La formula tedesca del 50%+1 che unisce i tifosi ai loro club


Pubblicato il 28/04/2014                          
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CC - Twicepix (flickr.com)

CC – Twicepix (flickr.com)

“Affidarsi all’uomo potente che decide tutto è anche pericoloso” dice Oliver Birkner, corrispondente in Italia per il quotidiano sportivo tedesco Kicker che osserva la serie A da tempo sufficiente per ricordare come siano finite male esperienze come la Lazio di Sergio Cragnotti o la Fiorentina di Mario Cecchi Gori. In quelle occasioni fallirono le attività economiche dei due imprenditori e con quelle rischiarono di sparire per sempre anche le squadre di calcio da loro possedute.

In Germania le società sportive, spesso polisportive, sono state organizzate come Eingetragener Verein, cioè associazioni senza scopo di lucro alle quali ogni sostenitore poteva iscriversi e votare nelle assemblee dei tesserati gli organi interni e la dirigenza. Questo fino al 1998, quando le squadre di calcio si sono costituite in società per azioni, possedute per almeno la metà più un’azione dall’Eingetragener Verein stessa. Un sistema previsto nello statuto della Dfb, la federazione calcio tedesca, noto come 50%+1 che garantisce ai sostenitori di una squadra di mantenere la maggioranza, quindi il controllo, di un club, oltre che permettere a investitori esterni di aderire. Su 36 squadre dalla Bundesliga in giù, solo due hanno mantenuto la proprietà unica nei casi dei grandi gruppi industriali della casa farmaceutica Bayer, proprietaria del Bayer Leverkusen, e dell’azienda automobilistica Volkswagen, titolare del VFL Wolfsburg.

Non fa eccezione invece il Bayer Monaco che ha vinto con tre giornate di anticipo il campionato tedesco dopo aver chiuso la stagione passata con il triplete scudetto, coppa nazionale e Champions league, vinta contro il Borussia Dortmund, altra tedesca. “Il Bayer è governato da 217.241 mila iscritti alla FC Bayern München e.V. (stagione 2012/2013) che possiede il 75% delle quote societarie – dice Oliver Birkner – la parte restante è dell’Adidas, Audi e Allianz ognuna con l’8,33% di azioni”.

Ogni anno l’assemblea dei soci del Bayer si riunisce e concorda con la dirigenza il da farsi per gli anni successivi: una programmazione partecipata che secondo Birkner garantisce la vera stabilità e crescita: “Nessuno vuole esporre la propria squadra al rischio di fallire – spiega – quindi ogni uscita di bilancio è valutata con grande attenzione: sono escluse spese pazze per top player per esempio”. Dopo Real Madrid e Barcellona, il Bayer è il terzo club in Europa per ricavi generati nel 2013 con 431,2 milioni di euro. Per trovare un’italiana bisogna arriva al nono posto con la Juventus (272,4 milioni) e al decimo con il Milan (263,5 milioni).

I tempi in cui gli stadi tedeschi erano scenari di battaglia tra tifoserie sono ormai lontani. Le strutture sono di proprietà delle stesse società, responsabili di quel che accade al loro interno: “Oggi anche al derby più caldo si può andare allo stadio con la sciarpa al collo senza temere nulla – racconta Birkner – i mondiali del 2006 hanno aiutato molto a trasformare il calcio in fenomeno popolare e il rapporto tra club e tifosi si è fatto sempre più collaborativo”.

Il legame forte tra i tifosi e la propria squadra lo si ritrova nella vicenda della sezione calcio del St. Pauli, seconda squadra di Amburgo e gestita dal 1910 totalmente dai tifosi. Dagli anni ’80 è stata realtà kult per le tifoserie di mezza Europa: lo stadio era stato trasferito nel quartiere del porto, vicino alla zona a luci rosse. Ancora oggi sugli spalti tra i tifosi non è difficile incappare in altre offerte oltre al the caldo. Nel 2003 rischiava di fallire: “Si è creato un movimento popolare, la Retteraktion per raccogliere i due milioni di euro necessari per proseguire il campionato nella serie B tedesca – racconta Birkner – la metà è stata raccolta dalla sola vendita di magliette con su scritto ‘retter‘ (salvatore), altri introiti sono stati fatti da un’amichevole che il Bayer ha fatto ad Amburgo devolvendo tutto l’incasso. C’era anche un versione speciale della birra Astra, venduta solo nel quartiere di St. Pauli che ha portato denaro: in tre mesi ce l’hanno fatta”.

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