Contraffazione 2.0 » Storie http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala Vendere falsi nell'era social per due milioni di euro Thu, 01 May 2014 12:24:22 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.8.1 Vendere falsi nell'era social per due milioni di euro Contraffazione 2.0 no Vendere falsi nell'era social per due milioni di euro Contraffazione 2.0 » Storie http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/category/storie/ Raffaella. “Non c’è alternativa, così guadagno mille euro al mese” http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/2014/04/10/raffaella/ http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/2014/04/10/raffaella/#comments Thu, 10 Apr 2014 16:00:57 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/?p=302 Raffaella ha 23 anni, un diploma di un istituto tecnico commerciale e si è stancata di studiare. Vive in provincia di Napoli e si è anche stancata di cercare un lavoro. Non vuole lasciare la sua terra e non vuole neanche essere di peso per i suoi genitori. Perciò ha deciso di aprire una bancarella “sui generis” e da quando ha iniziato gli affari le vanno benissimo: accende il computer, si siede e condivide sul suo falso profilo facebook le foto scattate a Napoli, nella maggiore piazza di vendita delle firme e delle repliche, alle spalle della statua di Garibaldi.

Lì c’è la stazione dei treni e da poco tempo ha aperto anche la stazione della metropolitana, dopo più di dieci anni di lavori. Fendi, Louis Vuitton, Gucci, Hermes, Chanel, Miu Miu, Moncler: Raffaella ha foto per prodotti di tutti i tipi. Borse, cinture, portafogli, scarpe e sciarpe mostrate nei minimi particolari dal venditore ambulante di turno, con l’etichetta interna e il finto numero di serie . “Questo rende la merce identica all’originale comprata in negozio – spiega Raffaella – e ci sono vari livelli di falsificazione: dalla semplice imitazione al parallelissimo. Più è alto il livello, più costa il prodotto”.

cinte2Raffaella va a Napoli per rifornirsi una volta alla settimana. Gli altri giorni li trascorre tra il soggiorno di casa e cinque diversi uffici postali. Mentre cammina tra le bancarelle, saluta tutti, conosce per nome i venditori e passa la maggior parte del suo tempo a trattare sul prezzo. Pretende che le borse siano di vera pelle “perché le clienti sono esigenti e vogliono che i manici delle Vuitton si scuriscano col passare del tempo. Proprio come succede a quelle acquistate in negozio”. Annusa ogni borsa, ogni cintura, la analizza alla ricerca di imperfezioni e, se ce ne sono, chiede di cambiarla.

“Cercano sempre di rifilarmi qualche pezzo danneggiato, ma a me non conviene perché poi le clienti se ne accorgono, li rispediscono e devo tornare qui per cambiarle più velocemente possibile, rimettendoci i soldi del viaggio e di una seconda spedizione”. Per ogni pezzo che gli ambulanti le consegnano, Raffaella chiede che le sia data anche la bustina antipolvere firmata.

Poi, riposto l’acquisto nella valigia, cancella una voce dalla sua lunga lista. Per portare a casa tutti i sessanta pezzi ordinati mediamente ogni settimana ha due trolley enormi che riempie con precisione: “devo stare attenta a mettere sopra le borse rigide e delicate, sotto quelle più resistenti. Altrimenti si schiacciano e vanno in fumo almeno 50 euro”.

Il totale della spesa è di 1250 euro: Jamal, il suo fornitore, prende i soldi e li conta di nuovo con lei. Poi decide di regalarle un foulard di Alviero Martini. “Con questo – spiega Raffaella – farò il doppio del guadagno”. Con una sola settimana di lavoro, Raffaella guadagna quasi mille euro.
Prima di andare via, chiede a Jamal dei nuovi arrivi della settimana: “Il modello Alma di Vuitton, il più richiesto e costoso al momento – le risponde il venditore – è arrivato anche in rosa”.

