il Ducato » Anna Saccoccio http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Anna Saccoccio http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it No Expo, il racconto di due studenti di Urbino: “Si parla solo delle violenze, ignorate le nostre ragioni” http://ifg.uniurb.it/2015/05/05/ducato-online/no-expo-il-racconto-di-due-studenti-di-urbino-si-parla-solo-delle-violenze-ignorate-le-nostre-ragioni/73314/ http://ifg.uniurb.it/2015/05/05/ducato-online/no-expo-il-racconto-di-due-studenti-di-urbino-si-parla-solo-delle-violenze-ignorate-le-nostre-ragioni/73314/#comments Tue, 05 May 2015 09:19:12 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=73314 URBINO – C’erano anche degli studenti di Urbino alla manifestazione No Expo del primo maggio a Milano. Erano 54 in tutto, compresi i ragazzi che sono saliti sul pullman a Bologna.

Uno studente di Urbino era in coda al corteo, la parte dove generalmente avvengono gli scontri, e ha vissuto i disordini di Milano da vicino. Lo studente – che ci ha chiesto l’anonimato – ci ha raccontato cosa succede negli attimi precedenti agli scontri. Questo, secondo lui, è il momento più delicato: “Ci si raggruppa, vengono accesi dei fumogeni per nascondersi e in quel momento ognuno copre viso, capelli, eventuali tatuaggi o lacci di scarpe colorati. Milano è piena di telecamere. Bisogna stare attenti ad ogni dettaglio”. Ma il rischio di essere fermati resta comunque. “Tutti, anche chi non danneggia nulla, rischia, ma si rischia per un ideale comune e questo crea molta solidarietà”.

A Milano, venerdì scorso, i poliziotti avevano l’ordine di non caricare, per evitare di ripetere dinamiche simili a quelle avvenute a Genova nel 2001. Così gli agenti hanno risposto ai disordini dei No Expo lanciando lacrimogeni e usando gli idranti. Hanno compiuto alcune cariche di alleggerimento, evitando però di coinvolgere il resto del corteo. In questo modo, si sono limitati molto gli scontri corpo a corpo tra poliziotti e manifestanti, che sono strati costretti a restare all’interno di un percorso stabilito e non hanno potuto disperdersi nelle vie del centro. “Del tragitto della manifestazione – racconta lo studente – noi, come gli organizzatori, conoscevamo solo la partenza e l’arrivo. Abbiamo percorso i grandi viali di Milano, le traverse laterali erano presidiate o recintate. I negozi erano tutti chiusi, come ovunque il primo maggio”.

Decine di auto incendiate, soprattutto di grossa cilindrata, vetrine di pasticcerie e parrucchieri rotte o imbrattate, Milano conta ancora i danni. Ma, racconta lo studente, non è stata una devastazione cieca: “Sono stati colpiti simboli ben precisi. Sono stati presi di mira Suv, non Cinquecento. È stata rotta la vetrina di una banca e non l’ortofrutticolo di quartiere. Con questo non cerco di giustificare, per me il dissenso in genere deve essere pacifico, ma a volte in questi contesti si può e si deve arrivare allo scontro”.

A Milano c’era un’altra studentessa di Urbino. All’interno del corteo era nello “spezzone di sostegno”, poco prima della coda. Non ha assistito agli scontri, ma quando la polizia ha cominciato a lanciare lacrimogeni, anche se era distante, il fumo le è arrivato negli occhi. “I disordini sono iniziati solo durante la seconda parte della manifestazione, nelle prime ore del corteo tutto si è svolto tranquillamente con cori, musica, striscioni”.

“Era una bella giornata, ed era pieno di persone di ogni tipo, da tutta Italia e dall’estero – racconta la studentessa – in testa al corteo c’erano le famiglie con i bambini, gli anziani, poi gli studenti, i militanti. Abbiamo parlato con persone che tutto l’anno seguono problemi legati all’occupazione o che lavorano nel campo dell’agricoltura, dell’artigianato, ma in modi alternativi, sostenibili e a basso consumo, forme che a Expo non trovano spazio”.

Per questa studentessa ‘No Expo’ è questo: oltre 20mila persone che si riuniscono, sfilano insieme in corteo per le vie di Milano e dicono ‘no’ a un sistema che contestano: lavoro sottopagato, sprechi, modelli di sviluppo basati sullo sfruttamento delle risorse.

E i disordini? “Quando qualcuno manifesta viene additato come violento. Si dimenticano le rivendicazioni e si guardano i danni, ma senza cercare di capire da dove viene questa violenza e come porgli rimedio” osserva la studentessa. Lo studente annuisce e aggiunge: “Al contrario, sembra che la gente la voglia vedere questa violenza, i video dei danni a Milano attraggono molto di più rispetto a un articolo che spieghi le ragioni dei ‘No Expo’. Cioè le ragioni per cui eravamo a Milano venerdì scorso”.

