il Ducato » smaltimento amianto http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » smaltimento amianto http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it A Urbino otto edifici ad alto rischio amianto: ma è vietato sapere dove http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/a-urbino-otto-edifici-ad-alto-rischio-amianto-ma-e-vietato-sapere-dove/51051/ http://ifg.uniurb.it/2013/06/13/ducato-online/a-urbino-otto-edifici-ad-alto-rischio-amianto-ma-e-vietato-sapere-dove/51051/#comments Thu, 13 Jun 2013 16:53:55 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=51051 URBINO – Studi, lavori o fai sport sotto un tetto d’amianto, e non lo sai. Anzi, peggio: non hai il diritto di saperlo. Secondo il censimento regionale dell’amianto del 2007 a Urbino ci sarebbero dieci siti a classe di rischio uno, quello più alto. Cosa significa? Il rischio uno sta a indicare la presenza di amianto friabile in edifici ad uso pubblico. Secondo il dottor Eugenio Carlotti, direttore del dipartimento prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Asur, il dato oggi sarebbe sceso a otto.

La Regione, l’Asur e l’Arpam conoscono quali sono questi edifici, ma il dato non è né pubblico né accessibile. L’Agenzia regionale sanitaria, responsabile del trattamento di questi dati, ci ha negato l’indirizzo di questi siti “per questioni di privacy”. Di chi, non è chiaro.

Il fax dell’Asr che comunica la decisione di non consentire l’accesso ai dati per questioni di privacy

“Se li pubblicate – ha aggiunto la dottoressa Mary Paolucci della Regione – poi magari le persone che ci abitano vicino potrebbero reagire male. Non le basta sapere quanti chilogrammi di amianto ci sono in totale?”. Il dottor Giovanni Cappuccini della zona Asur di Urbino ci ha invece consigliato di limitarci, per capire quali sono gli edifici interessati, a osservare le “onduline” sui tetti: “La comunicazione del rischio – ha aggiunto – è una cosa seria: se li rendiamo pubblici poi succede un casino“. La Regione non fornisce l’accesso ai dati nemmeno alle ditte che si occupano della bonifica.

Oltre a questi otto siti ad alto rischio, secondo il censimento ci sarebbero anche 65 edifici di classe due. Significa che sono ad uso pubblico con amianto compatto; oppure con amianto friabile ma a uso privato. Sempre secondo il dottor Carlotti, oggi il dato sarebbe sceso però a 22, probabilmente dopo le bonifiche dei tetti crollati a causa del nevone. L’amianto compatto è meno pericoloso di quello friabile: l’oncologo Daniele Spada dell’ospedale di Urbino ha spiegato che il rischio è dato dalla possibilità di rilascio delle fibre. Per diventare friabile, e quindi più pericoloso, basta che l’amianto compatto presenti una crepa.

Inoltre, l’amianto nella zona di Urbino potrebbe essere molto più di quello che riportano i dati del censimento del 2007. L’ingegner Gilberto Giannini dell’Arpam di Pesaro (Agenzia regionale per la protezione ambientale) ha affermato che, oltre a non essere aggiornato, il censimento è incompleto perché non tiene conto degli edifici privati e si basa su dichiarazioni spontanee. A Urbino, su un totale di 11.268 richieste di segnalazione inviate, sono state ricevute solo 2.459 risposte, cioè il 22%.

Le fibre di amianto, se respirate o ingerite, possono causare un tumore chiamato mesotelioma. La speranza di vita di un malato è di 6-9 mesi e, secondo il registro regionale dei mesoteliomi dell’università di Camerino, dal 1996 al 2008 i casi di morte per amianto nelle Marche erano 303. Secondo Silvia Cascioli della Cgil di Urbino, che si occupa delle pratiche di denuncia di malattie professionali, nella nostra zona non ci sono state  segnalazioni recenti di malattia per amianto. Ma i casi registrati fino al 2008 a Urbino e dintorni sono nove.