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Raffaella lo fotografa con il suo Iphone, si collega a facebook e lo posta scrivendo il suo prezzo: 80 euro incluse spese di spedizione. Jamal la vende a 50 euro. Lei ne calcola 10 per la spedizione. “Guadagno almeno 20 euro per ogni pezzo” dice sorridendo. Poi, sollevando la borsa, aggiunge “non è adorabile? La comprerei per me, ma credo che presto la prenderò originale in un negozio di Roma. Un po’ alla volta so mettendo i soldi da parte”.

Rientrata a casa, dopo aver cambiato due autobus e aver chiesto aiuto a due passeggeri per trasportare le valige, Raffaella libera i trolley da tutti gli acquisti. Uno alla volta, li poggia sul tavolo del soggiorno e ci incolla un post-it con la sintesi dell’ordine. Quaranta ordini in tutto. Sessanta pezzi. Questo significa che dovrà fare quaranta pacchi, compilare trenta moduli per la spedizione, distribuire le spedizioni nei vari uffici postali e inventarsi quaranta contenuti da dichiarare sul modulo per non destare sospetti.

“Le scatole le trovo al supermercato, ogni mese vado a rifornirmi di carta da imballaggio e carta isolante con le bolle. Ho poi una pila di moduli raccolti in tutti gli uffici postali del circondario. Li compilo con calma a casa e non creo troppa fila alle poste”. E’ minuziosa e attenta con gli ordini: “le clienti mi hanno già pagata e io sono una persona seria. Ho detto loro che avrei spedito entro domattina e così farò. Così sono tranquille loro e lo sono anch’io: do loro il codice Dovequando per rintracciare pacchi e raccomandate e posso pensare per qualche giorno ai miei amici e al mio fidanzato”.

Raffaella sa che si tratta di un traffico illegale, fondato sulla camorra e sullo sfruttamento dei migranti, ma non dà troppo peso alla cosa: “E’ un problema che non dipende da me. Non finirà solo perché io smetto di comprare e vendere. Almeno così riesco a pagarmi la vacanza. Conosco madri che lo fanno per mantenere la famiglia. Siamo in una società dove non c’è niente di meglio. Dove un lavoro normale è impossibile da trovare e, se anche lo si trova, i soldi non bastano per arrivare a fine mese. Con questo commercio, mi assicuro sempre almeno 1300 euro al mese. E sono felice e soddisfatta così”.

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Amoda, ambulante e hi tech: “La crisi è anche in strada. Troppi soldi alla camorra”/VIDEO http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/2014/04/10/amoda/ http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/2014/04/10/amoda/#comments Thu, 10 Apr 2014 15:00:16 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/?p=298 Amoda, si fa chiamare così, ci tiene a distribuire il suo numero di telefono. “Hai Whatsapp e Facebook?” è la sua domanda. Perché in questo modo può inviare la foto di ogni nuovo paio di Nike o di Hogan contraffatte che arriva sulla sua bancarella di Napoli e può convincere a comprarle con pochi sms.

Si fa pagare su una carta prepagata e spedisce dall’ufficio postale a due passi dalla sua postazione. Così chi compra non “si sporca le mani” e lui può guadagnare il doppio. Ha trent’anni e da dieci è in Italia. E’ arrivato a Napoli dalla Tunisia, dove aveva lasciato la madre e due sorelle. Il padre è morto quando aveva 13 anni. “Mi assomigliava” spiega Amoda, “aveva le mie stesse mani, costruiva case”.

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Oggi Amoda usa le sue mani per sistemare la sua bancarella ambulante. Ogni mattina, dalle 8 alle 13, non abbandona il suo tavolino stipato in mezzo ad altre centinaia di postazioni. Impila le scarpe una sull’altra, il logo in bella vista. “Paghiamo tanti soldi per stare qui – spiega – Dai 50 ai 120 euro a settimana a seconda delle dimensioni della bancarella. E’ tanto. Per questo sto pensando di andare in Francia, da mia sorella. Lei dice che lì si guadagna di più e che c’è più lavoro. Anche questa piazza sta perdendo venditori. Non conviene, soprattutto ora che c’è internet e che possiamo usare i social network per vendere”.

