il Ducato » Giorgio Mottola http://ifg.uniurb.it testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino Mon, 01 Jun 2015 01:40:19 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=4.1.5 testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato no testata online dell'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino il Ducato » Giorgio Mottola http://ifg.uniurb.it/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifg.uniurb.it Urbino Calcio: ancora sei punti per salvarsi http://ifg.uniurb.it/2010/04/15/ducato-notizie-informazione/urbino-calcio-ancora-sei-punti-per-salvarsi/2746/ http://ifg.uniurb.it/2010/04/15/ducato-notizie-informazione/urbino-calcio-ancora-sei-punti-per-salvarsi/2746/#comments Thu, 15 Apr 2010 16:09:46 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=2746 [continua a leggere]]]> Logo Urbino CalcioL’Urbino Calcio dovrà convivere ancora per un’altra settimana con l’incubo retrocessione. Ma il problema non è rappresentato soltanto dai paly out che i gialloneri potrebbero affrontare. Il finale del Campionato di Eccelenza è reso ancora più incerto dal caos creato dalla Lega nazionale dilettanti. Al momento, non si sa qual è il numero preciso di squadre che retrocederranno in Promozione.

“Inizialmente avevano deciso due, poi, a campionato in corso quattro. Però quasi tutte le squadre hanno fatto ricorso e quindi a una giornata dalla fine del torneo non sappiamo che decisione verrà presa”, racconta Giovanni Pagnoni, patron dell’Urbino Calcio. Al di là di quello che stabilirà la Lega, il presidente è comunque sereno: “affronteremo le prossime gare come se fossero delle finali”.

È ottimista?

“Lo spirito deve rimanere quello con cui abbiamo affrontato la Real Maceratese. Non solo abbiamo vinto, ma abbiamo fatto anche una gran bella partita”.

Ha dato qualche consiglio alla squadra e all’allenatore per la prossima partita con il Grottamara?

“Non ce n’è bisogno sono tutti concentratissimi. Il mister tiene tutto sotto controllo con gli allenamenti. Il gruppo è unito e i ragazzi sono molto stimolati. Anche quelli che l’anno prossimo potrebbero andar via. Per loro trovare un’altra squadra sarebbe più difficile partendo da una retrocessione”.

Quindi si è trovato meglio con mister Crescentini, subentrato in panchina nel girone di ritorno?

“Anche con l’allenatore precedente i rapporti erano ottimi. Il problema è stata la serie di risultati negativi. Purtroppo serviva un atto di discontinuità per dare una scossa. Visto che non potevamo cambiare tutti i giocatori abbiamo dovuto mandare via l’allenatore”.

Se riuscirete a rimanere in Eccellenza, quali saranno le novità per la prossima stagione?

“Intanto finiamo questa stagione, che è stata già molto travagliata. Abbiamo avuto calciatori che sono venuti in corso di campionato. Altri che se ne sono andati. Quindi l’anno prossimo proveremo innanzitutto a confermare il maggior numero possibile di giocatori e avere un solido gruppo fin dai nastri di partenza”.

Molti contestano che in squadra ci sono troppi pochi urbinati?

“E hanno ragione. Io ho raggiunto la squadra da poco. Per aumentare il numero dei giocatori urbinati bisognerà investire sul settore giovanile. Quest’anno abbiamo lavorato bene, però bisognerà aspettare ancora due o tre anni”.

Ascolta l’intervista a Giovanni Pagnoni

Guida alla rete:

Il sito dell’Urbino Calcio

Sullo stesso argomento:

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Gli immobili del comune per ripopolare il centro http://ifg.uniurb.it/2010/04/14/ducato-notizie-informazione/le-proprieta-immobiliari-del-comune-di-urbino/2520/ http://ifg.uniurb.it/2010/04/14/ducato-notizie-informazione/le-proprieta-immobiliari-del-comune-di-urbino/2520/#comments Wed, 14 Apr 2010 14:31:07 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=2520

In tutto Palazzo Lucciarini, di fronte al Duomo di Urbino, ora ci abita soltanto una signora. E nell’intera zona di Palazzo Ducale i residenti sono rimasti in sedici. «Dieci anni fa eravamo 350», ricorda uno degli abitanti superstiti.

