il Ducato » ricercatori http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » ricercatori http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Appesi al bando Sir: 18 ricercatori della Carlo Bo aspettano risposte http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/appesi-a-un-bando-18-ricercatori-della-carlo-bo-aspettano-risposte/66041/ http://ifg.uniurb.it/2015/02/24/ducato-online/appesi-a-un-bando-18-ricercatori-della-carlo-bo-aspettano-risposte/66041/#comments Tue, 24 Feb 2015 09:50:59 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=66041 URBINO – Sono 18 i ricercatori e gli assegnisti dell’Università di Urbino vittime delle lungaggine della burocrazia italiana. L’epopea del bando Sir, il programma “Scientific Indipendence young Researchers“, non ha fine: dopo oltre un anno dal lancio non è ancora terminata la prima fase di valutazione dei progetti. L’iniziativa, basata sul modello degli Starting grants europei, finanzierà per un totale di 47 milioni di euro i migliori progetti presentati dai dottorati italiani under 40. Ma la scelta dei vincitori tra i 5250 partecipanti sembra piuttosto lontana.

A pagare le conseguenze dell’inefficienza c’è anche Manolo Farci, al terzo anno di assegno di ricerca in un gruppo di social media analysis di Urbino. “La mia situazione è drammatica: a 36 anni mi trovo con scarsissime possibilità di entrare in università. Il bando Sir è la mia unica salvezza: diversamente o vado all’estero o cambio strada”. Farci, dottorato nel 2010 in Comunicazione e nuove tecnologie alla Iulm di Milano, rischia di non poter partecipare ad un nuovo bando Sir. Di quello del 2015 non si ha traccia, se ne uscisse uno nel 2016 sarebbe forse troppo tardi: una delle condizioni per partecipare è quella di essersi dottorato non più di sei anni prima dell’uscita del bando.

“Secondo quanto scritto le proposte dovevano essere valutate da professori e ricercatori di tutta Europa selezionati dall’European research council (Erc). Ma a luglio hanno fatto sapere che non era possibile: solo a ottobre si sono insediate le commissioni di valutazione composte da italiani” ha raccontato Mario Orefice, 29enne con alle spalle un dottorato in Sociologia della comunicazione e ora assegnista ad Urbino. “C’è stato il classico scaricabarile per i ritardi tra il ministero della Ricerca (Miur) e l’Erc: di fatto abbiamo perso sette mesi solo per questo. Sono piuttosto preoccupato, ora sono al secondo anno di un assegno di ricerca ma a maggio finirà: l’unica possibilità per ora è il bando Sir, ma se non escono i risultati, l’unica sicurezza saranno alcuni mesi senza stipendio” ha continuato l’esperto di comunicazione.

Il popolo dei precari della ricerca però non demorde. Il 12 febbraio un gruppo di 400 giovani ha inviato al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini una lettera per sollevare il caso. Il 19 febbraio, dopo l’ennesima comunicazione sul sito del Miur di un’imminente fine delle valutazioni, è partito un tweetbombing con l’hashtag #albandolaricerca, indirizzato al ministro Giannini e al premier Matteo Renzi. L’unica risposta è stata un nuovo comunicato stampa con la promessa di terminare tutti gli step entro aprile 2015. Intanto il 23 febbraio è arrivata una nuova comunicazione: tra venerdì prossimo e il 2 marzo si riuniranno i Comitati di selezione per terminare la prima fase valutazione. Il primo passo di un cammino che sembra ancora molto lungo.

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Ricerca, la molecola dei gamberi aiuta i farmaci: premiato l’urbinate Casettari http://ifg.uniurb.it/2013/06/05/ducato-online/ricerca-la-molecola-dei-gamberi-aiuta-i-farmaci-premiato-lurbinate-casettari/49950/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/05/ducato-online/ricerca-la-molecola-dei-gamberi-aiuta-i-farmaci-premiato-lurbinate-casettari/49950/#comments Wed, 05 Jun 2013 10:27:23 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49950 LEGGI Dagli Stati Uniti nuovi macchinari per Uniurb]]>

Luca Casettari premiato dal presidente di Euchis, Sevda Şenel

“E’ come una macchina che porta il farmaco nella strada giusta, nella zona dove serve e lo rilascia più a lungo”. Così Luca Casettari, 32 anni, ricercatore con contratto a progetto della “Carlo Bo” originario di Cagli, spiega così l’azione del chitosano, la molecola polimerica presente nella corazza dei crostacei come il gambero. La ricerca gli è valsa il riconoscimento dell’ European Chitin Society: il Braconnot prize.