La tabella del registro dei mesoteliomi dell’università di Camerino (aggiornato al febbraio 2008)

Il mesotelioma insorge in media 30 anni dopo l’esposizione alle fibre d’amianto e, secondo i dati del German mesothelioma register, siamo ancora in attesa del picco di insorgenza per le esposizioni avvenute negli anni 80-90.

Va detto che la bonifica dell’amianto non è obbligatoria. Il proprietario di un edificio che lo contiene è tenuto a denunciarne la presenza all’Asur, e deve sostenere personalmente i costi della bonifica. I prezzi sono alti: l’azienda Ekofarma di Urbino, per bonificare un tetto di 2000 metri, diventato pericoloso dopo la nevicata dell’anno scorso, ha speso 40.000 euro (più 90.000 per la ricostruzione). L’Asur, ricevuta la denuncia – che può essere fatta anche da persone terze che si sentono esposte al rischio di amianto – fa dei sopralluoghi e può rendere obbligatori i lavori di risanamento.

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La legge, i costi e i rischi dell’amianto http://ifg.uniurb.it/2012/04/17/ducato-online/la-legge-i-costi-e-i-rischi-dellamianto/31022/ http://ifg.uniurb.it/2012/04/17/ducato-online/la-legge-i-costi-e-i-rischi-dellamianto/31022/#comments Tue, 17 Apr 2012 07:48:29 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=31022 [continua a leggere]]]> Legge 27 marzo 1992, n. 257
Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto
Dopo il massiccio uso negli anni ’70 e ’80, nel ’92 arriva una legge che vieta “l’estrazione, l’importazione, la lavorazione, la commercializzazione e la produzione di amianto e prodotti contenenti amianto”. Non è obbligatorio rimuovere l’eternit se non è degradato e quindi sicura fonte di rischio per la salute. La norma prevede però l’incapsulamento, la rimozione, lo smaltimento dell’amianto e la bonifica dell’area interessata nel caso di eternit friabile o compatto mal conservato. La norma fissa anche i limiti di fibre di amianto respirabili nei luoghi di lavoro dove si “smaltisce o si effettuano bonifiche” e prevede piani di protezione regionali di decontaminazione, smaltimento e bonifica. All’articolo 13 è previsto un sostegno per i lavoratori dell’amianto e pensionamento anticipato.

L’ITER PER LO SMALTIMENTO
Incapsulamento: dagli 8 ai 10 euro a metro quadro. Si utilizza nel caso in cui l’amianto è ben conservato, si sparge un impregnante apposito che fissa le fibre per un anno o due, in modo che non possano liberarsi.

Rimozione, smaltimento e bonifica: dai 10 ai 30 euro, a seconda della complessità del lavoro e della conservazione dell’eternit. L’eternit viene completamente eliminato e smaltito in un’apposita discarica. Nelle Marche ce n’è solo una a Jesi. Poi la ditta specializzata bonifica la zona venuta a contatto con l’amianto con aspiratori a filtri assoluti.  Nel caso in cui non si riesce a staccare il terreno dalle fibre d’amianto anche questo va rimosso e smaltito come rifiuto speciale.

I RISCHI PER LA SALUTE
Asbestosi e mesotelioma pleurico
Due gruppi di malattie da amianto: non tumorali e tumorali. Fra le non tumorali, tipica patologia è l’asbestosi, una malattia polmonare provocata dall’inalazione di grandi quantità di amianto. Fra i sintomi, difficoltà respiratorie, tosse, debolezza, perdita di peso, cianosi. Una complicazione dell’asbestosi è la neoplasia polmonare. La patologia tumorale caratteristica dell’esposizione da amianto è il mesotelioma maligno, che colpisce spesso la pleura, il rivestimento dei polmoni. Per contrarre questa patologia possono essere sufficienti esposizioni limitate nel tempo, anche a concentrazioni non elevatissime, soprattutto in presenza di una suscettibilità genetica. Per manifestarsi, il mesotelioma impiega almeno 30 anni, fino ad arrivare ai 50. Il Registro dei Mesoteliomi delle Marche, che dal 1996 rileva tutti i casi diagnosticati nella regione, ha rilevato 303 casi, di questi 74 sono nella provincia di Pesaro-Urbino, 136 nella provincia di Ancona, 45 in provincia di Macerata e 48 in quella di Ascoli Piceno.

