtà imprenditoriali hanno dato una risposta entusiasta, confermando collaborazioni che esistevano già prima della creazione di Ecoman, ora è importante inviare segnali positivi anche alle aziende più piccole del territorio. “La sfida cruciale – conclude Cuppini – è attrarre le strutture locali, che purtroppo hanno una minore disponibilità economica. Un ruolo chiave viene anche dalla mediazione di Regione, Provincia e degli enti pubblici in generale”.

Ad oggi sono tre i docenti del dipartimento coinvolti nel progetto Ecoman, due zoologi e un ecologo che, accanto all’attività di ricerca, hanno voluto impegnarsi partecipando individualmente con il loro capitale. “È necessario estendere il più possibile quello che è il codice etico verso l’ambiente – sostiene la zoologa Maria Balsamo – non è più sufficiente fare ricerca universitaria in sé e per sé, ci deve essere interazione con il mondo del lavoro, soprattutto per i nostri ragazzi. Qui sono circa una decina i dottorandi, è a loro che dobbiamo parlare”.

Marta Iacobucci al lavoro in laboratorio

Il campus conta diversi laboratori e a breve ne verranno attivati almeno altri tre. La dottoressa Marta Iacobucci si muove tra i campioni da analizzare come fosse a casa sua. “Attraverso Ecoman le aziende si rivolgono a noi, ad esempio per misurare il livello di emissioni dannose, così facciamo i sopralluoghi e svolgiamo le analisi qui in laboratorio. Poi uniamo le nostre ricerche a quelle di colleghi con altre competenze e insieme stendiamo un fascicolo che andrà ad operare sulle richieste che ci sono state fatte. È un lavoro sinergico che non resta chiuso in questa stanza, ma viene portato direttamente a chi può beneficiarne”.

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Ricerca, la molecola dei gamberi aiuta i farmaci: premiato l’urbinate Casettari http://ifg.uniurb.it/2013/06/05/ducato-online/ricerca-la-molecola-dei-gamberi-aiuta-i-farmaci-premiato-lurbinate-casettari/49950/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/05/ducato-online/ricerca-la-molecola-dei-gamberi-aiuta-i-farmaci-premiato-lurbinate-casettari/49950/#comments Wed, 05 Jun 2013 10:27:23 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49950 LEGGI Dagli Stati Uniti nuovi macchinari per Uniurb]]>

Luca Casettari premiato dal presidente di Euchis, Sevda Şenel

“E’ come una macchina che porta il farmaco nella strada giusta, nella zona dove serve e lo rilascia più a lungo”. Così Luca Casettari, 32 anni, ricercatore con contratto a progetto della “Carlo Bo” originario di Cagli, spiega così l’azione del chitosano, la molecola polimerica presente nella corazza dei crostacei come il gambero. La ricerca gli è valsa il riconoscimento dell’ European Chitin Society: il Braconnot prize.

Casettari ha ampliato la ricerca su questa molecola zuccherina basata sulla glutammina,  importante perché potenzia e “aggiusta la mira” dell’azione delle medicine.

Una tecnologia applicabile a molte categorie di farmaci, dalle pillole agli spray, dagli antitumorali agli analgesici, che gli ha assicurato la vittoria dei 1200 euro messi in palio dall’associazione internazionale Euchis e il prestigio di esporre le proprie scoperte a una conferenza internazionale che si è tenuta il mese scorso in Portogallo.

L’uso del chitosano era già noto: l’esercito americano lo utilizzava nella cura delle ferite da taglio perché è utile nella ricostruzione dei tessuti, e molte aziende farmaceutiche hanno già avviato una ricerca su questo prezioso polimero.

Lo studio di Casettari, però, è andato oltre, progettando una vera e propria “struttura” che aiuti a veicolare il farmaco nel corpo per colpire con efficacia la patologia, evitare la dispersione dell’azione farmacologica e ridurre considerevolmente gli effetti collaterali.

Luca Cassettari lavora al Dipartimento di scienze biomolecolari della scuola di farmacia a Urbino, insegna tecnologie e legislazione farmaceutica alla ‘Carlo Bo’, e ha un contatto di co.co.pro.