A Napoli, i soldi delle vendite sono consegnati alla camorra. Amoda lo dice a voce bassa e racconta che ogni settimana passano ragazzini sullo scooter o a piedi a prendere quello che gli spetta.

“Spesso non riusciamo neanche a montare perché la polizia ci fa sgomberare e porta in prigione i nostri amici – continua – ma il giorno dopo siamo di nuovo qui. Le forze dell’ordine passano in auto, ci guardano male. Lo sanno che stiamo sempre qua. Solo ogni tanto ci fanno sgomberare. Tanto questa piazza non si vede dalla strada, per tutti è come se non esistesse”.

La Maddalena è una zona blindata. Ci sono tantissimi venditori di colore ma altrettanti napoletani che “controllano” quello che succede appoggiati ai muri dei palazzi. Un turista tira fuori la sua fotocamera: in un attimo è inseguito da quattro persone che cercano di prenderla, insieme alle foto: “Appena entri in quest’area – spiega Amoda – sei subito sotto controllo. Si possono fare foto solo ai singoli prodotti per venderli su internet. Se ti scoprono a inquadrare il resto, devi solo scappare”.

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Tra le bancarelle passa una donna con una carrozzina. Trasporta una pentola con un liquido scuro che sembra caffè. Una pila di bicchieri di plastica, tovaglioli e un panettone tagliato in piccoli pezzi. Si ferma a ogni bancarella per distribuire la magra colazione.

“Ci aiutiamo tutti, ci conosciamo, abitiamo dove capita tutti insieme”. Amoda non dice dove si rifornisce per la sua merce, accenna a qualche fabbrica nella provincia di Caserta. Se gli serve qualcosa fa una telefonata e gli stessi ragazzini in scooter gli portano il materiale dai laboratori nascosti nei sotterranei di Napoli dove, per entrare, c’è bisogno di chi resta fuori a “fare il palo” e dove spesso c’è la merce di qualità superiore. “Lì dentro – spiega Amoda – ci sono i ‘parallelissimi’, pezzi che davvero non riesci a distinguere dagli originali. Spesso sono rubati, per questo costano di più”.

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Arturo. “Passo le giornate aspettando pacchi e corriere” http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/2014/04/10/arturo/ http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/2014/04/10/arturo/#comments Thu, 10 Apr 2014 14:57:17 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/della-sala/?p=300 “È facile: ti colleghi al sito www.dhgate.com, quello con i simboli cinesi in basso, e nella ricerca digiti ‘designer handbags’ e il gioco è fatto”. Ancora meglio se vai su ‘www.ioffer.com’. Le borse e i vestiti falsi sono già in homepage”: Arturo si muove con facilità su questi siti di e-commerce. Hanno lo stesso principio di Ebay ma sono solo in inglese e cinese. “Ho capito presto che i venditori sono cinesi o coreani… insomma, asiatici! – racconta Arturo – Me ne accorgo quando parlo con loro tramite mail, il loro inglese è stentato e hanno nomi stranissimi”.

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Vive a Roma, in una casa che condivide con altri due ragazzi. La sua camera è un museo di borse di ogni tipo e di ogni marca. Una Balenciaga bianca sulla scrivania, una Fendi sulla sedia, Hermes sul letto e Vuitton sul sofà. Nel primo cassetto del comò ci sono portafogli, portachiavi, anche custodie per tablet e smartphone e foulard. Apre l’armadio e tira fuori due scatoloni: in ognuno ancora borse, accessori e scarpe. Il telefono squilla ogni dieci minuti e lui risponde, descrive la merce, comunica i prezzi: “Cara, sì, ho qualcosa -dice al telefono – Mi è appena arrivata una borsa Prada stupenda. C’è tutto, è di pelle, in perfette condizioni. C’è il certificato di garanzia, la dust bag , la busta firmata e anche la ricevuta intestata. Sembra appena uscita da un negozio di via Condotti”.

