il Ducato » tecnologia http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » tecnologia http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it I giornalisti di oggi lavorano con computer, smartphone e Twitter, ma sanno poco di app http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/i-giornalisti-di-oggi-lavorano-con-computer-smartphone-e-twitter-ma-sanno-poco-di-app/71187/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/i-giornalisti-di-oggi-lavorano-con-computer-smartphone-e-twitter-ma-sanno-poco-di-app/71187/#comments Tue, 21 Apr 2015 13:50:17 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71187 Tutti i servizi dal festival | Lo speciale del Gruppo Espresso ]]> logo festival

Il logo del Festival

PERUGIA –  Usa pc, cellulari, macchine fotografiche digitali e Twitter. Ma il mondo di applicazioni mobili e programmi pensati per facilitare il giornalismo non lo conosce quasi per nulla. Questo è il profilo medio dello speaker del Festival internazionale del giornalismo di Perugia.

Oggi chi si occupa di informazione non sembra essere un esperto di tecnologia, uno smanettone come verrebbe chiamato in gergo. Semplicemente ha buona famigliarità con i mezzi che comunemente già usa e una conoscenza base del funzionamento dei social network. Ma esistono anche le eccezioni a questa tendenza generale.

Gli strumenti più avanzati. Il Festival ha dato spazio anche a coloro che di app sono esperti, organizzando workshop in cui gli speaker hanno insegnato i segreti di alcune di queste al pubblico. Rosa Maria di Natale, giornalista di La Repubblica Palermo, ha elencato in un evento una lunga serie di tools utilizzabili dallo smartphone. Tra i più interessanti Audionote che permette di prendere appunti e registrare contemporaneamente o Mobile Ocr in grado di trasformare in file di testo le scritte catturate con una fotografia. Altro guru del web è Robin Good, grande sperimentatore nel campo dei media. Tra le applicazioni più utili ha citato scoop.it, strumento per selezionare news ed importarle in un proprio sito o blog, e zeef, un motore di ricerca non più basato su algoritmi ma sulla navigazione dell’utente in categorie scelte da lui stesso.

mcadams

Il profilo Twitter di Myndy McAdams

Prima l’idea, poi lo strumento. Ma i relatori che invece non usano questi strumenti più avanzati sono una netta maggioranza. A sorpresa sono gli americani i primi che lo ammettonoMindy McAdams, docente di giornalismo digitale all’Università della Florida, insegna coding ai suoi studenti. Ma alla domanda su quale applicazioni usi più spesso la risposta è stata: “Un semplice lettore di testo è sufficiente se si conosce come funzionano i software. Al limite photoshop nel caso in cui serva lavorare fotografie”.

Marc Cooper, professore all’University of Southern California invece è ancora più netto. Lui stesso ammette di conoscere pochissimo di software e applicazioni. Ma “l’importante è capire come funzionano gli strumenti in modo da sfruttarli al meglio per comunicare il proprio messaggio”. In sostanza non si deve essere sempre aggiornati sull’ultima app uscita ma padroneggiarne la filosofia che le sta dietro.

Gli italiani intervistati sono ancora più diretti. Per fare giornalismo oltre agli immancabili computer e smartphone è indispensabile un buon paio di scarpe. Sia Alessandro Di Maio, giornalista freelance che Leonardo Romei, docente all’Isia di Urbino si rifanno alla vecchia figura del giornalista con le suole consumate.

Tool sì, solo se indispensabili. C’è poi una minoranza delle persone sentite che utilizza strumenti specifici perché il lavoro che fa glielo richiede. E’ il caso di Amalia de Simone, video-reporter di inchiesta per corriere.it. Per lei è necessario il programma di montaggio Final Cut ma anche applicazioni che permettono di fare lo stesso lavoro sul cellulare. Per quanto riguarda le riprese invece, nelle circostanze in cui serve discrezione, utilizza anche microcamere. Parlando di interessi specifici si può citare il caso di Gergo Saling, giornalista investigativo ungherese. Occupandosi di opendata fa ampio uso di strumenti che gli permettano di acquisire gli stessi dati, per esempio Propublica. Ma il giovane ungherese è anche piuttosto bravo nel costruire grafici per esporre il lavoro fatto al grande pubblico. Anche Ignacio Escolar, direttore di eldiario.es, ha raccontato di usare la piattaforma Tableau per poter gestire al meglio i dati raccolti.

