il Ducato » satira http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » satira http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Fermignano, al parco Ferretti l’arte povera fa satira politica http://ifg.uniurb.it/2014/01/22/ducato-online/fermignano-al-parco-ferretti-larte-povera-fa-satira-politica/55357/ http://ifg.uniurb.it/2014/01/22/ducato-online/fermignano-al-parco-ferretti-larte-povera-fa-satira-politica/55357/#comments Wed, 22 Jan 2014 16:10:45 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=55357 parco2FERMIGNANO – Un bidone che serve per far macerare lo sterco di cavallo, con sopra la scritta “La politica italiana”. Poco più in là, una pressa arrugginita che serviva a stampare la ceramica e un mattone, fatto in una fabbrica di Urbania, con l’impronta di una mano. Titolo dell’opera? “Pressione fiscale” Sono solo alcuni dei lavori che Alfredo Ferretti ha raccolto nel parco della sua villa Ca’ Maria Teresa, a Serra Alta di Fermignano.Tutti esempi di arte povera, installazioni realizzate dai suoi amici artisti con soli materiali riciclati e accomunate da un unico obiettivo: fare satira politica.

Pressione fiscale – Non mettere le mani in tasca agli italiani” è il nome dell’installazione composta dalla pressa e dal mattone con l’impronta. “Se eri simpatico al capocantiere – racconta Alfredo –  ti faceva lasciare l’impronta sui mattoni di ceramica ancora fresca”. E così quel pezzo di ricordo oggi è diventato parte di un’opera d’arte.

Tutte le opere rispondono a delle regole ben precise: “Devono essere rigorosamente realizzate con materiali di scarto – spiega Alfredo – alcuni dei quali recuperati anche da me. Ho poi chiesto agli autori di non firmarsi e di non pretendere nessun compenso“. L’idea di dedicare l’intero parco all’arte povera è maturata piano piano, aiutata anche da una serie di causalità: “Nel 2012 un amico mi ha chiesto di andare a ritirare una sua opera, io gli ho detto sì ma a patto che poi potessi tenerla e lui ha accettato”. Così, nel giardino di Ca’ Maria Teresa, sono arrivate le “Ali della libertà” e nel frattempo Alfredo ha stilato una lista dei temi politici che più lo hanno colpito. Questi temi, affidati alla mano e alla creatività di molti amici artisti, sono diventati i titoli delle installazioni che colorano il “Parco Pacifico Ferretti”. Le opere sono spesso pungenti e assimilano la politica al massimo esempio di immoralità: “Molte hanno fatto indignare i perbenisti”, racconta con un evidente grado di soddisfazione.

La ceramica è uno dei materiali più presenti nel parco di Ca’ Maria Teresa, dove in realtà si trova un po’ di tutto. In un angolo sono raccolti dei cocci di vecchi vasi e pezzi di legno, nascosti dietro la scritta “L’Aquila 6 aprile 2009?”. Dall’altro lato del giardino ci si imbatte in un oggetto anomalo, “pieno di buchi che erano usati per lasciar colare i polli a testa in giù dopo che venivano uccisi in un ristorante”, racconta Alfredo. E oggi questo vecchio pezzo di metallo si chiama “Buchi di bilancio”. In tutte le opere i riferimenti politici sono immediati e facilmente intuibili, come nel “Porcellum”: un contenitore di ceramica che veniva usato per cuocere l’arista. Oppure in “Stelle con lacrime di sangue”, un dipinto dedicato al movimento di Beppe Grillo. Dai corsi e ricorsi della politica all’ultima attualità, le installazioni non se ne sono persa una. Nemmeno l’ultima discussa tassa sui rifiuti: un cestino dell’immondizia è diventato un’opera intitolata “Ci mancava la Tares”.

Passeggiando tra le opere ci si può sedere su due assi di legno attorno a un tavolo dello stesso materiale, ma in realtà anche questi costituiscono una delle installazioni. Tavolo e panche si intitolano “La bouvette” – in riferimento al lussuoso ristorante frequentato dai parlamentari – e l’opera prende spunto da un’osteria toscana. “A Poggibonsi c’è un locale che si chiama ‘La Bisbocceria’ – racconta Alfredo – dove si incontrano le persone più strane di questo mondo”.

Il parco Pacifico Ferretti – Arte e Politica povere” – in cui sono raccolte le opere – Alfredo lo ha intitolato a suo nonno e dedicato ai tre nipotini, che però per adesso preferisce tenere alla larga dalle installazioni che colleziona e soprattutto dalla politica italiana. Lo spazio è stato inaugurato lo scorso 9 novembre, quando Alfredo ha presentato agli ospiti tutte le creazioni che i suoi amici artisti hanno realizzato per lui.