Casettari ha ampliato la ricerca su questa molecola zuccherina basata sulla glutammina,  importante perché potenzia e “aggiusta la mira” dell’azione delle medicine.

Una tecnologia applicabile a molte categorie di farmaci, dalle pillole agli spray, dagli antitumorali agli analgesici, che gli ha assicurato la vittoria dei 1200 euro messi in palio dall’associazione internazionale Euchis e il prestigio di esporre le proprie scoperte a una conferenza internazionale che si è tenuta il mese scorso in Portogallo.

L’uso del chitosano era già noto: l’esercito americano lo utilizzava nella cura delle ferite da taglio perché è utile nella ricostruzione dei tessuti, e molte aziende farmaceutiche hanno già avviato una ricerca su questo prezioso polimero.

Lo studio di Casettari, però, è andato oltre, progettando una vera e propria “struttura” che aiuti a veicolare il farmaco nel corpo per colpire con efficacia la patologia, evitare la dispersione dell’azione farmacologica e ridurre considerevolmente gli effetti collaterali.

Luca Cassettari lavora al Dipartimento di scienze biomolecolari della scuola di farmacia a Urbino, insegna tecnologie e legislazione farmaceutica alla ‘Carlo Bo’, e ha un contatto di co.co.pro.

E’ un ricercatore di eccellenza ma, come spesso accade, anche un ricercatore precario. Ogni anno deve lottare per trovare i fondi che servono a proseguire le sue ricerche, portando risultati ben superiori – come testimonia il premio internazionale ricevuto – agli investimenti che il sistema italiano assegna all’università di Urbino e, quindi, ai suoi ricercatori.

Dato che lui è uno specialista, gli abbiamo chiesto di trovare l’ “antidoto” a questa malattia tutta italiana.

“Non solo ci vorrebbero più fondi per la ricerca – ha detto lo studioso – ma la distribuzione e l’assegnazione dei contributi dovrebbe essere meglio gestita: le attività dovrebbero essere sottoposte a controlli più rigidi e i giovani che iniziano le proprie ricerche andrebbero incentivati”.

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Ricercatrici precarie in cattedra alla “Corte di Battista” http://ifg.uniurb.it/2013/06/05/ducato-online/ricercatrici-precarie-in-cattedra-alla-corte-di-battista/49764/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/05/ducato-online/ricercatrici-precarie-in-cattedra-alla-corte-di-battista/49764/#comments Wed, 05 Jun 2013 08:53:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=49764

Elisa Montironi, ricercatrice ‘precaria’

URBINO – Hanno intorno ai 30 anni, sono ricercatrici con contratti che durano, se va bene, per un anno e parlare di futuro per loro è quasi un’utopia. Sono per la maggior parte del tempo nei loro laboratori ma da giovedì 6 giugno, alla Sala del Maniscalco a Urbino, saliranno in cattedra e saranno le ‘duchesse’ protagoniste “alla corte di Battista“.

Quattro tavole rotonde durante i quali sei ricercatrici ‘precarie’ dell’Università di Urbino presenteranno al pubblico le loro attività e i loro lavori riguardo a temi di attualità. “Il nostro obiettivo è quello di dare visibilità alle ragazze – spiega la professoressa Laura Chiarantini, delegato per il Rettore alle Pari Opportunità e organizzatrice dell’evento – cercando anche di abbinare tematiche diverse apparentemente distanti ma che mirano a sviluppare il dibattito, anche con i non addetti ai lavori”.

La situazione attuale, spiega Sara Biagiotti, una delle protagoniste degli incontri, è “una giungla, ma nostante i pochi mezzi, le risorse quasi a zero e le poche prospettive future di vita o di carriera, a spingerci resta sempre la passione, la voglia di realizzare i nostri sogni, la testa ma soprattutto il cuore”.  Sara ha 31 anni e da sette è una ricercatrice ‘precaria’ nel Dipartimento di Scienze biomolecolari con una borsa di studio a progetto ottenuta dopo il dottorato. Avrebbe dovuto ricevere, come da consuetudine,  un assegno di ricerca più dignitoso in termini economici ma, a causa della scarsità di fondi, ne sono concessi solo 10 all’anno. Lei , come la maggior parte degli altri 131 ricercatori all’università, dei quali 47% sono donne, ha un futuro precario e spesso neanche tutti i contributi pagati.

Il primo incontro inizierà alle 21 e avrà come tema la ‘Migrazione di donne e uomini e dei loro saperi’ e a intervenire saranno docenti e le ricercatrici Athanasia Andriopoulou ed Elisa Montironi.