E’ un ricercatore di eccellenza ma, come spesso accade, anche un ricercatore precario. Ogni anno deve lottare per trovare i fondi che servono a proseguire le sue ricerche, portando risultati ben superiori – come testimonia il premio internazionale ricevuto – agli investimenti che il sistema italiano assegna all’università di Urbino e, quindi, ai suoi ricercatori.

Dato che lui è uno specialista, gli abbiamo chiesto di trovare l’ “antidoto” a questa malattia tutta italiana.

“Non solo ci vorrebbero più fondi per la ricerca – ha detto lo studioso – ma la distribuzione e l’assegnazione dei contributi dovrebbe essere meglio gestita: le attività dovrebbero essere sottoposte a controlli più rigidi e i giovani che iniziano le proprie ricerche andrebbero incentivati”.

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Uniurb cambia pelle: da polo umanistico a centro scientifico http://ifg.uniurb.it/2013/05/31/ducato-online/uniurb-cambia-pelle-da-polo-umanistico-a-centro-scientifico/49203/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/31/ducato-online/uniurb-cambia-pelle-da-polo-umanistico-a-centro-scientifico/49203/#comments Fri, 31 May 2013 16:00:22 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49203 Scienze motorie sul podio del Censis]]> URBINO – DiSTeVA, Disbef, Desp: più che nomi, un elenco di acronimi a portata degli addetti ai lavori. Sono i dipartimenti, otto in tutto, che da maggio 2012 hanno soppiantato le facoltà dell’Università “Carlo Bo”. Un obbligo imposto dalla riforma Gelmini che ha fatto confluire in un unico soggetto le funzioni didattiche e di ricerca. Una veste nuova per l’ateneo urbinate, ma non l’unica metamorfosi di questi ultimi anni: dopo mezzo millennio di storia, l’Università è sempre meno centro umanistico e sempre più polo scientifico.

Un cambio di passo visibile soprattutto se si guardano i dati delle nuove immatricolazioni: a registrare un salto in avanti è il Disbef (Dipartimento di Scienze di Base e Fondamenti, che comprende la scuola di Conservazione e Restauro) con un aumento degli iscritti del 15,60% rispetto allo scorso anno accademico. Cresce il numero delle matricole anche al DiSTeVA (Dipartimento di Scienze della Terra, della Vita e dell’Ambiente) e del Disb (Dipartimento di Scienze Biomolecolari), con un incremento del 4,75% e del 3,47%.

Unico dipartimento dell’Area Umanistica a conservare appeal è il Disti (Dipartimento di Studi Internazionali, Storie Lingue e Culture, l’ex Facoltà di Lingue) con un trend delle immatricolazioni del 10%. Calano le iscrizioni, invece, negli altri quattro dipartimenti: Digiur (ex Giurisprudenza, -6,86%), Dipsum (Dipartimento delle Scienze dell’Uomo, ex Scienze della Formazione, -10%), Discum (Dipartimento di Scienze della Comunicazione e discipline Umanistiche, -11%) e Desp (Dipartimento di Economia Società e Politica, -12,57%).

Anche l’offerta didattica conferma il crescente peso delle materie scientifiche in un Ateneo tradizionalmente umanistico: dei 35 corsi di laurea triennale, specialistica o a ciclo unico, 14 appartengono all’Area Scientifica (Disbef, Disb e DiSteVA), 12 all’Area Umanistica (Discum, Dipsum e Disti) e 9 all’Area Geps (Digiur e Desp).

Le strutture scientifiche sono premiate inoltre dalla distribuzione delle risorse per la ricerca: ad esempio il Dipartimento di Scienze Biomolecolari ha ricevuto dall’Ateneo 142 mila euro, contro i 72 mila destinati al Dipartimento di Scienze dell’Uomo. “È il costo della ricerca scientifica – commenta Flavio Vetrano, direttore del Disbef – un dipartimento che utilizza un reattore chimico deve comprare continuamente i reagenti e arriva a spendere in un mese ciò che un dipartimento umanistico spende in ricerca in un anno intero”.

