il Ducato » Federico Dell’Aquila http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Federico Dell’Aquila http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Tesi triennale? È una formalità http://ifg.uniurb.it/2010/04/15/ducato-online/tesi-triennale-e-una-formalita/2414/ http://ifg.uniurb.it/2010/04/15/ducato-online/tesi-triennale-e-una-formalita/2414/#comments Thu, 15 Apr 2010 15:29:16 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=2414 Tesi di laureaScrivere una tesi? Oggi non è più un problema, ormai è facile. Sembrerebbe lo spot di uno dei fin troppo noti istituti per l’assistenza allo studio universitario, invece è semplicemente la realtà degli atenei italiani. Da Urbino a Roma, da Napoli a Bologna, il ritornello è sempre lo stesso: le tesi di una volta erano veri e propri lavori di ricerca portati avanti nel corso di almeno un anno, con impegno e interesse da parte del laureando.

Oggi invece, dopo la riforma Berlinguer che dieci anni fa introdusse il sistema del 3+2 (un triennio di base e un biennio di specialistica), l’università assomiglia sempre più a un esamificio, in cui bisogna fare la corsa per superare nel più breve tempo possibile tutti gli esami, e così facendo “le conoscenze non si sedimentano”. L’università, e così anche la tesi, sono viste dagli studenti con la mentalità dello scolaro che deve fare i compiti a casa”.

A parlare è Giorgio Manfré, docente di Teoria sociologica presso l’Università di Urbino, che afferma: “La situazione attuale è il risultato della modularizzazione del sapere, che è stato sempre più frammentato. C’è un abisso fra gli studenti del vecchio e del nuovo ordinamento. Una volta i ragazzi erano abituati a un metodo scientifico, a un maggior rigore, all’approfondimento, elaboravano le conoscenze sedimentate nel corso degli studi”.

Oggi invece, almeno per quanto riguarda la laurea triennale, la musica è cambiata: “I ragazzi sono svogliati e vedono la tesi di laurea solo come l’ultima rottura di scatole del percorso di studi – dice Ugo Barbara, docente di Laboratorio di scritture giornalistiche all’Università La Sapienza di Roma – già costellato, peraltro, di un numero altissimo di esami”.

Per contro, “la tesi oggi assume più valore – continua Barbara – perché è in sede di discussione che lo studente viene valutato veramente visto che è stata ridotta l’importanza degli esami” a causa della loro moltiplicazione e della riduzione dei programmi. “Prima invece, uno studente veniva valutato soprattutto in base a quanto fatto nel corso degli studi, dato che per studiare un esame ci voleva qualche mese di preparazione e non 20 giorni come spesso accade adesso”.

Oggi bastano pochi mesi per “scrivere” una tesi (si fa per dire, a volte la si copia, se non tutta in parte). Sono sempre più frequenti infatti, gli episodi di copia-incolla da internet (ma anche da altri libri o tesi) di interi testi. “Con me una volta – racconta ancora Ugo Barbara – si è laureata con 110 e lode una ragazza alla cui tesi venne riconosciuta anche la dignità di pubblicazione da parte della commissione esaminatrice. Ma dopo i soliti controlli per verificare l’originalità del testo, l’Università scoprì che era stata interamente copiata. Risultato? Revoca della laurea, che la ragazza non potrà più ottenere, e denuncia penale per truffa”.

Gian Italo Bischi, docente di Matematica generale e finanziaria presso la facoltà di Economia e commercio dell’università di Urbino, spiega perché si è arrivati a questa situazione: “Nel sistema del 3+2 la tesi di laurea equivalente a quella del vecchio ordinamento è prevista alla fine della specialistica; la prova finale, come la definisce la riforma, della triennale ha poco  valore, tanto che in alcune università, ad esempio quella di Bologna, è stata completamente eliminata”. Quindi il problema non è nei ragazzi? “No, anzi, sono gli stessi professori che incoraggiano gli studenti a lavorarci su poco tempo, così come previsto dai crediti che vale (5 crediti, 1 credito = 25 ore, per un totale di 125 ore), ma ciò non vuol dire che siano tesi fatte male”. Bischi non ha problemi a spiegare anche il perché di questo approccio alla tesi della triennale da parte dei professori: “Con l’introduzione della riforma, che ha comportato un sensibile aumento degli esami per ciascun anno, con conseguente diminuzione del tempo per lo studio, si è accentuato il fenomeno dei fuoricorso. Un vero e proprio problema per le università che, a seconda del numero di ritardatari che conta, finisce indietro nella classifica degli atenei più virtuosi compilata ogni anno dall’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) ma soprattutto riceve più o meno finanziamenti dal Ministero della Pubblica Istruzione. Pertanto l’università ha tutto l’interesse a far laureare in corso quanti più studenti possibile. Io non sono d’accordo, perché la fretta è contraria alla qualità, però la situazione è questa”.