Il cinguettio domina. Tra i social network è certamente Twitter il più utilizzato. Ce lo conferma Juan Luis Manfredi, professore di Comunicazione politica all’Università di Castiglia-La Mancia. In pochi minuti si può creare una rete di interazioni con persone che condividono gli stessi interessi o sono presenti a uno stesso evento. Anche Jérome Tomasini, capo del settore news e politica per Twitter Francia, lo ribadisce: “La sua forza sta nel poter raccontare cosa sta succedendo in diretta anche da parte di semplici cittadini presenti in un certo posto”

A Radio1 hanno realizzato anche un programma, Hashtag, condotto da Giulia Blasi. Come ci dice la stessa giornalista, senza Twitter non potrebbe neanche andare in onda. Il social network è la fonte principale per capire quali sono gli argomenti di tendenza da affrontare poi durante la diretta. Di parere simile è Luca Bottura che per condurre Lateral su Radio Capital fa ampio uso di Twitter. Nel flusso si possono infatti trovare numerosi spunti interessanti per la quotidiana rassegna stampa satirica.

Twitter a prima vista sembra molto semplice da usare ma in realtà per poterne sfruttare tutte le potenzialità si dovrebbero padroneggiare anche i numerosi strumenti collegati. Uno di questi è Twitonomy che permette di monitorare e analizzare il proprio account. Ma esiste anche TweetLogix se si vuole migliorare la propria ricerca su Twitter grazie a determinati filtri. Con TweetDeck invece si può organizzare la schermata in modo da poter seguire più flussi contemporaneamente e di programmare i tweet. Infine c’è Periscope, applicazione ora disponibile solo per i prodotti Apple, che permette di riprendere in diretta tramite Twitter un evento. Un’app che aumenta ulteriormente le possibilità di giornalisti e persone comuni nel riportare in tempo reale cosa sta succedendo.

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Un corso di formazione su “architectural mapping” finanziato dalla Regione http://ifg.uniurb.it/2014/01/28/ducato-notizie-informazione/un-corso-di-formazione-su-architectural-mapping-finanziato-dalla-regione/55912/ http://ifg.uniurb.it/2014/01/28/ducato-notizie-informazione/un-corso-di-formazione-su-architectural-mapping-finanziato-dalla-regione/55912/#comments Tue, 28 Jan 2014 17:26:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=55912 [continua a leggere]]]> URBINO – Tecnologia e creatività al servizio della comunicazione visiva, un’arte che si può imparare grazie a un corso promosso dalla Regione Marche. Il progetto Young Vision è un corso di formazione rivolto ai giovani interessati all’architectural mapping, ovvero la tecnica digitale di proiezioni tridimensionali applicata all’architettura. Attraverso luci e suoni si può trasformare un normale palazzo in una vera e propria opera d’arte, in grado quasi di prendere vita. L’obiettivo di Young Vision è di fornire le conoscenze necessarie per ideare e progettare allestimenti e scenografie videoproiettate ma anche aprire nuove opportunità di lavoro.

Il corso, cofinanziato dalla Regione Marche e dal dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, si svolgerà tra aprile e giugno: prevede 60 ore di lezione ma anche la partecipazione ad eventi artistici nei Comuni che ospitano i corsi (Macerata, Loro Piceno, Serrapetrona) e la realizzazione di un convegno sulle nuove professionalità.  L’adesione al corso è completamente gratuita ma l’iscrizione è aperta soltanto a persone di età compresa tra i 18 e i 35 e residenti nelle Marche. Per partecipare c’è tempo fino al 28 febbraio. È però necessaria una buona conoscenza del mondo dell’informatica ed è consigliata una conoscenza di base dei più comuni software di editing grafico e video.

