il Ducato » Claudio Zago http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Claudio Zago http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Di Trapani (Usigrai): “Nostra proposta: centro unico di produzione per le news Rai” http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/di-trapani-usigrai-nostra-proposta-centro-unico-di-produzione-per-le-news-rai/72326/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/25/ducato-online/di-trapani-usigrai-nostra-proposta-centro-unico-di-produzione-per-le-news-rai/72326/#comments Sat, 25 Apr 2015 21:31:34 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72326 STORIFY Il racconto social della terza giornata]]> FANO – “Trovo che la televisione sia molto educativa. Ogni volta che qualcuno l’accende, vado in un’altra stanza a leggere un libro”. È una delle freddure più celebri di Groucho Marx, e durante il panel “Dov’è la cultura oggi: la televisione” che oggi ha animato il Teatro della Fortuna di Fano, nell’ambito della terza giornata del Festival del giornalismo Culturale 2015, si è cercato di capire quanto la tv italiana sia effettivamente educativa e dove e come la cultura viene trasmessa.

Vittorio Di Trapani, oltre ad essere segretario generale dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, è prima ancora un giornalista lui stesso. Gli abbiamo chiesto quale compito assolve la cultura nel servizio pubblico.

“La cultura deve educare, deve servire a creare spirito critico. In tv non può essere intesa come un prodotto specifico, un prodotto a parte, relegato a programmi ad hoc. Tutti i prodotti devono avere funzione culturale, devono sviluppare lo spirito critico degli spettatori. Che non sono dei consumatori, almeno per il servizio pubblico, ma dei cittadini. Deve contribuire alla maturazione della democrazia e alla crescita culturale del Paese. Non per forza tramite trasmissioni dedicate, ma a partire dai telegiornali, dai grandi programmi di prima serata. Per arrivare alle nicchie delle reti secondarie”.

Sempre meno, ma la cultura passa anche per i telegiornali. È da un pezzo che si parla della riforma dei sistemi di informazione del servizio pubblico. Alla fine cambieranno davvero i telegiornali Rai?
“Cambieranno eccome. Il Consiglio di amministrazione ha approvato un progetto su proposta del direttore generale basato su due newsroom, che inglobino Tg1 e Tg2 la prima, Tg3, TgR e Rainews la seconda.  L’Usigrai ha proposto un proprio progetto di riforma che si chiama Rai Più, basato su un newsgathering unico, con una struttura unica di produzione. Questa proposta è stata sottoposta al voto di tutte le giornaliste e i giornalisti della Rai, che con un referendum si sono detti favorevoli alla nostra proposta. Ora ci sarà un confronto con l’azienda sulla nostra proposta di riforma, e siamo convinti che questa sia di maggior sviluppo per l’azienda. Specie su tre punti fondamentali: l’informazione di rete deve tornare sotto la titolarità dei telegiornali; lo sviluppo del web e della crossmedialità; la presenza sui territori, ovvero la copertura di tutti i territori in ogni singola regione ma anche la copertura all’estero, giacché il servizio pubblico deve raccontarlo meglio, e per farlo deve essere più presente nelle realtà internazionali”.

La proposta di Gubitosi non rischia di limitare il pluralismo dell’informazione?
“Ma a noi la proposta Gubitosi non piace perchè è una operazione meramente contabile, che non parte dal prodotto, quindi senza una idea di rilancio e sviluppo della Rai Servizio Pubblico. Il problema della sua proposta non è la riduzione del numero delle testate, ma l’obiettivo di ridurre l’informazione, il rischio grave di tagli che colpiscano la qualità del prodotto e non i veri sprechi. Poi dobbiamo intenderci su che cos’è il pluralismo. Non può e non deve essere una somma di parzialità. Anche la nostra proposta allora andrebbe a limitarlo, il pluralismo, con un newsgathering unico e con un unico direttore delle news. Deve essere pluralismo di racconto, di format, di linguaggi. Oggi pluralismo è raccontare tutte le diverse sfaccettature di una realtà. Immaginare che sia quello di 30 anni fa, per cui la Rai era tenuta a fare un tg democristiano, uno socialista e uno comunista è un residuato del secolo scorso. Oggi dobbiamo partire dal prodotto, che deve essere più ricco e più adatto al pubblico che cambia. Così da fare servizio pubblico proprio nella logica di capire qual è l’esigenza del nostro pubblico e rispondere a quell’esigenza”.

Da giornalista Rai, mi dà un esempio di giornalismo culturale da cui è rimasto favorevolmente colpito, di recente?
“Fare esempi è sempre difficile. Fare cultura significa scavare e andare in profondità. È tutto ciò che va a svelare i perché dei fatti che accadono, tutto ciò che racconta storie. Servendomi di un’espressione di Papa Francesco, fare cultura significa ‘andare a illuminare le periferie’. Quelle geografiche, quelle sociali, quelle economiche. Tutto ciò che non viene abbastanza raccontato: tutto ciò che è buio e il servizio pubblico illumina”.