Ma la situazione è tragica solo riguardo alle tesi delle lauree triennali, “che solo in casi eccezionali sono ben fatte” sottolinea Manfré. “Le cose migliorano, e di molto, nel caso di quelle specialistiche, anche se la qualità dei lavori finali è comunque più carente rispetto a quella di una volta” affermano in coro ancora Manfré e Paolo Morozzo, docente di Diritto privato a Urbino. Questo anche per il diverso valore, in termini di crediti formativi, attribuito alla tesi dalla riforma del 3+2. Valore che, tra l’altro, può cambiare fra un ateneo e l’altro, ma anche fra corsi di laurea diversi all’interno della stessa università.

A Urbino ad esempio, nel corso di laurea di Scienze della comunicazione, si va dai cinque crediti della triennale ai 18 della specialistica. Ma il divario aumenta nel caso del corso di laurea in Scienze geologiche, dove la triennale vale sempre cinque crediti, ma le diverse specialistiche variano dai 20 ai 25.

Proprio Scienze geologiche sembra essere un po’ l’isola felice quanto meno della Carlo Bo, se non dell’intero mondo universitario italiano. “Da noi la qualità delle tesi non si è abbassata, anzi, gli studenti delle triennali vogliono fare sempre di più di quanto richiesto loro dalla riforma in termini di impegno”, dice il presidente del corso di laurea, Alberto Renzulli. “L’impegno dei ragazzi è sempre lo stesso”, continua Renzulli, che poi però ammette: “Oggi gli studenti arrivano alla tesi meno preparati di un tempo, sia perché il corso si studi è più breve, sia per rivoluzione dei programmi conseguente alla riforma”.

“Ma la tesi di laurea è in crisi da molto tempo, non è una conseguenza della riforma”, assicura Paolo Morozzo, unica voce fuori dal coro. Almeno un paio, secondo lui, i motivi alla base della crisi della tesi di laurea. In primo luogo “la disabitudine alla ricerca su carta alla quale si preferisce la più facile e superficiale ricerca su internet, che elimina la problematizzazione perché in rete si trovano solo testi brevi, i cosiddetti abstract”. Ma soprattutto, il fatto che “la tesi è l’unico momento, durante gli studi universitari, in cui i ragazzi scrivono, e spesso non sanno farlo”. Ma “che non sappiano scrivere, non è colpa dell’università – conclude Barbara – bensì della scuola di base che promuove studenti che fanno persino errori di punteggiatura”.

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Fontana proibita per i neolaureati

Guida alla rete:

Università di Urbino Carlo Bo

Università La Sapienza di Roma

Testo della riforma

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Il garante per la Privacy http://ifg.uniurb.it/2010/02/13/ducato-online/il-garante-per-la-privacy/939/ http://ifg.uniurb.it/2010/02/13/ducato-online/il-garante-per-la-privacy/939/#comments Sat, 13 Feb 2010 13:04:31 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=939 [continua a leggere]]]> Il suo compito è mediare fra libertà di informazione e garanzie dei cittadini, trovare nelle situazioni concrete il punto di equilibrio tra valori costituzionalmente e socialmente assai rilevanti.

Il contrastato rapporto fra conoscenza e riservatezza nasce negli Stati Uniti d’America, precisamente nella Boston di fine ‘800 dove l’avvocato Samuel Warren, marito di una “regina dei salotti”, reagì a un eccesso di notizie mondane scrivendo, insieme al futuro giudice della Corte Suprema Louis Brandeis, “The right to privacy”. Apparso nel 1890 sulla Harvard Law Review, questo diritto arriverà in Italia solo nel 1997 con l’istituzione dell’Autorità garante per la tutela dei dati personali. Da allora però, troppo spesso ci si è appellati alla privacy per restringere il campo d’azione dei giornalisti, il cui diritto fondamentale rimane ovviamente il diritto di cronaca.

Ma il diritto di informazione non è l’unico valore costituzionalmente rilevante da confrontare e bilanciare con il diritto alla protezione dei dati personali, poiché la divulgazione delle informazioni può rispondere a esigenze di sicurezza o di tutela della salute, al rispetto della libertà di ricerca, a ragioni di giustizia.