 

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L’Asur: “Inutili allarmismi sui crolli dei tetti” http://ifg.uniurb.it/2012/04/17/ducato-online/lasur-inutili-allarmismi-sui-crolli-dei-tetti/31034/ http://ifg.uniurb.it/2012/04/17/ducato-online/lasur-inutili-allarmismi-sui-crolli-dei-tetti/31034/#comments Tue, 17 Apr 2012 07:41:32 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=31034 [continua a leggere]]]> URBINO – Sono stati giorni pesanti quelli della neve di febbraio, giorni in cui le segnalazioni di tetti in eternit si accavallavano l’una dopo l’altra. Prima erano una ventina, poi sono diventate trenta, poi quaranta. Fino ad arrivare all’ultima cifra: centosessanta tetti crollati. Chiamate dal Comune, dai Vigili del fuoco, dai proprietari delle coperture sotto accusa, da privati cittadini intimoriti dal pericolo che l’eternit poteva significare.

Il Dipartimento di prevenzione e sicurezza sul lavoro, guidato dal dottor Eugenio Carlotti, ha lavorato contro il tempo per ridurre i rischi: “Noi facciamo prevenzione – dice il responsabile del Dipartimento -eliminiamo il rischio prima che l’amianto possa agire. Per questo abbiamo accelerato i tempi delle procedure”.

Dottor Carlotti, come fate a essere certi che qualche copertura in eternit non sia sfuggita?
“Non siamo sicuri, la realtà è che non abbiamo la certezza che il dato sia completo, potrebbe mancare tutta una parte sommersa, soprattutto per quel che riguarda i capannoni agricoli e i privati cittadini. Le industrie devono passare necessariamente da noi, perché se anche si rivolgono solo alle ditte specializzate, poi queste devono presentare un piano di lavoro che noi studiamo e approviamo. Se pensiamo che al censimento del 2007 sulla presenza dell’amianto nelle marche, nella provincia di Pesaro-Urbino solo il 22% ha risposto al questionario che abbiamo inviato, mi sembra chiaro che i dati che abbiamo siano un pò parziali”.

Avete chiesto di segnalarvi tutte le coperture in eternit messe in posa prima del 1992, anno della legge che vieta l’utilizzo dell’amianto?
“Siamo a conoscenza di un tetto posato nel ‘97, che anche se datato post ’92 è comunque in eternit. Dall’introduzione del divieto qualche furbetto che ha utilizzato lastre in amianto c’è stato, lo sappiamo. Perciò quando abbiamo chiesto ai sindaci di inviarci le segnalazioni, abbiamo indicato tutti i manufatti fino al 2000”.

C’è un pò di allarmismo intorno all’eternit e all’amianto.
“Il problema grande a cui è legato un rischio immenso è l’inalazione delle fibre d’amianto, direttamente e in maniera costante e ravvicinata oppure perché la sostanza, in qualche modo, si è liberata nell’atmosfera. Anche la normativa vigente, infatti, prevede l’eliminazione del cemento-amianto solo in caso di degradazione, perché se è ben conservato non c’è motivo di rimuoverlo, anzi, togliendo quello che abbiamo nelle nostre case, come i serbatoi dell’acqua o le grondaie, si fanno più danni cercando di smaltirli che non lasciandoli lì dove sono. Nell’immaginario comune tutti i tetti in eternit sono pericolosi, ma non è così, bisogna sfatare questo mito”.