Lo spopolamento del centro storico è uno dei refrain che negli ultimi vent’anni gli urbinati hanno imparato a memoria. Ma per trovare una soluzione, secondo alcuni, non c’è bisogno di girare tanto in lungo. Basterebbe bussare alla porta del Comune. Dentro le mura, infatti, il Municipio possiede più di un terzo degli immobili presenti. Un patrimonio amministrato spesso con difficoltà e non sempre adeguatamente valorizzato. All’occorrenza, per far cassa, messo anche all’asta. Molte le proposte su una differente gestione. C’è chi vorrebbe che nei palazzi municipali del centro tornassero le attività artigianali. E chi invece vorrebbe che dentro le mura il Comune sperimentasse il residenzialismo popolare.

Il crollo demografico nella città del Duca Federico è ormai una tendenza storica. Nel 1951 gli abitanti erano quasi 23 mila. Cinquanta anni dopo sono scesi a 14.400. E nel 2009, il dato è ancora più basso: 14.010, ma più del 10% (esattamente 1600) sono immigrati. All’interno del centro storico si è passati invece dai 3000 del 1971 ai 1161 dello scorso anno. I residenti, e le attività economiche, si sono spostate sempre più fuori dalle mura e poi sempre più a valle, verso Fermignano e verso Pesaro. Nel centro storico sono rimasti soltanto il Comune e l’Università.

Dove si concentrano le proprietà immobiliari del comune di Urbino

Come abbiamo raccontato nelle altre due puntate dell’inchiesta del Ducato [26 marzo 2010 – pag. 9 e 12 marzo 2010 – pag. 13] sulle proprietà immobiliari a Urbino, la Curia negli ultimi 50 anni si è liberata di quasi tutti gli immobili che le appartenevano. Gli acquirenti sono stati quasi esclusivamente due: il rettore (Carlo Bo) e i sindaci. La Chiesa locale, dalla creazione degli Istituti di sostentamento del clero in poi, quindi dagli anni ’80, ha smesso di gestire le immense risorse patrimoniali del territorio e ha così perso sempre più potere. La figura di Carlo Bo ha invece conferito all’Università un’autorevolezza e un carico di aspettative tale da renderla per quarant’anni l’istituzione più potente della città. Capace di condizionare i consensi elettorali e dunque le scelte politiche: basti considerare l’enorme numero di urbinati impiegati nell’Università.

A partire dalla metà degli anni ‘90, con la morte di Bo e il calo delle iscrizioni, si riequilibra il rapporto di forze con il Comune. L’ateneo di Urbino dipende sempre di più dai fondi pubblici. E le scelte urbanistiche del Comune possono dunque condizionarlo come mai è avvenuto in passato. Ora è infatti soprattutto l’Università a chiedere tavoli tecnici con il Municipio.

Elenco alienazioni e proprietà del Comune di Urbino

«Prima degli anni ’60 il centro storico cadeva a pezzi. Per fortuna le amministrazioni comunali, di concerto con l’Università, hanno fatto una scelta che andava nella direzione del recupero e della rifunzionalizzazione dei beni culturali cittadini», spiega Sergio Feligiotti, architetto tra i più informati sulla storia urbanistica della città. I vecchi palazzi, da conventi o cappelle in disfacimento, si sono trasformati in facoltà universitarie, biblioteche e uffici. Gli abitanti sono scappati ma in pochi hanno venduto. Le vecchie case del centro storico sono state riadattate a “remunerativi pollai per studenti”, come le definisce Vittorio Emiliani, già direttore del Messaggero,  deputato, ma soprattutto ex residente del centro rinascimentale.