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Ducato Tv n. 3 – 29 aprile 2015 http://ifg.uniurb.it/2015/04/30/ducatotv/ducato-tv-n-3-29-aprile-2015/73078/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/30/ducatotv/ducato-tv-n-3-29-aprile-2015/73078/#comments Thu, 30 Apr 2015 17:53:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=73078 URBINO – Torna il Ducato Tv. La strage al tribunale di Milano ha riacceso l’attenzione sui controlli e i sistemi di sicurezza negli uffici giudiziari. Siamo andati a vedere come è  la situazione al tribunale di Urbino.

Clicca qui per vedere il video incorporato.

In questa terza edizione del nostro magazine parliamo anche del 25 aprile, Urbino ha ricordato i 70 anni della Liberazione con un concerto e un corteo. In testa c’era l’ultimo partigiano, Romano Arceci. Noi lo abbiamo intervistato.

Gli inviati di Ducato Tv hanno viaggiato sui vecchi binari della ferrovia Fano-Urbino, inattiva dal 1987. Adesso c’è un progetto che potrebbe rilanciarla.

Siamo andanti nelle biblioteche dell’università di Urbino, in quelle di area umanistica il personale scarseggia. Ma ci sono tanti studenti che si danno da fare e risolvono molti problemi.

Vi racconteremo poi quali sono state le novità dell’edizione di quest’anno del festival del giornalismo culturale, ormai diventato un appuntamento classico.

Tutta Fermignano si è seduta a tavola: è tornato il festival della tagliatella. All’ora di cena c’eravamo anche noi e vi racconteremo come è andata.

Abbiamo dedicato il nostro ultimo servizio al ricordo di Gigliola Mancinelli, la speleologa di Ancona morta in Nepal per il terremoto catastrofico che ha fatto migliaia di vittime.

Caporedattore: Anna Saccoccio.

Conduttrice: Ilenia Inguì.

In redazione: Michele Nardi, Giorgio Pinotti, Valentina Ruggiu, Riccardo Marchetti, Daniela Larocca, Nicola Petricca, Gianmarco Murroni, Rita Rapisardi, Antonella Scarcella, Serena Santoli, Jacopo Salvadori, Andrea Perini.

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Fermignano a tavola per la Sagra della tagliatella: cibo, musica e balli – FOTO http://ifg.uniurb.it/2015/04/27/ducato-online/fermignano-a-tavola-per-la-sagra-della-tagliatella-cibo-musica-e-balli/72660/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/27/ducato-online/fermignano-a-tavola-per-la-sagra-della-tagliatella-cibo-musica-e-balli/72660/#comments Mon, 27 Apr 2015 13:55:07 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72660 FOTOGALLERIA Buona affluenza nel primo week end della manifestazione. Ora l'appuntamento con degustazioni, balli e musica dal vivo si rinnova dal 30 aprile al 3 maggio ]]> URBINO. Condite al ragù di carne, con un soffritto di asparagi o con piselli e prosciutto: a Fermignano è tornata la Sagra della tagliatella, arrivata quest’anno alla sua sesta edizione. I cuochi e le cuoche – tutti volontari – hanno fatto fuori in tre giorni 1800 uova per preparare uno dei piatti più tipici della tradizione locale. La manifestazione, cui lavorano circa 35 persone, dura sei giorni distribuiti su due week end. Durante il primo fine settimana, quello appena trascorso, centinaia di persone sono arrivate nel grande tendone bianco allestito nel parco vicino alla ex stazione, attratte dalle porzioni generose e dagli ingredienti di qualità. E anche per il secondo fine settimana, in programma dal 30 aprile al 3 maggio, gli organizzatori sperano in una buona affluenza.

Ma alla Sagra della tagliatella non si mangia e basta, infatti dopo cena si prosegue con musica dal vivo suonata da un’orchestra e ci si può scatenare con il liscio e i balli di gruppo. Per chi vuole, poi, c’è anche modo di imparare. La cucina, infatti, è aperta al pubblico e le mamme e le nonne della piccola cittadina del Montefeltro mostrano ai presenti come preparare la pasta: dall’impasto al taglio passando per la stesura della sfoglia sottile. “I segreti della preparazione non devono essere dimenticati”, spiega uno degli organizzatori, Enrico Tontini, del gruppo Giovani di Fermignano, “a casa mia la tagliatella è il piatto della domenica, non manca mai, la fanno mia mamma e mia nonna. Ora sta imparando anche la mia fidanzata e spero di cimentarmi presto anche io”.

Girando per i tavoli durante il primo week end si raccolgono impressioni più che positive. “Io e mio figlio abbiamo fatto il bis. Le nostre mamme cucinano sempre le tagliatelle, però qui sono fatte veramente bene”, racconta un signore in giacca di jeans e occhiali mentre paga il suo secondo piatto di pasta. Per gli appassionati di questa specialità, poi, il piacere è ancora più grande. “Cuciniamo le tagliatelle un giorno si uno no – racconta un anziano seduto assieme alla moglie e ai nipoti – le condisco con ragù, fagioli, piselli, un po’ con quello che trovo. Qui sono ottime”.

