il Ducato » washington post http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » washington post http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Moderare i commenti: un duro lavoro, ma qualche giornalista deve pur farlo http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/moderare-i-commenti-un-duro-lavoro-ma-qualche-giornalista-deve-pur-farlo/71040/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/moderare-i-commenti-un-duro-lavoro-ma-qualche-giornalista-deve-pur-farlo/71040/#comments Sat, 18 Apr 2015 15:00:02 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71040 UGC e news online: il buono, il brutto e il cattivissimo

Ugc e news online: il buono, il brutto e il cattivissimo

PERUGIA – I commenti dei lettori agli articoli pubblicati online sono una preziosa risorsa o una perdita di tempo? È la domanda che si stanno ponendo gli stessi giornalisti digitali. I lettori parlano, criticano (a volte insultano), integrano i contenuti, aggiungono valore al testo.

Per le redazioni si tratta di lavoro in più: gestire questo flusso di informazioni e opinioni trasforma il giornalista in un vero e proprio moderatore. Alcune testate hanno assunto nuovo personale proprio per “regolare il traffico” ma per farlo bisogna necessariamente investire. Ecco perché spesso gli editori preferiscono eliminare i commenti, ma neppure questa può essere la soluzione in un’informazione che è sempre più interattiva e ha un pubblico che vuole partecipare e dialogare con chi scrive, con la sua testata di riferimento.

La britannica Bbc e gli americani Washington Post e New York Times  sono alla ricerca di un compromesso. Commenti aperti, ma con il filtro. Bbc usa un algoritmo che filtra automaticamente i commenti e solo in determinati casi richiede l’intervento di un moderatore umano. I due giornali statunitensi hanno invece avviato un progetto in collaborazione con Mozilla chiamato Coral Project. L’obbiettivo è quello di creare un software open source creato dagli editori per gli editori per ottimizzare le interazioni tra le redazioni e il proprio pubblico. L’idea che sta alla base del progetto è che i commenti possono essere classificati in base alla qualità del loro contenuto. “Noi del Washington Post – dice Greg Barber, responsabile del progetto – diamo troppo spazio a chi ci offende mentre dovremmo dedicarne di più a chi scrive cose intelligenti. Gli utenti più fedeli sono proprio questi, che vanno incentivati a dire la loro opinione. Per noi è molto importante”.

Il punto è proprio il rapporto con i lettori. Per Luca Sofri, direttore de Il Post bisogna scegliere tra la qualità del lavoro giornalistico e il tempo da dedicare a chi commenta gli articoli. Secondo Sofri dedicare troppa attenzione a chi commenta non vale l’investimento in termini di tempo e di risorse che una redazione deve impiegare. “Sul nostro sito la maggior parte dei commenti rispecchia la qualità della nostra testata, questo è il motivo per cui li moderiamo quasi sempre. Tutto ciò, in un contesto in cui i contributi di qualità sono solo una minima parte rispetto a tutti i commenti inutili e offensivi che compaiono sotto tanti articoli in giro per il web”.

Tutto è commentabile ma non tutto è pubblicabile secondo Alessio Balbi, responsabile dell’area social di Repubblica.it. “I contributi dei nostri lettori vengono interamente moderati, controlliamo che non ci siano contenuti offensivi prima di dare il via libero”.

Molti editori hanno pensato di risolvere il problema semplicemente impedendo ai lettori di commentare sul proprio sito, lasciando questa possibilità ai social network.

È il caso di testate come Bloomberg Business e Reuters, che hanno demandato il ruolo di “forum” ai social network che, per definizione, si prestano alla conversazione e al commento. Ma la tendenza è ancora poco significativa. I giornalisti, infatti, tendono a non moderare i commenti alla pagina Facebook o su Twitter del proprio giornale. Gli editori dimenticano che nella percezione dei lettori scrivere un commento sul sito o sulla pagina social spesso sono la stessa cosa.

I commenti sono solo una tipologia di User generated content (Ugc), tutto il materiale prodotto dagli utenti e non dai professionisti dell’informazione. Contenuti che spesso sono le stesse testate a chiedere ai propri lettori (soprattutto in caso di eventi di cronaca o catastrofi naturali) e che integrano video, audio, immagini, informazioni. L’altro canale da cui attingere sono i social network. I dati sono impressionanti: in un monitoraggio sulle homepage dei principali giornali del mondo realizzato dal centro di ricerca EyeWitness Media Hub, durato tre settimane nell’estate del 2014, si è scoperto che su 27.802 articoli 4.974 contengono Ugc.