Ma da qui a dire che Urbino sta cambiando pelle ce ne passa: “Non c’è una vera inversione di tendenza – spiega Vetrano – è chiaro che se ci riferiamo agli ultimi tempi forse si può parlare di cambiamento, ma i dati appaiono più evidenti alla luce del calo complessivo delle iscrizioni, che è più marcato nel campo umanistico. Urbino è virtuosamente molto stabile, ma le facoltà scientifiche sono state capaci di attrarre non solo gli studenti ma anche finanziamenti di soggetti esterni all’Ateneo…”.

“Non vedo uno sbilanciamento a favore dell’area scientifica – ribadisce il professor Settimio Lanciotti, coordinatore della Scuola di Lettere Arti e Filosofia – anche gli alti tassi di iscrizione non si ripeteranno nei prossimi anni perché anche in quel campo il mercato del lavoro arriverà a saturarsi e i rapporti tra corsi scientifici e umanistici si riequilibreranno. Non abbiamo avuto turn over per almeno 7 anni, e dunque abbiamo dovuto comprimere anche l’offerta didattica, ma non credo che l’area umanistica finirà per diventare un ramo secco”.

Del resto è lo stesso rettore Stefano Pivato ad assicurare che si sta lavorando su entrambi i fronti: “garantendo uno sviluppo uniforme ed equilibrato di tutte le aree”, ma una cosa è sicura: all’ombra dei Torricini, l’Umanesimo non potrà che essere scientifico.

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Scienze motorie sul podio del Censis. Il preside Stocchi: “Punto sulla ricerca” http://ifg.uniurb.it/2013/05/31/ducato-online/scienze-motorie-sul-podio-del-censis-il-preside-stocchi-punto-sulla-ricerca/49200/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/31/ducato-online/scienze-motorie-sul-podio-del-censis-il-preside-stocchi-punto-sulla-ricerca/49200/#comments Fri, 31 May 2013 15:59:04 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49200 URBINO – Culla del Rinascimento, patria di Raffaello, capitale artistica e culturale. Ma nelle aule e nei centri di ricerca di un’università vecchia di 500 anni, è lo sport a far eccellere Urbino a livello nazionale. Sarà che le salite e le discese del centro storico tengono in allenamento i polmoni degli urbinati, ma la Carlo Bo è ai primi posti in Italia proprio per quanto riguarda l’attività motoria e la prevenzione della salute.

Secondo le classifiche stilate dal Censis nel 2012, la facoltà di scienze motorie di Urbino – che dovrebbe chiamarsi “scuola” dopo la riforma Gelmini – è la terza in Italia su un totale di trentadue. Nel 2011 era al secondo posto, e nel 2010 al quinto. I criteri di posizionamento si basano, ad esempio, sui tassi di regolarità dei laureati, sulla qualità degli insegnamenti, sui progetti di ricerca e sulle opportunità internazionali.

Anche la ex-facoltà di sociologia, ora ripartita in due diversi dipartimenti, è stata sul podio del Censis negli ultimi anni. Il dato però è meno significativo perché compete con un totale di quattro o cinque facoltà. “Al terzo posto in Italia? Non lo sapevo – ammette Bernardo Valli, ex preside di sociologia – e comunque ormai la facoltà è stata sotterrata”.

Vilberto Stocchi invece, preside di scienze motorie, sa bene di gareggiare per il primato italiano, e le graduatorie del Censis se le ricorda a memoria: “Per quanto riguarda la ricerca abbiamo il massimo dei punti: più della facoltà di Roma, che nel totale è la prima in classifica”. E’ consapevole anche di guidare una facoltà giovane: lui stesso, racconta, era in quella commissione di Berlinguer che diede vita alla laurea in scienze motorie come evoluzione del diploma Isef (Istituto superiore di educazione fisica). La transizione è durata dal 1999 al 2001, e meno di quindici anni sono bastati per fare dell’università di Urbino un modello esemplare nello studio dell’attività sportiva e della prevenzione.