 

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Scrivere di cibo non riempie la pancia: consigli e difficoltà della food-writer Elisia Menduni http://ifg.uniurb.it/2015/04/23/ducato-online/scrivere-di-cibo-non-riempie-la-pancia-consigli-e-difficolta-della-food-writer-elisia-menduni/71751/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/23/ducato-online/scrivere-di-cibo-non-riempie-la-pancia-consigli-e-difficolta-della-food-writer-elisia-menduni/71751/#comments Thu, 23 Apr 2015 21:57:39 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71751 CUCINA E DESIGN Le creazioni di Fabrizio Mantovani e Lorenzo Colombo]]> URBINO – Gli ingredienti per scrivere (bene) di cibo sono competenza, curiosità, un pizzico di talento in cucina. E un altro mestiere in grado di compensare le scarse entrate economiche. La cultura alimentare, così radicata nel nostro Paese, non sempre riesce a tradursi in informazione di qualità. Così sono spesso gli altri Paesi a darci lezioni.

Ma esiste ancora il critico gastronomico? Come e dove si comunica il cibo? Lo abbiamo chiesto alla food writer Elisia Menduni, ospite del Festival del giornalismo Culturale di Urbino.

A proposito di “altri mestieri”, Menduni oltre a scrivere di cibo è antropologa, giornalista fotografa e videomaker. Ha lavorato a Gambero Rosso Channel e ha scritto per la guida Ristoranti d’Italia. Collabora con numerose riviste del settore come fotografa e giornalista: Fool, Cook Ink, Food and Wine. Il suo ultimo libro si intitola Sicilia. La cucina di casa planeta.

Quando si parla di giornalismo gastronomico tanti pensano ai blog di ricette. Per scrivere di ricette serve un giornalista?
Scrivere ricette lo può fare chiunque, anzi spesso l’appassionato di cucina che passa tanto tempo ai fornelli le racconta meglio del giornalista che sta in redazione. Il giornalista non serve per raccontare la cucina, ma per raccontare il cibo e le storie che stanno dietro un piatto.

Cos’è il giornalismo enogastronomico?
Dietro a un piatto ci sono un sacco di storie: il racconto del giornalista deve far capire, informare e approfondire. Deve anche essere utile: dare il numero di telefono,  la fascia di prezzo e l’indirizzo per trovare posti dove fare delle esperienze gastronomiche interessanti.

L’Italia è un paese molto rinomato per la sua tradizione gastronomica, a che punto siamo con il giornalismo che si occupa di cibo?
Faccio la critica gastronomica quindi sono critica di natura. La vera critica gastronomica in Italia non esiste più. Non c’è un sistema editoriale che te lo permette. Sono pochissime le testate che ti danno spazio e che ti garantiscono un rimborso pieno per andare in ristoranti importanti. Noi food writer in Italia abbiamo tutti un altro lavoro: io faccio video, foto, riguardano sempre l’universo del cibo, ma non è giornalismo. Non potrei arrivare a fine mese facendo affidamento solo sulle collaborazioni gastronomiche. Quest’anno avevamo un’occasione per comunicare il cibo, Expo, e non l’abbiamo sfruttata. Da noi non c’è un approccio di racconto al cibo. Io collaboro con media francesi e inglesi che vengono a girare documentari sul cibo per Arte per la Bbc e che raccontano la cultura gastronomica italiana. Noi non lo facciamo. Siamo molto indietro.

Tra carta stampata, web, radio, tv, qual è il media migliore per parlare di cibo?
Il web. E’ il media più completo. Puoi inserire suoni, musica, video, foto, testi e link che permettono al lettore di approfondire navigando su altre testate o su blog. Le grandi firme di questo settore si fanno strada partendo da blog indipendenti e poi vengono chiamate a scrivere per le grandi testate. E’ anche vero che il web gastronomico negli ultimi anni si è talmente moltiplicato che c’è una grande confusione tra il critico professionista che si occupa di raccontare il cibo in maniera professionale e chi invece fa una recensione di cucina sul suo blog.

Qual è invece il media meno sfruttato?
La radio. In Italia ci sono due tre programmi interessanti, ma la radio, e ancora di più i podcast, hanno un potenziale enorme. I social americani ce lo stanno raccontando: negli States i podcast che parlano di cibo vanno benissimo. Io ascolto solo quelli: raccontano il cibo in modo sperimentale, con i suoni e i racconti. Con la radio è vero che si perde l’immagine, ma si guadagna in “storie”. Il cibo può essere raccontato in tanti modi e la radio, raccontandoti la storia, ti permette di capire cosa c’è davvero dietro un formaggio, al di là della forma. La foto di un cibo invitante innesca una reazione positiva in chi la guarda, la radio però approfondisce e stimola l’immaginazione.