Ma l’esempio non me l’ha dato.
“E allora, visto che insisti, te ne faccio due, di esempi: le inchieste fatte di recente per trovare finalmente, dopo 20 anni, la verità sull’omicidio di Ilaria Alpi e di Milan Hrovatin. E anche La neve la prima volta, il reportage di Valerio Cataldi realizzato per Tg2 Dossier con il patrocinio dell’UNHCR che racconta la storia di quattro migranti sopravvissuti al naufragio sulle coste di Lampedusa il 3 ottobre scorso”.

Versione modificata in data 26/04/2015, ore 10.00

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Luca De Biase: “Pur con tutti i suoi limiti, il web è un medium perfetto per divulgare la cultura” http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/luca-de-biase-pur-con-tutti-i-suoi-limiti-il-web-e-un-medium-perfetto-per-divulgare-la-cultura/72097/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/24/ducato-online/luca-de-biase-pur-con-tutti-i-suoi-limiti-il-web-e-un-medium-perfetto-per-divulgare-la-cultura/72097/#comments Fri, 24 Apr 2015 21:55:51 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=72097 IMG_6664

Luca De Biase, giornalista Sole 24 Ore e fondatore Nova24

URBINO – Il web non è perfetto. Anzi, deve fare i conti ogni giorno con la scarsità. Di tempo, di attenzione e di capacità di discernimento. Eppure continua ad essere lo strumento migliore per veicolare cultura.

Luca De Biase, firma del Sole 24 Ore e fondatore di Nova24 (che ha guidato dall’ottobre 2005 al giugno 2011 e che ha ripreso a guidare dal luglio 2013), a margine del panel dedicato al ruolo del Web quale veicolo di informazione si è soffermato sulle potenzialità e sui limiti della rete. E sulla rivoluzione irreversibile che ha causato nel rapporto tra editori e pubblico: “Prima dell’Internet, gli editori possedevano lo spazio sul quale si pubblicava e questo era limitato, quindi aveva molto valore. Ora lo spazio è infinito e questa scarsità è scomparsa”. A suo avviso sono tre, tuttavia, le scarsità che persistono. E contano moltissimo: “La scarsità di tempo delle persone; la scarsità di attenzione delle stesse; la scarsità di capacità di riconoscere la rilevanza delle informazioni. L’offerta è diventata sì illimitata, ma deve confrontarsi con queste tre scarsità che sono controllate dal pubblico e non più dagli editori”.

Quali sono le conseguenze di questa rivoluzione copernicana?
“La conseguenza principale è che, per aver successo, quegli editori che prima determinavano i gusti e le abitudini del pubblico adesso lo devono servire: se non vengono adottati dal pubblico, i prodotti degli editori non hanno ragione di esistere. Condizione per l’adozione è che questi prodotti siano al servizio del tempo, che è limitato, dei lettori, della loro capacità di attenzione etc. Queste caratteristiche sono particolarmente complicate da definire perché i consumatori non sanno cosa vogliono. Vogliono novità, innovazione, cose che non sanno e che quindi vogliono sapere”.

Il web è il mezzo giusto per veicolare messaggi culturali?
“Assolutamente sì, la tecnologia fa parte del risultato culturale: “La cultura è tecnologia”, citando Pierre Gourou. Il web è particolarmente efficace da questo punto di vista perché è così malleabile: puoi fare un giornale culturale con la metafora del giornale culturale, ma puoi fare anche un giornale culturale con la metafora del museo, di una biblioteca, di un circolo di amici. O con la metafora del network di scienziati. Offre opportunità infinite”.

Il professor Dorfles ha dichiarato al Ducato di ritenere il web idoneo a veicolare solo informazioni caratterizzate da immediatezza e urgenza. Sul web c’è spazio, insomma, solo per decreti-legge?
“In quel che dice c’è anche del vero, perché il web, nella maggior parte dei momenti in cui è utilizzato, al pc ma soprattutto ormai sullo smartphone, è più un flusso di informazioni che uno stock. Ma sostanzialmente sono in disaccordo, perché anche il web è un deposito di informazioni stabili e di qualità elevatissima. E’ il web a consentirti di andare a leggere i paper scientifici che sono prodotti in modo aperto, che ti consente di andare a cercare contenuti profondi, sofisticatissimi e stabili! E’ il web ad aver consentito a Brewster Kahle di fare archive.org, che è l’archivio di tutte le pagine web che sono state pubblicate. Questo non è flusso, è stock. Il web è un ecosistema. Può darsi che le cose che sono più in evidenza siano quelle del flusso immediato, ma certo nel web esistono delle ricchezze fondamentali”.

Lei è più volte tornato sul tema dell’information overload, del sovraccarico di informazione. A chi spetta di guidarci nel mare magnum delle notizie?
“Ai sistemi che fanno informazione: in parte agli algoritmi, in parte ai content curators, che interpretano i bisogni del pubblico cercando di mettere insieme informazioni che ritengono essenziali. L’algoritmo lo fa sulla base di una logica oggettiva e automatica e quindi prevedibile. Si pensi agli algoritmi di Facebook o Google. I curator, invece, interpretano con il loro apporto culturale quel che può essere interessante per il pubblico. Perché la curation abbia senso deve essere comoda come la selezione dell’algoritmo, come l’automatismo. Ma dovrà essere credibile e sorprendente più dell’automatismo, dovrà provare l’apporto culturale di chi ha operato la selezione”.