 

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La vignetta di Sergio Staino con dedica al Ducato http://ifg.uniurb.it/2013/12/02/senza-categoria/la-vignetta-di-sergio-staino-con-dedica-al-ducato/52677/ http://ifg.uniurb.it/2013/12/02/senza-categoria/la-vignetta-di-sergio-staino-con-dedica-al-ducato/52677/#comments Mon, 02 Dec 2013 12:09:43 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=52677 [continua a leggere]]]> URBINO – Sergio Staino ospite di pagina 16 dell’ultimo  Ducato . Il celebre disegnatore ha donato alla nostra redazione la sua vignetta con protagonista Papa Francesco, già pubblicata sul Venerdì di Repubblica. Una dedica speciale per una vignetta da antologia.

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Sergio Staino al Ducato: “La satira, il fumo negli occhi dei potenti” http://ifg.uniurb.it/2013/11/26/ducato-online/sergio-staino-al-ducato-la-satira-il-fumo-negli-occhi-dei-potenti/51944/ http://ifg.uniurb.it/2013/11/26/ducato-online/sergio-staino-al-ducato-la-satira-il-fumo-negli-occhi-dei-potenti/51944/#comments Tue, 26 Nov 2013 12:21:01 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51944 Ducato racconta la sua passione per il disegno: com'è nata e come è maturata negli anni
La vignetta dedicata al Ducato]]>
stainoURBINO – “La satira è la cartina di tornasole di tutte le democrazie”,  afferma convinto il vignettista e scrittore Sergio Staino che da anni con i suoi disegni ironici e disarmanti porta a galla le contraddizioni del nostro Paese. Giovedì 28 novembre sarà a Urbino nell’aula magna del rettorato per partecipare all’evento ExtraFestival con una lezione dal titolo “Una, nessuna e centomila. L’altra verità: quella della satira”. Al Ducato ha raccontato come è riuscito a trasformare la  passione per il disegno nel lavoro della sua vita rimanendo sempre fedele ai suoi ideali.

Come ha iniziato a disegnare?
Ho iniziato grazie a mia madre. Viveva in un paesino che non conosceva, con un marito in guerra e un bambino piccolo. Ricordo questi inverni lunghi e freddi, io e lei da soli in una casa piccolissima. Quando ha finito di leggermi tutti i libri che avevamo in casa, verso i tre anni ha iniziato a farmi copiare le figure e le immagini. Così ho associato il disegno alla gioia di avere una mamma tutta per me. Piano piano disegnare è diventato un bisogno continuo, una panacea per tutte le angosce, una specie di droga. Anche da grande quando avevo un problema correvo a prendere un foglio. Ma ho scoperto tardi che il disegno poteva diventare il lavoro della mia vita.

Bobo è il personaggio che l’ha resa celebre. A cosa si è ispirato?
L’ispirazione è venuta dalle mie radici toscane, laiche. Non è un caso che la maggior parte dei comici sono toscani: abbiamo una propensione all’autoironia. L’ho bevuta insieme al latte materno.  Bobo si ispira anche ai fumetti di Paperino scritti da Carl Barks. Da piccolo leggevo le storie di questo  papero: si muoveva nel mondo con ottimismo nonostante tutte le disavventure che gli capitavano e le frustrazioni della vita. L’ho amato così tanto. Ho capito allora che il fumetto era un linguaggio di serie A, diretto a tutti, non solo ai più piccoli. Oggi, posso dire che Bobo mi assomiglia.

Come sono cambiate le sue vignette nel tempo?
All’inizio scrivevo strisce ispirate a Charlie Brown. Erano quattro quadratini in fila: inizio, svolgimento, tempo comico e battuta finale. Tutto questo non mi bastava, volevo storie più lunghe. Quando Furio Colombo ha iniziato a dirigere l’Unità nel 2000 mi ha proposto di disegnare la vignetta in prima pagina. Sono un logorroico, mi perdo a raccontare i dettagli, ma ho dovuto riassumere tutto il mio pensiero in un unico disegno. Oggi nessun giornale ti lascia spazio per una striscia. Siamo nell’epoca dei 140 caratteri, dell’immediatezza. Però anche una sola vignetta ha la sua efficacia.