Quali competenze servono a chi deve scrivere di cibo?
Non esistono manuali per diventare critico o giornalista enogastronomico. E’ un mestiere un po’ marginale. Io ho iniziato come degustatrice di formaggio e sommelier. Ho fatto tanti master sul cibo. Per raccontare il cibo non basta saper scrivere bene. Bisogna anzitutto saper riconoscere la qualità. La cosa su cui coltivo di più la mia professionalità è la preservazione del mio palato, su cui, se potessi e avessi qualche euro in più, mi farei un’assicurazione perché mi garantisce di distinguere sfumature e narrare il cibo in un modo che va oltre la descrizione di un assaggio. La prima cosa è sviluppare il palato e il proprio gusto. Poi bisogna dare nelle grandi tavole nel mondo. Io vado in media in 100-150 ristoranti l’anno, da vent’anni. Questo ti permette di vedere l’evoluzione degli chef e della cucina di un luogo. Anche la letteratura aiuta: ci sono tanti libri da leggere per accrescere la propria cultura gastronomica. E poi aggiungerei il saper cucinare. La mia passione per il cibo nasce dalla passione di cucinare. Secondo me chi sa cucinare ha una predisposizione maggiore alla comprensione di un piatto.

Ci sono delle tecniche per raccontare di cibo?
Consiglierei di trovare delle buone letture prima di ogni viaggio e prima di ogni ristorante. Bisognerebbe passare molto tempo a parlare con lo chef e con il personale nei vari ristoranti. Spesso infatti gli chef sono molto bravi a raccontarsi, ma anche a nascondere delle cose. Poi bisogna guardare cosa succede all’estero. La comunicazione food in Italia è molto indietro. Bisogna aggiornarsi sui blog e sulle testate soprattutto francesi, americane, spagnole e del mondo scandinavo, che ultimamente sta raccontando molto bene il cibo. Il governo danese sta finanziando massicciamente tutte le iniziative gastronomiche, quindi stanno nascendo tante riviste nuove. C’è il Mad camp, un evento unico per i comunicatori di cibo, è un festival in una tenda da circo su un’isoletta sperduta davanti a Copenhagen dove tutti i grandi media e giornalisti del mondo di food si riuniscono e si confrontano.

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Tornelli e vigilanza al Tribunale, chiesti per Urbino tre mesi fa: “Rifiutati per mancanza di fondi” – VIDEO http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/tornelli-e-vigilanza-al-tribunale-chiesti-per-urbino-tre-mesi-fa-rifiutati-per-mancanza-di-fondi-video/70617/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/21/ducato-online/tornelli-e-vigilanza-al-tribunale-chiesti-per-urbino-tre-mesi-fa-rifiutati-per-mancanza-di-fondi-video/70617/#comments Tue, 21 Apr 2015 13:12:26 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70617 LEGGI LE INCHIESTE - Tribunale | Procura]]> l'ingresso del palazzo di giustizia

l’ingresso del palazzo di giustizia

URBINO – Il Tribunale di Urbino ha inoltrato diverse richieste per migliorare la sicurezza dell’edificio, in particolare per regolare gli ingressi e per avere del personale di vigilanza, ma senza successo. Tre mesi fa ha chiesto al Comune di mettere dei tornelli meccanici per regolare l’accesso e permettere il passaggio di una persona per volta. Al Ministero della Giustizia, inoltre, era stata fatta domanda per avere dei vigilantes per la sorveglianza. Entrambe le richieste sono state rifiutate: “Per mancanza di fondi non sono stati ancora realizzati i sistemi di sicurezza necessari – spiega il direttore amministrativo della Procura Raffaele Suriano – dopo la sparatoria di Milano la Procura Generale ci ha chiesto se qui era tutto a posto. Ora speriamo che dopo quello che è successo, il Ministero della Giustizia sia più sensibile alla questione sicurezza in tutti i  tribunali italiani”.

Il 9 aprile, un imprenditore accusato di bancarotta ha ucciso tre persone all’interno del Tribunale di Milano, ora il personale e gli avvocati che lavorano a Urbino sono ancora più sensibili alla necessità di aumentare le misure di sicurezza all’ingresso del palazzo di giustizia.

LEGGI – TUTTI GLI ARTICOLI SUL TRIBUNALE DI URBINO

Avvocati, giudici, personale, cittadini: il Tribunale di Urbino, nei giorni di udienza, è un via vai di persone. Ma chiunque può entrare e uscire dal palazzo di giustizia senza essere fermato. La porta è aperta e all’entrata, a regolare il passaggio, non ci sono vigilantes, né metal detector o tornelli. A lato del portone d’ingresso, c’è un campanello con annessa telecamera, ma viene usato solo quando l’edificio è chiuso al pubblico.