Con questo tipo di contenuti, però, più che moderare sono le testate a doversi auto-moderare. Da una così immensa mole di informazioni non si può infatti attingere in modo indiscriminato né senza autorizzazioni. Secondo l’avvocato Matteo Jori, esperto di nuove tecnologie e nuovi media, i problemi emersi sono di due ordini: il diritto d’autore e la privacy delle persone. “Spesso le testate si appropriano di foto e video postati sui social senza preoccuparsi di specificare chi li ha prodotti, questo viola i diritti dell’autore che nella maggior parte dei casi, 84%, chiede solo di essere indicato come fonte, senza pretendere compensi”, spiega Jori. Sono tre i casi in cui in Italia è possibile usare liberamente contenuti trovati online:

  • devono contenere informazioni di interesse pubblico;
  • essere di stringente attualità;
  • rientrare nel diritto di cronaca

Quello della privacy è un tema ancora più urgente: succede spesso che foto di privati cittadini finiscano sui principali canali di informazione perché magari ritraggono sullo sfondo personaggi famosi.

E’ quello che è successo a Maddy Campbell, una ragazza australiana il cui profilo Instagram è stato pubblicato su Nine News, un importante canale televisivo australiano, sul Sidney Morning Herald e sul Daily Mail solo perché in una sua foto compariva Redfoo, componente del duo musicale Lmfao.

Sullo stesso argomento:

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http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/moderare-i-commenti-un-duro-lavoro-ma-qualche-giornalista-deve-pur-farlo/71040/feed/ 0
Nuovo scandalo per Obama: giornalista di Fox spiato dal governo http://ifg.uniurb.it/2013/05/23/ducato-online/nuovo-scandalo-per-obama-giornalista-di-fox-spiato-dal-governo/48318/ http://ifg.uniurb.it/2013/05/23/ducato-online/nuovo-scandalo-per-obama-giornalista-di-fox-spiato-dal-governo/48318/#comments Thu, 23 May 2013 12:25:46 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=48318

James Rosen, giornalista di Fox News

La maledizione del secondo mandato, che ha già colpito molti presidenti statunitensi rieletti, rischia di abbattersi anche sull’amministrazione Obama. Un nuovo scandalo legato al dipartimento di Giustizia e al mondo dell’informazione ha infatti colpito il 44° presidente degli Stati Uniti, pochi giorni dopo la bufera scatenata dall’Apgate. Il 20 maggio il Washington Post ha rivelato che  James Rosen, corrispondente nella capitale americana per Fox News, nel corso del 2010 sarebbe stato ‘spiato’ dal dipartimento di Giustizia: oltre a controllare i tabulati delle sue telefonate e le sue mail personali, il dipartimento avrebbe tenuto sott’occhio anche tutti i suoi movimenti all’interno del dipartimento di Stato, grazie alle ‘strisciate’ del suo badge. Il tutto, va detto, con un regolare mandato di un giudice. Nulla di illegale, ma sicuramente discutibile da un punto di vista etico.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Il servizio di Fox News che ha dato notizia dello scandalo

Il Rosen Affair – così i giornali americani hanno rinominato lo scandalo – rientra in un’indagine riguardante una fuga di notizie sulla Corea del Nord. Nel 2009 il giornalista di Fox News pubblicò un articolo nel quale si affermava che Pyongyang avrebbe eseguito dei test nucleari come rappresaglia alle condanne dell’Onu in merito all’uso di armi di distruzione di massa.

La notizia, che sarebbe dovuta essere riservata, sarebbe stata confidata al giornalista da Stephen Jin-Woo Kim, consigliere per la sicurezza nazionale. Kim fu incriminato dal gran giurì con l’accusa di aver diramato senza autorizzazioni informazioni di sicurezza nazionale: il suo processo è in programma l’anno prossimo.

A suscitare clamore è però il fatto che anche Rosen fu messo sotto controllo, come possibile “co-cospiratore”di Kim. L’Fbi e il dipartimento di Giustizia ottennero da un giudice il permesso di ‘spiare’ telefonate e mail del giornalista in quanto sospettato di aver “sollecitato e incoraggiato il signor Kim a divulgare importanti documenti dell’intelligence”. “Una cosa  agghiacciante – ha dichiarato il vice presidente esecutivo di Fox News, Michael Clemente – difenderemo il diritto di James Rosen di lavorare come membro di quella che fino ad oggi è stata una stampa libera”.

“Rosen – si legge sul sito di Fox News in un articolo di Mike Cavender – non è stato incriminato né si aspetta di esserlo. Ma il solo fatto che i suoi movimenti siano stati controllati, le sue mail lette e le sue telefonate registrate è la prova di come il governo stia cercando di criminalizzare le libertà concesse dal primo emendamento” (quello che tutela libertà di parola e di stampa).