IL BANDO

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Tecnologia, gestire una città intelligente: così nascono le smart cities http://ifg.uniurb.it/2013/05/28/ducato-notizie-informazione/tecnologia-gestire-una-citta-intelligente-cosi-nascono-le-smart-cities/48931/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/28/ducato-notizie-informazione/tecnologia-gestire-una-citta-intelligente-cosi-nascono-le-smart-cities/48931/#comments Tue, 28 May 2013 16:20:53 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=48931 [continua a leggere]]]> URBINO – Le nuove tecnologie come supporto per la gestione della complessità urbana. Michele Vianello, direttore di VegaPark – parco scientifico di Venezia, ha presentato oggi il suo libro Smart Cities, al Collegio Raffaello di Urbino. Tema principale dell’incontro: migliorare la vivibilità delle città grazie all’uso delle tecnologie.

Secondo Vianello, la città è un tessuto in evoluzione, non più organizzata come nel Novecento. E allora, ciò che è necessario non è più la pianificazione, ma la gestione della rete urbana. Questo vale per tutte le città, indipendentemente dalle dimensioni e dalle caratteristiche? La risposta di Vianello pare essere parzialmente positiva. “Quando non si può modificare una città in toto bisogna allora intervenire sulle parti più pervasive”. Sembra proprio essere il caso di Urbino. Per Vianello è questa la risposta alla domanda su come si possa applicare la gestione tecnologica alla città ducale. Un esempio fornito dall’autore di Smart Cities sono i trasporti, che potrebbero essere resi più efficienti da poche innovazioni tecnologiche basilari e da un adeguato “addestramento” del personale e dei cittadini. Ruolo fondamentale può rivestire anche l’urbanistica.

Ultimo punto: come fare per far diventare Urbino capitale della cultura nel 2019? Anche stavolta la risposta di Vianello è inequivocabile: è necessario perdere un po’ di autonomia, smettere di difendere il proprio municipio e creare un cluster di diverse città che si mettano insieme e diventino delle aree uniche e non più tanti singoli comuni, almeno in occasione di eventi di questo genere.

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Al via concorso di idee per competitività e occupazione nelle Marche http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-notizie-informazione/al-via-concorso-di-idee-per-competitivita-e-occupazione-nelle-marche/47054/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/14/ducato-notizie-informazione/al-via-concorso-di-idee-per-competitivita-e-occupazione-nelle-marche/47054/#comments Tue, 14 May 2013 15:50:20 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=47054 [continua a leggere]]]> URBINO – Cercasi idee per l’innovazione del territorio: la società t33 di Ancona, che offre supporto alla Regione Marche, ha lanciato il concorso “Proponi la tua idea innovativa per le Marche” aperto a tutti i maggiorenni, italiani o stranieri, residenti o domiciliati in Italia. Le migliori proposte per la crescita della competitività e dell’occupazione della regione verranno prese in considerazione nell’elaborazione della Strategia per la ricerca e l’innovazione per la Smart Specialisation (specializzazione intelligente) delle Marche. Le prime due della classifica riceveranno in premio un tablet e uno smartphone.

L’obiettivo della Regione è quello di poter beneficiare dei fondi europei destinati allo sviluppo del territorio, dedicati alle zone che attraverso un Piano per la ricerca e l’innovazione, si propongono di rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e migliorare l’accesso, l’uso e la qualità dell’Ict (tecnologie dell’informazione e della comunicazione).

Per partecipare, bisogna presentare la propria idea entro il 31 maggio, compilando la scheda sul sito di t33. La giuria sceglierà e premierà i vincitori entro giugno. I criteri di valutazione sono l’originalità, i vantaggi, la possibilità di attuazione e l’impatto socio-economico e ambientale del progetto.