Athanasia ha 35 anni, è venuta in Italia dalla Grecia 15 anni fa per studiare e dopo un master a Roma e un dottorato a Genova ora è una ‘contrattista‘, ovvero ha un contratto di ricerca a tempo determinato, rinnovato ogni tre, sei mesi o un anno. “Le difficoltà sono le stesse per tutti i precari, ma essere donna rende tutto più complicato: la natura stessa della nostra femminilità viene messa in secondo piano per la carriera e con essa tutte le esigenze naturali, biologiche, come avere dei figli – spiega la dottoressa Andriopoulou –  pensare di avere un figlio per me sarebbe un suicidio perché non sarei in grado di mantenerci con continuità”.

“Il morbo della precarietà è quello di precludere i giovani ad avere un futuro – sostiene Elisa Montironi, 30 anni, ricercatrice contrattista per un anno alla Scuola di lingue e mamma di un bambino di quasi tre anni – ma lo sbaglio è anche quello di pensare alla famiglia come un peso, in realtà il lato umano è molto importante  per la realizzazione della persona sia a livello sociale che professionale”.

Elisa dice di essere fortunata perché riesce ad andare avanti grazie al lavoro del marito e al sostegno della famiglia: “Capisco che per due ricercatori sarebbe impossibile avere una famiglia, ma mio figlio, quando lo guardo, mi ricorda ogni giorno che devo essere responsabile per il nostro futuro e quello della collettività, lui mi spinge a fare di più, a fare bene il mio lavoro e a cercare di essere il più possibile utile alla società”.

Nei giovedi successivi, il 13, il 20 e il 27 giugno, ci saranno gli altri incontri/dibattiti sui temi quali farmacologia e bioetica (interverrano Sara Biagiotti e Monia Andreani) , i ruoli delle donne come imprenditrici e accademiche (tenuti da Annalisa Sentuti e Angela Genova) e per concludere una relazione sulla natura, amica o matrigna, con una fisica terrestre, Gabriella Ruggieri, del Dipartimento di Scienze di base e fondamenti, e la psicologa Grazia Maria de Rugeriis.

“La situazione è critica, e non solo in Italia – continua la dottoressa Montironi –  non ci sono i fondi e quindi non c’è la possibilità di ragionare al futuro perché sarebbe demotivante ma gioiamo delle piccole mete quotidiane: sentire di essere utili ci aiuta ad andare avanti”.

 

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‘Cervelli in fuga’ tornati in Italia rischiano il posto di lavoro: manca un decreto del Miur http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-online/cervelli-in-fuga-tornati-in-italia-rischiano-il-posto-di-lavoro-manca-un-decreto-del-miur/46892/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-online/cervelli-in-fuga-tornati-in-italia-rischiano-il-posto-di-lavoro-manca-un-decreto-del-miur/46892/#comments Tue, 14 May 2013 08:05:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=46892 URBINO – ‘Cervelli in fuga’ tornano in Italia con la speranza di non dover ripartire, spinti dalla promessa di un lavoro sicuro, per poi correre il rischio di cadere di nuovo nell’incubo del precariato. È quello che sta succedendo a molti ricercatori italiani che, impiegati con contratti stabili in prestigiose università estere, hanno scelto di rientrare in patria cogliendo le opportunità ideate per loro dai nostri governi.

Sono ingegneri, chimici, biologi ma anche economisti e giuristi e lavorano nelle università di tutta Italia, anche alla Politecnica delle Marche. Hanno alle spalle anni di studio, titoli accademici, pubblicazioni ed esperienze lavorative internazionali. Curriculum importanti, forse anche troppo, per trovare lavoro in un paese come il nostro dove ogni anno sono oltre 30.000 i cervelli in fuga.

Per riportarli a casa nel 2001 il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca ha elaborato il programma “Rientro dei cervelli” che poi nel 2009, cambiando nome e regole, è diventato“Giovani ricercatori Rita Levi Montalcini”. Doppia la finalità: ai ricercatori la possibilità di lavorare nel paese d’origine, allo Stato la possibilità di contare su alta formazione e competenze specifiche.

Il ricercatore, al quale come prerequisito era richiesto lo svolgimento dell’attività di ricerca all’estero per almeno tre anni, poteva partecipare presentando un progetto che, dopo essere stato esaminato da una commissione di accademici ed esperti esterni, veniva finanziato totalmente dal Miur. Ai ricercatori vincitori del programma veniva offerto un contratto a tempo determinato “per lo svolgimento esclusivo e a tempo pieno dell’attività didattica e di ricerca” da svolgere in un ateneo a scelta. Durata del contratto: tre anni, prorogabile per alti tre.