“Il tribunale di Urbino non tratta reati gravi, ma le pazzie succedono ovunque”, afferma un avvocato fuori dall’aula delle udienze. “I capi d’accusa – aggiunge un collega – sono collegati poco con il livello di rischio, anche qui ci sono udienze penali e  fallimentari. A Milano la sparatoria è avvenuta in un’aula dello stesso grado di questa”. I due avvocati, che al tribunale di Urbino dicono di sentirsi comunque tranquilli anche se non disdegnerebbero più controlli, lavorano su tutto il territorio della provincia e spesso hanno udienze a Pesaro, dove la situazione è diversa: “Lì, all’entrata, ci sono due porte di vetro, che regolano il flusso di persone, e subito dopo ci sono due metal detector e una guardiola. È strano che qui non ci sia nulla”. Anche a Macerata c’è un sistema di sicurezza all’entrata, come racconta l’avvocato Francesco Lamanna:  “Si passa attraverso un metal detector e gli avvocati devono mostrare il tesserino. Qui a Urbino non c’è neppure una guardia giurata, mentre sarebbe necessario per la sicurezza di tutti. Al di là del caso specifico, il tribunale è sempre un luogo dove si trattano casi delicati e quindi è bene assicurarsi che nessuno entri armato.”

 

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L’Ifg di Urbino trionfa su Perugia e Milano, suo il triangolare di calcio a cinque tra scuole di giornalismo http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/lifg-di-urbino-trionfa-su-perugia-e-milano-suo-il-triangolare-di-calcio-a-cinque-tra-scuole-di-giornalismo/70990/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/lifg-di-urbino-trionfa-su-perugia-e-milano-suo-il-triangolare-di-calcio-a-cinque-tra-scuole-di-giornalismo/70990/#comments Fri, 17 Apr 2015 23:26:03 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70990 Lo storify della serata]]>

PERUGIA – L’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino ha vinto il primo Memorial Nunzio Bassi, sbaragliando nel torneo triangolare di calcio a cinque la scuola di giornalismo di Perugia e la Walter Tobagi di Milano.

L’Ifg di Urbino ha battuto i lombardi 4 a 1 nella prima partita, con una grande prova del bomber Gaetani, autore di una splendida doppietta. Le altre reti sono state segnate da Michele Nardi e Vincenzo Guarcello.

Nello scontro Perugia-Urbino, sul 2 a 1, è arrivato il gol del pareggio per gli urbinati a due minuti dalla fine. Dopo tre falli consecutivi su Andrea Perini, ha segna su tiro libero Nicola Petricca. Ed è stato ancora un gol di Gaetani a decidere la finale contro i perugini. Un finale deciso ai calci di rigore, che ha consegnato la vittoria ai marchigiani 6 a 4. Due errori del team perugino sono stati fondamentali. Gli urbinati invece non hanno sbagliato nulla e si sono aggiudicati il primo Memorial.

Ha alzato la coppa il capitano Libero Red Dolce, portiere dei ducali. Un ginocchio malandato non gli ha impedito di compiere grandissime parate fondamentali per la vittoria.

 

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Snowden al Festival: “Democrazie e dittature usano gli stessi metodi di sorveglianza di massa” http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/snowden-al-festival-non-importa-dove-vivi-democrazie-e-dittature-usano-gli-stessi-metodi-di-sorveglianza-di-massa/70979/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/18/ducato-online/snowden-al-festival-non-importa-dove-vivi-democrazie-e-dittature-usano-gli-stessi-metodi-di-sorveglianza-di-massa/70979/#comments Fri, 17 Apr 2015 22:18:09 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70979 VIDEO L'intervista a Wizner, il suo avvocato]]> snowden_home2

Edward Snowden in collegamento via skype al festival di Perugia

PERUGIA – “Se siete seduti in questa stanza e avete un cellulare in mano, dovete essere consapevoli che il vostro governo sa dove siete. La questione della privacy ci riguarda tutti” così si è rivolto al pubblico del festival del giornalismo di Perugia Edward Snowden, ex informatico dei servizi segreti americani che nel 2013 ha svelato al mondo le attività di controllo di massa dell’intelligence statunitense.

Ora Snowden vive in una località segreta in Russia da dove stasera si è collegato via Skype per discutere di  sorveglianza e privacy insieme al giornalista freelance Fabio Chiusi, al fondatore di Privacy International Simon Davies, a Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone e Andrea Menapace di Cild, a Ben Wizner, consulente legale di Snowden.

In collegamento Skype c’era anche Laura Poitras, la regista premio Oscar del documentario “Citizenfour”, che documenta le riunioni avvenute tra Snowden e Glenn Greenwald ed Ewen MacAskill a cui l’informatico ha fornito le prove delle attività di controllo di massa americane.

La sala dei Notari a Perugia era piena di blogger, giornalisti, curiosi, interessati che hanno fatto più di due ore di fila per assistere al dibattito. Snowden ha risposto alle domande dei moderatori, spiegando perché è fondamentale proteggere i nostri dati e quali sono i pericoli di un sistema di sorveglianza di massa.

“Dobbiamo criptare i nostri dati attraverso sistemi informatici, non importa se viviamo in una società autoritaria o in una democratica. I loro metodi di sorveglianza sono simili – ha spiegato il whistleblower – la differenza è il modo in cui i governi utilizzano i dati raccolti e se lo fanno con un intento politico”.