Anche Dana Milbank, editorialista del Washington Post, attacca l’operato dell’esecutivo: “Il Rosen Affair è un flagrante attacco alle libertà civili che nemmeno Gorge W. Bush o Richard Nixon si sarebbero sognati. Trattare un reporter come un criminale solo perché ha fatto il suo lavoro, priva gli americani del primo emendamento”.

La Casa Bianca ha fatto sentire la sua voce tramite l’addetto stampa Jay Carney, che pur non commentando direttamente gli sviluppi dello scandalo Rosen, ha dichiarato: “Il presidente è convinto che sia imperativo non tollerare quelle fughe di notizie che possono mettere in pericolo la vita di uomini e donne americane in servizio all’estero”.

Sullo stesso argomento:

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http://ifg.uniurb.it/2013/05/23/ducato-online/nuovo-scandalo-per-obama-giornalista-di-fox-spiato-dal-governo/48318/feed/ 0
Pulitzer, ecco i 21 servizi vincitori http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-ecco-i-21-servizi-vincitori/43084/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-ecco-i-21-servizi-vincitori/43084/#comments Tue, 16 Apr 2013 17:23:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=43084 [continua a leggere]]]> Dai poliziotti a cui non piace rispettare i limiti di velocità (e uccidono 19 persone) alla guerra civile in Siria, da l’inquinamento degli oleodotti in Michigan ai conti segreti dell’ex premier cinese Wen Jiabao: sono questi alcuni degli argomenti trattati dai servizi, dalle inchieste e dai reportage vincitori dei prestigiosi premio Pulitzer, assegnati ieri a New York. Ecco, in dettaglio, i 14 vincitori.

SERVIZIO PUBBLICO
Sun Sentinel, Fort Lauderdale, FL

A tutta velocità, per andare a lavoro o semplicemente per gioco, fino a superare i 200 chilometri all’ora. Oltre 800 poliziotti della Florida, secondo l’inchiesta del Sun Sentinel di Fort Lauderdale, quotidianamente superano i limiti di velocità (circa 90 chilometri orari) “violando in modo evidente la fiducia dei cittadini”. Dal 2004 l’eccesso di velocità ha provocato 320 incidenti e 19 morti. Solo un poliziotto è stato condannato: 60 giorni di carcere.

BREAKING NEWS
La redazione del The Denver Post

Denverpost.com del 20 luglio 2012

 La notte del 20 luglio 2012 centinaia di persone affollavano il multisala “Century 16 Movie Theater” di Aurora per vedere la prima mondiale del film “Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno“. Dodici fra gli spettatori, tra i quali diversi bambini, furono uccisi. Per aver raccontato il “massacro di Aurora” in modo puntuale e preciso, attraverso l’uso di Twitter, Facebook, video e foto, lo staff del The Denver Post vince il Pulitzer sezione Breaking News.  Il giornale ha anche pubblicato l’audio della prima telefonata ricevuta dalla polizia che segnalava gli spari e una timeline interattiva che descrive ogni momento della vicenda.

 
GIORNALISMO INVESTIGATIVO
David Barstow e Alejandra Xanic von Bertrab del New York Times

L’inchiesta dei giornalisti David Barstow e Alejandra Xanic von Bertrab sul fenomeno della corruzione nel Wal-Mart, nel settore della grande distribuzione

Come fa una multinazionale nel settore della vendita al dettaglio a sbaragliare la concorrenza e dominare con successo anche il difficile mercato messicano? La domanda se la sono posta due giornalisti del NYT e la risposta è stata tutt’altro che incoraggiante. Dal 2005 infatti i dirigenti di Wal – Mal, multinazionale con oltre 200 dipendenti in Messico, sono riusciti ad ottenere il controllo di Città del Messico corrompendo la pubblica amministrazione per avere permessi e licenze: quasi 20 milioni di euro (24 milioni di dollari) in totale di mazzette.