Su un piano strettamente finanziario, fino a quando sarà sostenibile un sistema di questo tipo?
“La mia impressione è che presto si renderanno necessarie delle forme di condivisione dello sforzo economico, perché è difficile credere di poter pagare questo lavoro solo tramite pubblicità. Dovranno instaurarsi forme di complicità col pubblico tali che questo sia disposto a pagare per i servizi di informazione di questo tipo”.

Foto di Anna Saccoccio

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Un giornalista a distribuire cuffie e cioccolatini: il festival vissuto tra i volontari della logistica http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/un-giornalista-a-distribuire-cuffie-e-cioccolatini-il-festival-vissuto-tra-i-volontari-della-logistica/71108/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/19/ducato-online/un-giornalista-a-distribuire-cuffie-e-cioccolatini-il-festival-vissuto-tra-i-volontari-della-logistica/71108/#comments Sun, 19 Apr 2015 10:14:04 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=71108 IL DIARIO DEI VOLONTARI Tra lo staff del Festival del giornalismo di Perugia ci sono anche dieci allievi dell'Ifg di Urbino. Oggi raccontiamo come funziona la logistica. Distribuendo cuffie e microfoni, un giornalista può imparare qualcosa ogni giorno PUNTATE PRECEDENTI 3 | 2 | 1 ]]> Il nostro Claudio intento a sistemare le cuffie per la traduzione simultanea

Il nostro Claudio intento a sistemare le cuffie per la traduzione simultanea

PERUGIA – “Cosa ci vai a fare a logistics, con la ‘s’?”. Me l’avranno chiesto tutti i miei colleghi, da quando ho deciso di vivere l’esperienza del Festival del giornalismo 2015 da addetto ai lavori. Un’attività magari poco intellettuale, ma indispensabile per il buon funzionamento di tutto l’evento.

La mia giornata tipo da volontario ha inizio relativamente presto. Sveglia alle otto, doccia e via all’Hotel Brufani, il quartier generale del festival. L’hotel domina lo spiazzo antistante il belvedere della città di Perugia. È un cinque stelle L, di quegli hotel che difficilmente avrei avuto modo di vivere così intensamente per tanti giorni, non fosse stato per il festival. Ha quell’aria da hotel che vive di occasioni come queste, anzi: che vive davvero solo in occasioni come queste. Alcuni membri dello staff me l’hanno confermato, fra uno sbuffo e l’altro per il carico di lavoro extra cui devono far fronte per rendere possibile un evento così impegnativo.

Nei giorni del Festival internazionale del giornalismo le sale del Brufani si popolano di ragazzi, di giornalisti, di stagisti, turisti e curiosi fin dalla mattina. Le conferenze iniziano infatti alle nove e capita che siano affollate già le prime. Spesso sono in lingua inglese, per cui al volontario di turno toccherà distribuire le cuffie che permetteranno a chi vorrà prendere parte ai vari panel, gli incontri della giornata, di avere la traduzione simultanea dell’evento. A noi il compito di assegnarle, dietro consegna di un documento.

Per me ha significato imparare che il tesserino per i giornalisti, in un festival di giornalismo, non vale come documento di identità; realizzare che in molti sono disposti a lasciarti la carta di credito senza alcun problema, pur di avere la propria cuffia; constatare che la mia vecchia carta d’identità, lisa e stracciata ormai da anni, è come nuova rispetto a quella di tanti; che davvero pochi giornalisti capiscono l’inglese. Che le conferenze sui media in Russia e sulla propaganda dell’Isis tirano più di un carro di buoi, a giudicare da quanti son rimasti senza traduzione perché le cuffie erano finite. E che una bottiglia d’acqua naturale sul tavolo davanti all’ingresso di sala Raffaello è sufficiente perché qualcuno possa pensare di chiederti: “Dell’acqua frizzante, per favore. Magari fredda di frigorifero”.

I panel prevedono spesso il coinvolgimento del pubblico, e spesso mi sono ritrovato a dare il microfono a quanti volevano fare domande. Stefano, il responsabile della sala Raffaello, dice che ho un talento naturale nel dare i microfoni; dice che sembra l’abbia sempre fatto. E io sono soddisfatto, anche se forse non era un complimento.

Ma il crocevia del Brufani è la sala dell’Infopoint, da cui i giornalisti passano per un accredito, gli affamati per un pranzo al sacco, gli speakers per avere i buoni pasto e i rimborsi da Francesca Cimmino, che tutto vede e provvede. Ci ho visto passare moltissimi fra i più noti giornalisti italiani e non solo. Spesso molto disponibili, anche se non tutti. L’impressione è che si conoscano tutti da secoli, e che molti siano anche amici ma come quei parenti che si frequentano solo alle feste comandate. Ho visto Marco Travaglio salutare affettuosamente uno stagista che per il Fatto Quotidiano ha lavorato due mesi, anni fa. Ho dato l’accredito a un giornalista di cui non avevo mai visto il viso, ma il cui nome mi è sempre stato familiare. E ho scoperto che quel nome l’ho sempre pronunciato con l’accento sulla vocale sbagliata: Alberto Puliàfito.

