Il crowdfunding del tifo http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero Dalla Puglia al Veneto, l'azionariato popolare italiano che funziona Sun, 27 Apr 2014 22:44:08 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.8.1 Dalla Puglia al Veneto, l'azionariato popolare italiano che funziona Il crowdfunding del tifo no Dalla Puglia al Veneto, l'azionariato popolare italiano che funziona Il crowdfunding del tifo http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/wp-content/plugins/powerpress/rss_default.jpg http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero Da Roma il primo supporters’ trust in Serie A con il sogno di un posto nel Cda http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/da-roma-il-primo-supporters-trust-in-serie-a-con-il-sogno-di-un-posto-nel-cda/ http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/da-roma-il-primo-supporters-trust-in-serie-a-con-il-sogno-di-un-posto-nel-cda/#comments Sun, 27 Apr 2014 22:30:35 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/?p=29 da myroma.it

da myroma.it

Nell’estate 2009 l’As Roma cominciava una nuova stagione di serie A con due sconfitte di fila, che porteranno poi Luciano Spalletti a lasciare la panchina a Claudio Ranieri. I tifosi romanisti protestano contro la società presieduta ancora per l’ultimo anno da Rosella Sensi. L’anno successivo l’Unicredit, che ha rilevato il pacchetto di maggioranza della Italpetroli dei Sensi, venderà l’As Roma alla cordata di investitori americani che oggi ne è proprietaria.

In quell’agosto rovente Walter Campanile, all’epoca 32enne controllore del traffico aereo a Fiumicino e manco a dirlo tifoso romanista, apre quasi per gioco un gruppo su Facebook e lo chiama “My Roma”. Sarà la semina che vedrà fiorire dopo pochi mesi di confronto e discussione interna il primo Supporters’ trust della Serie A italiana.

MyRoma nasce a maggio 2010 come associazione senza scopo di lucro ed è animata da circa 500 soci-tifosi sparsi tra Roma e provincia. La quota di azioni non raggiunge ancora il 2% del capitale sociale: “Raccogliamo le quote dei piccoli azionisti per rappresentarli nelle asseblee dei soci – dice Campanile – il nostro obiettivo al prossimo aumento di capitale sarà puntare al 2,5% almeno: vogliamo avere un posto nel Cda”. Una dimensione per ora lontana dal modello tedesco del 50%+1 solo nei numeri: “Il nostro scopo principale è creare una comunità di tifosi – racconta il presidente Walter Campanile – abbiamo messo in piedi una struttura leggera che può fare a meno anche di una sede e dei relativi costi per concentrare tutti i nostri sforzi su ogni tipo di iniziativa che possa essere utile alla nostra squadra”.

Non c’è una regola che preveda la formazione di un trust di tifosi in una sociatà sportiva professionistica, ma neanche una che la vieti: “Agli inizi ci prendevano per pazzi – dice Campanile – e poi sono nate realtà simili alla nostra tra i tifosi del Torino e dell’Hellas Verona.” In Italia è frequente che si parli di azionariato popolare quando una società è in crisi economica “cioè quando ormai è troppo tardi – racconta Campanile – i soliti padroni delle società spesso provano a fare leva sull’orgoglio dei tifosi per salvare il club”. Una soluzione che può rivelarsi di respiro corto secondo Campanile: “Deve cambiare il modo di gestire la società, perché un tifoso-socio non farebbe mai del male al suo club, non si lancerebbe in acquisti azzardati se questi mettessero a rischio le casse societarie, tantomeno esporrebbe la propria squadra a una multa: noi prima de’ fà male alla Roma ce tajamo un braccio!”.