EXPLANATORY REPORTING (Giornalismo esplicativo)
La redazione del New York Times

I lati oscuri di una delle più potenti società del mondo, dalla paga dei lavoratori alla produzione dei componenti fuori dal continente americano

La “i” revolution, quella degli iPhone, iPad e  iTunes, ha cambiano radicalmente molti aspetti della vita sociale, dall’economia mondiale al modo in cui le persone interagiscono fra di loro. Ma il mondo Apple non è tutto rose e fiori, anzi forse, a guardar bene, quella ‘mela’ è piena di bruchi. Così lo staff del NYT ha voluto scavare a fondo nella “i-produzione”, scoprendo ad esempio che la maggior parte dei componenti elettronici viene prodotta all’estero, in Russia, Cina, Turchia o Repubblica Ceca provocando molte perdite nelle casse americane. In molte fabbriche inoltre i lavoratori fanno turni da più di 60 ore a settimana, 7 giorni su 7, spesso senza avere gli straordinari pagati. Nel 2009 circa 140 persone accusarono ferite provocate dall’uso dell’esano, un elemento tossico usato per pulire gli schermi degli iPhone.

GIORNALISMO LOCALE
Brad Schrade, Jeremy Olson e Glenn Howatt dello Star Tribune, Minneapolis

Poche cure e scarsa igene negli asili di Minneapolis causando la morte di 8 bambini

Asili con un numero di bambini superiore a quello consentito e condizioni che violavano le regole di sicurezza. Secondo l’inchiesta dello Star Tribune di Minneapolis, che ha preso in esame centinaia di atti della polizia contro gli asili non a norma, il numero di bambini morti negli asili si è raddoppiato negli ultimi 5 anni fino ad arrivare a uno al mese. Tra questi c’era anche Blake Fletcher, 3 mesi, lasciato senza controlli per più di due ore in un box per bambini e morto asfissiato.

GIORNALISMO SU QUESTIONI NAZIONALI
Lisa Song, Elizabeth McGowan e David Hasemyer dell’InsideClimate News, Brooklyn, NY

Il lavoro di Lisa Song, Elizabeth McGowan e David Hasemyer sulla scarsità dei controlli sugli oleodotti negli States

Il Pulitzer premia anche la salvaguardia dell’ambiente. E’ il caso dell sito no-profit InsideClimate News di Brooklyn che ha ricevuto il prestigioso premio grazie all’indagine condotta nel 2010 sugli oleodotti della società canadese Enbridge. Sotto accusa alcune delle tubature in Michigan: a causa della scarsa manutenzione e della mancanza di controlli, una perdita di oltre tre milioni di litri di petrolio si è riversata direttamente nei fiumi Talamadge e Kalamazoo. I fiumi confluiscono nel lago Michigan che fornisce acqua potabile a oltre 10 milioni di persone.

GIORNALISMO SU QUESTIONI INTERNAZIONALI
David Barboza del New York Times

Il servizio del NYT sugli affari della famiglia di Wen Jiabao

Almeno 2,7 miliardi di dollari (quasi 2,1 miliardi di euro) è la fortuna della famiglia dell’ex premier cinese Wen Jiabao secondo l’inchiesta di David Barboza. La madre di Wen, Yang Zhiyun, che era un’insegnante del nord della Cina, oggi, a 90 anni, “non solo è uscita dalla povertà, ma è divenuta incontestabilmente ricca”. L’inchiesta la vede soggetto, assieme con figli e cognati, in investimenti che spaziano dalla finanza all’acquisto di gioielli e aziende di telecomunicazione, nonché progetti di infrastrutture. Dall’uscita della notizia i legali della famiglia cinese hanno fatto causa al NYT il quale sito poco dopo è stato anche attaccato da hacker cinesi.

FEATURE (giornalismo d’approfondimento)
John Branch del New York Times

L’infografica interattiva che spiega le dinamiche della valanga che travolse e uccise 16 tra sciatori e snowboarders

“La neve arrivò dirompente senza preavviso tra gli alberi, solo un sibilo all’ultimo secondo, seguito da un muro a due piani di colore bianco e il grido lacerante di Chris Rudolph: ‘Valanga! Elyse!‘. La cosa che più avevano cercato – la fresca e morbida neve – d’improvviso divenne il loro nemico. Da qualche parte sopra, sul prato bianco e intatto della montagna, si era formata una crepa a forma di fulmine che ha ‘affettato’ una lastra di ghiaccio di quasi 200 metri di larghezza e tre metri di profondità. La gravità ha fatto il resto”. E’ la storia dei sopravvissuti alla valanga di Tunnel Creek, sulle Cascade Mountains nello Stato di Washington, che nel febbraio 2012 ha ucciso quattro persone e che il Times ha raccontato con una imponente infografica interattiva.

OPINIONI
Bret Stephens del Wall Street Journal

Uno degli editoriali che hanno valso al giornalista il premio Pulitzer

Bret Louis Stephens, classe 1973, è un giornalista americano nato a New York e vissuto a Città del Messico. La sua carriera al Wall Street Journal inizia nel 1998, prima come editorialista a New York poi a Bruxelles per il Wall Street Journal Europe. Dal 2006 cura l’editoriale del giornale dal titolo “Global View” nel quale si occupa di politica estera e interna americana. Secondo la giuria del premio, i suoi articoli sono “incisivi e spesso animati da colpi di scena “.