Ora che anche la popolazione studentesca cala, il notevole patrimonio immobiliare del Comune può diventare strategico per ripensare lo sviluppo della città dentro le mura. Anche perché i costi di gestione non sono sempre sostenibili. “Importanti strutture come Palazzo Chioggi, Palazzo Boghi e Gherardi sono abbandonate a loro stesse. Se inserite invece nel sistema museale potrebbero essere un valore aggiunto per questa città”, spiega Feligiotti.

La cosa che preme di più agli urbinati è, però, il ripopolamento del centro storico. Vittorio Emiliani lancia una proposta: “Riportiamo le vecchie botteghe artigianali in centro e diamo la casa a prezzi agevolati alle giovani coppie come si è fatto in posti come Cesena. Lì l’esperimento ha funzionato”. É il momento di aprire un dibattito all’interno di tutta la città, secondo il think tank urbinate “Insieme per Urbino”: “Vogliamo che si avvii subito un tavolo tra Comune, Università, Ersu e società civile. Trasformiamo immediatamente la Data in “urban center”, centro multimediale, luogo di confronto e di libera aggregazione”. Il primo passo, secondo l’associazione nata due anni fa, potrebbe essere “coinvolgere i privati nella gestione di alcune strutture sottoutilizzate, facendo però attenzione alle possibili speculazioni”.

Nonostante il calo demografico, l’interesse degli investitori privati per il centro storico è rimasto comunque molto forte. “Spendere nel mattone all’interno delle mura è molto più conveniente che depositare i soldi in banca. Diversamente che fuori dalle mura, il valore degli immobili non cala, ma cresce costantemente di 4-5 punti percentuali all’anno”, spiega Ignazio Pucci di “Insieme per Urbino”.

Negli ultimi due anni  ci sono stati almeno 6 importanti investimenti: acquisti di immobili finalizzati alla creazione di residenze universitarie. Il Comune è dovuto correre ai ripari, imponendo che gli appartamenti avessero una superficie non inferiore ai 70 metri quadrati. Altrimenti ci sarebbe stato il proliferare di altri “pollai per studenti”.

Dal suo canto però, l’amministrazione Corbucci per “fare cassa” ha cominciato a vendere da qualche anno parte del suo patrimonio. Solo nel 2009 sono stati venduti beni, tutti fuori dalle mura, per quasi 4 milioni di euro. Ma l’assessore ai Lavori Pubblici, Maria Crespini, ci tiene a precisare: “Non abbiamo in programma la vendita di alcun palazzo storico”. In un’intervista rilasciata mesi fa al Ducato, il sindaco Franco Corbucci aveva riassunto il suo progetto per il centro cittadino nella formula “centro commerciale naturale”. Vale a dire più negozi e botteghe, meno centralità dell’Università nella pianificazione dello sviluppo cittadino. “Però senza una seria politica di ripopolamento – sottolinea “Insieme per Urbino” – non si va da nessuna parte”.

Guida alla rete:

Università degli studi di Urbino Carlo Bo

Ersu Urbino

Comune di Urbino

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Matrix punta sulla Rete ma solo a metà http://ifg.uniurb.it/2009/03/11/ducato-online/matrix-punta-sulla-rete-ma-solo-a-meta/924/ http://ifg.uniurb.it/2009/03/11/ducato-online/matrix-punta-sulla-rete-ma-solo-a-meta/924/#comments Wed, 11 Mar 2009 13:39:18 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=924 Un po’ tv interattiva, un po’ processo di Biscardi. Matrix, il talk show di Canale 5 condotto da Alessio Vinci, prova a contaminarsi con internet. Nella puntata del 10 marzo, le domande al ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, ospite della serata, sono state selezionate dalla redazione del programma di Canale 5 tra quelle postate sulla pagina Facebook del ministro e inviate per mail al sito “matrix live”.