All’info-point ho dispensato chili di Baci Perugina e di Kit Kat, che Fulvio Abbate ha esclamato essere “meglio di una scopata”. Ho messo a durissima prova il mio inglese arrugginito dando indicazioni che in genere consistevano in: “The restrooms are over there, on the left”, che mi esce sempre bene.

Certo, qualcuno potrebbe avermi visto nella hall a caricare il mio smartphone nella -preziosa – colonnina Tim per più del tempo necessario. Ma è perché le batterie del mio cellulare durano il tempo di un panel, non perché effettivamente avessi troppo tempo libero.

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Bramante: un libro risolve la diatriba sui suoi natali. Nacque a Fermignano http://ifg.uniurb.it/2015/04/10/ducato-online/bramante-un-libro-risolve-la-diatriba-sui-suoi-natali-nacque-a-fermignano/70335/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/10/ducato-online/bramante-un-libro-risolve-la-diatriba-sui-suoi-natali-nacque-a-fermignano/70335/#comments Fri, 10 Apr 2015 08:45:50 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=70335 a famiglia Bramante. Fonti archivistiche urbinati passa in rassegna tutta la genealogia degli avi materni e paterni del celebre architetto e pittore]]> 37dbcb94e0URBINO –  Fermignano, Urbino e Urbania si sono contesi per secoli i suoi natali. Ma Donato Bramante nacque a Fermignano, e il Podere Cà Melle è il vero luogo natale del celebre architetto e pittore del Rinascimento. Sono le conclusioni di una ricerca archivistica lunga sei anni condotta dalla docente di Storia medievale all’Università degli Studi di Urbino Anna Falcioni, che ha percorso a ritroso l’albero genealogico della famiglia Bramante dal 1400 al 1700.

Sabato 11  aprile, all’interno del ciclo di celebrazioni con cui  dall’anno scorso Fermignano ricorda il suo più celebre cittadino, nella Sala del Consiglio Comunale di Fermignano, verrà presentato il libro in cui la professoressa Falcioni e il ricercatore Vincenzo Mosconi hanno indagato le origini di Bramante e i suoi rapporti con la sua terra: La famiglia Bramante. Fonti archivistiche urbinati passa in rassegna tutta la genealogia degli avi materni e paterni di Donato Bramante, i primi nativi della villa di Monte Asrualdo, i secondi del castello di Farneta.

Dall’affermazione nel XV secolo del cognome Bramante nel territorio di Fermignano all’ascesa economica della famiglia del genio rinascimentale, che si cimentò anche in attività commerciali di un certo rilievo (pare gestì la cartiera di Fermignano), in 206 pagine il volume condensa la storia della famiglia Bramante così come ricostruita sulla base degli oltre 300 volumi notarili consultati presso il fondo notarile dell’Archivio di Stato di Urbino.

Lo studio è stato infatti possibile grazie all’analisi dei rogiti notarili che hanno documentato la storia della famiglia Bramante dalle origini fino all’estinzione: “L’atto di nascita di Bramante non ce l’abbiamo – spiega l’autrice – ma attraverso il mio studio dimostro che la famiglia è di Fermignano, seguendo due linee di ricerca: da una parte l’origine del cognome Bramante, presente solo nell’area fermignanese, dall’altra lo studio della toponomastica”. Nell’onomastica medievale e moderna, infatti, gli artisti venivano connotati non solo con il patronimico, cioè con il nome del padre o dei genitori, ma anche con il luogo di provenienza. “In effetti –continua Anna Falcioni – il celebre architetto si firmò spesso Bramante di Monte Asrualdo, villa del contado di Urbino fra XV e XVI secolo”.

La ricerca della professoressa Falcioni è utile anche a sfatare definitivamente il luogo comune che voleva Fermignano non esistere, ai tempi in cui Bramante operò. “Era invece un castrum, un castello di notevole importanza, in cui gli stessi duchi di Urbino investivano in termini di patrimonialità”, testimonia l’autrice.

Su Bramante si pensava di sapere tutto. Ma la pubblicazione di La famiglia Bramante. Fonti archivistiche urbinati dimostra il contrario: “Certo una ricerca non è mai conclusa. Anche si raggiungesse una certezza al 98%, è pur sempre dimostrabile qualcos’altro: può venir fuori un documento che perfezioni ciò che è stato affermato in precedenza. La ricerca è sempre in itinere. Per definizione”.