CRITICA
Philip Kennicott del Washington Post

Premio sezione “Criticism” a Kennicott per i suoi articoli sull’arte e la società

Philil Kennicott, 47 anni, è il critico d’arte della sezione Style del Washington Post dal 1999. A valergli i premio sono stati, tra gli altri, i suoi articoli sull’esibizione fotografica “A Living Man Declared Dead and Other Chapters I-XVIII” di Taryn Simon alla Corcoran Gallery, la mostra di architettura di Kevin Roche alla National Building Museum e un saggio sulla violenza delle immagini fotografiche online. La giuria ha premiato Kennicott per “i suoi saggi eloquenti e appassionati sull’arte e sulle forze sociali che vi sono alla base, un critico che da sempre si impegna per rendere i suoi argomenti interessanti al pubblico”. Nel 2000 il giornalista era stato finalista per il premio Pulitzer nella sezione “Editoriali”.

EDITORIALI
Tim Nickens e Daniel Ruth del Tampa Bay Times, St. Petersburg, FL

Uno degli articoli che ha permesso di continuare con la fluorizzazione dell’acqua a Pinellas County

La fluorizzazione è una pratica chimica che permette di aggiungere composti di fluoro nell’acqua con lo scopo di prevenire la carie. Il metodo è sicuro e dal 2000 aiuta i cittadini americani a prevenire le visite dal dentista. Nel 2011 a Pinellas Country la commissione della città aveva intenzione di terminare la fluorizzazione affermando che troppo fluoro poteva fare male alla salute.  Tim Nickens e Daniel Ruth, attraverso i loro 10 editoriali sul tema, hanno dimostrato che il fluoro non fa male, battendosi per continuare la fluorizzazione e preservare la salute dentale dei 700.000 abitanti di Pinellas County.

VIGNETTE
Steve Sack dello Star Tribune, Minneapolis

Una vignetta raffigura il leader nord coreano Kim Jong-un

“Una collezione di vignette dallo stile originale e create con l’intelligente intenzione di far capire bene al pubblico il suo inconfondibile punto di vista”. Con questa frase i giudici del Pulitzer hanno premiato Steve Sacks, vignettista dello Star Tribune dal 1981. Sack ha disegnato oltre 7.800 vignette per il giornale, tutte a tema politico-economico,  e nel 2004 è stato finalista per lo stesso premio.

FOTOGRAFIA DI ATTUALITA’
Rodrigo Abd, Manu Brabo, Narciso Contreras, Khalil Hamra e Muhammed Muheisen dell’Associated Press

Un siriano piange stringendo il figlio ucciso dalle truppe militari del regime vicino a Dar El Shifa hospital, Aleppo. Foto di Manu Brabo

Il premio Pulitzer per la fotografia ‘breaking news‘ va a cinque fotografi dell’agenzia internazionale Associated Press per i reportage fatti negli ultimi due anni sulla guerra in Siria. Per la giuria sono “memorabili” e scattati “sotto estremo pericolo”. La guerra civile in Siria tra i ribelli dell’Esercito Siriano Libero e il governo di Bashar al-Assad è una delle più sanguinose di tutto il Medio Oriente: 90.000 morti in due anni secondo l’ultimo bilancio delle Nazioni Unite.

FOTOGRAFIA
Javier Manzano, fotografo free-lance, Agence France-Presse

La foto, distribuita da Agence France-Presse, è stata scattata il 18 ottobre 2012 ad Aleppo

Due soldati ribelli siriani fanno la guardia al loro covo nel quartiere Jabl Karmel di Aleppo. La luce entra timida dietro di loro, trovando spazio da alcuni fori lasciati da colpi di proiettile e schegge vaganti. Nel suo passaggio illumina la polvere di più di cento giorni di bombardamenti, bombe e scontri a fuoco. Il quartiere di Karmel Jabl è un punto strategico per la sua vicinanza alla strada principale che separa alcuni dei principali campi di battaglia della città. Entrambe le parti, l‘Esercito Libero Siriano e il regime, puntano molto sui cecchini in un gioco al gatto e al topo lungo le linee del fronte di Aleppo.