Alla fine della messa in onda, in più di 7.000 avevano scritto sul blog della trasmissione di approfondimento di Mediaset. In 500, durante la diretta, hanno invece rivolto le domande direttamente dal blog personale di Renato Brunetta. Solo una cinquantina scelto Facebook come strumento di interazione col video.

“Un esperimento nuovo che coinvolge in tempo reale il popolo di Internet e quindi la fascia più giovane di telespettatori”, così lo aveva definito il giorno prima della diretta Alessio Vinci. Di innovativo, però, si è visto poco.

Durante la trasmissione, Brunetta parlava. Il conduttore intervistava. E Aldo Cazzullo, seduto a fianco al ministro, quando ne aveva voglia, interveniva. Di tanto in tanto, Alessio Vinci leggeva le e mail e i commenti dei telespettatori internauti, rigorosamente preselezionati dalla redazione di Matrix.

Cosa non proprio nuova, già in parte tentata da Aldo Biscardi e gli interventi degli spettatori nell’arena del “Processo del lunedì” per assestare anche loro qualche colpo basso tramite mail. A Matrix c’erano toni più pacati e finalità chiaramente giornalistiche.

Parlare di interattività rispetto alla puntata del 10 marzo è quantomeno improprio, secondo Giovanni Boccia Artieri, sociologo della comunicazione all’università di Urbino. “I blog e i social network, utilizzati in questo modo, non apportano alcun valore aggiunto rispetto alle telefonate o i fax che negli anni passati inviavano gli spettatori in trasmissione. Si utilizza un mezzo nuovo per una cosa vecchia”, sostiene il sociologo.

Il modello cui Matrix si ispira è quello della Cnn (dove Vinci lavora come responsabile dell’ufficio corrispondenza italiano). Per la cerimonia di insediamento di Obama, il network statunitense trasmise su Facebook il video con accanto due tipi di chat: una con gli status update dei propri amici e l’altra con quella degli utenti collegati da tutte le parti del mondo. Un’interazione pubblica e senza filtri.

Le domande inviate al blog matrix live non erano invece visibili sul sito: “Dovevamo cautelarci da eventuali insulti o frasi ingiuriose”, spiega Chiara Cazzaniga, della redazione di Matrix. Tutte le mail e i commenti scartati sono praticamente finiti nel cestino. La pagina Facebook non è stata organizzata dalla trasmissione di approfondimento, ma da Renato Brunetta e non comprendeva una chat pubblica.

Gli argomenti di discussione, inoltre, non erano dettati dalle preferenze dei navigatori. Il corso della trasmissione era già deciso. “Avevamo già una nostra scaletta – dice Cazzaniga – le domande le sceglievamo in base ai temi scelti in precedenza”

“Se l’obbiettivo era ibridare mezzo televisivo con le community della rete, mi pare che si sia ancor ben lontani” dichiara Boccia Artieri.

Va detto però che internet fa bene agli ascolti. Dopo i problemi iniziali dopo la sostituzione di Enrico Mentana con Vinci, la trasmissione del 10 marzo ha registrato uno share del 14% solo un punto in meno di Porta a Porta. E infatti dice Chiara Cazzaniga: “Siamo entusiasti, procederemo con l’esperimento”.

Guida alla rete:

Brunetta su Facebook
Il blog di Brunetta
Matrix live
Cnn e Facebook

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Se l’informazione viaggia a spese degli sponsor http://ifg.uniurb.it/2009/03/09/ducato-online/se-linformazione-viaggia-a-spese-degli-sponsor/926/ http://ifg.uniurb.it/2009/03/09/ducato-online/se-linformazione-viaggia-a-spese-degli-sponsor/926/#comments Mon, 09 Mar 2009 14:46:42 +0000 http://ifg.uniurb.it/?p=926 Gli inserzionisti rischiano di cannibalizzare il giornalismo turistico. Nelle riviste di viaggi è tradizionalmente difficile distinguere tra la comunicazione pubblicitaria e l’informazione giornalistica. L’Ordine dei giornalisti della Lombardia sulla questione lavora da tempo: con procedure disciplinari contro le pubblicazioni del settore, la creazione di un Osservatorio e, qualche settimana fa, con l’approvazione di un “Codice di comportamento”, che dovrebberegolamentare il rapporto tra riviste di viaggi e pubblicità.