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Torrico (Sinistra per Urbino): “Le mostre di Sgarbi sono solo improvvisazione e spettacolo” http://ifg.uniurb.it/2015/04/01/ducato-notizie-informazione/torrico-sinistra-per-urbino-le-mostre-di-sgarbi-sono-solo-improvvisazione-e-spettacolo/69772/ http://ifg.uniurb.it/2015/04/01/ducato-notizie-informazione/torrico-sinistra-per-urbino-le-mostre-di-sgarbi-sono-solo-improvvisazione-e-spettacolo/69772/#comments Wed, 01 Apr 2015 11:25:48 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=69772 URBINO – Mostre schizofreniche, buone solo a fare da piedistallo per Sgarbi e incoerenti rispetto alla storia della città del duca. Ermanno Torrico, di Sinistra per Urbino,  attacca le nuove esposizioni organizzate dal Comune e inaugurate domenica 29 marzo da Vittorio Sgarbi. “La nuova raffica di mostre lascia perplessi e dubbiosi sul loro intrinseco valore”, è l’accusa di Torrico, che ritiene i progetti dell’assessore alla Rivoluzione poco coerenti col tessuto culturale della città.  Di più:   “L’eccentrica diversità che le caratterizza  rende incomprensibile ogni possibile riferimento a un progetto consono alla cifra identitaria della città”, ha affermato.

Torrico sottolinea la schizofrenia di una proposta culturale che spazia dalle illustrazioni erotiche di Rops e Mannelli alla Cleopatra di Artemisia Gentileschi, dall’ennesimo ricordo di Tonino Guerra alla Resurrezione del manierista bolognese Prospero Fontana. “Difficile, a questo punto –continua Torrico- non condividere con Bruno Malerba la preoccupazione Urbino diventi una Medjugorje dell’arte”.

“L’instancabile  assessore alla rivoluzione – è il consiglio di Torrico – dovrebbe mettere da parte tutto quello che rischia di apparire come improvvisazione e spettacolo per avviare una profonda riflessione sulla politica culturale più consona all’immagine di Urbino e più utile alla sua economia”.

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Sensualità a corte: i nudi di Mannelli e quello di Cleopatra fra le mostre di Palazzo Ducale http://ifg.uniurb.it/2015/03/30/ducato-online/cultura/sensualita-a-corte-i-nudi-di-mannelli-e-quello-di-cleopatra-fra-le-mostre-di-palazzo-ducale/69337/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/30/ducato-online/cultura/sensualita-a-corte-i-nudi-di-mannelli-e-quello-di-cleopatra-fra-le-mostre-di-palazzo-ducale/69337/#comments Mon, 30 Mar 2015 15:29:41 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=69337 DSC_0057URBINO – Sacro e profano, alto e basso, arte classica e provocazione contemporanea, da Artemisia Gentileschi ai nudi di Mannelli. Ricomposto lo Studiolo del duca Federico e dopo il ritorno a casa della Muta di Raffaello, la città ducale da ieri ospita tre nuove mostre che saranno visibili fino a giugno. Incantazioni e anatomie dello spirito e Artemisia Gentileschi. Cleopatra sono i due nuovi allestimenti ospitati nella Sala del Castellare di Palazzo Ducale. Nell’Oratorio di San Giuseppe è invece esposto il capolavoro manieristico della Resurrezione di Prospero Fontana.“Urbino sta tornando ad essere la capitale culturale che è sempre stata”, rivendica con un pizzico di orgoglio Vittorio Sgarbi, che ieri ha presentato le esposizioni.

Se la Cleopatra, il capolavoro giovanile di Artemisia Gentileschi che ha meritato da solo il buio dell’intera prima Sala del Castellare, ha messo tutti d’accordo, ad attirare la curiosità e a sorprendere è stato il secondo allestimento delle sale del Castellare. Dedicato alle incisioni di Felicièn Rops, con i suoi raffinati soggetti erotici, e alle illustrazioni, sullo stesso tema, di Riccardo Mannelli, Incantazioni e anatomie dello spirito esibisce nudi maschili e femminili spesso grotteschi, che rifuggono totalmente la bellezza estetica per descrivere quanto più realisticamente possibile le passioni più alte e gli istinti carnali più bassi.

Mannelli, una delle matite italiane più taglienti e incisive, illustra ogni giorno la vita politica sul Fatto Quotidiano. “Noi non abbiamo pregiudizi o limiti politici, come si è visto con Tonino Guerra o Ezra Pound. È la politica a essere subalterna a queste logiche, non certo l’arte”.

“Dopo la stagione natalizia -ha continuato Sgarbi- con L’adorazione dei Magi di Tintoretto e La Bella Principessa di Leonardo, per la stagione pasquale abbiamo fatto le cose in grande. Avesse dovuto farla qualcun altro, questa mostra, si sarebbe schiantato contro il muro della burocrazia: noi dalla sera alla mattina, e in economia, abbiamo organizzato un evento così importante”.

L’idea delle due mostre era nata per celebrare la giornata della donna, l’8 marzo. In quel periodo, però, Palazzo Ducale stava allestendo le stanze del Duca per il ritorno, dal museo del Louvre di Parigi,  degli uomini illustri nel famoso Studiolo di Federico da Montefeltro. Si è quindi deciso di dedicare ugualmente una mostra alla bellezza femminile, anche se in un’altra data: “Ho pensato di esporre un’opera di Artemisia Gentileschi, prima donna a denunciare il maschio che approfitta di lei e la prende in malafede. La più caravaggesca dei caravaggeschi; molto più di tanti pittori uomini, femminei e decorativi, che hanno una delicatezza, nel tratto, del tutto estranea al Caravaggio”.