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Dorfles al festival di Urbino: “La polemica ha sepolto la critica” http://ifg.uniurb.it/2013/05/04/ducato-online/dorfles-al-festival-di-urbino-giornalismo-culturale-autoreferenziale/45232/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/04/ducato-online/dorfles-al-festival-di-urbino-giornalismo-culturale-autoreferenziale/45232/#comments Sat, 04 May 2013 16:07:09 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=45232 VIDEO La rete parla a tutti ma non basta
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LE REAZIONI SU TWITTER]]>

Piero Dorfles

URBINO – Nel suo ‘J’ accuse’ al giornalismo culturale italiano non si è risparmiato guadagnandosi alla fine del suo discorso un’ovazione da stadio. Piero Dorfles, celebre critico letterario, è intervenuto questa mattina al Festival del giornalismo culturale di Urbino.

I motivi della crisi del giornalismo della terza pagina, secondo Dorfles, vanno ricercati nel cambiamento della società italiana. Il significato di cultura, quella con la C maiuscola, nel tempo si è ‘democratizzato’ e da settore specializzato è finito per comprendere anche società e spettacoli perdendo così la sua concezione elitaria. Questa trasformazione avrebbe dovuto contribuire a creare una nuova identità in sintonia con lo spirito del tempo, ma questo non è successo.

“Le grandi firme del giornalismo culturale – dice Dorfles –  esistono ancora, ma il loro spazio è sempre più ristretto. La tv, la radio e le piccole testate hanno eliminato la figura del critico, di conseguenza anche la visione della cultura come settore ‘specialistico’ è affievolita”.

Anche la rivoluzione tecnologica ha contribuito a scansare la ‘terza pagina’. Il giornale cartaceo è stato superato dai nuovi media.  “Oggi uno scrittore deve degnarsi di morire per avere attenzione mediatica – continua il critico – oppure vincere un prestigioso premio letterario”. La crisi ha di certo ha contribuito a esasperare la situazione. Gli investimenti sono sempre minori e chi investe punta a quei settori più redditizi. Purtoppo però la cultura non è tra questi.

In quest’ottica il mestiere del critico rischia di tramutarsi in un lavoro d’altri tempi. ” Il giornalista culturale ha perso la sua autorevolezza. I critici sono sempre meno e meno specializzati e devono sottostare alla logica dei rapporti di forza – continua Dorfles – spesso si è costretti a tralasciare la vera critica culturale per favorire la ‘polemica‘, il giornalista si trasforma in ‘story teller’ per soddisfare la necessità di direttori ed editori di vendere. Credo che dovremmo dispiacerci tutti e imparare a disobbedire di più ai nostri direttori perché solo così potremmo ridare al giornalismo culturale la sua funzione”.

Sempre più spesso la Terza pagina è usata per parlare in modo privato favorendo gli interessi di chi è a capo del giornale. In un’ottica di favoritismi e ‘marchette‘ al critico viene impedito di svolgere la sua funzione sociale. Il problema è che “la società letteraria mangia se stessa – dichiara il critico – questa autoreferenzialità è un grande limite, perché il giornalismo dovrebbe per prima cosa guardare verso l’esterno e dialogare con la società”.

Ma quali sono i rischi? Secondo Piero Dorfles si rischia di trasformare la nostra espressione in qualcosa di confuso, “temo che prima o poi finiremo per confondere Faletti con Proust! La crisi dei valori è così profonda che il ruolo di chi dovrebbe trasmettere il sapere e tutelarlo sta diventando sempre più secondario”.

” La cultura serve a costruire il futuro e a vivere il presente – conclude il critico – chiediamoci dove ci porterà quest’indifferenza collettiva verso la cultura, perché proprio la cultura potrebbe essere una soluzione alla crisi”.

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Tre pagine al posto di due: la stampa si evolve per salvare i giornali http://ifg.uniurb.it/2013/02/16/ducato-online/tre-pagine-al-posto-due-la-tipografia-si-evolve-per-salvare-i-giornali/34935/ http://ifg.uniurb.it/2013/02/16/ducato-online/tre-pagine-al-posto-due-la-tipografia-si-evolve-per-salvare-i-giornali/34935/#comments Sat, 16 Feb 2013 10:43:48 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=34935

I due formati del Columbus Dispatch a confronto

Un’ innovazione d’oltreoceano potrebbe salvare, o quantomeno allungare la vita, al mondo della carta stampata, che giorno dopo giorno è costretta subire i colpi dell’invasione digitale.