“Abbiamo scelto di caratterizzarci per la ricerca – spiega il professor Stocchi – perché è quella che ci dà la conoscenza necessaria a migliorare la didattica”. E così l’Istituto di ricerca sull’attività motoria, nascosto in località Sasso, cela macchinari per oltre 6 milioni di euro. E per quanto riguarda le opportunità internazionali, altro criterio in cui ottiene ottimi voti dal Censis, la facoltà vanta contatti con dodici università sparse in tutta Europa: per l’anno prossimo sono in partenza 25 ragazzi.

Ma al di là dei sorrisi stampati sui depliant informativi, non mancano opinioni discordanti. Marco Torresi, di 29 anni, ha fatto la triennale e la specialistica in scienze motorie a Urbino e oggi dirige un centro di attività motoria chinesiologica e posturale a Jesi, in provincia di Ancona. “Se sono arrivato fin qui – spiega Marco – non è grazie alla laurea. Trovare lavoretti occasionali è semplice, ma se vuoi una professione riconosciuta devi fare altri corsi, altrimenti sulla carta non sei nessuno”. Un problema italiano, non solo di Urbino, che Stocchi ha a cuore: come presidente della Conferenza nazionale dei presidi di scienze motorie, e membro della Commissione in sport e salute del Ministero della salute, insiste da anni per il riconoscimento del laureato in scienze motorie, ad esempio, nella riabilitazione fisica dei pazienti dopo l’intervento del fisioterapista. Per lo sport, invece, ha firmato convenzioni con oltre 200 federazioni per permettere ai suoi studenti di acquisire brevetti a prezzi bassi.

Per chi sta ancora studiando, i problemi solo altri. Isabella Colella, rappresentante degli studenti della facoltà, è al primo anno di specialistica e si lamenta soprattutto degli spazi: le segreterie e la sede didattica sono in due parti diverse della città, d’inverno non è il massimo fare sport nei palloni, e le aule non sono sufficienti per 720 iscritti. Anche Marco, che a suo tempo studiava con “solo” altri 250 ragazzi, ricorda che a volte doveva andare ad ascoltare la lezione al cinema Ducale.

Eppure sembra che nel giro di qualche anno dovrebbe risolversi tutto: c’è chi promette in due anni di riunire la segreteria alle aule e chi di rimettere il numero chiuso. Isabella stessa ammette che l’organizzazione dell’attività sportiva e dei tirocini è ottima perché si inizia subito a fare pratica, fin dal primo anno. E per quanto riguarda gli spazi, è vero che le attrezzature migliori sono destinate all’uso esclusivo dei ricercatori, ma tra aule e palloni gli studenti possono contare su sette palestre attrezzate, e hanno pur sempre la piscina migliore della città.

Rimane da chiedersi se sia possibile esportare questo modello di eccellenza alle altre facoltà della Carlo Bo. Il rettore Stefano Pivato rimane vago: “Sono tanti i fattori che incidono sulle graduatorie del Censis. E’ inevitabile che i risultati siano diversi, ma i motivi sono molteplici”. Stocchi invece al proprio risultato ci tiene: “La credibilità si acquista con le competenze”, ci dice. E in questo caso, scalare la classifica non è solo uno sport.


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Al via concorso di idee per competitività e occupazione nelle Marche http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-notizie-informazione/al-via-concorso-di-idee-per-competitivita-e-occupazione-nelle-marche/47054/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-notizie-informazione/al-via-concorso-di-idee-per-competitivita-e-occupazione-nelle-marche/47054/#comments Tue, 14 May 2013 15:50:20 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=47054 [continua a leggere]]]> URBINO – Cercasi idee per l’innovazione del territorio: la società t33 di Ancona, che offre supporto alla Regione Marche, ha lanciato il concorso “Proponi la tua idea innovativa per le Marche” aperto a tutti i maggiorenni, italiani o stranieri, residenti o domiciliati in Italia. Le migliori proposte per la crescita della competitività e dell’occupazione della regione verranno prese in considerazione nell’elaborazione della Strategia per la ricerca e l’innovazione per la Smart Specialisation (specializzazione intelligente) delle Marche. Le prime due della classifica riceveranno in premio un tablet e uno smartphone.