Sgarbi ha presentato anche, nel secondo appuntamento culturale della giornata di ieri, il capolavoro manieristico della Resurrezione di Prospero Fontana, esposto nell’Oratorio di San Giuseppe. Un’”opera ospite” a Urbino, proveniente dalla mostra Da Cimabue a Morandi attualmente in corso a Palazzo Fava a Bologna.

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Da Pop-Up Magazine alle feste dei quotidiani, il giornalismo dà spettacolo e crea comunità http://ifg.uniurb.it/2015/03/11/media-home/da-pop-up-magazine-alle-feste-dei-quotidiani-il-giornalismo-da-spettacolo-e-crea-comunita/67684/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/11/media-home/da-pop-up-magazine-alle-feste-dei-quotidiani-il-giornalismo-da-spettacolo-e-crea-comunita/67684/#comments Wed, 11 Mar 2015 10:36:35 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=67684 Pop-Up Magazine , il giornale che si fa sul palco, al festival Repubblica delle Idee, organizzato dal quotidiano di Eugenio Scalfari, le redazioni sperimentano nuove strade per avvicinarsi al proprio pubblico e fidelizzarlo]]> Il palco di Pop-Up Magazine

Il palco di Pop-Up Magazine

URBINO – Il giornalismo sale sul palcoscenico. Dal 2009 in un teatro di San Francisco va infatti in scena un esperimento: Pop-Up Magazine, uno spettacolo con una scaletta composta da notizie, pezzi d’approfondimento, filmati video e contributi fotografici che sotto gli occhi di quasi tremila spettatori paganti a serata, diventano un vero e proprio “giornale onstage”.
Fin dall’inizio, questo ibrido teatral-giornalistico ha sempre registrato il tutto esaurito e nel 2014 ha dato vita anche a una rivista, The California Sunday Magazine. Oltre ad avere i conti in attivo, Pop-Up Magazine è stato capace soprattutto di creare una comunità di affezionati spettatori-lettori, diventando un modello esportabile, con imitazioni in Francia e Danimarca.  Un modello in grado di attrarre e fidelizzare anche quel pubblico che magari, negli anni, si era allontanato dalla lettura dei giornali tradizionali.

Da qualche tempo il perfomed journalism si sta diffondendo anche in Italia, seppure in forme un po’ diverse, tra sperimentazione di nuovi linguaggi, ricerca di legami più stretti con le comunità di lettori e, possibilmente, maggiori vendite. Da due anni, ad esempio, Marco Travaglio porta in giro per i teatri italiani il suo spettacolo È stato la mafia, in cui affronta sul palcoscenico il tema della trattativa Stato-mafia, mentre i suoi monologhi ad Anno Zero e Servizio Pubblico sono diventati un vero e proprio format. Ancora, in occasione di Biennale Democrazia, a Torino, il 25 marzo Ezio Mauro si cimenterà con Thyssen – Opera sonora, un racconto giornalistico con cui il direttore di Repubblica mette in scena le testimonianze raccolte dopo la tragedia che nel 2007 provocò la morte di sette operai dell’acciaieria Thyssenkrupp.

Inoltre, i giornali stessi provano a recuperare il terreno perduto con i lettori attraverso manifestazioni come la Repubblica delle Idee o la Versiliana, organizzati rispettivamente dal quotidiano di Eugenio Scalfari e dal Fatto Quotidiano. Eventi con cui le testate provano a uscire dalle redazioni e ad avvicinarsi alle loro community di riferimento, per conoscerle meglio e cementarle. Condividendo con queste non più solo idee, ma anche spazi fisici.

“Il giornale che va incontro alla sua comunità vuole, però, prima di tutto consolidare il suo marchio. Repubblica, che organizza la Repubblica delle idee – afferma Sergio Maistrello, giornalista e professore di  giornalismo e nuovi media presso l’Università di Trieste – in realtà porta in giro il suo nome, ma senza andare direttamente dalla sua comunità. La incontra nel suo recinto, dentro spazi che conosce e che le sono congeniali.”

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Homepage di Reported.ly

“Parlando di comunità, cosa ben più interessante, connessa però solo a realtà iperlocali legate all’informazione – prosegue Maistrello – è il fenomeno per cui il giornalista si reinventa all’interno della comunità stessa, diventandone parte integrante”.

È il caso del progetto editoriale Reported.lyche fa capo a Andy Carvin, giornalista che nel 2012 è balzato agli onori delle cronache per la sua capacità di raccontare in tempo reale su Twitter le primavere arabe. Il progetto ha messo insieme giornalisti provenienti da tutto il mondo, utilizzatori assidui dei social network che, spiega Maistrello “producono notizie insieme alle persone, dentro le reti, senza l’ambizione di creare alcun tipo di palcoscenico, di struttura ufficiale attorno a cui radunare le persone”.