Negli Stati Uniti, il Columbus Dispatch, il terzo quotidiano per importanza dell’Ohio, è appena diventato il pioniere di una tecnica di stampa che potrebbe rivoluzionare il settore. Il metodo si chiama 3Volution ed è stato messo a punto dalla mente di Phillip DiGenova. La nuova tecnologia si basa sul  ‘three around printing ’ e rivoluziona il sistema della rotativa.

“Alla base c’è una riduzione del formato del giornale” spiega Ruggero Zuliani, direttore del ‘Poligrafico italiano’, rivista specializzata in tecniche di stampa. “Nella rotativa sono stati sostituiti i cilindri porta lastre in modo tale che nello sviluppo del cilindro ci stiano tre lastre (ovvero tre pagine). Le dimensioni complessive del cilindro sono invariate, solo che prima ci stavano 2 pagine ora 3 (più piccole)”. “Naturalmente – conclude Zuliani – anche l’unità di piega è stata modificata per poter trattare il nuovo formato”.

Nel mercato americano, che ha visto scendere nel 2012 dell’8,2% la vendita dei quotidiani, gli effetti sarebbero dirompenti: un risparmio del 33% sui costi della carta, un formato molto più compatto, un miglioramento del colore fino al 50% e sezioni più flessibili. Senza contare che ciò comporterebbe una maggiore facilità di lettura. Inoltre, grazie a un sensibile aumento della velocità, si passerebbe dalle 50.000 alle 75.000 copie di giornali all’ora.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Il video che mostra  il funzionamento della 3Volution

Benjamin Marrison, editore del Columbus Dispatch, sebbene sia il primo, non è l’unico in America a credere nella 3Volution. A breve anche il Cincinnati Enquirer and Kentucky Enquirer, entrambi di proprietà della Gannett Co.Inc., saranno stampati col nuovo metodo. La famiglia Wolfe, proprietaria del Columbus ha firmato un’intesa con la Garrett Co. che inizialmente utilizzerà la rotativa del Dispatch per stampare i suoi giornali. Questo permetterà al Columbus di ammortizzare i costi per l’acquisto della rotativa e a Garrett di sperimentare la nuova tecnologia.

Durante la presentazione della 3Volution, Marrison ha sottolineato quanto sia importante reinvestire energie in un settore in profonda difficoltà. In un momento in cui gli editori scelgono la filosofia del ‘less to less’, ovvero diminuire la quantità di pagine per risparmiare, la nuova sfida è aumentare l’offerta per incrementare i guadagni.

Dal ‘less to less’ al ‘more to more’: “Mentre tutti tagliano, noi aggiungiamo”. La scelta di attenzione ai contenuti di Marrison è controcorrente, ma non anacronistica. L’era dell’analogico non è finita; il Columbus Dispatch, così come molti altri quotidiani, dipende per il 90% dal cartaceo. Esiste infatti un pubblico fidelizzato che non vuole rinunciare a sfogliare il giornale della mattina. L’obiettivo è non solo quello di soddisfare i lettori affezionati, ma di conquistarne di nuovi.

In Italia questa tecnica di stampa è ancora sconosciuta, come tante altre innovazioni si dovrà probabilmente aspettare ancora qualche anno. Dal direttore di una rivista del settore, arrivano però segnali di apertura. Quanto detto da Ruggero Zuliani, potrebbe diventare l’emblema di una categoria: “Penso che tutto quanto dia delle chance ai giornali su carta sia benvenuto”.