Premesso che libertà di comunicazione, il diritto di sapere e la trasparenza non possono mai cancellare il bisogno di intimità, il diritto di costruire liberamente la propria sfera privata, di sviluppare liberamente la personalità, di veder comunque rispettata la propria dignità, e tenendo presente che la cronaca nel senso più ampio del termine mette ciascuno di noi davanti “all’occhio del pubblico”, con effetti che non si limitano ad una occasionale violazione dell’intimità, ma possono determinare l’immagine stessa che di noi viene proiettata, bisogna sempre ricordare il diritto di informazione ha il suo fondamento nella libertà di manifestazione del pensiero, nella libertà di comunicazione, e non può, quindi, essere considerato come un interesse prevalentemente del giornalista. La sua ragione si trova piuttosto nel diritto di sapere dei cittadini e nella trasparenza che deve caratterizzare ogni sistema democratico.

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La Finanza non sorride davanti all’obiettivo

Guida alla rete:

La Provincia di Sondrio
Valchiavennalife.com, giornale on line della Valchiavenna
Il sito del Garante per la privacy
Piazzettavergani.org, blog curato dal Gruppo Cronisti Lombardi
Articolo21.info, quotidiano online per la libertà d’espressione

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Radiocronaca sportiva: in 50 anni stesso linguaggio, stesso successo http://ifg.uniurb.it/2010/02/04/ducato-online/radiocronaca-sportiva-in-50-anni-stesso-linguaggio-stesso-successo/889/ http://ifg.uniurb.it/2010/02/04/ducato-online/radiocronaca-sportiva-in-50-anni-stesso-linguaggio-stesso-successo/889/#comments Thu, 04 Feb 2010 11:44:32 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=889 di Federico Dell’Aquila ed Alice Cason

Chi pensa che dopo 50 anni di storia la radiocronaca sportiva sia ormai morta, che sia solo un residuato, sbaglia. Sul piano tecnico non è granché cambiata, ma ha contribuito per alcuni aspetti anche alla cronaca televisiva.

“Dal punto di vista tecnico è cambiato molto. Una volta si trasmettevano solo i secondi tempi e non c’erano interruzioni pubblicitarie. Dal punto di vista del linguaggio invece, non è cambiato nulla”. Alfredo Provenzali ha i titoli per affermarlo: da 44 anni lavora a Tutto il calcio minuto per minuto, prima come inviato dai campi poi, dal 1992, come conduttore della storica trasmissione di Radio Uno. In un colloquio con il Ducato Online spiega cosa è cambiato e cosa no.

“Lo sport è sempre quello – dice – ci sono 22 calciatori e un pallone su un rettangolo di gioco. Se in tv c’è ormai la ricerca della frase ad effetto, in radio questo non è possibile perché non c’è l’aiuto delle immagini e quindi la cronaca deve essere sempre e comunque, anche oggi, un racconto nudo e crudo”.

Insomma, le parole non cambiano, il successo nemmeno. È proprio questo, secondo Provenzali, il segreto dell’ancora numeroso seguito di Tutto il calcio…, che trasmette le radiocronache delle partite del campionato di calcio italiano. Nato da un’idea di Guglielmo Moretti, all’epoca capo della redazione sportiva, la trasmissione vide la luce nel 1960 e proprio il 10 gennaio scorso ha compiuto 50 anni.

Ancora oggi Tutto il calcio… è uno dei programmi più seguiti di Radio Rai:“Venti anni fa la trasmissione contava 20 milioni di radioascoltatori – racconta ancora Provenzali – oggi sono molti di meno a causa della progressiva erosione del pubblico da parte di una sempre più tecnologica televisione”. Insomma, non è solo tradizione ma anche successo, una scelta aziendale dovuta all’ancora alto numero di ascoltatori che attira pubblicità e, quindi, ricavi.

Se una volta per seguire le partite del campionato ci si doveva affidare solo alla radio, dal 1993 i tifosi italiani hanno infatti potuto cominciare a vedere una partita in tv grazie all’emittente Tele+, poi con Stream e oggi con Sky, con la quale nasce anche la possibilità di scegliere la telecamera attraverso la quale guardare l’evento consentendo una vera e propria fruizione personalizzata.

Questo non significa che la radio sia rimasta indietro e non abbia portato innovazioni. Anzi, ha addirittura insegnato qualcosa alla televisione.