L’obiettivo della Regione è quello di poter beneficiare dei fondi europei destinati allo sviluppo del territorio, dedicati alle zone che attraverso un Piano per la ricerca e l’innovazione, si propongono di rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e migliorare l’accesso, l’uso e la qualità dell’Ict (tecnologie dell’informazione e della comunicazione).

Per partecipare, bisogna presentare la propria idea entro il 31 maggio, compilando la scheda sul sito di t33. La giuria sceglierà e premierà i vincitori entro giugno. I criteri di valutazione sono l’originalità, i vantaggi, la possibilità di attuazione e l’impatto socio-economico e ambientale del progetto.

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Lotta ai tumori con il maltolo: così collaborano ateneo e ricerca http://ifg.uniurb.it/2013/04/17/ducato-online/lotta-ai-tumori-con-il-maltolo-cosi-collaborano-ateneo-e-ricerca/43438/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/17/ducato-online/lotta-ai-tumori-con-il-maltolo-cosi-collaborano-ateneo-e-ricerca/43438/#comments Wed, 17 Apr 2013 09:06:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=43438 URBINO – Se inventi, scopri, crei qualcosa di nuovo e innovativo, l’università ti accompagna passo dopo passo, fino al brevetto e oltre. Come è successo ai  professori  e ricercatori  dell’università di Urbino, Vieri Fusi e Mirco Fanelli,  che ieri pomeriggio hanno raccontato la storia della loro scoperta  nel corso del seminario “Dalla ricerca al brevetto”.

Nell’aula G del campo scientifico “Mattei”, di fronte a studenti, dottorandi e docenti, hanno ripercorso le tappe rivelatrici delle proprietà antitumorali delle molecole di maltolo e descritto  le strade che i due hanno percorso per arrivare al brevetto nazionale.

“I due ricercatori – ha spiegato Francesca Martinuzzi, responsabile del  Knowledge Transfer Office dell’università di Urbino – hanno ceduto all’università il loro brevetto al costo di zero euro e l’università, di conseguenza, si è fatta carico di tutte le spese necessarie a fargli ottenere  altri riconoscimenti e ulteriori risultati nella ricerca. A loro, ovviamente, è destinata la metà di ogni guadagno che l’università ricaverà dalla vendita e dalla gestione del brevetto”.

L’ulteriore passaggio di questo processo di knowledge transfer (trasferimento di conoscenza) è quello che coinvolge le industrie e, nel caso specifico, le case farmaceutiche.

“L’università – ha aggiunto la Martinuzzi – non ha i fondi per sostenere ad interim le ricerche, le annualità dei brevetti e gli  investimenti. C’è bisogno che subentri un interessato esterno che acquisti a sua volta la scoperta, si faccia carico delle spese e renda agli inventori e ai soggetti intermedi una percentuale minima che viene stabilita in fase di accordo.  Solitamente non supera il 10-15%”.

Si tratta di un vincolo che riguarda anche casi di scoperte d’interesse globale, come quelle relative alla cura per il cancro: “Se non troviamo un appoggio industriale – ha spiegato il professor Mirco Fanelli – queste molecole potrebbero sparire così come sono nate”.

Quali sono quindi i vantaggi di un brevetto? “Prima di ottenere il riconoscimento – aggiunge Fanelli – nessuno si sarebbe interessato alle scoperte e alle ricerche. Ciò che è cambiato da un punto di vista pratico riguarda solo la frequenza delle telefonate. Il lavoro e la passione in laboratorio sono sempre gli stessi”.

Dopo il brevetto nazionale, i due ricercatori di Urbino aspettano  di progredire nella ricerca: “Grazie alla collaborazione con l’istituto Rizzoli di Bologna, abbiamo potuto ricreare in laboratorio  formazioni tumorali su topi vivi, sperimentando così in vivo l’efficacia delle molecole di maltolo: il risultato è stato molto soddisfacente perché non solo le masse si sono ridotte del cinquanta per cento, ma abbiamo anche osservato un rallentamento della proliferazione cellulare e quindi anche delle cellule tumorali. Si tratta di risultati importanti che pubblicheremo a breve e attraverso i quali speriamo di poter arrivare a una diffusione farmaceutica di  questa scoperta”.

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