Si tratta del primo codice deontologico in questo settore e il suo varo è stato accolto da critiche: sia dalle associazioni dei consumatori come il Codacons (che pure negli anni passati avevano richiesto delle norme), sia, per ragioni diverse, i responsabili delle principali riviste di viaggi italiane.

Crisi di vendite e credibilità

Le principali riviste che si occupano di turismo in Italia sono 15 e non se la passano bene. Il numero complessivo di copie vendute mensilmente, sommando i dati Ads (“Accertamenti diffusione stampa”), riferiti a dicembre 2008, non supera però la quota di 800 mila. Quasi 200 mila copie in meno vendute rispetto all’anno precedente. Secondo l’Ordine dei giornalisti della Lombardia, la crisi dell’editoria turistica non è dovuta soltanto alla recessione generale e non è pienamente omologabile alle difficoltà dei giornali generalisti. C’è un fattore in più: le pressioni degli inserzionisti.

Letizia Gonzales, presidente dell’Ordine lombardo, arriva a parlare di “sistema ricattatorio innescato dagli inserzionisti”, denunciando la “sempre maggiore invadenza” di questi ultimi anni: “La credibilità di alcuni giornali ne è risultata minata: viene infatti condizionato il libero agire dei giornalisti e generata confusione tra i lettori”.

Nel 2008 l’Ordine ha avviato una procedura disciplinare contro alcune riviste per comportamento deontologicamente scorretto. “Non mantenevano ben separata l’informazione editoriale da quella promozionale”, dice la presidente Gonzales . Impossibile distinguere la pubblicità a pagamento dagli articoli giornalistici.

Il 21 gennaio il Consiglio regionale ha deliberato, primo e unico caso in Italia, il “Codice di comportamento del giornalismo turistico e di viaggi”. Un decalogo che impone di rendere esplicite le sponsorizzazioni all’interno degli articoli e di tutti gli spazi extra pubblicitari. Il Codice non avrà un valore vincolante, ma diventerà uno strumento ufficiale nell’interpretazione delle norme deontologiche.

“Sono stati i giornali stessi – spiega Gonzales – a chiederci regole che fossero le più precise possibili Oramai sono pochi gli editori che sostengono le spese per i reportage e i servizi. Nella maggior parte dei casi si ricorre agli inserzionisti o all’abilità dei singoli collaboratori nel trovare da soli sostegni per i viaggi. Quasi sempre gli articoli sono intermente spesati da sponsor”.

Le nuove norme

Il codice prevede, tra l’altro:

  • Obbligo di esplicitare, nell’articolo, l’ente che ha sponsorizzato il viaggio: il lettore deve essere interamente informato sui condizionamenti materiali intervenuti nella realizzazione del servizio. In mezzo ai giudizi su alberghi, voli e ristoranti, il giornalista dovrà specificare anche chi pagato pernottamenti, trasporti e pranzi.
  • Forti limiti alla pubblicità indiretta. Se una rivista realizza uno speciale in collaborazione con sponsor, questi spazi informativi devono distinguersi nell’impaginazione grafica dal resto del giornale. La pubblicità deve essere facilmente riconoscibile.
  • I giornalisti che partecipano ai viaggi organizzati da allo scopo di pubblicizzare strutture e siti turistici, non possono fermarsi oltre la scadenza del soggiorno e non sono poi obbligati a scrivere un articolo.