 

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Primarie Marche, Marangoni (Fi): “Numeri non credibili”. Replica Morani (Pd) “Solo fuffa” http://ifg.uniurb.it/2015/03/04/ducato-online/primarie-marche-marangoni-fi-numeri-non-credibili-replica-morani-pd-solo-fuffa/67245/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/04/ducato-online/primarie-marche-marangoni-fi-numeri-non-credibili-replica-morani-pd-solo-fuffa/67245/#comments Wed, 04 Mar 2015 17:02:10 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=67245 LEGGI - Spacca e Ceriscioli pronti alla sfida / Primarie, vince Ceriscioli]]> URBINO – Forza Italia critica la legittimità della vittoria di Luca Ceriscioli alle primarie di centrosinistra nelle Marche. Lo fa attraverso il consigliere regionale Enzo Marangoni, secondo cui i numeri dell’affluenza, circa 43mila persone, “potremmo giocarceli al lotto”. Secca la risposta di Alessia Morani, deputata del Pd: “Si tratta di una dichiarazione farneticante, è solo fuffa”.

Enzo_Marangoni

Enzo Marangoni

Il fulcro della discussione sono i dati forniti dal Pd stesso sul suo sito web: i voti di domenica 1 marzo sono stati 43.588, ma alle 19 (secondo quanto riportato anche dal Ducato) la conta aveva appena superato i 25mila. Quindi, secondo il ragionamento di Marangoni, 18.588 persone si sarebbero ‘precipitate’ a votare dalle 19 alle 22, orario di chiusura dei seggi. In pratica un terzo dei voti sarebbe stato raccolto in sole tre ore. “Questa incredibile corsa forsennata alle urne – ironizza il consigliere regionale – per recuperare lo scarso risultato dell’intera giornata, sarebbe avvenuta proprio nelle ore di cena e in una fredda serata, in certe zone della regione anche sotto la pioggia. Come possiamo credere che abbia vinto legittimamente un candidato piuttosto che un altro?”. Piccata la risposta della Morani, che difende i suoi elettori: “Voglio dire a Marangoni che i nostri volontari, e in generale i marchigiani, sono persone perbene. Certe affermazioni non gli fanno certo onore”.

La seconda accusa mossa da Marangoni riguarda il successo delle primarie sbandierato dai dem, che a suo parere sarebbero invece state “un flop”. Infatti, rispetto ai 93.716 votanti del dicembre 2013, “la cifra sulla partecipazione popolare è più che dimezzata, nonostante a questo giro si sia trattato di primarie aperte anche ai non iscritti, mentre due anni fa si trattò di primarie chiuse e non di coalizione”. Di nuovo la Morani precisa: “Non c’è niente di più falso: le primarie del Pd del 2013 erano aperte come quelle celebrate lo scorso primo marzo. Il successo di domenica è perciò evidente: hanno votato oltre 43mila democratici ai nostri seggi per scegliere il candidato del Pd al governo delle Marche.”

La deputata del Pd conclude con un ultimo affondo: “Solo quando Forza Italia smetterà di prendere ordini da un solo capo ed inizierà ad esercitare il metodo democratico nella scelta dei propri candidati, potrà parlare. Per ora è solo fuffa”.

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Omicidio di Boris Nemtsov. Il docente di lingua russa a Urbino: “Ecco il vero volto di Putin” http://ifg.uniurb.it/2015/03/04/ducato-online/omicidio-di-boris-nemtsov-il-docente-di-lingua-russa-a-urbino-ecco-il-vero-volto-di-putin/67148/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/04/ducato-online/omicidio-di-boris-nemtsov-il-docente-di-lingua-russa-a-urbino-ecco-il-vero-volto-di-putin/67148/#comments Wed, 04 Mar 2015 09:47:28 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=67148 Boris Nemtsov

Boris Nemtsov

URBINO – Con l’uccisione di Boris Nemtsov, il principale oppositore politico di Vladimir Putin, “muore uno degli esponenti di punta del governo più liberale che la Russia moderna abbia avuto, quello di Boris Eltsin. Siamo tutti molto preoccupati: il suo omicidio segna il ritorno alla versione brutale del regime russo”. Parola di Oleg Rumjantzev, professore di lingua russa presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino e presso l’Università di Macerata: “Oggi in Russia – spiega – c’è un regime totalitario a cui è difficile accostare la parola democrazia”.

L’assassinio di Boris Nemtsov è un segnale importante per la Russia. Lei che idea si è fatto?

Viene eliminato uno degli esponenti di punta di uno dei governi più liberali della storia russa, il governo Eltsin.  Lo avete visto tutti, come il popolo russo ha reagito: in 50.000 in piazza a manifestare contro Putin al grido di “La propaganda uccide”.

Pensa che la copertura della vicenda da parte dell’informazione internazionale sia stata adeguata?

Domanda difficile, perché ho seguito attraverso media russi. Da quel che ho visto, condivido il punto di vista dei media occidentali.

Quindi il movente politico la convince? O crede sia stato un delitto passionale?

Non ho nemmeno preso in considerazione il movente passionale. Ovviamente si tratta di un omicidio politico, nessuno lo potrà mai sapere con certezza ma il fatto che l’assassinio sia accaduto proprio in questo momento storico non fa altro che accreditare questa ipotesi.

La sua famiglia invece come è venuta a conoscenza della vicenda?