Una grande paura è giustificata dai grandi rischi.
“Il pericolo molto elevato e con imponenti esposizioni all’amianto si possono contrarre malattie non reversibili, prive di terapie efficaci. Malattie come il mesotelioma pleurico, il tumore dell’amianto, che non da scampo. Ci sono solo terapie contro il dolore. Dal momento in cui si manifesta la patologia non si hanno più di dieci o undici mesi di vita. Ma stiamo parlando di esposizioni lavorative. Ricordo il caso di un operaio che lavorava negli anni’60, in un industria produttrice di caschi per parrucchiere alla coibentazione. L’intercapedine del casco era in cartone d’amianto. Quando tagliavano quei cartoni, senza alcuna protezione si respiravano tutte le fibre. E poi, si è doppiamente esposti al rischio di ammalarsi se si è predisposti geneticamente a contrarre la patologia. In caso contrario si potrebbe teoricamente inalare tanto amianto e stare sempre bene”.

Quindi i tetti crollati non hanno esposto ad alcun rischio?
“ Assolutamente no. Erano coperti dalla neve, non si è creata la condizione per far liberare le fibre d’amianto in aria. Una signora era venuta da noi terrorizzata, dicendo che vicino casa sua un capannone era caduto. Ma se non sei esposto a perdita continua di fibre non ci sono problemi e in normali condizioni ambientali un tipo di rischio così elevato non esiste. Poche fibre non fanno nulla, non sono esposizioni significative. Non vanno neppure prese in considerazione. Qui nella zona di Urbino come quantità di amianto siamo nella media. Molto di più ce n’è ad Ancona, per via dei cantieri navali e a Fano quando c’era lo zuccherificio, con tonnellate e tonnellate di amianto friabile. Qui stiamo abbastanza bene e l’allarmismo non serve a nulla”.

 

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Dottor Rusciadelli, sapevate che il tetto era in eternit? Non avevate mai pensato di rimuoverlo?
“Personalmente non sapevo che fosse in amianto. Lo si poteva desumere dal fatto che il fabbricato era datato tra gli anni ‘60 e ‘70, periodo in cui veniva utilizzato moltissimo. Il tetto però, prima della neve, era integro, non c’erano motivi di particolare preoccupazione. In realtà non abbiamo pensato al tetto per il semplice fatto che è dovere del proprietario denunciare la presenza dell’amianto e noi non siamo i proprietari dell’immobile”.

Però avete dovuto sobbarcarvi le spese di rimozione, smaltimento e bonifica.
“Dopo il crollo, intuiti i problemi legati allo smaltimento, abbiamo più volte chiesto e sollecitato il proprietario. I termini sono sempre passati inevasi allora a un certo punto ci siamo mossi noi. C’era una pluralità di profili da tutelare: ambientale e di salute pubblica, in primis. Poi, in realtà, speravamo di riuscire a recuperare qualcosa dei mobili e delle attrezzature sotto le macerie. Ma è stato infruttuoso. Appunto, erano macerie”.

Non siete riusciti a salvare nulla, contando anche che la zona va bonificata e che tutto quello che va in contatto con l’amianto, se non si riesce a separarlo, va smaltito.

“Era quasi tutto da buttare. Se qualcosa poteva essere salvato, è stato rovinato dalle intemperie. I mobili e le attrezzature non possono essere rimosse se prima la zona non viene bonificata e tutto questo tempo legnami e ferri sono stati esposti totalmente al sole, al vento, alla pioggia. Perché il tetto non esiste più, è cielo aperto. Almeno ci siamo fatti carico di un’attività importante. La bonifica è ancora in corso, ci sono ancora i sacchi con pezzi di eternit dentro e se tutto va bene finiremo per fine aprile. Se non altro stiamo salvaguardando la salute pubblica e adempiamo a un dovere civico”.

Un’osservanza ai doveri di cittadino che vi è costata molto cara, visto che non siete voi i proprietari dell’edificio.
“Stiamo pagando 30 euro al metro quadro, moltiplicando per circa mille metri quadrati di tetto in eternit, diciamo pure che ci aggiriamo intorno ai trentamila euro. Questo senza contare i danni ai materiali, ai macchinari e alla filiera produttiva. Ora con il proprietario è in atto un contenzioso per recuperare le spese sostenute, ma le stime sono molto basse”.

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