Dalla sua nascita, MyRoma ha dato vita a un gruppo di donatori di sangue, ha favorito la distribuzione allo stadio di apparecchi per non vedenti con radiocronaca dedicata e l’ingresso gratuito per gli under 14, giusto per citarne alcuni. Ma il vanto di Walter Campanile resta la battaglia legale, vinta, sulla tessera del tifoso: “Sono stati i nostri avvocati a favorire l’introduzione della Card Away – ricorda Campanile – abbiamo dimostrato che era possibile aggirare l’obbligo della tessera del tifoso imposta dal ministero dell’Interno. In pochi mesi ci sono state ottomila richieste che vogliono dire tanti tifosi in trasferta in più”.

]]>
http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/da-roma-il-primo-supporters-trust-in-serie-a-con-il-sogno-di-un-posto-nel-cda/feed/ 1
Treviso TVB, la storia d’amore di tifosi e capitani coraggiosi / VIDEO http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/treviso-tvb-la-storia-damore-di-tifosi-e-capitani-coraggiosi-video/ http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/treviso-tvb-la-storia-damore-di-tifosi-e-capitani-coraggiosi-video/#comments Sun, 27 Apr 2014 22:20:43 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/?p=42 VIDEO - Uno dei club più titolati in Italia ha rischiato di scomparire per sempre. Quando i Benetton, unici proprietari da decenni, avevano deciso di ritirarsi, un manipolo di ex giocatori e centinaia di tifosi hanno messo una mano al cuore e un'altra al portafogli. Oggi la Treviso Basket sogna di tornare tra le grandi, senza rimpianti.]]> basket TrevisoTREVISO – “Dopo trent’anni di mecenatismo benettoniano, ci voleva tanta gente per compensare la loro uscita di scena”. Paolo Vazzoler è il presidente della Treviso Basket, ma prima di mettere la giacca per cercare di far quadrare i conti della società è stato capitano in campo. Come lui Riccardo Pittis, oggi general manager succeduto a un altro capitolo della storia cestistica trevigiana come Claudio Coldebella. Nel 2012 assieme ad altri ex giocatori e circa 700 tifosi-soci – con quote da almeno 100 euro ciascuno – hanno prima tentato di trattenere in serie A una delle squadre più titolate d’Italia. Il muro delle interpretazioni dei regolamenti è stato insormontabile e si sono ritrovati a ripartire dalla Promozione provinciale con gli under 19. Ne è seguito un salto di categoria e l’opportunità di una wild card che ha portato la Treviso Basket in Dnb, la quarta serie nazionale. 

A reggere le finanze della società, sul modello della già riuscita operazione del Varese Basket nel 2010, non solo ci sono i tifosi-soci ma in particolare l’Universo Treviso, un consorzio di imprenditori (quota di ingresso 1000 euro) che con i loro investimenti pubblicitari nelle uscite pubbliche delle squadre senior e giovanili hanno permesso che la pallacanestro a treviso potesse continuare a puntare in alto.

]]>
http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/treviso-tvb-la-storia-damore-di-tifosi-e-capitani-coraggiosi-video/feed/ 0
La formula tedesca del 50%+1 che unisce i tifosi ai loro club http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/la-formula-tedesca-del-501-che-unisce-i-tifosi-ai-loro-club/ http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/la-formula-tedesca-del-501-che-unisce-i-tifosi-ai-loro-club/#comments Sun, 27 Apr 2014 22:20:28 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/?p=28 fans alla vita societaria delle società sportive tedesche è consuetudine dalla loro fondazione. Da alcuni anni la stessa Deutscher Fußball-Bund, la federcalcio in Germania, ha regolamentato l'azionariato diffuso anche nei club professionistici. L'obiettivo - riuscito - è stabilità finanziaria e stadi affollati ]]> CC - Twicepix (flickr.com)

CC – Twicepix (flickr.com)

“Affidarsi all’uomo potente che decide tutto è anche pericoloso” dice Oliver Birkner, corrispondente in Italia per il quotidiano sportivo tedesco Kicker che osserva la serie A da tempo sufficiente per ricordare come siano finite male esperienze come la Lazio di Sergio Cragnotti o la Fiorentina di Mario Cecchi Gori. In quelle occasioni fallirono le attività economiche dei due imprenditori e con quelle rischiarono di sparire per sempre anche le squadre di calcio da loro possedute.