“La figura del bordocampista, ad esempio, un’innovazione che comunemente si attribuisce alla tv è in realtà un’invenzione della radio – spiega Provenzali – Fu un’idea di Guglielmo Moretti che negli anni ‘60 e ’70, per le partite della Nazionale, volle sperimentare una radiocronaca a quattro voci: Enrico Ameri alla cronaca, Sandro Ciotti al commento, io e Claudio Ferretti a bordocampo. Non vicino alle panchine però, a ‘spiare’ gli allenatori, – precisa – ma dietro le porte, per vedere più da vicino le azioni più importanti e gli episodi più controversi”. Dalla radio quindi, prende spunto anche l’idea della moviola in campo, da diversi anni argomento di discussione nel mondo calcio.

È ovvio che le attuali tecnologie avvantaggino i telespettatori rispetto ai radioascoltatori, offrendo loro diverse possibilità “però ancora oggi c’è uno zoccolo duro che è rimasto legato alla radio – assicura Provenzali – o addirittura è tornato a preferirla alla tv”. Perché? “Per il suo fascino. E’ l’unica spiegazione”.

Guida alla rete:

Sito ufficiale della trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”

Il blog ufficiale della trasmissione

Il canale youtube della trasmissione

Pagina facebook della trasmissione

Apertura della puntata dei 50 anni

Forum ufficiale della trasmissione

Puntata de “La storia siamo noi” sulla trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”

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La Finanza non sorride davanti all’obiettivo http://ifg.uniurb.it/2009/02/13/ducato-online/la-finanza-non-sorride-davanti-allobiettivo/937/ http://ifg.uniurb.it/2009/02/13/ducato-online/la-finanza-non-sorride-davanti-allobiettivo/937/#comments Fri, 13 Feb 2009 13:57:32 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=937 Venerdì 30 gennaio, a Chiavenna, in provincia di Sondrio, alcuni agenti della Guardia di Finanza hanno sequestrato il tesserino professionale e la macchina fotografica al giornalista Stefano Barbusca (del giornale “La Provincia di Sondrio”) che li stava fotografando mentre eseguivano un controllo sulla contabilità all’interno di un negozio. Le Fiamme Gialle gli hanno contestato il fatto che stesse realizzando quelle immagini in violazione della normativa sulla privacy.

Le questioni sono due: è stata effettivamente violata la privacy dei finanzieri da parte del signor Barbusca? Quand’anche il signor Barbusca avesse violato la privacy dei finanzieri, questi sarebbero stati abilitati al sequestro del tesserino professionale e della macchina fotografica del giornalista?

La privacy dei finanzieri non è stata violata

  • il giornalista, avendo mostrato il tesserino, ha raccolto notizie rendendo nota la propria identità, professione e la finalità della raccolta senza ricorrere ad artifici o a pressioni indebite (art. 1, “Norme per la tutela della privacy nell’esercizio della professione giornalistica”);
  • il negozio in cui il giornalista stava scattando le foto ai finanzieri in servizio non era un luogo di privata dimora né un luogo di cura, detenzione o riabilitazione cui si estende la tutela del domicilio (art. 1, “Norme per la tutela…” cit.);
  • le immagini che ritraggono persone in luoghi pubblici possono essere pubblicate, anche senza il consenso dell’interessato, purché non siano lesive della dignità della persona (Documento del Garante per la protezione dei dati personali dell’11 giugno 2004). Ritenendo non lesive fotografie di finanzieri in servizio risulta del tutto infondata la motivazione (“impedire ulteriori scatti non autorizzati”) del sequestro della macchina fotografica al signor Barbusca indicata nel documento “processo verbale di operazioni compiute” emesso dalla Guardia di Finanza al momento del dissequestro della stessa macchina fotografica. Documento nel quale, inoltre, le Fiamme Gialle “diffidano” espressamente il giornalista dal pubblicare le foto dei militari in servizio.

Escluse le ragioni di una “riservatezza speciale”
Per il resto i finanzieri non sono minori (la cui tutela del diritto alla riservatezza è sempre primaria, art. 4, “Norme per la tutela…” cit.), né erano coinvolti in fatti di cronaca o persone in stato di detenzione (art. 5, “Norme per la tutela…” cit.): pertanto non si tratta di soggetti cui è garantita, in particolari casi, una maggiore riservatezza.
Inoltre il giornalista non ha dato notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione o la dignità dei finanzieri (art. 5, “Norme per la tutela…” cit.), non li ha discriminati per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali (art. 6 “Norme per la tutela…” cit.), non ha fatto riferimento al loro stato di salute pubblicando dati analitici di interesse strettamente clinico (art. 7, “Norme per la tutela…” cit.), non ha descritto le loro abitudini sessuali (art. 8, “Norme per la tutela…” cit.).
Infine, ma è l’aspetto più evidente, sembra assurdo parlare di privacy riguardo a pubblici ufficiali in servizio.