“Nessuno di noi vuole credere che i governi occidentali democratici abusino dei dati che hanno, il problema però è che potrebbero farlo” ha continuato Snowden. L’evoluzione della tecnologia ha permesso un controllo massiccio, che in termini monetari costa relativamente poco. Il pericolo, secondo Snowden, non è solo che gli stati abusino dei dati. Ad approfittare del sistema possono essere anche i funzionari che lavorano nelle agenzie segrete: “Ci sono stati casi di dipendenti dei servizi segreti che spiavano le proprie mogli, alcuni sono stati scoperti e si sono dovuti licenziare, ma nessuno di loro è finito in tribunale” ha raccontato l’ingegnere informatico statunitense.

Snowden ha parlato anche del suo lavoro nei servizi segreti: “Quando lavoravo negli Stati Uniti passavo le mie giornate a controllare conversazioni private delle persone. Quando fai questo tipo di lavoro, trovi colpevoli anche dove non ci sono, vedi tracce di terrorismo ovunque, questo è il pericolo della sorveglianza di massa. Non importa se hai fatto qualcosa di sbagliato o no, sei sorvegliato e basta. Sei sorvegliato e solo dopo sospettato, mentre dovrebbe essere il contrario. Tutto questo controllo è inutile e non è mai servito ad evitare stragi terroristiche”.

Il dibattito di Perugia si è concluso con una riflessione su cos’è la privacy. “Privacy non è rivelare o no dati, privacy vuol dire potere e democrazia” ha affermato Ben Wizner, avvocato di Snowden. “Privacy è libertà di avere una vita privata e questo è un diritto che solo i cittadini possono far proteggere, non lo stato” ha concluso Snowden.

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Tante spese e zero garanzie: la vita dei freelance italiani http://ifg.uniurb.it/2015/04/16/ducato-online/tante-spese-e-zero-garanzie-la-vita-dei-freelance-italiani/70795/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/16/ducato-online/tante-spese-e-zero-garanzie-la-vita-dei-freelance-italiani/70795/#comments Thu, 16 Apr 2015 17:23:48 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70795 Il giornalista freelance Alessandro Di Maio

Il giornalista freelance Alessandro Di Maio

PERUGIA – Duecento euro per prendere un taxi, quasi 2mila per autista, traduttore e altri servizi, di fronte alla prospettiva di guadagnarne 50. Essere un giornalista freelance oggi non è facile, ma spesso è una scelta obbligata. Molte testate italiane sono in crisi, non offrono contratti e non finanziano reportage all’estero. Non resta che raccontare storie in modo indipendente e poi venderle ai media.

E’ quello che fanno Gabriele Micalizzi, fotografo milanese, e Alessandro Di Maio, giornalista freelance siciliano che hanno partecipato al convegno “Vita da freelance” il 16 aprile al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

“I freelance sono lasciati da soli – spiega Micalizzi fotoreporter di guerra – con i media italiani funziona così: prima realizzi le foto e poi le vendi, alcuni giornali esteri ti fanno firmare un contratto prima e a volte anticipano dei soldi”. Ma anche i media esteri non vogliono prendersi responsabilità: “A volte decidono di non pubblicare fotografie da zone di guerra come la Siria, per non incoraggiare giornalisti a partire e rischiare. Anche questo è sbagliato”.

Ma i giornalisti freelance sono poco tutelati anche dal punto di vista giuridico: “Dobbiamo fare molta attenzione perché siamo direttamente responsabili di ciò che scriviamo – spiega Alessandro – Quando ho iniziato in Sicilia mi occupavo di cronaca locale e avevo paura di essere denunciato per qualche motivo, anche perché scrivevo di mafia. Ho sempre cercato di essere il più neutrale possibile, di non dare giudizi, cosa che spesso accade”. E riguardo la copertura assicurativa, le cose non vanno meglio: “Essere assicurati è fondamentale – conclude il giornalista – tre anni fa a Gerusalemme ho fatto una copertura sanitaria privata che dovevo rinnovare ogni tre mesi. Sfortunatamente ho avuto una colica renale proprio nel periodo del rinnovo, e il costo della notte in ospedale è stato enorme”.

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Alessandro Di Maio, che da Gerusalemme collabora con Libero e Il Fatto Quotidiano, racconta che “i problemi del freelance sono tre: la grande competizione, lo sfruttamento dei giornalisti da parte delle testate e la crisi mediatica italiana.

Io amo il giornalismo, ma in questa maniera è veramente difficile”. Alessandro ha iniziato giovanissimo a collaborare in Sicilia con alcune testate locali, occupandosi di cronaca e di mafia. “Non mi pagavano, così mi sono trasferito a Gerusalemme, mi sono iscritto all’università e ho iniziato a collaborare con un giornale Canadese. Con i media italiani all’inizio è stato difficile trovare collaborazioni, poi c’è stata la Primavera araba, ed è aumentato l’interesse per le questioni mediorientali.”