Il Codacons non ci sta

Il Codacons, che tre anni fa aveva inviato un esposto su questi argomenti all’Ordine nazionale, non è però soddisfatto del nuovo codice: invece di rimediare a un problema ne crea un altro. Ad avviso dell’associazione dei consumatori, il decalogo dell’Odg lombardo legittima di fatto la sponsorizzazione privata dell’informazione turistica. Gli sponsor potranno prezzolare i giornalisti, i quali si limiteranno soltanto a ringraziare pubblicamente, eludendo l’art. 1 della “Carta dei doveri del giornalista”, che proibisce di accettare “rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi”.

“Si tratta di un pericoloso precedente – dice Carlo Renzi, presidente Codacons – che, peraltro, se venisse esteso ad altri settori, potrebbe portare giornalisti parlamentari a essere ospiti tutto l’anno a Roma a spese di qualche membro del Governo o inviati che devono seguire un processo a essere spesati dall´imputato”. Per questo, il Codacons ha presentato un ricorso al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.

Argomentazioni che, secondo Letizia Gonzales, non tengono conto di come le cose si sono evolute. “La carta dei doveri è del 1963, nel frattempo il rapporto tra inserzionisti e giornalisti si è fatto molto più complesso. C’era bisogno di ragionare sull’esistente e impedire la prosecuzione di rapporti perversi con i privati. Il Codacons è in ritardo di 15 anni”.

“Mi fanno tenerezza sia l’idea di Codice di comportamento che la polemica del Codacons”, commenta sarcastico Alberto Solenghi, consulente editoriale di riviste turistiche di successo come “Weekend e Viaggi” e “Turisti per caso” “Il problema è strutturale. Si è smesso di fare giornali pensati per il lettore è si è cominciato a farli indirizzati soltanto al cliente pubblicitario”.

E’ veramente così?

La redazione del supplemento di informazione turistica di Repubblica non accetta viaggi sponsorizzati da enti privati. Ammette però Roberto Caramelli, caporedattore dei “Viaggi di Repubblica, che la maggior parte della rivista è realizzata da collaboratori per i quali “la regola non vale, si organizzano come possono”. “Condivido – dice Caramelli – il principio del Codice. Sia chiaro però che nel rapporto con gli sponsor privati il giornalista utilizza innanzitutto il buon senso. Se si trova male con una linea aerea che lo fa volare gratis, sicuramente non la elogerà. Al massimo si limiterà a Silvestro Serra, direttore di “Gente Viaggi” dice di aver già anticipato le norme del decalogo: nel suo giornale applica il principio del “truth in travel” (resoconto rigorosamente veritiero dell’esperienza del viaggio): “A Gente Viaggi – aggiunge – gli inserzionisti hanno voce in capitolo solo sugli spazi pubblicitari”. Ma c’è anche chi invita al realismo e accusa indirettamente il nuovo codice di avere intenzioni utopiche.

Luciano Di Pietro, direttore di “Bell’Italia” e “Bell’Europa, dice di non pensare “né bene né male” del codice, ma aggiunge: “Sembrano i soliti ideali difficilmente perseguibili. L’intenzione di fare un’informazione turistica completamente a spese dell’editore mi pare completamente utopico. Le mie riviste, comunque, provano a lavorare in assoluta autonomia”.

Gli fa eco Mariella Grossi, vicedirettrice di “Dove” mensile di viaggi del Corriere della Sera, che pure dichiara che il suo giornale si tiene alla larga dalle intrusioni degli inserzionisti (“Al massimo chiediamo aiuto agli enti pubblici del turismo”). “E’ inutile – dice – fare i duri e puri. Se poi alla fine bisogna fare i conti”.

Servizi collegati:

Come la pubblicità controlla l’informazione turistica

Guida alla rete:

Codice di comportamento per l’informazione turistica
Ricorso del Codacons
Come ti seleziono il giornalista “giusto”
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Il lettore si è fatto furbo e per il naso non vuole essere preso. Gli inserzionisti pubblicitari lo sanno bene. Sui giornali, le loro strategie comunicative si sono fatte molto più sofisticate e invasive. Nelle riviste che si occupano di viaggi e turismo a volte è difficile distinguere tra pubblicità e articolo giornalistico. La notizia si fonde e si confonde spesso con l’attività promozionale e la scelta stessa degli argomenti risulta “sponsorizzata”.