La satira secondo lei è “l’ultima verità”?
La satira svolge un ruolo importantissimo in ogni democrazia. Non è un caso che tutti i poteri vogliono controllarla. Il loro obiettivo è diffondere certezze e sicurezze: la satira invece le demolisce. Il riso viene visto come fumo negli occhi dei potenti. La vera missione della satira è quella di essere seminatrice di dubbi. Il suo compito non è omaggiare, ma guardare dietro le apparenze, guardare con uno sguardo diverso. In questo senso è l’ultima verità.

Le sue vignette sono mai state censurate?
Il rischio maggiore per un vignettista non è la censura esterna, ma quella interna. Non credo a chi dice che la sua visione del mondo è sopra le parti. Quando disegno sono influenzato da quello che sono, dalla mia storia. Facendo vignette che riguardano la  parte politica a me più vicina, a volte ho avuto la tentazione di stemperare la verità dei fatti. Cerco sempre di resistere e nel 90% dei casi ci riesco. Altrimenti non farei un favore ai miei lettori ma neanche a me.

Chi è stata la persona che si è arrabbiata di più per le sue vignette?
Sono due: Bettino Craxi e Massimo D’Alema. Sono sempre contento di far arrabbiare qualche politico, è un segnale piacevole, sono soddisfazioni. Danno importanza al mio lavoro. Con D’Alema poi c’è un rapporto di amore e odio: quando faccio qualche vignetta su di lui poi non mi parla per settimane.

 Quale è la vignetta a cui è più legato?
Sono tutte quelle che portano a galla convinzioni nascoste o situazioni minoritarie di cui nessuno parla. Come quella che ho disegnato sulla condizione della donna e sui talebani in Afghanistan. Un’altra a cui sono molto legato è quella in cui Bobo tiene in braccio sua figlia Ilaria morta e rivolgendosi al governo cinese dice: “Bel lavoro compagno”. Era il periodo delle rivolte di Tienanmen. Il comunismo stava ammazzando i nostri figli. Mentre la disegnavo piangevo. Grazie al mio lavoro ho la possibilità di raccontare fatti tristi aggiungendo l’elemento satirico che crea un legame empatico con il lettore. Di questo vado molto orgoglioso.

Lei si è occupato anche di televisione, teatro e ha scritto libri.
Di occasioni nella vita ne ho avute tante. Ho imparato linguaggi diversi: sono stato regista, ho fatto corrispondenze giornalistiche, ho scritto romanzi, ma non mi sono mai sentito completamente a mio agio. Ho ricevuto più di quanto ho dato e ho avuto la possibilità di sperimentare. La mia passione però rimane il disegno anche se con la malattia che ho, la retinopatia, non è facile continuare a farlo. Non vedo quasi più nulla, la mia situazione è drammatica. Per fortuna la tecnologia mi aiuta molto: ho un grande touchscreen e una penna elettronica che mi permette di disegnare. Venti anni fa sarei stato per sempre fuori gioco. Prima impiegavo cinque minuti per fare una vignetta, ora cinque ore ma infondo sono fortunato: ho conosciuto ragazzi che hanno la mia stessa malattia. Io posso ancora fare questo lavoro ricordando il mondo che ho conosciuto. Probabilmente non rimarrò in vita tanto per vedere i progressi della ricerca anche grazie alle cellule staminali ma le nuove generazioni hanno questa speranza.

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Notizie disegnate: per gli illustratori un futuro dal tratto incerto http://ifg.uniurb.it/2013/04/13/ducato-online/notizie-disegnate-per-gli-illustratori-un-futuro-dal-tratto-incerto/42637/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/13/ducato-online/notizie-disegnate-per-gli-illustratori-un-futuro-dal-tratto-incerto/42637/#comments Sat, 13 Apr 2013 17:04:34 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=42637 Affettare libri, volare via dalla propria mente con un palloncino, stendere un telo con un cielo azzurro in una stanza grigia: nel mondo dell’illustrazione tutto è possibile. Ad una condizione, però: che dietro al disegno si nasconda sempre, nuda e cruda, la realtà.

Ma quanto è difficile la vita per chi ha scelto di raccontare il mondo con matita e colori? “Gli illustratori a tempo pieno in Italia – dichiara Dario Albini ex presidente dell’Associazione illustratori italiani – sono 600 mentre i ‘simpatizzanti’, cioè tutti gli appassionati non professionisti del disegno, sono circa 4000”.

Negli anni, però, sono diminuiti i professionisti del settore: “E’ sempre più difficile campare facendo solo l’illustratore”. Se l’85% degli autori disegna per l’editoria dell’infanzia, “il mondo del giornalismo illustrato in Italia – afferma Dario Albini – occupa solo una piccola fetta, visto che i quotidiani preferiscono le fotografie”.