Per Gabriele, che lavora per il New York Times e il Corriere della Sera, il lavoro del giornalista freelance deve essere una passione: “E’ difficile, ma nessuno ci obbliga a farlo, si corrono dei rischi, bisogna meritarselo. E’ vero, c’è tanta competizione, ma così emergono i lavori di qualità”. Gabriele ha iniziato a fare il freelance per caso, ma poi la sua è diventata una scelta: “Non lavorerei mai per un agenzia di stampa, devi produrre foto standard, coprire gli eventi che ti dicono loro, non hai libertà. A me piace dare un taglio d’autore e una prospettiva personale alle mie foto e questo è quello che me le fa vendere ai giornali”.

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Alessandro racconta che facendo il freelance conosce tanta gente nuova, viaggia, impara le lingue. “Ma è una vita che si può fare solo per un periodo, per come funziona il giornalismo in Italia”. Nel nostro paese i freelance vengono pagati poco: “I giornali esteri pagano dieci volte di più. Ma non è solo una questione economica. Le nostre testate non forniscono press card, non ti seguono nel lavoro sul campo, non offrono garanzie. I giornali chiedono articoli di cronaca, non storie o reportage. Sono pubblicista, lavoro come analista politico dei giornali del mondo arabo per una azianda privata e quando ho tempo libero e i soldi necessari parto e mi dedico a raccontare storie”.

La passione di chi fa il giornalista di guerra è tanta ma ci sono testate che se ne approfittano. “Devi continuamente negoziare- racconta Gabriele- ma è importante non svendersi mai, proporre un prodotto di qualità e pretendere di essere pagati in modo giusto. Io mi dico: il mio è ‘made in Italy’, quindi se un cliente lo vuole, deve pagare”. Ci sono però tante testate che promettono di pagare e poi dopo qualche anno falliscono, per poi rimettersi sul mercato con lo stesso nome. Tutte le collaborazioni effettuate nel periodo precedente la bancarotta decadono. “A me questo scherzetto l’ha fatto una rivista scientifica- racconta Alessandro- ha preso alcune mie foto ma al momento del pagamento non si sono più fatti vivi, salvo poi scoprire che era fallita e rinata magicamente.”

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Ogunlesi (Africa Report): “Una Al Jazeera africana contro i pregiudizi occidentali” http://ifg.uniurb.it/2015/04/15/ducato-online/una-al-jazeera-africana-per-combattere-i-pregiudizi-delloccidente/70680/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/15/ducato-online/una-al-jazeera-africana-per-combattere-i-pregiudizi-delloccidente/70680/#comments Wed, 15 Apr 2015 19:04:38 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70680 anna_tolu_2

Toli Ogunlesi, giornalista di Africa Report

PERUGIA – Un continente, 54 stati, tante lingue e differenze enormi tra una regione e un’altra. Ma per giornali e tv occidentali – e non da oggi – è tutto un unico grande Paese. Le sfumature si perdono. I lettori non conoscono l’Africa e per questo i media si sentono legittimati a dire quasi qualsiasi cosa. “Raccontare l’Africa senza stereotipi è una sfida per i giornalisti occidentali, ma anche in Africa dobbiamo sviluppare i media locali e renderli una fonte affidabile per le testate occidentali. In Africa ci informiamo sui siti della Bbc e della Cnn anche per sapere cosa succede a casa nostra e questo è un problema”, spiega Tolu Ogunlesi, giornalista nigeriano di Africa Report e corrispondente per il New York Times e il Financial Times.

Tolu ha parlato al Ducato a margine del convegno“L’Africa rappresentata nei media occidentali: errori, approssimazioni, omissioni” che si è svolto al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia il 15 aprile. “Bisogna trovare nuovi modi di comunicare l’Africa – ha spiegato Tolu – è importante raccontare le storie locali da una prospettiva africana, lontana dai luoghi comuni”.

Quali sono gli errori più comuni che i media occidentali fanno quando parlano di Africa?
In occidente giornali e tv spesso partono dai una determinata idea che hanno dell’Africa e che vogliono raccontare al loro pubblico. Quando sono sul posto i giornalisti cercano conferme a queste idee e raccolgono testimonianze che possano supportarle. Spesso evidenziano cose che non sono rilevanti agli occhi degli africani. Per esempio, appena è stato eletto il nuovo presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan molti media occidentali hanno dato risalto soltanto alle sue intenzioni di combattere Boko Haram anziché analizzare l’evento da un punto di vista politico e spiegare i motivi che hanno portato alla sua vittoria.

Quando si parla della divisione religiosa in Nigeria si presenta il paese come spaccato in due: musulmani a nord e cristiani a sud. Ma la realtà è più complessa, spesso ci sono questioni più gravi e profonde all’interno della stessa comunità religiosa, tra etnie diverse.

Altre volte vengono omesse delle informazioni importanti: recentemente l’inglese ha sostituito il francese come lingua ufficiale del Ruanda perché il paese voleva lasciarsi alle spalle il passato coloniale. Di questo in Europa non se ne è parlato.