La ragazza al telefono gli fa una domanda: “Certo che puoi regalarla a tua cugina per la laurea” è la risposta sicura di Arturo, che ha 27 anni e sta frequantando il master di una scuola di design. Fissa l’appuntamento per le 19 della sera stessa e prima di agganciare il telefono aggiunge: “Non si accorgerà di niente e farai un figurone pagandola solo 150 euro invece di 1500”.

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Il suo lavoro è confinato tra quattro mura. Arturo non esce mai perché ogni giorno aspetta che il corriere gli porti nuovi “oggetti delle meraviglie” comprati online. La sua attività si fonda sul passaparola tra amici e parenti. I suoi rifornimenti sono esclusivamente online. “Questi siti spesso mi fanno diventare pazzo – racconta – Scrivono che l’ordine arriverà in una settimana e poi ci impiega anche 30 – 40 giorni. La scusa è sempre la stessa: i pacchi sono bloccati alla dogana. Significa che affronterò un lungo periodo di preoccupazione: perché se si accorgono che si tratta di merce contraffatta, finisco nei guai. Non so esattamente come, ma so che non la passerei liscia”.

Non sembra informato sull’argomento, vive sul filo del rasoio ma non gli importa. “Non sto tanto a pensare alle conseguenze altrimenti vado in paranoia e mollo tutto. Per ora, quello che mi interessa di più è non perdere merce, soldi e clienti”.

Perché le forze dell’ordine non si accorgono di questi siti che vendono merci contraffatte? “Nel sito – spiega Arturo – nome e marchio non sono quasi mai esplicitamente indicati. Per riuscire a trovarli a volte basta fare ricerche generiche del tipo ‘scarpe’, ‘borse’, ‘gioielli’ e poi avere occhio, essere appassionato di moda, per distinguere i capi contraffatti da quelli che sono semplicemente inspired . C’è anche il tranello di marchi apposti su modelli che in realtà non esistono come originali. Lì, se non sei preparato, combini disastri e vendi per imitazione un modello che nel mondo degli originali neanche esiste”.

Con i guadagni, si paga gli studi universitari. Ma soprattutto può usarli per comprare tutte le “belle cose” che lo affascinano da quando aveva dieci anni: “i miei genitori mi hanno sempre mantenuto durante gli studi – racconta- ma non potevo pretendere che finanziassero i miei vizi, la mia passione per la moda”. Mostra le sue scarpe di Armani originali, un orologio Cartier, un papillon Valentino. “Ogni sei mesi mi concedo un acquisto di lusso e lo conservo gelosamente. Il mio armadio è un museo delle meraviglie in cui mi immergo anche solo per contemplare queste creazioni. Per me sono un passione, chissenefrega se per coltivarla devo fare una cosa illegale. Non uccido nessuno e anche chi non ha abbastanza soldi può permettersi oggetti firmati e di qualità”.

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La clientela di Arturo è diversa da quella dei mercati. Ragazze giovani e dinamiche, attente alla moda e abituate all’aperitivo ogni sera con gli amici nei migliori locali di Roma. “Non ammetterebbero neanche sotto tortura di aver comprato un oggetto contraffatto perché per loro sarebbe un disastro sociale. Hanno un tenore di vita che non possono permettersi, completamente fondato sull’apparenza. Apparire, apparire a tutti i costi”. Meglio se bassi però. “Certo! Comprano una borsa da 3.000 euro pagandola 300 e pretendono di avere tutto quel corollario di oggetti e particolari che solo il negozio può darti come la busta firmata, la dust bag , la garanzia. Così possono mostrarle alle amiche al momento opportuno. Un escamotage per non lasciare alcun dubbio: quella borsa deve sembrare originale e nessuno deve dubitarne”.

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