In Germania le società sportive, spesso polisportive, sono state organizzate come Eingetragener Verein, cioè associazioni senza scopo di lucro alle quali ogni sostenitore poteva iscriversi e votare nelle assemblee dei tesserati gli organi interni e la dirigenza. Questo fino al 1998, quando le squadre di calcio si sono costituite in società per azioni, possedute per almeno la metà più un’azione dall’Eingetragener Verein stessa. Un sistema previsto nello statuto della Dfb, la federazione calcio tedesca, noto come 50%+1 che garantisce ai sostenitori di una squadra di mantenere la maggioranza, quindi il controllo, di un club, oltre che permettere a investitori esterni di aderire. Su 36 squadre dalla Bundesliga in giù, solo due hanno mantenuto la proprietà unica nei casi dei grandi gruppi industriali della casa farmaceutica Bayer, proprietaria del Bayer Leverkusen, e dell’azienda automobilistica Volkswagen, titolare del VFL Wolfsburg.

Non fa eccezione invece il Bayer Monaco che ha vinto con tre giornate di anticipo il campionato tedesco dopo aver chiuso la stagione passata con il triplete scudetto, coppa nazionale e Champions league, vinta contro il Borussia Dortmund, altra tedesca. “Il Bayer è governato da 217.241 mila iscritti alla FC Bayern München e.V. (stagione 2012/2013) che possiede il 75% delle quote societarie – dice Oliver Birkner – la parte restante è dell’Adidas, Audi e Allianz ognuna con l’8,33% di azioni”.

Ogni anno l’assemblea dei soci del Bayer si riunisce e concorda con la dirigenza il da farsi per gli anni successivi: una programmazione partecipata che secondo Birkner garantisce la vera stabilità e crescita: “Nessuno vuole esporre la propria squadra al rischio di fallire – spiega – quindi ogni uscita di bilancio è valutata con grande attenzione: sono escluse spese pazze per top player per esempio”. Dopo Real Madrid e Barcellona, il Bayer è il terzo club in Europa per ricavi generati nel 2013 con 431,2 milioni di euro. Per trovare un’italiana bisogna arriva al nono posto con la Juventus (272,4 milioni) e al decimo con il Milan (263,5 milioni).

I tempi in cui gli stadi tedeschi erano scenari di battaglia tra tifoserie sono ormai lontani. Le strutture sono di proprietà delle stesse società, responsabili di quel che accade al loro interno: “Oggi anche al derby più caldo si può andare allo stadio con la sciarpa al collo senza temere nulla – racconta Birkner – i mondiali del 2006 hanno aiutato molto a trasformare il calcio in fenomeno popolare e il rapporto tra club e tifosi si è fatto sempre più collaborativo”.

Il legame forte tra i tifosi e la propria squadra lo si ritrova nella vicenda della sezione calcio del St. Pauli, seconda squadra di Amburgo e gestita dal 1910 totalmente dai tifosi. Dagli anni ’80 è stata realtà kult per le tifoserie di mezza Europa: lo stadio era stato trasferito nel quartiere del porto, vicino alla zona a luci rosse. Ancora oggi sugli spalti tra i tifosi non è difficile incappare in altre offerte oltre al the caldo. Nel 2003 rischiava di fallire: “Si è creato un movimento popolare, la Retteraktion per raccogliere i due milioni di euro necessari per proseguire il campionato nella serie B tedesca – racconta Birkner – la metà è stata raccolta dalla sola vendita di magliette con su scritto ‘retter‘ (salvatore), altri introiti sono stati fatti da un’amichevole che il Bayer ha fatto ad Amburgo devolvendo tutto l’incasso. C’era anche un versione speciale della birra Astra, venduta solo nel quartiere di St. Pauli che ha portato denaro: in tre mesi ce l’hanno fatta”.