Come sono coperti dai media africani i grandi eventi nell’occidente?
Imprecisioni ed errori non esistono solo nella stampa occidentale, anche noi cadiamo in stereotipi e luoghi comuni per spiegare realtà diverse dalla nostra. L’Italia viene collegata ai problemi di mafia, gli Stati Uniti a quelli di criminalità. Ma in realtà i media africani non parlano tanto dell’occidente, la maggior parte dei giornali e delle tv non hanno fondi per mandare inviati all’estero. Sarebbe bello se ci fosse una tv nigeriana a seguire le elezioni americane, ma oggi chi si vuole informare sui grandi eventi dell’occidente li segue su internet o direttamente sulla Cnn e la Bbc.

Il linguaggio usato dai media occidentali parlando di Africa è corretto?
Il linguaggio è un altro elemento che contribuisce a creare informazione imprecisa sulle realtà africane. In alcune testate occidentali spesso emergono discorsi quasi coloniali e paternalisti. Si parla di cosa andrebbe fatto in Africa, ma non vengono intervistate persone sul posto. Ho letto diversi articoli sulla diffusione dell’Ebola in Liberia in cui non veniva riportata alcuna testimonianza. Per migliorare l’informazione in occidente un primo passo sarebbe lo sviluppo dei media locali in Africa.

Cosa manca ai media locali africani per ottenere la stessa visibilità e influenza che hanno i grandi media internazionali?
Mancano inanzitutto soldi. Bisogna trovare i fondi e investire nello sviluppo tecnologico dei media e nella formazione dei giornalisti. Solo in questa maniera si può produrre un’informazione che possa competere con quella dei grandi media stranieri e ottenere credibilità. Ma, per far sì che i paesi occidentali si interessino a ciò che succede in Africa è necessario che gli stati si sviluppino economicamente. La speranza è che i media locali africani possano produrre informazioni sempre più approfondite e accurate e avere un giorno la stessa influenza dei grandi media internazionali. Creare un punto di vista africano per un pubblico africano e internazionale.

Ci sarà un Al Jazeera africana?
Sì, ci vorrà tempo, ma come insegna l’esperienza mediorientale un canale come Al Jazeera offrirebbe al mondo e all’Africa una prospettiva nuova e lontana dai luoghi comuni.

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Expo 2015, biglietti a 10 euro per gli studenti dellUniversità di Urbino http://ifg.uniurb.it/2015/04/14/ducato-online/expo-2015-biglietti-a-10-euro-per-gli-studenti-delluniversita-di-urbino/70575/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/14/ducato-online/expo-2015-biglietti-a-10-euro-per-gli-studenti-delluniversita-di-urbino/70575/#comments Tue, 14 Apr 2015 14:10:40 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70575 expo2015URBINO – Per gli studenti dell’Università di Urbino da oggi entrare a Expo costerà 10 euro invece che 39. L’Università ha aderito alla convenzione “Biglietto scuola Expo 2015″ e gli studenti della Carlo Bo potranno acquistare ad una tariffa agevolata un biglietto per entrare a visitare i padiglioni del grande evento sul tema universale dell’alimentazione e della nutrizione, che si svolgerà dal 1 maggio al 31 ottobre a Milano.

Ogni studente dell’Università di Urbino potrà acquistare un biglietto collegandosi con le proprie credenziali all’area riservata del sito di ateneo. Sul sito dovrà stampare il bollettino “MAV” e potrà poi effettuare il pagamento presso qualsiasi sportello bancario. Il biglietto, nominativo e personale, sarà a data aperta, cioè potrà essere utilizzato in uno qualsiasi dei giorni durante la manifestazione.

C’è tempo fino al 13 maggio 2015. Dopo questa data, l’Università di Urbino comunicherà a Expo quanti biglietti sono stati acquistati. Gli studenti potranno ritirare i tagliandi all’Ufficio Orientamento dell’Ateneo, in via Saffi 2, a Urbino.

Il responsabile della comunicazione dell’università di Urbino Tiziano Mancini racconta che nell’ultimo periodo gli studenti hanno mandato richieste per sapere se avrebbero potuto acquistare il biglietto Expo ad un prezzo ridotto: “Sulla pagina Facebook dell’università molti di loro ci hanno scritto chiedendo se era attiva la convenzione con Expo 2015. L’ateneo aveva già pensato di aderire all’iniziativa, ora l’acquisto è possibile e penso riscontrerà interesse”.

L’Isia (la Scuola di Progettazione Grafica Editoriale di Urbino) aveva già aderito alla convenzione che permette ai suoi studenti di acquistare il biglietto Expo a 10 euro. Tutti gli interessati dovranno presentare domanda in carta libera ed indirizzata al direttore dell’Istituto indicando cognome, nome, anno di corso e numero di matricola. Per loro la scadenza è il 20 aprile.

All’Expo di Milano parteciperanno 145 paesi e sono attesi oltre 20 milioni di visitatori. L’evento durerà 184 giorni e si svolgerà su un sito di un milione di metri quadrati.

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