 

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Desiderio o illusione? Dialogo tra giornalisti su “Utopia e tecnologia” http://ifg.uniurb.it/2011/03/29/ducato-online/desiderio-o-illusione-dialogo-tra-giornalisti-su-utopia-e-tecnologia/6874/ http://ifg.uniurb.it/2011/03/29/ducato-online/desiderio-o-illusione-dialogo-tra-giornalisti-su-utopia-e-tecnologia/6874/#comments Tue, 29 Mar 2011 17:24:34 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=6874 [continua a leggere]]]> URBINO – Come e quanto è legato l’immaginario del mondo moderno, il sogno, o meglio l’utopia, allo sviluppo tecnologico? Sogno o pericolosa illusione? Se ne è parlato oggi al secondo incontro dei “Dialoghi dell’Utopia”, organizzati dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università di Urbino Carlo Bo. Il professore di Sociologia dei new media Giovanni Boccia Artieri ha moderato l’incontro con i giornalisti Marino Sinibaldi, direttore di Rai Radio3, e Mario Tedeschini Lalli, alla direzione del settore innovazione e sviluppo del Gruppo editoriale L’Espresso. Dal mondo della radiofonia a quello del giornalismo digitale, i due ospiti hanno analizzato il legame tra utopia, progresso e nuove tecnologie.

“La tecnologia è l’anima di ogni utopia – ha spiegato Sinibaldi – perché ogni progresso scientifico nasce da un forte desiderio. Le tecnologie che non si sviluppano nascondono invece una distopia, come ha dimostrato la resistenza all’invenzione del video-telefono, che avrebbe distrutto gran parte dell’intimità”. Dal confronto dell’utopia con il presente e con la possibilità di un futuro migliore nasce il suo legame indissolubile con le tecnologie. “Le utopie tecnologiche – ha proseguito Sinibaldi – sono le più misurabili, ma le utopie in generale sono per loro stessa natura ambigue perché mirano alla perfezione, un obiettivo sbagliato e irraggiungibile”.

A sottolineare la “pericolosa illusione” intrinseca delle utopie è stato Mario Tedeschini Lalli: “Certamente le tecnologie della rete abilitano a un grado maggiore di libertà, ma non certo alla libertà in sè. Non dobbiamo sottovalutare le criticità, i nodi, della rete, anche perché – si chiede in conclusione il giornalista – che succede a tutte quelle persone che sono presenti nel mondo digitale, ma scelgono di rimanere passive? Che cos’è o non è l’informazione giornalistica in questo nuovo mondo?”.

Il prossimo incontro con i “Dialoghi dell’Utopia” sarà martedì 5 aprile in compagnia di Piero del Soldà.

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Utopia e tecnologia, dialogo a Urbino http://ifg.uniurb.it/2011/03/29/ducato-notizie-informazione/utopia-e-tecnologia-dialogo-a-urbino/6861/ http://ifg.uniurb.it/2011/03/29/ducato-notizie-informazione/utopia-e-tecnologia-dialogo-a-urbino/6861/#comments Tue, 29 Mar 2011 11:26:54 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=6861 [continua a leggere]]]> La diretta twitter dall’incontro con i giornalisti Mario Tedeschini Lalli, Marino Sinibaldi e il professore di Sociologia della comunicazione Giovanni Boccia Artieri
di Martina Manfredi

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Spotus.it: la versione italiana del crowdfunding http://ifg.uniurb.it/2010/04/27/ducato-online/spotus-it-la-versione-italiana-del-crowdfunding/3151/ http://ifg.uniurb.it/2010/04/27/ducato-online/spotus-it-la-versione-italiana-del-crowdfunding/3151/#comments Tue, 27 Apr 2010 13:55:26 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=3151 Finanzia quel che vuoi e leggi quel che chiedi Spot.us: due anni d’inchieste pagate dai lettori]]> E’ nata sabato scorso la versione italiana del sito americano di crowdfunding. A dare vita al progetto, un gruppo variegato: Antonio Badalamenti è un economista, manager e ricercatore, Federico Bo è un ingegnere informatico che si occupa di web 2.0 e social media, mentre Antonella Napolitano è social media consultant, community manager e giornalista.