Sullo stesso argomento:

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http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-ecco-i-21-servizi-vincitori/43084/feed/ 0
Pulitzer: 4 premi al New York Times. Al Sun Sentinel il ‘servizio pubblico’ http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-quattro-premi-al-new-york-times-per-il-servizio-pubblico-vince-il-sun-sentinel/43060/ http://ifg.uniurb.it/2013/04/16/ducato-online/pulitzer-quattro-premi-al-new-york-times-per-il-servizio-pubblico-vince-il-sun-sentinel/43060/#comments Tue, 16 Apr 2013 08:05:58 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=43060

L’inchiesta del Sun Sentinel sugli eccessi di velocità dei poliziotti fuori servizio

Trionfo per il New York Times alla premiazione dei premi Pulitzer 2013 . Il giornale ha vinto in quattro delle 21 categorie: giornalismo investigativo, ‘explanatory reporting’ (giornalismo ‘esplicativo’), temi internazionali e feature (che potremmo tradurre ‘di approfondimento’). I premi sono stati annunciati ieri alle 15 ora americana (alle 21 in Italia), alla Columbia University.

Il quotidiano newyorkese si è segnalato per il servizio dedicato all’attività di Wal-Mart, la più grande catena americana di distribuzione al dettaglio, e il suo uso di corruzione e tangenti per dominare il mercato messicano; per quello sulla Apple, al centro di un’inchiesta sulle pratiche di business del colosso americano e sul lato più oscuro dell’economia globale. John Branch ha vinto nella categoria ‘feature’ per la sua narrazione evocativa della morte di alcuni sciatori travolti da una valanga. Il giornalista ha approfondito inoltre la sua analisi spiegando le cause scientifiche di questi disastri naturali.

Infine, il miglior servizio internazionale è stato assegnato a David Barboza per l’indagine sulla corruzione ad alti livelli del governo cinese e tra i parenti dell’ex primo ministro Wen Jiabao. Un riconoscimento che la Cina non ha apprezzato: il portavoce del ministero degli Esteri, Hua Chunying, all’indomani della premiazione, ha dichiarato che secondo Pechino dietro il reportage ci sarebbe una campagna di diffamazione da parte di “voci” contrarie allo sviluppo del Paese asiatico.

foto di Javier Manzano

Come nella passata edizione in cui erano stati premiati anche siti solo online, come l’Huffington Post e Politico.com, anche quest’anno le testate solo online hanno ricevuto riconoscimenti. Inoltre quasi tutte le inchieste vincitrici hanno fatto largo uso di elementi multimediali pubblicati solo online, a conferma che il mondo dell’informazione non può ormai prescindere dal web.

Il premio per le notizie di carattere nazionale è andato all’associazione non profit InsideClimate News, che ha seguito i danni ambientali causati dagli oleodotti, concentrandosi sulla pericolosità del bitume diluito. Lo staff del sito di news ha festeggiato la vittoria con una videoconferenza perché -come ha dichiarato il fondatore ed editore David Sasoon- “lavoriamo tutti dalle nostre case”. Per le breaking news è stata premiata la redazione del Denver Post che ha raccontato la strage di Aurora, in Colorado, dove sono state uccise 12 persone.

Una delle foto del reportage dell’Associated press

Per la fotografia sono state premiate nella categoria ‘attualità’ le immagini di Rodrigo Abd, Manu Brabo, Narciso Contreras, Khalil Hamra e Muhammed Muheisen dell’ Associated Press che hanno raccontato la guerra civile in Siria; mentre nella categoria ‘feature photography’ è stato premiato il fotografo free-lance, Javier Manzano, per l’immagine di due soldati ribelli siriani che sorvegliano una sentinella dentro una stanza illuminata dalla luce che filtra dai fori prodotti da proiettili sulla serranda alle loro spalle.

Ecco l’elenco completo dei vincitori:

  • Giornalismo localeBrad Schrade, Jeremy Olson e Glenn Howatt dello Star Tribune, Minneapolis
  • Feature John Branch del New York Times
  • Opinioni Bret Stephens del Wall Street Journal
  • CriticaPhilip Kennicott del Washington Post
  • EditorialiTim Nickens e Daniel Ruth del Tampa Bay Times, St. Petersburg, FL
  • VignetteSteve Sack dello Star Tribune, Minneapolis
  • Fotografia di attualitàRodrigo Abd, Manu Brabo, Narciso Contreras, Khalil Hamra e Muhammed Muheisen dell’Associated Press
  • FotografiaJavier Manzano, fotografo free-lance, Agence France-Presse