]]>
http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/la-formula-tedesca-del-501-che-unisce-i-tifosi-ai-loro-club/feed/ 0
Quanto sono pieni gli stadi in Europa / Infografica http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/quanto-sono-pieni-gli-stadi-in-europa-infografica/ http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/quanto-sono-pieni-gli-stadi-in-europa-infografica/#comments Sun, 27 Apr 2014 22:10:07 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/?p=77 infograficaok

]]>
http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/quanto-sono-pieni-gli-stadi-in-europa-infografica/feed/ 0
Gli Ultrattivi Altamura, l’azionariato popolare puro a lievitazione naturale http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/gli-ultrattivi-altamura-lazionariato-popolare-puro-a-lievitazione-naturale/ http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/gli-ultrattivi-altamura-lazionariato-popolare-puro-a-lievitazione-naturale/#comments Sun, 27 Apr 2014 22:10:05 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/?p=33 La festa dei cittadini altamurani per la promozione in prima categoria - foto di Pietro Facendola

La festa dei cittadini altamurani per la promozione in prima categoria – foto di Pietro Facendola

ALTAMURA – In quattro stagioni sono arrivati dalla terza alla prima categoria pugliese. Quattro anni senza un “patron”, ma con circa cento proprietari. Gli Ultrattivi Altamura hanno festeggiato la seconda promozione della loro breve storia davanti a più di mille tifosi assiepati sulle gradinate del “Cagnazzi”, storico rettangolo in terra battuta.

Quello altamurano è il trionfo dell’azionariato popolare totale in salsa italiana. Partito nel 2009 da un gruppo di under 30 con il finanziamento “Principi Attivi” della Regione Puglia dedicato alle iniziative giovanili culturali e sociali, il progetto ha raccolto 5 mila iscritti al sito pronti a sostenere la squadra che stava per nascere. Con un sondaggio online si è scelta la strada da seguire: “Bocciata l’acquisizione di un titolo sportivo già esistente – racconta il presidente Giacinto Fiore – siamo partiti per scelta dalla terza categoria, siamo abituati a soffrire”. Il 2009 era l’anno dell’Altamura dei record… negativi: oltre 300 gol subiti dalla Leonessa Altamura che guadagnò gli onori delle telecamere di Quelli che… il calcio, con Simona Ventura divertita a sfottere i malcapitati: “Noi under 30 di allora però guardavamo quel che succedeva da tempo in Spagna e Germania – dice Fiore – con il coinvolgimento della gente facevano crescere la propria squadra e sfruttando soprattutto internet abbiamo sempre permesso, prima ai soci paganti poi a tutti, di suggerire all’allenatore la formazione da schierare in campo: non sempre il tecnico si è adeguato ai suggerimenti, ma ogni decisione è sempre stata presa con grande trasparenza e partecipazione di tutti”.

Cinque anni fa poteva essere un esperimento, oggi è un’idea innovativa capace di fare aggregazione in modo trasversale, dai più giovani ai più anziani, dagli imprenditori ai dipendenti: “Abbiamo creato un clima familiare tra dirigenti, squadra e tifosi – racconta il direttore sportivo Giuseppe Clemente – chi sostiene il progetto non lo fa solo mettendo una piccola quota in denaro, ma lavorando dallo spogliatoio al campo”. È così che il bilancio sta in piedi: “Con i contributi degli sponsor sosteniamo buona parte delle spese per la prima squadra – dice Clemente – con le quote dei soci ultrattivi riusciamo a pagare l’affitto della sede e l’assicurazione del pulmino per il settore giovanile”.