Inizialmente i tre progettavano un altro genere di piattaforma. Un’idea che poi hanno preferito abbandonare. Si tratta di ToReport, anch’esso presentato appena qualche giorno fa. “Quello – precisa – è un modello business to business, il nostro è un po’ più social: sono due prospettive diverse”.

Rispetto alla versione americana, quella italiana presenta differenze di fondo e una novità: “Abbiamo ricevuto il benestare di David Cohn (fondatore di Spot.Us) ma si tratta di due entità giuridiche differenti”, dice Badalamenti. Mentre quella è appoggiata anche finanziariamente da fondazioni, in Italia ciò non accade: si è deciso di adottare una forma societaria diversa, che comunque punta ad avere sostenibilità economica. “Noi abbiamo introdotto la promessa di finanziamento”, spiega Badalamenti: ci si impegna a finanziare le inchieste giudicate interessanti, ma i soldi non vengono effettivamente versati fino a quando non viene raggiunta la cifra prestabilita. In ogni caso, se entro 60 giorni dall’inizio della raccolta dei fondi l’inchiesta non parte, i soldi vengono restituiti.

Importante sarà anche l’interesse delle testate, che possono anch’esse, come qualsiasi altro cittadino, finanziare i progetti di indagine. Se poi decidono di investire almeno il 50 per cento della cifra necessaria, oltre a occuparsi della supervisione dell’inchiesta, avranno il diritto della pubblicazione in anteprima. “Stiamo iniziando a contattare le testate, abbiamo alcuni feedback positivi. Ma il vero legame da instaurare sarà con le testate locali, per ragioni di naturale affinità”, chiarisce Badalamenti.

Ma come ci si assicura che i soldi investiti vengano spesi bene, senza sprechi? In primo luogo occorre dire che non si corre il rischio di trovarsi di fronte ad una situazione del tipo “prendi i soldi e scappa”. “Le risorse – rassicura Badalamenti – non vengono date tutte insieme all’inizio del lavoro”. La cifra viene infatti corrisposta al reporter per intero solo alla fine, e durante il lavoro questi viene affiancato da un redattore (all’inizio anche i tre fondatori svolgeranno questa mansione, insieme ad altri collaboratori) che controllerà la bontà del lavoro svolto. Inoltre ogni reporter avrà un suo blog per tenere aggiornati gli utenti-investitori. “Certo, non possiamo garantire di soddisfare tutti”, mette in chiaro Badalamenti. Ma questo non lo fanno neanche le testate più quotate e popolari.

Il sito è ancora piuttosto scarno, ma è nato da appena qualche giorno. Per ora ci sono solo due proposte di inchiesta: una sul terremoto a L’Aquila del 2009, l’altra sull’Expo di Milano nel 2015. Entrambe sono promosse da giornalisti iscritti all’Ordine, anche se questo non è un requisito vincolante per diventare ‘reporter’ di Spot.Us Italia.

“Non ci poniamo obbiettivi, il nostro è un esperimento”, conclude Badalamenti: “Abbiamo investito molto tempo e pochissimi soldi: potremmo evolverci o magari scoprire che il progetto in Italia non decolla”.

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Guida alla rete:

Le slide della presentazione di Spot.Us.it al Festival del Giornalismo di Perugia

Spot.us

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Molti cellulari di nuova generazione, come i Nokia o i Blackberry, hanno già al loro interno le applicazioni per leggere i codici. Per iPhone, Android o altri si possono scaricare dalla rete e istallare sul telefonino i software necessari. Come i.nigma, ma se si cerca con google se ne trovano tanti altri. Una volta installato il programma, non resta che inquadrare il Qr-Code e vedere il suo contenuto.

Altrettanto facile è creare un Qr-Code e tutti possono farlo. Per esempio, con www.quirify.com si può codificare un messaggio. Usando programmi come http://zxing.appspot.com/generator (o altri che si possono trovare digitando su google Qr-code generator) si può codificare l’indirizzo di una pagina web. (gt)

Guida alla rete:

Quirify

Qr-Code generator

I.nigma

Qr-Code

Un link dalla carta al digitale

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