Vincitori 2013 nella sezione letteratura, teatro, musica

  • Romanzi “The Orphan Master’s Son” di Adam Johnson
  • Teatro“Disgraced” di Ayad Akhtar
  • Scrittura di saggi storici“Embers of War: The Fall of an Empire and the Making of America’s Vietnam” di Fredrik Logevall (Random House),
  • Biografie“The Black Count: Glory, Revolution, Betrayal, and the Real Count of Monte Cristo” di Tom Reiss (Crown)
  • Poesia“Stag’s Leap” di Sharon Olds
  • Saggistica“Devil in the Grove: Thurgood Marshall, the Groveland Boys, and the Dawn of a New America” di Gilbert King (Harper)
  • Musica“Partita for 8 Voices” di Caroline Shaw (New Amsterdam Records)

Il Pulitzer è il riconoscimento giornalistico più antico e prestigioso del mondo. Istituito nel 1917 dall’editore Joseph Pulitzer, è gestito dalla Columbia University di New York a cui il magnate lasciò tutti i suoi averi. Il premio, diviso in 21 categorie, assegna ai vincitori una ricompensa di diecimila dollari. Al vincitore della categoria ‘servizio pubblico’, al posto dei soldi, viene, invece, conferita una medaglia d’oro. Oltre ai premi per il giornalismo la giuria –composta da 19 personalità del mondo dell’informazione – assegna anche sette premi per le arti, la musica e la letteratura.

Nella categoria narrativa -in cui l’anno scorso nessun romanzo era stato considerato all’altezza si ricevere il Pulitzer- è stato premiato lo scrittore Adam Johnson, autore di The Orphan Master’s Son, pubblicato in Italia da Marsilio con il titolo ‘Il signore degli orfani’.c’è stato anche un vincitore nella sezione narrativa.

 

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Le ‘notizie’ hanno le gambe corte: le sfide di Al Gore e Fabio Fazio http://ifg.uniurb.it/2013/03/23/ducato-online/dallambiente-alla-politica-caccia-alle-panzane-dellinformazione/39898/ http://ifg.uniurb.it/2013/03/23/ducato-online/dallambiente-alla-politica-caccia-alle-panzane-dellinformazione/39898/#comments Sat, 23 Mar 2013 01:58:17 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=39898 A cercarla nei dizionari italiani, l’espressione “fact checking” non si trova ancora. I vocabolari stranieri, invece, la spiegano bene: il “fact checker” è “colui che verifica le informazioni”. Sviluppatasi negli Stati Uniti, questa pratica di controllo ha assunto nel tempo diverse vesti.

L’ultima novità su questo fronte è “Reality Drop”, una piattaforma di fact checking ideata dal politico statunitense Al Gore e dedicata  all’ambiente. Il funzionamento è semplice: la redazione passa in rassegna le notizie che i media diffondono sul tema del cambiamento climatico verificando quali siano vere e quali siano false. Queste notizie vengono poi riportate sul sito che si divide in varie sezioni: in “Myth and reality”, ad esempio, vengono presentati e smentiti numerosi luoghi comuni sull’ambiente e cliccando su “This myth in the news” è possibile rintracciare anche gli articoli che li hanno riportati.

Gli utenti internet hanno poi un ruolo importante: possono esprimere la propria opinione, facendo sorgere dubbi e contestando le decisioni dei fact checker del sito. Ma non solo. Sono loro a dover decidere, in alcuni casi, se assumersi il compito di diffondere “la verità” sui social network. Più la diffonderanno più accumuleranno punteggio: strutturata come un videogame, la piattaforma classificherà gli utenti in “reclute”, “ispettori” o “detective”. Un ‘premio’, quindi, a cui possono aspirare tutti coloro che contribuiranno a questo processo di diffusione della verità.

Il grosso del lavoro di “smascheramento” delle falsità negli Stati Uniti viene fatto dalle redazioni. I grandi giornali sono dotati, di solito, di grandi dipartimenti che si occupano proprio del controllo dell’informazione e che hanno come obiettivo quello di evitare alla testata brutte figure dovute agli scivoloni di qualche giornalista.

Al lavoro quotidiano delle redazioni, alla professionalità insomma, si sono affiancati nel tempo siti dedicati a questa attività che, particolarmente impegnati nei periodi di campagna elettorale, sono sempre  in prima linea nella battaglia contro le menzogne.

Tra questi, il Washington Post ha aperto il blog The Fact Checker, che assegna da uno a quattro Pinocchi a seconda della gravità della bugia detta, e Thruth Teller, lanciato di recente, che verifica le affermazioni reperite online tramite un avanzato sistema di analisi semantica dei testi. O Polifact.com, vincitore del Premio Pulitzer nel 2008 per la copertura delle elezioni politiche di quell’anno, che si serve del Truth-O-meter, un metro di giudizio della veridicità dei fatti che va da “true” a “pants of fire” (letteralmente “pantaloni in fiamme”), attribuito a chi davvero l’ha sparata grossa.