Peccato, però, che della sorte dei contratti in scadenza non si sappia ancora nulla. Non lo sanno i 23 ricercatori del programma Montalcini. Rientrati in Italia con i loro progetti tra il 2010 e il 2011 aspettano solo che il ministero si pronunci sul rinnovo dei finanziamenti. “Agli inizi di aprile è stata approvata la bozza di un decreto per il Fondo finanziamento ordinario dell’università che prevedeva finanziamenti sia per consentire il rinnovo dei contratti dei ricercatori sia per la successiva stabilizzazione. Ma da allora non ho più notizie”, spiega un dottore di ricerca dell’Università Politecnica delle Marche, aggiungendo: “So che la bozza è stata inviata alla Corte dei Conti per la revisione, ma non sappiamo se e quando verrà approvata e, soprattutto, se la versione definitiva resterà quella di partenza”. Il ricercatore all’ateneo di Ancona condivide la stessa sorte con un’altra collega.

Un particolare importante, perché se la bozza provvisoria diventasse legge si aprirebbe una duplice possibilità per l’università che da un lato riceverebbe la copertura finanziaria per rinnovare per altri tre anni i contratti finalizzati ai progetti, dall’altro beneficerebbe di un cofinanziamento ministeriale per la stabilizzazione dei ricercatori. “Un canale specifico per le assunzioni a tempo indeterminato che esiste dal 2005 (legge Moratti, la numero 230 del 2005 art. 1 comma 9), – spiega il ricercatore del Politecnico – il Miur versa il 95% dei contributi, dando la possibilità all’università di stabilizzare il personale a costo zero, cioè senza intralciare i rinnovi contrattuali di chi già lavora nell’ateneo”. La possibilità di un’assunzione a tempo indeterminato, quindi, si lega in modo imprescindibile al decreto in versione definitiva: “Se verrà confermata la bozza provvisoria l’università avrà anche una convenienza economica a stabilizzarmi, ma se questo non si verificasse, probabilmente, all’università non converrebbe”.

E a questo punto cosa fare? Fuggire di nuovo. “Lavoro in un settore che suscita molto interesse in tanti paesi dell’Europa continentale, soprattutto Francia e Germania, ma prima di tornare sul mercato estero vorrei essere sicuro che qui non è possibile restare”. Tutto dipende da quello che deciderà il ministero e dai tempi in cui queste decisioni verranno prese. “Mi piacerebbe poter programmare il mio futuro al di là di una scadenza contrattuale, ma se questo non fosse possibile si tratta di fare ciò che ho già fatto due anni fa: tornare nel mercato internazionale”.

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Università e lavoro: presentato progetto per startup di Confindustria http://ifg.uniurb.it/2013/02/26/ducato-notizie-informazione/universita-e-lavoro-presentato-progetto-per-startup-di-confindustria/36288/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/26/ducato-notizie-informazione/universita-e-lavoro-presentato-progetto-per-startup-di-confindustria/36288/#comments Tue, 26 Feb 2013 18:22:47 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=36288 [continua a leggere]]]> URBINO – Non denaro, ma progetti e visibilità per conquistare finanziatori: Confindustria ha presentato questo pomeriggio nell’aula magna del rettorato dell’università di Urbino il progetto “E se funzionasse?”, dedicato alle nuove imprese: le ‘startup’. Ideato dal Gruppo giovani imprenditori di Confindustria Pesaro e Urbino e patrocinato dalla Provincia e dall’Università.

Si tratta di un concorso di idee che permetterà ai giovani, ai ricercatori, ai dottorandi di scoprire se i loro progetti abbiano un reale riscontro sul mercato e di proporsi come partner di altre idee. La scadenza per la presentazione delle proposte è fissata al 3 maggio. I primi cinque progetti selezionati saranno presentati a settembre di fronte a una platea di possibili investitori e sponsor.

“Si tratta di un’iniziativa- spiega Federico Ferrini, Presidente del Gruppo GI – che spinge i giovani a creare nuove imprese partendo da un’idea. Noi ci impegneremo a sostenere il vincitore nel percorso di pianificazione aziendale e di proposizione del progetto. Lo metteremo in contatto con imprese del settore e in particolare con Società di gestione del risparmio che potrebbero quindi finanziarlo e guidarlo nella fase di start up fino a che questa non abbia la forza di prendere il volo autonomamente”.

Per Francesca Martinuzzi, responsabile del Knowledge Transfer Office dell’ università di Urbino, è uno sbocco per gli spin off,  progetti che, partendo dalla ricerca universitaria, possono diventare vere e proprie imprese. L’Ateneo ne ha attivati diversi in passato”.

Nel campo delle start up innovative, il Decreto sviluppo bis il Governo ha previsto agevolazioni sia per le nuove industrie che per gli aggregatori di start up e spin off.

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