Non ho avuto modo di discutere con nessuno dei miei familiari. Ma le persone con cui ho parlato e con cui discuto della cultura russa erano tutte molto preoccupate. Interpretano l’omicidio come un ritorno della versione brutale del regime in Russia. Persino alcune persone che prima difendevano la Russia quando questa veniva attaccata dai media occidentali nei mesi passati, specie in riferimento alle vicende in Ucraina, dopo l’omicidio di Nemtsov hanno avuto dei ripensamenti.

Sono nella memoria di tutti gli episodi di Alexander Litvinenko e di Anna Politkovskaja, che tra l’altro è sepolta nello stesso cimitero dove verrà portato Nemtsov.

Crollato il muro di Berlino e distrutta l’Unione Sovietica si è avuto un breve periodo di disgelo, ma ora vediamo tornare in Russia un altro regime totalitario a cui è difficile accostare la parola democrazia. Non a caso Nemtsov era un esponente politico molto importante per il Paese, uno dei maggiori oppositori politici di Putin.

Nonostante tutti questi eventi, il seguito che Putin continua ad avere in Russia è molto ampio.

È assolutamente vero, tutti i sondaggi gli attribuiscono una enorme popolarità. Non è un mistero per nessuno che in Russia la gestione dell’informazione è in mano agli organi dello Stato e la propaganda è all’ordine del giorno. Sono pochissime le fonti da cui si può sentire qualcosa di diverso rispetto a quanto trasmesso dai canali governativi. Inoltre una buona fetta della popolazione russa non si fida quasi per tradizione delle altre fonti, continuando a percepire le informazioni occidentali come manipolate dai servizi segreti e a priori non veritiere. Solo una minoranza è in grado di consultare altre fonti e di farsi un’idea diversa rispetto a quella propinata dai media russi, in queste condizioni è difficile immaginare un risultato diverso dalla vittoria di Putin.

Anche in Italia Putin ha sostenitori fra i politici, da Berlusconi a Salvini.

In Italia la lobby russa funziona molto bene. Putin sta riuscendo a mettere i bastoni fra le ruote a tutta l’Europa, finanziando anche a livello economico partiti politici locali sfruttandoli per dividere gli stati membri dall’interno. Pensate ai 9 milioni con cui Putin ha sostenuto il Front National di Marine Le Pen. Quello che io vorrei vedere è l’esatto contrario: la Russia che si avvicina ai valori europei.

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Cala la disoccupazione anche nella provincia di Pesaro-Urbino http://ifg.uniurb.it/2015/03/03/ducato-online/cala-la-disoccupazione-anche-nella-provincia-di-pesaro-urbino/67075/ http://ifg.uniurb.it/2015/03/03/ducato-online/cala-la-disoccupazione-anche-nella-provincia-di-pesaro-urbino/67075/#comments Tue, 03 Mar 2015 10:10:55 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=67075 URBINO – Secondo i dati provinciali sulla disoccupazione pubblicati dall’Istat, la provincia di Pesaro-Urbino è quella col tasso di disoccupazione più basso della regione Marche dopo Macerata. Il dato di Pesaro-Urbino passa infatti dal 10% del 2013 al 9,5% del 2014. Maglia nera della regione Marche risulta invece la provincia di Ascoli Piceno, in cui la disoccupazione si attesta all’11,9%, dato appena sotto la media nazionale.

La Cgil Marche sottolinea come il tasso di disoccupazione nelle Marche sarà anche sceso dal 12,3% al 10,1%, in evidente controtendenza rispetto al resto del Paese (dove lo stesso dato passa dal 12,6% del 2013 al 13,3%), ma non è un segnale sufficiente a giustificare facili entusiasmi: “E’ un dato Istat, quindi è incontrovertibile. Ma a essere passato sotto silenzio è il dato degli scoraggiati: in un solo anno in almeno 3.000 lavoratori hanno smesso addirittura di cercarlo, un lavoro”.

Il riferimento è ai 24.000 posti di lavoro in più risultanti dai dati Istat così come rielaborati da Cna Marche e Confartigianato, che non terrebbero in giusta considerazione quasi 3.000 lavoratori  che sono usciti dal mercato del lavoro perché un’occupazione nemmeno la cercano più, stanchi di vedersi respingere le offerte di lavoro e così uscendo dagli elenchi dei disoccupati: “Sono quasi sempre donne, è un dato che deve far riflettere”. Il sindacato fa inoltre presente che “bisogna guardare alla qualità del lavoro che si produce”.

Il presidente di Confindustria Marche Nando Ottavi pone l’accento, invece, sul “segnale finalmente positivo che arriva dai dati Istat sull’andamento del mercato del lavoro nella nostra regione”. La crescita degli occupati (+9.600 unità, pari all’1,6% rispetto alla media 2013) con il conseguente incremento di 1,3 punti percentuali del tasso di occupazione (dal 61,1% del 2013 al 62,4%) rafforzano, per l’associazione degli industriali delle Marche, un “quadro congiunturale di moderato miglioramento, che inverte la tendenza negativa osservata nei mesi centrali del 2014”. “Fondamentale sarà accompagnare questi primi timidi segnali positivi con azioni mirate alla conservazione e rilancio dell’industria manifatturiera, che è il motore trainante del sistema economico italiano e marchigiano”.

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