“Ho sempre disegnato anche da bambino. Mio papà dipingeva per passione: nei weekend la cucina si riempiva di colori”: è stata questa la prima ispirazione che ha fatto di Beppe Giacobbe un illustratore di successo. Pubblicato in cinque nazioni, in Italia collabora con diverse case editrici e testate giornalistiche, tra cui l’inserto culturale “La lettura” del Corriere della Sera. Un lungo percorso iniziato con la cartella degli originali sotto il braccio, quando bastava aprire il proprio portfolio o fare una decina di telefonate per farsi commissionare un lavoro. Oggi tutto è cambiato.

Se gli stipendi fissi sono rari, non è raro trovare giovani promettenti. E’ a loro che Beppe Giacobbe consiglia di mettersi in gioco, soprattutto sul web. “Qualche anno fa, immaginare di lavorare per editori stranieri era quasi impossibile – afferma l’illustratore – dagli anni ’90 in poi, invece, tutto è diventato più facile: la rete ha gettato ponti, ha allargato il mercato”.

Ma cosa possono fare i giovani oltre a puntare sulla tecnologia? Scommettere su se stessi, elaborando uno stile personale che li renda unici agli occhi degli editori. “Aprire la mente, leggere, andare al cinema, arricchirsi, guardare al lavoro di quelli più bravi: sono tutti modi – spiega Giacobbe – per acquisire consapevolezza di quello che si è e di quello che si vuole esprimere. E’ su questo che si forma lo stile”.

È necessario, dunque, creare un archivio culturale dal quale attingere le proprie idee. Tratteggiate sul foglio, e senza l’aiuto di parole, queste idee saranno poi capaci di spiegare la realtà, più di qualsiasi testo. “L’immagine illustrata è un’immagine che diventa a sua volta un commento, è un punto di vista”, afferma Giacobbe. Ma è insostituibile: “E’ quel tipo di linguaggio che nessuna fotografia può eguagliare”.

illustrazioni di Roberto La Forgia e Dario Campagna

La nicchia degli illustratori non è fatta solo da mostri sacri del disegno ma anche da ragazzi giovani, pieni di talento e di tecnica. Tra loro c’è chi coltiva da sempre questa passione come Roberto La Forgia, conosciuto all’estero per le sue illustrazioni, e chi invece ha iniziato a cimentarsi di recente nel disegno.

Uno di questi è Dario Campagna, ‘killer della satira’ e redattore della rivista satirica “Il Male di Vauro e Vincino”. “Ho iniziato come giornalista poi sono passato al disegno – afferma Campagna – mi considero un allievo di Vincino. Sono d’accordo con lui quando dice: ‘Se nella prima pagina di un giornale c’è una vignetta stai sicuro che l’occhio cadrà sempre prima su quella che sul testo’. D’altronde il disegno è la prima forma di comunicazione umana”.

Ma nell’epoca dei social network, dove tutto è veloce e condivisibile, c’è ancora tempo per soffermarsi sulle immagini? Secondo La Forgia, no: “Ormai le immagini non dicono più nulla agli utenti. Bisognerebbe insegnare a comprenderle ai bambini nelle scuole”. Al contrario Dario Campagna crede che l’utente preferisca le immagini a tutto il resto: “Le persone non hanno più tempo di leggere un pezzo di approfondimento. L’immediatezza nelle vignette è fondamentale”.

illustrazione di Beppe Giacobbe

Bisogna, quindi, cercare di essere incisivi. Ma è uno sforzo che spesso non viene ripagato. Ogni mese i disegnatori freelance devono scovare nuovi clienti a fronte di bassi compensi, per via delle vendite scarse di libri e riviste. “Lavorando sia in Francia che in Italia – spiega La Forgia – posso dire che all’estero i lavori vengono pagati un po’ di più, ma lì c’è più concorrenza”. I vignettisti che cercano collaborazioni sono moltissimi: “O sei già conosciuto, magari perché sei esploso sul web – dice Campagna – oppure è molto difficile farsi notare”.

Divisi tra voglia di emergere e una realtà che lascia poco spazio alle speranze, i giovani illustratori disegnano un quadro fosco del proprio futuro. Ma chi ce l’ha fatta li rassicura: “Di cultura si può vivere e sarà sempre di più così – afferma Giacobbe – quando l’Italia finalmente capirà che deve investire sulle sue ricchezze, ci sarà tanto da fare. Tanto da lavorare. Dobbiamo valorizzare quello che abbiamo. Altrimenti siamo proprio dei fessi”.

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