Il mister xxxxxx, dal primo anno sulla panchina degli Ultrattivi con alcuni giocatori, tutti senza rimborso, alla vigilia della finale playoff

Il mister Gianluigi Colonna, dal primo anno sulla panchina degli Ultrattivi con alcuni giocatori, tutti senza rimborso, alla vigilia della finale playoff

Se c’è una cosa che non manca agli Ultrattivi è l’ambizione: “Fra 15 anni potremmo essere in serie A – dice il presidente Fiore sorridendo, ma con la faccia di uno che non sta per niente scherzando – vorremmo farlo con le nostre gambe e le potenzialità di questo territorio, per questo lo scorso anno abbiamo lanciato il Campus cresci bene e dopo due mesi siamo entrati nella rete delle cento scuole calcio dell’Udinese”. Il campus raccoglie circa 120 bambini under 15 impegnati non solo con gli allenamenti in campo, ma anche con lezioni di lingua inglese fino ai laboratori di falegnameria, pasticceria e panificazione: “Il Campus si regge economicamente da solo – spiega Clemente – con una piccola retta annuale pagata dalle famiglie e con i docenti che sono gli stessi soci ultrattivi”.

Tra i docenti dei laboratori c’è il vice presidente Nicola Anselmo, maestro panificatore nella capitale del pane pugliese. Prima sostenitore come sponsor, poi tifoso e oggi dirigente tra i più convinti: “Da padre sono convinto che questo progetto, fatto dai ragazzi per i ragazzi, può arrivare lontano – racconta, con gli occhi grandi e la voce rotta dall’emozione – osservo i bambini in campo e che si divertono al Campus ed è spettacolare, non c’è denaro che possa reggere il confronto”.

]]>
http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/gli-ultrattivi-altamura-lazionariato-popolare-puro-a-lievitazione-naturale/feed/ 1
La ricetta dell’azionariato popolare contro gli stadi vuoti e i bilanci spericolati http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/la-ricetta-dellazionariato-popolare-contro-gli-stadi-vuoti-e-i-bilanci-spericolati/ http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/la-ricetta-dellazionariato-popolare-contro-gli-stadi-vuoti-e-i-bilanci-spericolati/#comments Wed, 23 Apr 2014 10:46:37 +0000 http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/?p=37 La curva del Borussia Dortmund foto di Fanthomas (da flickr.com)

La curva del Borussia Dotmund – foto di Fanthomas (da flickr.com)

Il calcio italiano è ancora questione per pochi ricchi. Su 110 società delle serie professionistiche, dalla serie A alla seconda divisione della Lega Pro, 45 (41%) sono gestite da una persona fisica, 21 di queste ha un unico socio. Altre 48 si distinguono solo formalmente, visto che sono controllate da società nelle quali un unica persona detiene almeno il 90% del capitale, anche se il dato è diminuito rispetto alla stagione 2012/2013 quando erano 53.

“Si parla di azionariato popolare quando ormai è troppo tardi” dice Walter Campanile, controllore di volo all’aeroporto di Fiumicino e pioniere della partecipazione dei tifosi alla vita societaria del proprio club con l’associazione My Roma, il primo supporters’ trust nato in serie A sul modello che prende esempio dai soggetti giuridici dell’economia anglosassone. Nata nel 2010 dopo alcuni mesi di aggregazione animata in un gruppo su Facebook, My Roma riesce a coinvolgere quote societarie ancora al di sotto del 2,5%, soglia minima per puntare a un posto nel consiglio di amministrazione: “Nelle assemblee dei soci cerchiamo di raccogliere le deleghe dei piccoli azionisti per poterli rappresentare – dice Campanile – al prossimo aumento di capitale ci prepariamo a essere presenti con un nostro rappresentante nel cda”. Negli anni gli associati di My Roma si sono impegnati in iniziative dal sociale allo sportivo, da giornate dedicate alla donazione del sangue alle facilitazioni per i più giovani di entrare allo stadio Olimpico: “Tanti giovanissimi conoscono il calcio quasi solo dalla tv – sottolinea il presidente di My Roma – noi vogliamo riportare tutti, soprattutto le nuove generazioni, a sostenere la propria squadra sugli spalti: in questo senso siamo orgogliosi della battaglia vinta sulla tessera del tifoso, quando i nostri legali hanno dimostrato che se ne poteva fare a meno, gli abbonamenti della Roma sono aumentati e i tifosi al seguito in trasferta non sono mai mancati”.

