Le biologhe: “C’è una diminuzione nel numero delle analisi e alcuni valori preoccupanti sono stati trascurati dall’Ispra”


Pubblicato il 8/04/2014                          


Analisi sempre meno precise, valori anomali trascurati e dati insufficienti per verificare il reale impatto ambientale del rigassificatore di Porto Viro. E’ quello che emerge dai monitoraggi Ispra secondo Maria Gabriella Marin e Carlotta Mazzoldi, due biologhe marine dell’Università degli studi di Padova.

L’attività del rigassificatore può davvero aver provocato un calo del pescato?
Mazzoldi: La pesca in quella zona è in crisi da anni perché in passato si è pescato troppo. Inoltre gli organismi marini hanno normalmente variazioni: ci sono specie che naturalmente diminuiscono per anni e poi ricompaiono in grande quantità senza alcuna ragione evidente. Capire quanto pesa l’impatto del rigassificatore in una zona così complessa è, perciò, molto difficile. Tuttavia, proprio per queste ragioni, sarebbe sconsigliabile introdurre un altro fattore di alterazione – come ad esempio un rigassificatore a circuito aperto – in un’area già così critica.

E’ vero che un rigassificatore a circuito aperto “sterilizza” l’acqua di mare?
Marin: Se nell’acqua si mette del cloro si. Questa sostanza ha una funzione “biocida”: significa che elimina qualunque organismo vivente.

Quanto è pericolosa per il mare questa operazione?
Marin: I derivati del cloro sono persistenti, tossici, bioaccumulabili e potenzialmente trasmissibili all’uomo. Tutti i composti organoalogenati sono molto pericolosi e per questo sono stati vietati o sono al momento sotto indagine per verificarne la pericolosità. Insomma: non stiamo parlando di sostanze innocue.

Che cosa emerge dai monitoraggi ambientali realizzati da Ispra?
Mazzoldi: Ispra effettua le analisi una, massimo due volte l’anno e i campioni che vengono prelevati sono sempre ridotti. I monitoraggi realizzati fino ad ora non possono perciò dare una risposta definitiva.

Marin: Una cosa che si può notare è che in quasi tutti i monitoraggi il bromoformio, una sostanza tossica e cancerogena, è molto alto; soprattutto nella stazione TE138 che è quella a sud del Terminale dove esce l’acqua usata per il processo di rigassificazione.

Inoltre abbiamo notato che per alcuni sottoprodotti della disinfezione (quei composti che si formano dall’unione del cloro con la sostanza organica) come, ad esempio, il TBAA (Tribromoacetil acid), il valore oltre al quale la sua concentrazione è considerata pericolosa è più alto del normale.

limiti quantificazione TBAA

limiti quantificazione TBAA
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E per quanto riguarda i pesci e le altre forme di vita presenti in quell’area di mare?
Marin: nel monitoraggio luglio-dicembre 2011 le analisi sulle vongole erano, secondo noi, preoccupanti. Questo tipo di analisi viene fatta trasportando, per un certo periodo, alcuni esemplari di vongole vicino al terminale e confrontandole, successivamente, con altre vongole tenute invece in aree lontane dal rigassificatore, nelle cosiddette stazioni di controllo. Nel rapporto si legge che “rispetto agli organismi di Portonovo (l’area di controllo) quelli traslocati in prossimità del terminale hanno evidenziato un livello di alterazioni biologiche rispettivamente lieve e moderato durante le prime due campagne di traslocazione, mentre è risultato elevato nelle ultime due”. Ispra conclude dicendo che le alterazioni sono dovute alle caratteristiche ambientali dell’alto Adriatico. Noi pensiamo che ciò non si possa escludere, tuttavia questi risultati indicano anche altre evidenze che andrebbero approfondite.

Mazzoldi: Nelle indagini della campagna di monitoraggio febbraio 2014 ci sono, inoltre, delle fotografie preoccupanti che mostrano una schiuma bianca depositata sulle cozze. Nel commento si legge “i mitili hanno una ridotta reattività agli stimoli meccanici”.

I “saggi di tossicità” sono delle analisi che vengono fatte per valutare se l’acqua è tossica, cioè contiene delle sostanze inquinanti. Che indicazioni ricaviamo da queste analisi?
Marin: nel monitoraggio luglio dicembre 2011 c’è un dato che, personalmente, mi ha fatto molto preoccupare: sia il riccio di mare (paracentrotus lividus) che un piccolo crostaceo chiamato tigriopus fulvus presentano un “valore di tossicità”. Nel caso del riccio di mare questo è addirittura “elevato”.

Ispra sostiene però che questo non dipende dall’attività del rigassificatore perché vicino alla struttura il valore è entro i limiti. In realtà anche nelle stazioni vicine al terminale c’è un livello molto alto di tossicità e tuttavia il test non la rileva perché appena sotto la soglia limite. Secondo noi, in un caso del genere, sarebbero stati necessari ulteriori approfondimenti.

Che cosa possiamo perciò concludere?
Mazzoldi: I dati che abbiamo non sono riconducibili a effetti del rigassificatore, tuttavia potrebbero comunque esserlo. Per stabilirlo sarebbero necessarie ulteriori analisi e più repliche per eliminare l’effetto delle variazioni naturali che possono influire sulle oscillazioni dei valori. In progressione c’è stata una diminuzione del numero di analisi effettuate e alcuni valori importanti che avevano destato preoccupazione sono stati invece trascurati.

Certo è che ci sono indicazioni che chiamerebbero in causa il principio di precauzione. A livello mondiale si è affermato il principio per cui se ho dei dubbi sull’impatto di una struttura, prima di iniziare a utilizzarla, dovrei sapere come gestire quell’impatto.

 

 

 

 

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