Ma passare al setaccio le ‘sparate’ dei politici e dei giornali non è un grattacapo solo per gli americani. In Italia, dove le redazioni dei grandi giornali non sono dotate di adeguati “cani da guardia” dell’informazione, il fact checking si sta affermando in ritardo e con qualche gap rispetto al modello americano.

Uno dei siti di fact checking italiani più attivi parte proprio dall’esperienza di Polifact.com: si chiama Pagella Politica e passa al vaglio le dichiarazioni dei politici. Composta da una redazione di non-giornalisti, associa ad ogni notizia una scala di valori che va da “vero” a “c’eri quasi” a “nì” per finire a “Pinocchio andante” e “Panzana pazzesca”.

Un esempio. “La crescita non dà posti di lavoro, li toglie. La Germania, negli ultimi vent’anni, ha raddoppiato la produzione di qualsiasi cosa. I posti di lavoro sono diminuiti del 15%”: ecco una dichiarazione di Beppe Grillo, fatta durante lo Tsunami Tour di inizio anno, bollata come Panzana Pazzesca dalla redazione del sito. Per smentirlo, ecco riportati i dati dell’Eurostat, dell’Ocse e un reportage di Reuters.

“In Italia c’è un grande bisogno di fact checking perché qui, più che in altri paesi, si tende a scrivere le notizie un po’ a ‘tirar via’. I giornali hanno bisogno di vendere e per questo puntano sul titolone”, afferma Davide Maria De Luca, ex studente dell’Ifg di Urbino, fact checker per passione e ora anche per lavoro. Sul Post.it e in tv, il giovane giornalista cerca di fare quello che dovrebbero fare tutti i giornalisti prima di pubblicare una notizia: verificarla.

“E’ una tragedia ogni volta che la Banca d’Italia o l’Istat pubblicano i loro rapporti –continua Davide De Luca – perché i giornali tendono ad interpretare i loro risultati. Quando uscì il rapporto sulla povertà, quasi tutti i giornali titolarono: ‘Il 65% degli italiani non arriva a fine mese’. Ma non era così”.

Controllare tutti i dati, setacciare le fonti, scandagliare le enciclopedie come si faceva un tempo, non è impresa facile. Non tutti i giornalisti hanno il tempo necessario (e la voglia?) per dedicarsi a simili ricerche. Anche se questo dovrebbe essere il loro compito primario.

Il fact checking è poi un’analisi che viaggia su un “secondo piano”, ossia viene sempre dopo la notizia o la dichiarazione che si decide di analizzare. Mentre dovrebbe arrivare prima. “Avremmo bisogno di redazioni più giovani, più numerose, più dinamiche – afferma Davide Maria De Luca – in grado di verificare i fatti in cinque minuti”.

Ma qual è il vero freno allo sviluppo di un fact checking tutto italiano? “Il problema – continua De Luca – è che le notizie verificate non finiscono in prima pagina. Nessuno ha voglia di leggere approfondimenti su un argomento che ha già letto. Anche se quegli approfondimenti rivelano la verità. E’ sempre la notizia sbagliata a raggiungere il pubblico più ampio”.

Quali potrebbero essere, invece, i vantaggi del fact checking? In primo luogo, una pratica del genere potrebbe fare da ‘cane da guardia’ del potere. “Se i politici sentissero ‘il fiato sul collo’ dei giornalisti – afferma Davide Maria De Luca – starebbero più attenti a fare dichiarazioni false, perché saprebbero di poter venire subito smentiti”.

Insomma, starebbero attenti ai “rompiballe”, come vengono appellati i fact checker da Fabio Fazio e Massimo Gramellini, nella puntata di lunedì 18 marzo di Che Tempo che fa. Un tentativo, quello fatto durante la puntata, di portare il fact checking in televisione, con un botta e risposta di notizie lette da uno e smentite dall’altro.

Fazio: “Ultimamente va molto di moda il fact checking…”
Gramellini: “E che cos’è?”
Fazio: “Il fact checking è la verifica dei fatti. Ogni fatto che viene detto, letto, scritto sui giornali c’è qualcuno che lo controlla. Noi abbiamo voluto tradurre in Tv questo fact checking. Però lo abbiamo chiamato in un altro modo. E’ il dialogo tra uno che dice una cosa e un altro che la verifica. Quindi tra un Caccia balle e un Rompi balle“.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

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