L’intero sistema del calcio italiano professionistico è nelle mani di un gruppo ristretto di persone e legato a doppio filo alla loro stabilità finanziaria. Una realtà che si riflette sulle pagine dei giornali che da anni raccontano le difficoltà di tenere in piedi una società sportiva, soprattutto nelle serie minori, e di iscriverla a un nuovo campionato. È in quei momenti che torna il mantra dell’azionariato popolare visto che soluzione da ultima spiaggia, con gli accorati appelli dei tifosi a far fronte ai costi laddove chi dirigeva la società non ha saputo e potuto fare. “Dagli anni ’60 ad oggi – dice Marcel Vulpis, direttore di sporteconomy.it – abbiamo avuto principalmente dei presidente-patron o mecenate, l’ultimo in ordine di tempo è stato Massimo Moratti: 1,2 miliardi di euro in 18 anni di gestione, prima della cessione al magnate indonesiano Erick Thohir. Tutti i presidenti hanno utilizzato il calcio come uno strumento politico e di visibilità personale per i loro affari. E’ chiaro che oggi in una situazione di crisi economica perdurante molte ‘pecche’ di questo sistema italiano totalmente ‘sballato’ escono fuori”.

Secondo l’ultimo report della Federcalcio, nella stagione 2012/2013 il risultato netto negativo medio di una società in serie A è di poco superiore ai 10 milioni di euro, in serie B di 3 milioni. Il dato per la serie A è migliorato del 28% rispetto alla precedente stagione, leggermente peggiorato di 500 mila euro per la B, ma Un miglioramento rispetto alla stagione precedente (+28%). In generale è cresciuto il valore della produzione del calcio professionistico che ammonta a 2,6 miliardi di euro, ma l’indebitamento complessivo della serie A è di circa 3 miliardi di euro.. I maggiori canali di entrata sono sempre i diritti televisi (38%, +4,6%) e le plusvalenze (20%). Il trend negativo colpisce i ricavi da stadio (-4,1%), legato al calo di spettatori (-6,4%) in strutture che hanno un’età media di 60 anni (in serie A sono 64 anni). L’Italia è al quarto posto in Europa per spettatori (9,8 milioni). Gli stadi più affollati sono in Inghilterra (16,9 milioni), seguiti da quelli in Germania (quasi 15,4 milioni) e Spagna (13,4 milioni).

Per trovare altre realtà che stanno sperimentando l’azionariato popolare bisogna cercare dalla Lega Pro in giù. I casi che stanno facendo scuola sono ad esempio quelli di Ancona, Taranto e Sambenedettese che si sono serviti della consulenza di Supporters’ Direct, un’agenzia inglese che ha visto nascere oltre 200 democratic supporters’ group, come li definisce Ben Shave, responsabile di Sd per l’Europa: “Tutti i gruppi con cui lavoriamo sono costituiti da volontari – dice Shave – L’obiettivo è far crescere la fiducia nel progetto dal basso, l’impegno è notevole, ma con l’avanzare del progetto l’amore per il proprio club prende il sopravvento e si è sempre più disposti a rinunciare a un po’ di tempo libero”.
Da Venezia United a Sogno Cavese, a Cava de’ Tirreni, arrivano storie di progetti già realizzati che cercano di camminare con le proprie gambe. Sono gruppi nati da meno di 100 sostenitori, come è successo nel 2010 nella città lagunare, per arrivare a raccogliere circa 1.100 tifosi nella public company che è in parte proprietaria della società che milita in prima divisione della Lega Pro. A Taranto l’Associazione di promozione sociale “Taras 706 a.C.” è proprietaria del 18% della società e non ha fatto mancare il proprio supporto anche in iniziative extracalcistiche come la raccolta fondi per l’alluvione di Ginosa, a pochi chilometri dalla città dei due mari. Gli esperimenti in Puglia sono partiti dal 2009, quando ad Altamura, patria del pane, ha cominciato a lievitare l’associazione Ultrattivi. Nata da un gruppo di under 30, l’associazione ha sfruttato un finanziamento della Regione Puglia per lanciare una squadra di calcio in terza categoria gestita direttamente dai suoi tifosi, cinquemila sostenitori senza contributo solo nel primo anno e un centinaio di soci che in un quinquennio hanno portato alla conquista della prima categoria.