È impresa ardua trovare nei settimanali, nei mensili e nei periodici del settore turistico spudorate commistioni. Abbondano servizi su alberghi, villaggi turistici, luoghi di villeggiatura e citazioni di compagnie aeree. Ma è difficile trovare nell’immediata vicinanza dell’articolo la pubblicità dell’albergo in questione, del tour operator o della linea di volo “Chi legge non è mica fesso”, dice Roberto Caramelli, caporedattore dei “Viaggi di Repubblica”: “Se legge un articolo sull’Umbria e vede accanto l’inserzione di un tour operator che fa delle offerte proprio sull’Umbria, capisce subito che c’è qualcosa che non va”.

L’operazione promozionale è più sottile. Prima compare l’articolo. Poi, nel numero successivo, la pubblicità del “prodotto” di cui il giornalista ha parlato. In alcuni casi la reclame non attende l’uscita del numero successivo della rivista e si posiziona qualche pagina prima o dopo il servizio cui lo sponsor è legato.

Se i lettori diminuiscono, il peso degli inserzionisti pubblicitari aumenta. Per Caramelli, il ruolo degli sponsor è diventato sempre più invasivo. “In alcuni casi, la decisione di realizzare un determinato servizio viene presa dopo che un inserzionista ha annunciato l’acquisto di uno spazio pubblicitario”. Insomma, se la regione Marche acquista una pagina su una rivista di turismo per pubblicizzare il Montefeltro, ci sono altissime probabilità che su quello stesso giornale compaia un reportage sul Montefeltro.

Mariella Grossi, vicedirettrice di “Dove”, mensile del Corriere della Sera, va orgogliosa della scelta editoriale fatta dal suo giornale: “Scegliamo i temi della rivista in base all’attualità. Più che una rivista di viaggi proviamo a fare una rivista di costume”. Questo, secondo Grossi, rende “Dove” poco appetibile agli inserzionisti tradizionali della pubblicistica di viaggi e dunque più libera la propria attività di documentazione giornalistica. E infatti sul mensile del Corsera ci sono pubblicità di borse, orologi, giacche e valige e soltanto tre o quattro spazi pubblicitari acquistati da tour operator ed enti del turismo.

Nel numero di questo mese, però, a pagina 64 e 65, sotto la dicitura “Dolce vita/prima puntata”, appare qualcosa che ha tutta l’aria di un servizio giornalistico. C’è un titolo, un catenaccio e un testo provvisto di capolettera corredato di foto con didascalia dei lussuosi interni e degli esterni di navi della Msc Crociere. Solo con più attenzione ci si accorge che il carattere è leggermente diverso da quello usato per il resto del giornale. In fondo a destra a pagina 65, compare una piccola scritta criptica messa di traverso a fianco a una foto della nave da crociera: “Publi Dove” recita la breve riga. Queste due parole sarebbero l’avvertimento al lettore che si tratta di informazione pubblicitaria e quindi di completamente distinto dal resto del giornale. Cosa, a primo impatto, quasi impossibile da riconoscere per chi legge.

Nessuna rivista italiana, d’altra parte, specifica , all’interno o alla fine degli articoli, come siano state sostenute le spese di viaggio e di soggiorno per i reportage sui luoghi più lontani e costosi del mondo.

Testate come Bell’Italia, Viaggi e Sapori e Gente Viaggi, accompagnano i servizi con consigli su hotel, ristorante, linea aerea e, in alcuni casi, tour operator da scegliere. Per chi legge, rimane, però il dubbio sulla trasparenza delle informazioni date. Da nessuna parte sta scritto dove il giornalista abbia dormito, mangiato e come abbia viaggiato. E soprattutto le riviste non specificano se qualcuno degli enti citati dall’autore abbia sponsorizzato il viaggio.

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