Il sequestro è illecito

Se comunque il giornalista avesse realmente violato la privacy dei finanzieri, questi non hanno la facoltà di sequestrare macchine fotografiche e tesserini professionali né esistono organismi preposti a farlo (solo il consiglio regionale o interregionale dell’Ordine dei giornalisti può ritirare il tesserino quando l’iscritto viene cancellato dall’Ordine stesso).
Per tutti questi motivi possiamo affermare che l’atto commesso dalla Guardia di Finanza si configura come un vero e proprio abuso.

Gli interventi del Garante per la privacy
Il presidente dell’Unione nazionale dei cronisti italiani (Unci), Guido Columba, si è rivolto al Garante per la privacy per far sì che “i cronisti riaffermino i loro diritti”. Casi analoghi non si ricordano ma il Garante si è spesso espresso in materia di pubblicazioni di foto. In una pronuncia dell’11 dicembre 2000 richiamò il principio (che nella legge n. 675/1996 è richiamato per i dati sensibili – art. 25 -, ma che risponde a criteri di ordine generale) secondo il quale il giornalista può trattare dati “relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dall’interessato o attraverso i suoi comportamenti in pubblico” (principio affermato espressamente per tutti i tipi di dati dall’art. 5, par. 2, del Codice di deontologia per l’attività giornalistica di cui il Garante ha disposto la pubblicazione in Gazzetta ufficiale il 29 luglio 1998). Le foto dei finanzieri scattate da Barbusca rientrano nella definizione di dati “relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dall’interessato o attraverso i suoi comportamenti in pubblico” cui fa riferimento il Garante in questa pronuncia.

Il 3 settembre 2001 il Garante ritenne illecito il trattamento relativo a un’immagine acquisita in occasione di un avvenimento di interesse pubblico o svoltosi in pubblico (primo comma, ultima parte, dell’art. 97 della legge 22 aprile 1941 n. 633) come nel caso del Barbusca (i finanzieri stavano svolgendo il proprio servizio in pubblico).

In una pronuncia dell’8 maggio 2000 l’Autorità ricorda invece che la divulgazione e pubblicazione di dati e foto avviene nel rispetto delle norme sulla privacy solo se la loro raccolta è avvenuta in modo corretto e osservando l’obbligo di fornire la prevista informativa (presentare il tesserino di giornalista). Il Barbusca ha mostrato il tesserino tanto che gli è stato addirittura sequestrato.

Infine, il 17 gennaio 2000, il Garante affronta il tema del possesso delle fotografie. In particolare stabilisce che il giornalista può detenere non solo le fotografie ma anche i relativi negativi. Ricorda anche però che “la persona interessata ha, comunque, la facoltà di esercitare i diritti di accesso, previsti dalla legge sulla privacy, ai dati che lo riguardano. Restano – continua il testo – ovviamente fermi gli obblighi da parte del fotografo di utilizzare i negativi in conformità alle prescrizioni di legge e di non farne un uso improprio (articolo 96 della legge n. 633/1941)”. Per cui, qualora la privacy dei finanzieri fosse stata realmente violata questi non avrebbero potuto far altro che adire il Garante successivamente all’accaduto, ma non sequestrare l’attrezzatura professionale con la quale Barbusca stava esercitando il diritto di cronaca.

L’opinione dei Cronisti Lombardi

Dovendosi esprimere ufficialmente sulla questione, il Garante non ha ritenuto opportuno rilasciare dichiarazioni in merito. Hanno invece risposto alle nostre domande, oltre al protagonista di questa storia Stefano Barbusca, anche il presidente dell’Unci Guido Columba e il presidente del Gruppo Cronisti Lombardi, Rosi Brandi. Quest’ultima ci ha informato, in particolare, dell’incontro avuto il 10 febbraio con il comandante della regione Lombardia della Guardia di Finanza, Mario Forchetti. “Sostanzialmente – afferma la Brandi – la GdF ha riconosciuto di aver commesso un errore ed è stato programmato un colloquio fra il comandante provinciale della GdF di Sondrio, colonnello Marco Selmi, con Pierluigi Comerio, il vicedirettore de “La Provincia di Sondrio”, giornale per il quale lavora Stefano Barbusca. Ma – assicura Rosi Brandi – lo strappo è stato già ricucito. E – conclude – i giornalisti non possono dipendere dai comunicati delle forze dell’ordine, è normale che cerchino le notizie da soli”.

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