La presenza dell’azionista forte, o di un gruppo ristretto, con il maggiore potere di controllo persiste nelle serie professionistiche italiane anche se affiancata da associazioni di tifosi ben organizzate: “È dall’Italia però che stanno nascendo i progetti più di successo degli ultimi anni – dice Ben Shave – Più che al modello Barcellona, l’idea è tendere a quello tedesco dove è previsto dalla stessa federazione che la maggioranza dei club deve appartenere alle società sportive, quindi ai tifosi”.
In Germania le Eingetragener Verein, associazioni senza scopo di lucro, sono proprietarie di maggioranza di 34 squadre su 36 con la formula del 50%+1 delle azioni. La gestione delle squadre professionistiche è di fatto affidata alle assemblee dei soci, che approvano i programmi finanziari e sportivi della dirigenza scelta dagli stessi soci. “Nessun tifoso vuole esporre la propria squadra al rischio di fallire – spiega Oliver Birkner, corrispondente in Italia del quotidiano sportivo Kicker – quindi ogni uscita di bilancio è valutata con grande attenzione: sono escluse spese pazze per top player per esempio”. Dopo Real Madrid e Barcellona, il Bayern è il terzo club in Europa per ricavi generati nel 2013 con 431,2 milioni di euro. Per trovare un’italiana bisogna arriva al nono posto con la Juventus (272,4 milioni) e al decimo con il Milan (263,5 milioni). Il Fußball-Club Bayern München è per il 75% di proprietà dei suoi sostenitori, 217.241 iscritti, per la restante parte le quote sono ugualmente ripartite (8,33%) tra Audi, Adidas e Allianz, sponsor che dà il nome allo stadio, di proprietà della società.

Dopo 16 anni dall’introduzione del “50%+1” in Germania, 32 deputati italiani di differenti gruppi parlamentari hanno presentato alla Camera una proposta di legge che vuole introdurre un limite di azioni per socio al 30%. “È molto probabile – ha detto in aula a il 18 marzo scorso l’on. Angelo Attaguile, primo firmatario della proposta di legge – che togliere un «padrone» alle società sportive porterebbe diversi vantaggi: la riduzione dei costi di gestione relativi ai soggetti che controllano la società, il rispetto per il tifoso e, parallelamente, il rispetto dello stesso tifoso per tutti i beni e gli interessi della società che sentirebbe come propri e rispetto ai quali assumerebbe un atteggiamento di protezione e di tutela”.
La proposta punta a introdurre anche una consulta di tifosi interna alle spa ed srl sportive. Un organo composto da un minimo di 100 a un massimo di 1000 membri, eletti dagli abbonati, al quale la dirigenza è obbligata a chiedere parere sui bilanci e sulla programmazione sportiva. La presenza dei tifosi nella dirigenza sarebbe poi garantita con una quota del 10% dei membri del consiglio di amministrazione.

Con gli attuali gruppi proprietari dei club italiani, un modello come quello dei supporters’ trust, secondo Marcel Vulpis, è ancora inconciliabile: “La situazione del sistema sportivo italiano sia professionistico che dilettantistico è fortemente a rischio – dice Vulpis – C’è stata nell’ultimo triennio una contrazione globale dei ricavi, questo non ha consentito una serie di investimenti. Il calcio come modello economico regge ancora, ma c’è da chiedersi ancora per quanto”.

]]>
http://ifgnetwork.uniurb.it/ruggiero/la-ricetta-dellazionariato-popolare-contro-gli-stadi-vuoti-e-i-bilanci-spericolati/feed/ 0